IL CATTOLICO NEL SECOLO

TRATTENIMENTI FAMIGLIARI {1 [1]}

 

IL CATTOLICO NEL SECOLO

TRATTENIMENTI FAMIGLIARI DI UN PADRE CO’SUOI FIGLIOLI INTORNO ALLA RELIGIONE

 

PEL SAC. GIOVANNI BOSCO

 

 

EDIZIONE TERZA

TORINO, 1883

TIPOGRAFIA E LIBRERIA SALESIANA

Sampierdarena - Lucca - Nizza Marittima - Marsiglia

Montevideo - Buenos-Aires {3 [3]}

 

PROPRIETÀ LETTERARIA {4 [4]}

 

 

 

 

INDEX

Occasione di questi trattenimenti 3

PARTE PRIMA. Dei fondamenti della Religione Cattolica e della Chiesa di Gesù Cristo  4

Trattenimento I. Dio Creatore - Argomento metafisico. 4

Trattenimento II. Argomento fisico. 6

Trattenimento III. Argomento morale. Credenza generale dell’esistenza di Dio. 7

Trattenimento IV. Necessità di una Religione. 9

Trattenimento V. Necessità della Rivelazione. 11

Trattenimento VI. Veracità dei libri dell’Antico Testamento. 12

Trattenimento VII. Divinità dei libri dell’Antico Testamento. 13

Trattenimento VIII. Storia della Religione e Profezie riguardanti al Messia da Adamo fino a Davidde. 14

Trattenimento IX. Profezie e storia della Religione da Davidde fino al Messia. 17

Trattenimento X. Profezie avverate in Gesù Cristo. 18

Trattenimento XI. Il Vangelo. 20

Trattenimento XII. Gesù Cristo vero Dio e vero Uomo. 21

Trattenimento XIII. Risurrezione ed Ascensione di Gesù Cristo. Argomento certo della sua divinità. 22

Trattenimento XIV. Cenno sopra gli Ebrei. 24

Trattenimento XV. Gli Ebrei aspettano invano il Messia. 25

Trattenimento XVI. Propagazione del Cristianesimo. 29

Trattenimento XVII. Fondazione della Chiesa di Gesù Cristo. 32

Trattenimento XVIII. Capo visibile della Chiesa di Gesù Cristo. 35

Trattenimento XIX. Visibilità della Chiesa di Gesù Cristo. 38

Trattenimento XX. Caratteri della Chiesa di Gesù Cristo. 42

Trattenimento XXI. La Chiesa Romana ha il carattere dell’UNITÀ. 43

Trattenimento XXII. La sola Chiesa Romana è SANTA. 45

Trattenimento XXIII. La sola Chiesa Romana è CATTOLICA. 46

Trattenimento XXIV. La sola Chiesa Romana è APOSTOLICA. 48

Trattenimento XXV. Gerarchia Ecclesiastica. 50

Trattenimento XXVI. Autorità dei Concilii. 51

PARTE II. Credenze o sétte tuttora esistenti che in vari temp. si separarono dalla Chiesa Cattolica. 54

Trattenimento I. Il Maomettismo. 54

Trattenimento II. Scisma dei Greci. 57

Trattenimento III. Origine dei Valdesi. 59

Trattenimento IV. Continua lo stesso argomento. 60

Trattenimento V. Mala fede dei ministri Valdesi. 62

Trattenimento VI. Altre prove di mala fede dei ministri Valdesi. 65

Trattenimento VII. Separazione dei Valdesi dalla Chiesa Cattolica. 67

Trattenimento VIII. Lutero. 70

Trattenimento IX. Incertezza di Lutero e suoi sentimenti intorno alla Chiesa Cattolica. 72

Trattenimento X. La gerarchia di Martin Lutero. 75

Trattenimento XI. Calvino. 76

Trattenimento XII. Beza discepolo di Calvino. 79

Trattenimento XIII. Dello Scisma Anglicano. 80

Trattenimento XIV. Unione degli Anglicani coi Protestanti e coi Valdesi. 83

Trattenimento XV. I predicatori della Riforma non avevano missione divina. 84

Trattenimento XVI. Chiesa Ortodossa di Russia. 86

PARTE III. Invariabilità della Dottrina Cattolica. 88

Trattenimento I. La Chiesa Cattolica non variò mai i dommi insegnati dagli Apostoli. 88

Trattenimento II. I Protestanti non possono indicare verun domma degli Apostoli variato dalla Chiesa Romana. - Si convincono colle confessioni degli stessi loro autori. 92

Trattenimento III. Le definizioni dommatiche, che in diversi tempi pronuncia la Chiesa Cattolica, sono semplici dichiarazioni, non già nuovi dommi della Fede. 98

Trattenimento IV. La Chiesa Cattolica non accrebbe mai gli articoli di fede. 100

Trattenimento V. I Proiestanti rinnovarono le eresie già condannate dalla Chiesa primitiva. 102

Trattenimento VI. Si continua il confronto dei Protestanti cogli antichi eretici. 106

Trattenimento VII. Errore fondamentale. 109

Trattenimento VIII. Vana difesa dello spirito privato. 111

Trattenimento IX. Contraddizioni. 115

Trattenimento X. Una conseguenza non voluta. 118

Trattenimento XI. Un'impudente arroganza e la Papessa Evangelica. 121

Trattenimento XII. Variazioni protestanti. 122

Trattenimento XIII. Guazzabuglio protestante. 126

Trattenimento XIV. I Ministri protestanti in un labirinto. 128

Trattenimento XV. Calunnie contro alla Chiesa Romana. 130

Trattenimento XVI. Duo parole ai Ministri Protestanti. 132

Nota per la pagina 425  134

Indice  137

 


Occasione di questi trattenimenti

 

            Il padre di famiglia o l’amico della gioventù, di cui vogliamo parlare, era buon cristiano ed onesto cittadino di una cospicua città d’Italia. Egli aveva sortita dalla natura indole buona e grande propensione allo studio, intorno a cui erasi alacremente e seriamente applicato. Compiuti con buon successo i corsi letterarii, filosofici e di giurisprudenza, divenne celebre avvocato, e giunse all’alto grado di Presidente del primo tribunale dello Stato. Mentre poi attendeva con diligenza ai suoi doveri, trovava modo di leggere buoni libri ed accreditati giornali, {5 [5]} e quindi procacciarsi un corredo di cognizioni morali e religiose, che lo rendevano stimato e caro a tutti. Aveva ottenuto il permesso di leggere e ritenere libri proibiti; ma non ne volle mai approfittare. - Ho dimandato questa facoltà, egli soleva dire, perchè così vuole la Chiesa, ma non mi farò mai a leggere libri proibiti, fin tanto che non abbia letto tutti i buoni. - Abborriva come la peste ogni sorta di cattivi giornali; e per attinger le notizie necessarie a chi vive nel mondo, ne percorreva alcuni, i quali per purità di lingua, e per la fermezza dei principii religiosi, fossero dalle persone prudenti approvati. Una sera certo suo amico gli portò un foglio che censurava i precetti della Chiesa; ed egli: Si bruci, disse tosto all’amico; non voglio questi malanni in famiglia. Un cattivo giornale in casa è una fontana da cui scaturisce continuo veleno. - Leggeva con grande piacere la Storia Sacra, la Storia Ecclesiastica, i più accreditati autori di filosofia, di controversia religiosa e dei fondamenti della Fede Cattolica. - Sono persuaso non possa diventare {6 [6]} valente avvocato, diceva talvolta, chi non è buon Cristiano. - Amava il suo Paroco, e godeva nel frequentare le Domenicali istruzioni, specialmente i catechismi ragionati. Egli vedeva in quel pastore un modello di carità e di vita cristiana. Si visitavano spesso, ed i loro discorsi versavano per lo più intorno agli errori, che nel fatto della religione si vanno spargendo in mezzo alla civile società. - Non si può non essere profondamente addolorati, fu più volte udito esclamare, al vedere i grandi ingegni perdersi nelle fallaci teoriche della politica, e logorarsi la mente a diffondere idee di cose materiali che si riferiscono al corpo dimenticando del tutto le cose riguardanti la parte più nobile dell’uomo, quale si è l’anima e la sua eterna salvezza? - La divina Provvidenza gli aveva concesso numerosa figliuolanza, cui egli colla massima sollecitudine si industriò ad istruire nella fede, nella civiltà e nella letteratura. - È mio desiderio, ripeteva spesso, che ciascuno de’miei figli percorra quella carriera cui sentesi chiamato, e che reputerà meglio {7 [7]} opportuna a procacciarsi uno stato di vita felice.

            Toccava i cinquantanni, quando ottenuto onorato riposo dal suo ufficio, rivolse ogni studio al benessere spirituale e temporale della sua famiglia. Un gran pensiero però gli preoccupava la mente: la sorte dei figliuoli dopo la sua morte. Aveva con amaritudine veduto molti amici, i quali dopo aver passata onestamente parte della vita, si lasciavano poi trascinare dalle idee seduttrici del giorno, resi indifferenti ed anche sovente disprezzatori della propria religione. Cresceva poscia la sua inquietudine in iscorgendo come non pochi compagni de’suoi figliuoli, appena lasciati in mezzo al secolo, andavano voltando le spalle alla Chiesa, facendosi lo scandalo del paese, la desolazione della loro propria famiglia. - Dio voglia, diceva un giorno a’suoi amici, Dio voglia che cosiffatta sciagura non abbia a toccare ad alcuno dei miei figli. –

            Assorto in tali pensieri, li ebbe un giorno tutti intorno a sè, e prese loro a parlare in questo modo; - Io ben m’avvedo, o figliuoli {8 [8]} amati, che gli anni miei corrono veloci come un lampo; volere o non volere, sia che ci pensi o non ci pensi, mi trovo, voi ben lo vedete, pressochè al termine di vita. È cosa giusta che ognuno paghi il tributo alla natura; chi nasce deve morire; e di ciò non mi cruccio. Un angoscia grande nondimeno provo dentro del cuore, o cari figli, e ciò è di dovervi lasciare in tempi cotanto difficili per la vostra età, in mezzo a tanti pericoli di perversione cui andrete esposti. Ingannati dalle seduzioni del mondo non vi lascierete voi trarre di forza a qualche eccesso, a qualche errore, con danno irreparabile delle anime vostre?

            Il figlio maggiore a nome de’suoi fratelli rispose: - Le vostre parole, o padre, ci commuovono, ed in questa nostra giovanile età abbiamo già avuto non leggiere occasioni di convincerci che il mondo è pieno di pericoli; ma non temete per noi. Siamo stati sodamente istruiti nella Religione dai nostri maestri; abbiamo da voi imparato come essa si debba praticare, e mercè la lettura di buoni libri, la frequenta alle religiose istruzioni del nostro Paroco, e dipendendo {9 [9]} sempre da voi, abbiamo fiducia di perseverare sul buon sentiero, evitando quanto possa tornare di nocumento alle anime nostre.

            Padre. - Gli è vero che l’educazione avuta, l’amore e la sommessione mostratami sinora fannomi sperare bene del vostro avvenire; ma, dopo che avrò chiusi gli occhi.....

            Figlio. - Iddio vi guardi e conservi ancora molti anni al nostro amore, o caro padre. Quando poi al Signore piacerà di chiamarvi a sè, noi terremo sempre scolpiti in cuore gli amorevoli e paterni vostri ammonimenti di cui facemmo tesoro, e non cesseremo di praticarli costantemente.

            P. - E appunto a fine di premunirvi contro i pericoli del tempo, io ora ho divisato di esporvi i fondamenti della nostra Cattolica Religione in forma di ameni e famigliari trattenimenti. Sarà questo il mio testamento, e voi in leggendolo e rileggendolo vi ricorderete di me e delle massime a voi lasciate prima di partire per la mia eternità. In tal guisa col divino aiuto scamperete alle insidie dei vostri nemici spirituali, vi francherete  {10 [10]} dalle dolorose cadute di tanti vostri compagni, e così godrete una vita onesta e felice.

            F. - Noi vi ascolteremo con viva attenzione, e sarà questa una preziosa eredità, che ci renderà leggere le pene della vita dopo di voi. E se non vi torna discaro noi vi andremo facendo delle osservazioni per ischiarirci sopra le cose, che per avventura superassero il nostro giovanile intendimento.

            P. - Tutto come vi piace; ed acciocchè abbiate l’idea chiara di quanto desidero trattare è bene anzi tutto il premettere che nel mondo voi incontrerete persone ignoranti, le quali seguitano a vivere nell’errore, o che ricusano di ammettere le verità di nostra Santa Religione. Quindi noi divideremo i nostri trattenimenti in tre parti:

            Nella prima tratteremo dei fondamenti della Chiesa Cattolica, alla quale fu da Dio affidato il deposito della fede e delle verità rivelate;

            Nella seconda esamineremo la credenza di coloro, che vivono fuori della Chiesa Cattolica; {11 [11]}

            Nella terza rivedremo le obbiezioni e gli argomenti di cui in questi tempi più si servono i nemici della fede per isradicarla.

            Siccome ogni nostra azione e parola vuolsi incominciare da Dio, e tutto a Lui riferirsi, così noi ci faremo da capo implorando il suo santo aiuto. {12 [12]}

 

 

 

PARTE PRIMA. Dei fondamenti della Religione Cattolica e della Chiesa di Gesù Cristo

 

 

Trattenimento I. Dio Creatore - Argomento metafisico.

 

            P. Tutto viene da Dio, o figliuoli miei, tutto devesi a Dio riferire, perchè tutto da Lui ebbe principio: quindi noi volendo trattare delle cose più importanti, cioè di nostra S. Religione, dobbiamo cominciare da Colui che ne è l’Autore.

            F. Benissimo, o padre; noi vi porremo ascolto assai volentieri mentre ci parlate di Dio e delle sue maraviglie: ma ci fareste cosa gratissima, se ci voleste dire in modo chiaro e semplice chi è Dio.

            P. Opportuna è la vostra dimanda, o figliuoli, difficile però assai, perchè Dio è tutto, abbraccia tutto, quantunque non si debba confondere col {13 [13]} tutto. Egli pertanto non si può descrivere nè definire; solamente ci è dato di dare qualche idea della sua divinità e de’suoi attributi. Dio si suole appellare uno Spirito perfettissimo, Creatore, Signore del cielo e della terra. Egli non ebbe principio e non avrà mai fine; e non dipende da alcuno, ma tutto dipende da Lui. Non è composto di materia come questo nostro corpo, ma è un purissimo spirito, che diede l’esistenza a tutte le cose spirituali e materiali, visibili ed invisibili. Non ha gli occhi, ma colla sua infinita sapienza Egli vede tutto quello che noi facciamo sia di giorno, sia di notte: penetra perfino in ogni segreto nascondiglio del nostro cuore. È infinitamente sapiente, perciò sa tutto il passato, tutto il presente e l’avvenire. Anzi in Dio non vi ha nè passato, nè avvenire, ma un punto solo che è il presente. Così che Egli conosce ogni desiderio, pensiero e divisamento, che eziandio per un istante ci passi per la mente.

            F. Le cose che ci esponete sono belle molto, ma non le comprendiamo con tanta agevolezza. Diteci dunque: se Dio è purissimo spirito, come mai possiamo vederlo e conoscerne l’esistenza cogli occhi del corpo?

            P. Noi certo non possiamo veder Dio cogli occhi del corpo, ma sì bene lo vediamo con certezza infallibile col lume della ragione e della fede. {14 [14]} Siccome questo argomento è della massima importanza, così io seguendo le norme che propongono la ragione e la religione farò di darvi la dovuta istruzione.

            Volendo argomentare, come usano di fare i filosofi, diciamo: Senza niente si fa niente; ora esisto io che sono creatura, dunque deve esistere Dio Creatore; esistono tutte le cose di questo mondo, dunque avvi una potenza che le ha create. Questa potenza creatrice la si chiami pure Ente supremo, Essere onnipotente, Causa prima, Principio dei principii, Signore e Padrone di tutto e di tutti, si viene però sempre con tali espressioni ad indicare Colui, che creò tutto e a tutte le cose diede l’esistenza.

            F. Non potrebbe essere per avventura che qualcuno sconosciuto sia la Causa prima che abbia dato l’esistenza alle cose?

            P. Se alcuno volesse supporre uno sconosciuto, il quale abbia creato e dato esistenza alle cose, noi diremo subito che questi è Dio: perciocchè non dandosi effetto senza causa, ne segue, che non può esistere la creatura senza il Creatore; a meno che si volesse asserire che una cosa possa esser causa ed effetto ad un tempo, dare esistenza a sè e poi darla agli altri; la qual cosa è assolutamente assurda, perchè non si vide mai alcuna cosa farsi da sè. Ascoltate un lepido episodio che serve a spiegare {15 [15]} quanto diciamo. Un pollaiuolo andava un giorno al mercato con parecchi altri, tra cui uno il quale, vantandosi grande conoscitore nel fatto della politica e della religione, passò ben presto a sparlare di Dio e della Chiesa Cattolica bestialmente. Siccome il buon pollaiuolo aveva fatto poco studio, così lasciando da parte i ragionamenti si fece a rispondergli col solo buon senso. Tolse in mano una delle sue galline e mostrandola al compagno: - Signore, gli disse, chi ha fatto questa gallina?

            - La gallina fu fatta dall’uovo, rispose l’altro sorridendo.

            - Chi ha fatto l’uovo?

             - Oh quanto siete ingenuo? L’uovo fu fatto dalla gallina.

            - Cominciò ad esistere prima l’uovo o la gallina?

            - Cominciò ad esistere prima l’uovo, da cui nacque la gallina.

            - Ma dunque chi ha fatto questo primo uovo da cui nacque la gallina?

            L’altro a questa non seppe più che rispondere: ma tutti quelli che si trovarono presenti ammirarono il discorso del pollaiuolo e ad una voce esclamarono: Andate pure dall’uovo alla gallina finchè volete; ma dovete in fine conchiudere doverci essere un Dio onnipotente che abbia creato l’uovo e la gallina. {16 [16]}

            F. Non si potrebbe pensare che tutto si è formato a caso?

            P. Il caso è niente, e niente fa niente; il caso non produce nè conserva l’ordine, ma sibbene lo rompe e lo distrugge. Ditemi: Chi mai potrebbe credere e sostenere che questo quadro, che questo palazzo, che questa nostra città siansi formati da se stessi a caso?

            F. Sono di parere che per grossa che uno abbia la testa non gli potrebbe giammai entrare dentro cosiffatta sciocchezza.

            P. Ora’tanto meno potrà entrare in un capo ragionevole, che questo universo sia stato fatto dal caso. Sì, miei cari figli, l’esistenza di questo mondo dimostra fino alla evidenza che esiste un Essere il quale lo creò, traendolo dal niente colla sua infinita potenza.

 

 

Trattenimento II. Argomento fisico.

 

            P. All’argomento metafisico segue l’argomento fisico o naturale.

            F. Sì. di questo parlateci e cominciate a spiegare che sia argomento fisico. {17 [17]}

            P. Argomento fisico o naturale vuol dire ragionamento intorno all’ordine ed alla disposizione delle cose, che esistono nel mondo. I Cieli, dice la santa Bibbia, narrano la gloria di Dio creatore, e il firmamento palesa l’opera delle sue mani. Dando noi di fatto uno sguardo all’ordine maraviglioso con cui ogni cosa è al suo posto allogata e compie il fine per cui colà fu allogata, siamo costretti di conchiudere avervi una mano potente, la quale dopo aver creato dal nulla tutte le cose, le ha eziandio ordinate. Discorriamo alquanto su questa materia. Ditemi adunque: vedete quest’orologio?

            F. Sì il vediamo.

            P. Chi lo ha fatto?

            F. L’ha fatto l’orologiaio.

            P. Non potrebbe farsi da sè?

            F. No del sicuro; se l’orologiaio non raccoglie ed unisce insieme le varie parti, di cui è composto, non ci verrebbe veduto mai altro chè una mescolanza di pezzi di metallo; non mai un orologio.

            P. Le nostre vesti, questa ampia casa che abitiamo poterono farsi da sè?

            F. Niuno mai potrà asserire con senno queste cose; il sarto fa gli abiti, i maestri da muro costruiscono le case.

            P. Il libro che voi avete sott’occhi; queste parole e linee che dánno un senso compiuto, possono {18 [18]} mai essersi ordinate da se stesse e a caso trovarsi rinchiuse in queste pagine?

            F. Non mai; ove qualche compositore non avesse messo a posto i varii caratteri secondo i pensieri dello scrittore, in questo libro sarebbe accaduto un disordine tale che nessuno mai ne avrebbe capito un’acca.

            P. Ancora: se vedeste partire una nave dal porto di Genova, fare tutti gli anni il viaggio dell’America, e tornare dopo un dato tempo nel medesimo porto, che cosa direste di questa nave?

            F. Direi subito che tal nave ha un pilota che la guida, la dirige e la governa.

            P. Ora voi scorgendo l’ordine, la bellezza, la grandezza delle cose che esistono nel mondo, potreste dire che tali cose siansi allogate da se stesse al loro posto, e colà siansi costantemente conservate?

            F. Niuno è tanto scemo che asserisca siffatte scempiaggini; niun altro in fuori di Dio può averle collocate al loro posto e stabilmente conservate.

            P. E sta bene; bisogna però notare che il pilota, il sarto, il muratore, l’orologiaio, il compositore hanno bensì lavorato, cioè mosso il timone della nave, messe insieme le parti dell’abito, della casa, gli ordigni dell’orologio, i tipi del libro, ma non hanno altrimenti fatto la materia, di cui le sopraddette cose sono composte. Invece la terra e {19 [19]} tutto quanto è nel mondo non esisterebbe se Dio, come causa prima e causa creatrice, non lo avesse cavato dal niente, e poscia messo in ordine per formare quel maravighoso spettacolo che l’uomo ammira. Il medico Galeno, celebratissimo in tutta l’antichità, dopo aver scritta un’opera in cui aveva esposta la struttura del corpo umano, preso da stupore esclamava: O tu che ci hai creati, che bell’inno non ho io cantato alla tua Gloria! Colle quali parole voleva significare, che egli non aveva fatto altro che descrivere le varie parti del corpo umano, che Dio aveva creato? Noi pertanto rimirando il sole che ci illumina e riscalda nel giorno, la luna che dirada le tenebre della notte, l’immenso numero delle stelle che abbelliscono il firmamento; la grossezza ed il loro corso regolare, le loro distanze, i rapporti che invariabili conservano scambievolmente nella pressochè loro infinita moltitudine, senza che mai una urti colle altre, senza che mai una devii un atomo dalla primitiva direzione, nè mai varii il suo nascere e tramontare; contemplando, dico, il succedersi delle stagioni, senza che mai variino di vicenda, dobbiamo convincerci che vi è una causa prima, ossia una mano onnipotente, la quale, dopo aver tratto dal nulla tutte le cose, le ha collocate al loro posto, e continuamente le conserva e le dirige.

            F. Noi ammiriamo queste ragioni, e siamo certi {20 [20]} che questo universo non potrebbe esistere se Dio non lo avesse creato, e che quei globi tanto grossi, come sono il sole, la luna, le stelle e tutti i pianeti non istarebbero sospesi sotto del firmamento, nè potrebbero compiere i loro corsi, conservare l’un dall’altro sempre lo stesso spazio, ove quella mano onnipotente che li creò non li sostenesse, li conservasse, li regolasse indefettibilmente. Ma non vi sarebbe qualche prova della esistenza di Dio che non solo venisse ai nostri occhi, ma che potessimo, per così dire, toccar con mano?

            P. Sì, figliuoli miei. Noi vediamo Dio in tutte le opere della creazione lontane, vicine, piccole e grosse; e in noi medesimi. Chiunque abbia l’uso della ragione, e si faccia a considerare se stesso, egli deve dire: Egli è certo che io esisto, è certo che io non mi sono dato da me stesso l’esistenza; dunque è certo che esiste Dio che mi ha creato dal niente, il quale perciò io chiamo e debbo chiamare Creatore. Gli stessi materialisti salgano pure dal figlio al padre, dall’avolo al bisavolo, al trisavolo, all’arcavolo; ma a forza di camminare su dall’uno all’altro devono giungere finalmente ad un primo Essere, il qual non abbia ricevuta l’esistenza da nessuno, ma l’abbia esso data agli altri. La medesima verità noi tocchiamo come voi volete con mano, se per poco ci mettiamo a considerare noi stessi. {21 [21]}

            Il modo maraviglioso con cui il suono è comunicato all’orecchio, l’odore al naso, gli oggetti e i colori agli occhi; la sorprendente forma del naso istesso, dell’orecchio, degli occhi, gli effetti che produce in bocca la lingua organo della favella, con cui si esprimono gli affetti dell’animo, sono tutte cose che ci si presentano come altrettanti capi d’opera di un artefice di abilità infinita. La facoltà poi di pensare, di giudicare e di volere o disvolere che sentiamo in noi, è un’altra prova dell’esistenza di Dio; perciocchè non avendo io potuto dare a me stesso queste facoltà, devo conchiudere che esse mi vengono da Dio. E che dire poi della maravigliosa unione dell’anima col corpo, dei rapporti di tutto l’uomo colle cose, che sono fuori di se stesso? Tutte queste cose e piccole e grandi: il cielo, la terra, i pesci del mare, gli uccelli dell’aria, gli animali della terra, tutti ci dicono con una sola voce: È Dio che ci creò: Ipse fecit nos et non ipsi nos! {22 [22]}

 

 

Trattenimento III. Argomento morale. Credenza generale dell’esistenza di Dio.

 

            F. Le parole che ci avete fatto sulla esistenza del mondo, e sul bell’ordine che vi regna, ci hanno pienamente convinti avervi un Dio Creatore e regolatore di tutte le cose. Ma appunto per questo sono forte maravigliato che gli uomini antichi abbiano per tanto tempo ignorato Dio.

            P. L’esistenza di Dio è una verità così naturale all’uomo, che chiunque abbia l’uso della ragione non può ignorarla; quindi avete da sapere che tutti i popoli antichi e moderni, barbari e civili in ogni tempo, in ogni luogo hanno sempre riconosciuto e riconoscono che vi è Dio.

            F. Scusate, padre mio; ma parmi d’aver udito dire che i Gentili, ad esempio, non conoscessero Iddio.

            P. I Gentili, i Pagani non hanno, no, dimenticata l’idea del vero Dio, ma l’hanno oscurata, hanno spesso confuso il creatore colle creature; e coll’andar del tempo giunsero eziandio a prestare un culto alle cose create, adorandole come se fossero il vero Dio. Adorarono il sole, la luna, {23 [23]} le stelle, il mare; poscia vennero a prestare il loro culto a certi uomini, che loro apparivano grandi; e che si immaginavano saliti in cielo. A tutti questi falisi Dei essi erigevano templi ed altari, creavano dei sacerdoti, immolavano vittime, e facevano altre pratiche religiose; le quali cose tutte indicavano la credenza in qualche Essere superiore.

            F. Ho capito: anche i Pagani avevano l’idea di Dio in generale, ma essi erravano in questo, che ne ammettevano più di uno. Questo istesso loro errore conferma la verità, fa cioè vedere che ritenevano avervi qualche Dio, a quel modo che le monete false dimostrano che ve ne sono delle vere.

            P. Appunto così. Ora ascoltate quel che diceva un antico Pagano chiamato Plutarco. « Girate pure tutto il mondo; voi troverete delle città sguernite di mura, vi abbatterete in gente senza leggi, senza lettere, ma non in un popolo senza Dio. » Ed un altro Pagano molto dotto, Marco Tullio Cicerone, che viveva non molti anni prima della nascita del nostro Salvatore, scriveva: Non vi ha popolo barbaro tanto selvaggio, il quale non abbia qualche cognizione della esistenza di Dio. »

            F. Siamo contenti nel conoscere che tutti gli antichi popoli abbiano ammesso la esistenza di Dio; credo però che i popoli selvaggi d’oggidì non abbiano più alcuna idea di questa verità; che ne dite, padre? {24 [24]}

            P. Tu t’inganni a gran partito, se così la pensi: anche oggi i popoli pagani, gli stessi selvaggi dell’Asia, dell’Africa, dell’America, e perfino gli abitanti della Patagonia e dell’Oceania credono alla esistenza di Dio. A questo riguardo eccovi la preghiera che fanno a Dio i Bracmani ossia i sacerdoti dell’India: « Adoro quell’essere la cui natura è indivisibile, la cui spiritualità non implica composizione di qualità; Lui che è origine e prima cagione di tutti gli esseri, e che in eccellenza tutti li vince; Lui che è il sostegno dell’universo, la sorgente della triplice podestà. »

            F. Queste parole mi paiono proprio un compendio di quanto ci avete spiegato nei due primi trattenimenti, e di quel che studiamo dentro il Catechismo.

            P. Ascoltate ancora la preghiera dei selvaggi dell’Isola di Madagascar: « O Eterno, abbiate pietà di me, perchè sono passeggero: O Infinito, abbiate pietà di me, perchè non sono altro che un punto: O Forte, perchè son debole: O Fonte della vita, perchè son presso alla morte: O Intelligente, perchè sono nell’errore: O Benefico, perchè sono povero: O Onnipotente, perchè io sono nulla.[1] ».

            Or ditemi, figli miei, si potrebbe dare prova più chiara della certezza degli odierni popoli Pagani {25 [25]} sopra l’esistenza di un Dio? Essi la sbagliano spesso, come i Pagani antichi nel dare a Dio attributi ripugnanti alla sua natura; la sbagliano nel modo di adorarlo; nel credere esistere più Dei, ed anche in lotta tra loro e viziosi; ma sempre hanno ammesso e tuttora ammettono avervi un qualche grande Essere, il quale domina su tutte le cose. Tale credenza così generale, così continuata non può derivare altronde che dalla natura; o per esprimersi meglio, questa idea universale della divinità fu dal Creatore istesso inserita nel cuore degli uomini e chiaramente comunicata ad Adamo, primo uomo del mondo. Da lui passò di generazione in generazione a tutti i suoi discendenti; i quali poterono bensì oscurare questa idea fino al punto di riputare Dio quello che Dio non è, ma non mai perderla totalmente.

            F. Da quanto ci venite esponendo veggo chiaramente che dei popoli atei, cioè senza Dio, non ve ne furono, nè ve ne sono; ma bramerei conoscere se vi abbiano almeno alcuni individui, i quali siano persuasi non esistere Dio; diteci insomma, vi sono degli Atei?

            P. Se vi sia o no qualcuno di questi uomini disgraziati è cosa dubbia. Il certo è questo, che l’uomo anche più depravato non può a meno di sentire una voce interna, la quale gli dice: Vi è Dio. Altro è l’asserire colla bocca non esistere Iddio, altro {26 [26]} è il rendersene persuaso. L’empio, paventando naturalmente Iddio quale vendicatore delle sue colpe, vorrebbe che Egli non vi fosse, e nel bollore di qualche fortissima passione fa di tutto per convincersi che non esiste; ma suo malgrado non gli vien mai fatto di soffocare la voce della natura, che dentro e fuori di lui gli va gridando, lui stesso essere opera del Creatore che nega. Ne volete una prova? Osservate quest’empio quando si trova in qualche improvviso pericolo; e voi lo vedrete in quell’istante alzare gli occhi al cielo come tutti gli altri, e invocare la mercè di Dio[2].

            F. Se dunque l’empio così si diporta, fa vedere che in fondo al cuore crede nell’esistenza di Dio; e quando dice che Dio non è, si palesa un impostore mentendo a se stesso ed agli altri.

            P. La è proprio così, figliuoli miei. Del resto poniamo che vi sia qualcuno che non ammetta Iddio, costui non viene a scemare per nulla la forza della nostra prova. In una provincia di centomila abitanti vi avrà sempre, per lo meno, un cinquanta pazzi. {27 [27]}

            Ora perchè sopra centomila uomini ragionevoli si trovano anche cinquanta matti, vorremmo noi conchiudere che gli uomini non sono ragionevoli?

            F. Se conchiudessimo così, faremmo vedere che siamo matti ancora noi.

            P. Or bene perchè in un milione d’uomini che ammettono l’esistenza di Dio ve ne saranno un cinquecento od anche un mille, che la negano forse a parole e per vile interesse, si potrà egli mai asserire che Dio non c’è? solamente il pazzo, dice il Signore, giunge a dire nel suo cuore: Non v’è Dio: Dixit insipiens in corde suo: Non est Deus.

            F. Voi parlate benissimo, padre, e le vostre ragioni ci convincono appieno; ma come rispondere a chi non volesse ammettere un Dio creatore?

            P. Costui può paragonarsi ad uno che chiuda gli occhi per dire che non vi è luce in mezzodì, e voi gli potreste rispondere colle parole del filosofo inglese Newton, che disse: «.....Gli uomini che non conoscono Dio nell’opera della Creazione sono pazzi, e come tali meritano di essere condotti al manicomio. » Si potrebbe eziandio rispondere colle parole di Lamartine filosofo francese, che disse: «.... Coloro che non veggono Dio nelle sue opere non mi sono mai sembrati uomini; ai miei occhi sono esseri di altra specie, nati per contraddire la creazione, per dire di no dove l’intera natura dice di sì. Essi non mi scandalizzano, ma mi {28 [28]} rattristano, non li odio, bensì li compiango. Sono ciechi dell’anima. »

            Noi intanto, miei cari figliuoli, ringraziamo il Signore che ci fece la grazia di poterlo conoscere non solo col lume della ragione, ma ancora meglio col lume della Fede. Ritenete poi a mente, o miei cari figliuoli, che questo nostro Signore e Dio, essendo Creatore e Conservatore dell’uomo e di tutte le cose che nel cielo e nella terra si contengono, ha diritto e vuole essere da noi adorato, onorato, obbedito e temuto; e che essendo giusto dovrà a suo tempo compartire il premio dovuto alla virtù e punire il vizio col meritato castigo. E questo mi fa strada a parlarvi della Religione.

 

 

Trattenimento IV. Necessità di una Religione.

 

            La Religione presa in senso generale è il complesso della dottrina, che riguarda le cose tutte, con cui gli uomini onorano Iddio tanto coll’intelletto e col cuore, quanto colle parole e colle opere. La parola religione significa legame, perchè l’uomo praticandola si unisce a Dio e forma un santo commercio tra la creatura e il Creatore. Presa poi {29 [29]} nel senso di cui noi parliamo, la religione si suole definire una virtù con cui l’uomo rende a Dio l’ossequio e l’onore che gli è dovuto. Dicesi primieramente virtù ossia una serie di atti buoni, perchè solamente colle buone azioni noi possiamo onorare il Creatore. In secondo luogo dicesi essere questa una virtù con cui l’uomo rende ossequio ed onore a Dio dovuto, perciocchè a quel modo che un figlio deve amare suo padre, un suddito star soggetto al suo re, il beneficato deve esser grato al benefattore; così noi dobbiamo onorare Dio come nostro padre, nostro Re supremo, e nostro Benefattore. Gli atti poi che l’uomo fa per onorare e servire Dio costituiscono quello che suolsi appellare culto.

            F. In che maniera noi possiamo fare a Dio questi atti di onore e di adorazione?

            P. In due maniere: col culto interno e col culto esterno.

            F. Qual è il culto interno?

            P. Il culto interno è quello che noi rendiamo a Dio cogli atti interiori dell’adorazione, dell’amore, della riconoscenza, della sommessione, della confidenza e con ogni altra maniera di santi pensieri ed affetti interni.

            F. Qual è il culto esterno?

            P. Il culto esterno è quello che noi prestiamo a Dio colle nostre azioni. Tali sono i sacrifizi, le {30 [30]} offerte, l’accostarsi ai santi Sacramenti, le genuflessioni, il canto delle sue lodi e le preghiere vocali.

            Il culto esterno dicesi anche pubblico, quando si rende dalla società degli uomini radunati insieme; come sono le confessioni fatte dai martiri delle verità della fede alla presenza d’immensa moltitudine, le pubbliche predicazioni, le processioni, il celebrare la santa Messa, l’intervenirvi, e simili.

            F. Mi nasce qui una difficoltà. Iddio essendo per se stesso infinitamente beato, fonte di ogni grandezza e di ogni tesoro, parmi non debba curarsi molto di essere onorato dagli uomini, non avendo bisogno di niente.

            P. Sebbene Iddio sia padrone di tutte le cose, per se stesso infinitamente beato e di nulla bisognevole, che gli possa dare l’uomo, tuttavia per la necessaria relazione che passa tra la causa e l’effetto, ossia tra Dio creatore e l’uomo creatura, egli non può non sommamente gradire di essere da lui onorato e servito. L’uomo poi ha stretto obbligo di adorare e benedire quella mano benefica, che senza alcun suo merito l’ha tratto dal niente, e lo colma ogni giorno di mille benefizi.

            F. Pare che Iddio dovrebbe contentarsi del nostro cuore senza esigere culto esterno. In questo modo egli sarebbe adorato in ispirito e verità, con un culto certamente più degno di lui. {31 [31]}

            P. Gli uomini devono a Dio anche un culto esterno per più ragioni. E in prima: essendo Dio creatore ed assoluto padrone del corpo e dell’anima, deve perciò essere onorato dall’uno e dall’altra. Secondariamente: per la stretta relazione che passa tra l’anima e il corpo, i sinceri e vivi affetti dell’anima di natura sua si devono rendere manifesti col mezzo dei sensi esterni. In terzo luogo, siccome Iddio comanda più cose le quali non si possono adempiere senza atti esterni, ne segue che Egli comanda anche il culto esterno.

            Finalmente Iddio avendo destinato l’anima ed il corpo ad essere ambidue un giorno felici in cielo devono perciò ambidue nella presente vita amarlo e servirlo a fine di meritarsi il premio promesso a’suoi veri adoratori. Iddio poi essendo Creatore, benefattore e conservatore della società, come è di ciascun uomo in particolare, deve essere dalla medesima società onorato con un culto visibile alla società stessa, e perciò pubblico.

            Da quanto sopra si è discorso voi comprenderete agevolmente come sia grande l’errore di coloro che pretendono rendere a Dio solamente un culto interno e non esterno. Noi dobbiamo ripetere che anima e corpo sono creati da Dio, e perciò devono ambidue riconoscere, adorare il loro Creatore. Dio stesso comanda di adorarlo col cuore, colla volontà, colle opere nostre e colle {32 [32]} nostre sostanze. Honora Dominum de tua substantia. Come mai tali cose possono compiersi senza azioni esterne?

            E qui mi cade in taglio di ricordarvi un fatto, il quale dimostra quanto piaccia a Dio il culto esterno. Il re Salomone volendo dare una pubblica testimonianza di culto esterno, che servisse d’esempio in tutti i secoli, fece costruire un magnifico tempio, in cui l’oro, l’argento, l’avorio e le sculture adornavano ogni parte dell’edifizio. In sull’entrata eravi un gran vaso di acqua lustrale, comunemente detto mare di bronzo. Due statue maestrevolmente condotte e rappresentanti due cherubini sorgevano accanto all’altare. Quando ne fu fatta la dedicazione vi concorse innumerabile moltitudine di popolo da ogni parte. Mentre con armonia di suoni, con melodia di voci lietamente si cantava: Date gloria al Signore, la Maestà divina a segno di gradimento si manifestò visibilmente per mezzo di una prodigiosa nube, la quale coprì tutto il tempio. A tal vista Salomone compreso di riverenza si prostrò davanti al Signore. Levate quindi le mani al cielo, disse: - Mio Dio, voi che vi siete degnato gradire questa casa a voi consacrata, fate, che tutti quelli i quali, oppressi dalle angustie o costretti da qualche necessità, ricorreranno a supplicarvi in questo santo luogo, siano esauditi. - Quegli apparati, quei sacrifizi e quelle {33 [33]} preghiere piacquero al Signore tanto, che egli fece dal cielo discendere un fuoco prodigioso, il quale abbruciò le vittime preparate pei sacrifizi. Nella maestosa dedicazione del tempio di Salomone, noi, amati figli, abbiamo un atto di culto interno ed esterno, pubblico e privato, cose tutte che tornarono a Dio gradite senza fine.

            F. Bel fatto davvero. Mi occorre tuttavia una difficoltà. Se ciascun uomo in particolare è tenuto di onorare Dio, temo molto che siano per riuscire tante le maniere di culto esterno, quante sono le teste, ossia quanti i capricci degli uomini. E siffatta infinita varietà di culto potrà essere a Dio di gradimento?

            P. Voi volete dire che Dio non può compiacersi di tutti i vari culti, anzi neppur di un culto comechè sia, e in ciò dite bene. Egli è pertanto di tutta necessità conoscere il vero e solo culto che possa piacere a Dio. Tale conoscenza noi possiamo acquistare per mezzo della Rivelazione, che Dio stesso ha fatto agli uomini. {34 [34]}

 

 

Trattenimento V. Necessità della Rivelazione.

 

            F. Giacchè voi parlate di Rivelazione, ci tornerebbe assai caro se ci diceste in qual modo Dio abbia rivelato un culto, e che cosa intendasi per Rivelazione.

            P. Affinchè comprendiate, o cari figli, che cosa s’intenda per Rivelazione, dovete osservare due cose. La prima è che Dio per somma sua liberalità destinò l’uomo ad un fine ultimo soprannaturale, per raggiungere il quale l’uomo stesso ha bisogno di professare parecchie verità superiori al naturale suo intendimento. La seconda è, che l’intelligenza dell’uomo offuscata pel peccato di origine non è più capace di conoscere, senza mescolamento di gravi errori, tutte le verità necessarie alla sua morale direzione. Ora Iddio benignissimo degnossi rivelare all’uomo e le verità di ordine soprannaturale, e grande numero eziandio di quelle di ordine naturale. Ciò premesso, vi sarà facile intendere che la Rivelazione è una manifestazione fatta da Dio di alcune verità necessarie all’uomo, le quali noi dobbiamo credere fermamente perchè rivelate da Dio stesso. {35 [35]}

            F. Noi vi saremmo tenuti se ci voleste mostrare come si possa provar col fatto la necessità della Rivelazione divina anche riguardo alle verità di ordine naturale.

            P. Lo si prova facilmente in osservando come i popoli guidati dalla sola ragione naturale caddero tutti in turpissimi errori, fino a quello di divinizzare i vizi, e adorare qual Dio animali sozzi ed immondi. I Romani per esempio adoravano quegli dei, i quali favorivano le loro passioni. Di sorta che non vi era delitto, per abbominevole che fosse, il quale non avesse qualche divinità protettrice. Laonde i disonesti si inchinavano a Giove ed a Venere, gli ubbriaconi pregavano il dio Bacco, i ladri Mercurio, i vendicativi Marte e vattene là. In Roma, nella Grecia ed altrove si sacrificavano eziandio vittime umane agli Dei mani, al sole, alla luna e alle stelle. Nessuna compassione, nessuna carità vi era verso i deboli, i poveri, gli infelici. In Roma stessa i padroni gettavano a morire in un’ isola del Tevere i loro schiavi malati o inetti al lavoro per sottrarsi al disagio di assisterli; e non di rado li davano pascolo alle murene delle loro peschiere. Nella China e nella Patagonia ancora oggidì si scannano i fanciulli quando sono mal formati di persona o troppi di numero; in altri luoghi mangiasi la carne umana; e somiglianti barbarie si commettevano e pur troppo {36 [36]} tuttavia si commettono in più paesi, dove gli uomini sonosi allontanati dai principii della Rivelazione.

            F. Se va così la cosa, certo un preziosissimo dono vuol essere la Rivelazione, anzi affatto necessaria al povero genere umano. Ma come mai può Iddio fare all’uomo la sua Rivelazione?

            P. Se dal niente esso creò questo mondo, che noi vediamo, se creò noi stessi quali esistiamo, perchè non potrà manifestare a noi le cose necessarie a conseguire il fine per cui ci ha creati? Non sarebbe egli ridicolo il dire che Iddio onnipotente non possa far quello che i maestri tuttodì fanno nel comunicare le loro cognizioni agli scolari?

            F. Se Dio ha fatto questa Rivelazione certamente l’avrà fatta per tal modo da non poterne punto dubitare. Diteci in grazia a quali segni noi possiamo conoscerla?

            P. I segni, ovvero i caratteri essenziali di questa Rivelazione sono: 1° La certezza che venga da Dio, o direttamente o per mezzo de’suoi inviati, quali sono gli Angeli ed i Profeti; 2° questa sua manifestazione agli uomini sia in maniera chiara e distinta da non lasciare alcun pretesto ragionevole di pensare o di operare altrimenti da quello che essa ci insegna.

            F. Incominciate adunque dal dirci a chi fu fatta questa Rivelazione? {37 [37]}

            P. Questa Rivelazione fu primieramente fatta ai nostri progenitori Adamo ed Eva. Dedit eis scientiam spiritus, sensu implevit cor illorum, et bona et mala ostendit eis; cioè: Il Signore diede ad Adamo ed ad Eva la scienza delle cose spirituali, riempì il loro cuore di sentimento, e loro stabilì una regola sicura per conoscere il bene ed il male. - In appresso più cose rivelò agli antichi Patriarchi e soprattutto a Mosè ed ai Profeti. Questo fece Iddio per via d’interiori inspirazioni, o col ministero de’ suoi Angeli; e da ultimo parlò a noi per mezzo di Gesù Cristo, mandato a salvare tutti gli uomini del mondo. Ascoltiamo le parole di San Paolo a questo riguardo. - Molte volte, egli dice, ed in molte guise Iddio parlò nei passati tempi ai nostri padri per mezzo dei profeti. Ultimamente poi, in questi ultimi giorni, egli ha parlato a noi per mezzo del Figliuolo, che egli costituì erede di tutte quante le cose, per cui creò anche i secoli[3].

            F. Ma dove noi possiamo con sicurezza trovare questa Rivelazione, ossia le cose da Dio rivelate?

            P. Prima della venuta di Gesù Cristo noi troviamo la divina Rivelazione presso alla nazione degli Ebrei, i quali ne furono i fedeli custodi fino alla predicazione del Vangelo. In appresso essa fu affidata al magistero infallibile della Chiesa {38 [38]} Cattolica. La maggior parte poi delle cose da Dio rivelate contengonsi registrate nella Sacra Bibbia, che è, come suona il vocabolo, il libro per eccellenza.

            F. Sta bene. Poichè dai pulpiti, nei libri, e negli stessi giornali si parla così spesso della Storia Sacra ossia della Sacra Bibbia, non vi rincresca spiegarci che cosa sia cotesta Sacra Bibbia?

            P. La Sacra Bibbia è una serie di libri, i quali contengono le verità di nostra S. Religione. I libri che racchiudono le cose avvenute prima della venuta del divin Salvatore appellansi l’Antica Legge, ossia l’Antico Testamento. Quelli poi che contengono il Vangelo, gli Atti con altri scritti degli Apostoli, formano la Legge Nuova ossia addimandasi il Nuovo Testamento.

            F. Possiamo noi starcene sicuri che questi libri contengono con certezza le verità da Dio rivelate?

            P. Che questi libri siano veraci, vale a dire contengano la volontà di Dio manifestata agli uomini, è quello appunto che io imprendo ora a dimostrarvi. Intanto siamo grati a Dio del grande benefìzio della creazione e della conservazione; siamogli di molto tenuti per le verità ch’Egli si degnò rivelarci; ma la nostra riconoscenza consista nel credere e nel praticare tali verità, senza cui non ci è possibile conseguire la nostra eterna salvezza. {39 [39]}

 

 

Trattenimento VI. Veracità dei libri dell’Antico Testamento.

 

            F. La Rivelazione, o padre, secondo che voi affermate, si contiene nella Sacra Bibbia. Ma prima che ci parliate delle verità contenute in questi libri siamo ansiosi di conoscere le principali ragioni, che ci assicurano della loro veracità.

            P. Per farvi chiara idea della veracità di questi libri, bisogna osservare, che quelli, i quali appartengono all’Antico Testamento, sono egualmente pregiati e tenuti per veri dai Cattolici e dagli Ebrei, presso cui si conservano gelosamente anche ai nostri giorni. Laonde quando ci fosse stato sospetto alcuno di errore nel racconto delle cose contemporanee, gli Ebrei ed i Cristiani l’avrebbero senz’altro notato e contraddetto.

            F. Volete forse dire, o padre, che non vi ha differenza alcuna tra quello che credono i Cristiani, e quello che credono gli Ebrei?

            P. Vi è differenza grandissima! Gli Ebrei credono che questi libri contengano la divina Rivelazione, e che nei medesimi sia predetta la venuta del Messia che aspettano tuttavia; e noi Cristiani {40 [40]} lo crediamo già venuto da oltre mille ottocento ottant’anni, come crediamo fermamente che questi è Gesù Cristo.

            F. Tali ragioni sono buone e ci persuadono che tanto i Cristiani quanto gli Ebrei credono alla veracità dei libri dell’Antico Testamento. Ma voi ci fareste cosa gratissima adducendoci delle prove chiare e positive, che ci facciano per così dire toccare con mano che i libri della Sacra Bibbia sono veraci.

            P. Vi sono tre ragioni particolari che fanno proprio tastare con mano la veracità di questi libri e sono queste:

            1° Gli autori di essi narrano cose avvenute ai loro tempi[4], e se mai avessero scritto qualche falsità, sarebbero stati contraddetti da una moltitudine di uomini testimoni degli avvenimenti, che raccontano. Questo avrebbero fatto soprattutto {41 [41]} gli Ebrei, contro dei quali in detti libri si registrano cose, che dovevano riuscire loro disgustosissime, come quando si narrano le loro ostinazioni, le ribellioni a Dio e le iniquità più nefande.

            2° Questi autori erano persone sincere e degne di fede; giacchè parlavano la verità a tutti anche ai Re medesimi, allora eziandio quando tornava sgradita. Non puossi ad essi supporre alcun delitto; nè rinvenirsi cosa nei loro scritti, che faccia nascere sospetto di menzogna: anzi offerironsi pronti a dar piuttosto la vita che tradire la verità da loro enunciata, come si vide in molti Profeti, e negli Apostoli ed Evangelisti.

            3° Molti fatti da essi riferiti sono altresì attestati da profani autori.

            F. Non avrebbero potuto ingannare il popolo raccontando favole invece di fatti?

            P. Si potrà talvolta ingannare qualcheduno con un fatto non vero; ma non mai tirare in inganno una moltitudine di uomini testimoni del fatto raccontato.

            F. Eppure si narrano certi fatti così straordinarii che paiono incredibili!

            P. E questa è una ragione la quale accresce viemmaggiormente l’autorità di essi libri santi; giacchè tali fatti straordinari sarebbero stati più prontamente riprovati sì dagli Ebrei come dalle loro nazioni vicine, qualora non avessero avuto {42 [42]} fondamento nel vero. D’altra parte i fatti straordinari della Bibbia nulla presentano, che sia indegno della potenza e maestà divina; anzi fanno palese vie più la divina inspirazione di quelle sacre carte.

 

 

Trattenimento VII. Divinità dei libri dell’Antico Testamento.

 

            F. In qual maniera la mano divina si rende manifesta nei sacri libri?

            P. La mano di Dio si rende manifesta nei S. libri.

            1° Per la natura delle cose in essi contenute, le quali senza il concorso della Onnipotenza divina non possono avvenire.

            2° Per la natura loro istessa. In fatto i loro autori furono da Dio inspirati e mossi a consegnare alle carte i proprii pensieri; e sotto questa inspirazione hanno cominciata, continuata e compiuta l’opera loro. Per questo sono detti per eccellenza divini.

            F. Come si prova che i sacri libri contengono cose, le quali non possono avvenire senza il concorso dell’Onnipotenza divina; e che gli autori sacri sono stati da Dio assistiti? {43 [43]}

            P. Questa verità importantissima di nostra santa Religione è rassodata specialmente da quattro argomenti:

            1 ° Dai miracoli. I miracoli nel loro vero senso considerati superano tutte le forze della natura creata; dal che consegue che solamente Iddio può fare miracoli e può solamente farli a confermazione della verità, non mai a sostegno dell’errore. Ora gli scrittori della Sacra Bibbia operando miracoli dimostrano la divinità della dottrina, che annunziavano ai popoli. Provarono invincibilmente che essi parlavano a nome di Dio, e scrivevano dietro l’impulso di Lui. Si deve dunque ricevere come parola di Dio tutto quanto si contiene in questi libri.

            2° La medesima verità, è confermata dalle profezie riguardanti la venuta di Gesù Cristo, e molti altri avvenimenti, che si avverarono come furono predetti. Dio soltanto sa le cose future, e Dio solo può rivelarle agli uomini prima che siano accadute.

            3° Dalla sublimità e santità della Sacra Bibbia, la quale è sì perfetta e pura che Dio solo può esserne l’autore.

            4° In fine dall’ammirabile efficacia che ha sul cuore di chi la legge, conciossiachè gli stessi malvagi, leggendo la Sacra Bibbia senza prevenzione, non possono non sentirsene compresi e confessare esser quella Opera di Dio. {44 [44]}

            F. Mi pare che i miracoli possono eziandio operarsi dagli uomini, e che perciò non comprovino abbastanza la divinità della Bibbia.

            P. Il miracolo è un’azione la quale supera tutte le forze degli uomini; e perciò se questi operano dei veri miracoli, il fanno in nome di Dio. Per esempio Elia risuscitò un fanciullo morto; ma questo nel nome del Signore. San Pietro parimenti richiamò a vita la vecchia Tabita, ma operò quella risurrezione in nome di Gesù Cristo.

            F. Come mai le profezie rendono evidente la divinità dei libri santi?

            P. La profezia non essendo che la predizione di cose future, che non possono prevedersi per cause naturali, manifesta la mano divina, ove essa profezia si avveri. Per tale guisa Noè previde e predisse il diluvio cento vent’anni prima che le acque coprissero la terra; e questo nessuno degli uomini avrebbe potuto fare, se Iddio non glielo avesse rivelato.

            F. Nei libri dell’Antico Testamento ci sono realmente cose che si riferiscano alla nostra Cattolica Religione?

            P. Moltissime, specialmente in risguardo al Messia, le quali noi vedremo tutte avverate nella persona di Gesù Cristo. Di che siamo riconoscenti a Dio, che ebbe la degnazione di ammaestrarci Egli stesso per mezzo dei santi libri, che noi leggeremo {45 [45]} con rispetto, e colla ferma persuasione di riscontrare in essi la sua parola, la celeste ed infallibile sua dottrina.

 

 

Trattenimento VIII. Storia della Religione e Profezie riguardanti al Messia da Adamo fino a Davidde.

 

            F. Noi siamo persuasi della divinità dei sacri libri e della rivelazione da Dio fatta agli uomini intorno alle cose necessarie alla eterna nostra salvezza, e ne siamo assai contenti. Siccome però udiamo spesso parlare di libri santi o di Sacra Bibbia, noi vi sapremmo buon grado, se ci tratteneste ancora un poco sopra il medesimo argomento.

            P. Volentieri e per procedere con ordine ad istruirvi di queste importantissime verità uopo è che in prima riteniate Religione e Rivelazione essere una medesima cosa; giacchè la Religione non fa altro che regolare le cose da Dio rivelate in modo adattato alla natura dell’uomo. Ora la Religione, la Rivelazione e le profezie essendo tutte rivolte al Messia da Dio promesso per salvare il genere umano, noi in quella che esporremo brevemente la storia della nostra santa Religione, faremo rilevare le profezie che al Messia riguardano. {46 [46]}

            F. Sì va bene; ma cominciate dalla più antica di queste profezie.

            P. La più antica delle profezie in riguardo al Messia è quella fatta da Dio ad Adamo primo uomo del mondo.

            F. Desideriamo tanto di udirla.

            P. Di questa maravigliosa profezia voi avete già avuto un cenno nella Storia Sacra da voi studiata nelle scuole. Ve la ridurrò a mente, aggiugnendovi alcune speciali circostanze. Eccovela: Iddio creò le cose che nel cielo e nella terra si contengono in sei giorni; nell’ultimo creò l’uomo il quale collocò in un giardino amenissimo, detto paradiso terrestre. Adamo ed Eva disubbidirono al Signore mangiando un frutto loro stato proibito sotto pena di morte. In punizione di tale disubbidienza Dio li scacciò da quel luogo di delizie; ma promise che a suo tempo avrebbe mandato un Salvatore, dicendo al demonio, che li aveva ingannati; - Saranno inimicizie tra te e la Donna; ed Essa per mezzo di Uno che nascerà da Lei ti schiaccierà il capo. - Questo Uno fu il divin Salvatore, fondatore di nostra santa Religione, e autore della nostra eterna salvezza.

            F. Pare certo che le profezie abbiano incominciato da Adamo, che fu il primo uomo del mondo; ma dopo di Adamo non si parlò altre volte del Salvatore e del culto dovuto a Dio? {47 [47]}

            P. Soventissimo si parlò dell’uno e dell’altro nei sacri libri. Leggiamo che Caino ed Abele figli di Adamo già offerivano a Dio sacrifizi; che Enos onorava il Signore con pubbliche e solenni cerimonie; e Noè colla sua famiglia praticava la vera Religione.

            F. Questa Religione non fu spenta nel diluvio universale, dopo che tutti gli uomini si erano dati in preda ad ogni sorta di vizi, come abbiamo letto nella Storia Sacra?

            P. Non fu spenta col diluvio; anzi Noè miracolosamente salvato dalle acque, appena uscito dall’arca innalzò un altare, e con gratitudine, facendo uso di riti è cerimonie particolari, in compagnia di sua moglie e dei figli offrì un sacrifizio al Signore. Ma qualche tempo dopo del diluvio lo stato della Religione divenne deplorevolissimo, giacchè gli uomini si abbandonarono alla scostumatezza primiera, si diedero ad adorare il sole, la luna, le stelle egli animali della terra. Tuttavia moltissimi discendenti di Noè continuarono a coltivare la virtù e la vera Religione.

            F. In mezzo a tanti disordini come si potè conservare la Religione fra gli uomini?

            P. Iddio per mantenere tra gli uomini la vera Religione scelse una famiglia fra i discendenti di Sem figliuolo di Noè. In questa famiglia è celebre Abramo. Viveva egli in Ur città della Caldea, paese {48 [48]} contaminato dall’idolatria, quando Iddio gli comandò di abbandonare la patria, i parenti e di recarsi nella terra di Canaan, detta di poi terra promessa dalle molte promesse da Dio ivi a lui fatte.

            F. Prima di passare più oltre parlateci di queste promesse.

            P. Tre speciali promesse fece Iddio ad Abramo:

            1° Che lo avrebbe fatto padre di un popolo numeroso come le stelle del cielo e le arene del mare. Questo noi vedremo avverato in contemplando la famiglia di Abramo crescere a più milioni di persone.

            2° Che avrebbe data a’ suoi discendenti la terra di Canaan. Gli Ebrei entrarono in questo paese sotto la scorta di Giosuè circa cinquecento anni dopo.

            3° Che tutte le nazioni per mezzo di Uno che nascerebbe da Lui sarebbero state benedette, ossia richiamate al conoscimento del vero Dio.

            F. Chi è quest’Uno, che doveva nascere dalla discendenza di Abramo?

            P. Questi è quel medesimo Redentore promesso dal Signore ad Adamo nel paradiso terrestre. Iddio rinnovò le medesime promesse con Isacco figliuolo di Abramo, e con Giacobbe figliuolo d’Isacco.

            Qui noi dobbiamo ammirare un luminoso tratto della divina Provvidenza, la quale specifica sempre meglio il tempo, il luogo, e la stirpe del Messia {49 [49]} di mano in mano, che si va avvicinando il tempo della sua venuta. La promessa del Salvatore fatta da Dio ad Adamo poteva diventare oscura col moltiplicarsi del genere umano. Dopo il diluvio diffondendosi gli uomini nelle varie parti della terra, Iddio sceglie Abramo fra i discendenti di Sem, e Giacobbe tra’ figli d’Isacco. Giacobbe ha dodici figli, e Iddio fa conoscere che di questi dodici, Giuda è designato a formare la serie dei discendenti di Abramo, donde nascerebbe il Messia.

            F. In qual maniera Iddio fece conoscere dovere dalla discendenza di Giuda nascere il Messia?

            P. Ecco in qual maniera Dio fece conoscere questo suo volere. I dodici figliuoli di Giacobbe divennero padri di numerose famiglie, dette le dodici tribù d’Israele. Per evitare le triste conseguenze di una grave carestia Giacobbe andò nell’Egitto, chiamatovi da suo figliuolo Giuseppe. Ivi si stabilì colla famiglia. Prima di morire questo santo Patriarca benedisse i suoi figliuoli; ed a Giuda in particolare rivolse cosiffatte parole: - Lo scettro, ossia la suprema autorità, non sarà tolta dalla tribù di Giuda, finchè venga Colui, che deve essere mandato per essere la salute del mondo, ed appagare l’aspettazione delle nazioni.

            F. Qui ci si presenta una difficoltà, che solamente voi, o amato padre, ci potrete spianare. Come poteva essere tolto da Giuda lo scettro, di cui parla {50 [50]} Giacobbe, mentre noi leggiamo nella Storia Sacra, che Giuda in quel tempo era un povero pastore?

            P. Sta in fatto, cari figli, che Giuda in quel tempo era un semplice pastore; ciò non di meno già cominciava ad esercitare una qualche autorità sopra le altre tribù, finchè un Davidde di lui discendente salì sul trono, e cinse la corona reale, che dopo di lui si conservò nella tribù di Giuda fino alla venuta del Salvatore.

            E. Da Giacobbe fino a Davidde non si fece più menzione del Messia?

            P. Da Giacobbe fino a Davidde, mentre avvennero parecchi fatti memorabili nel popolo Ebreo, si mantenne costante la credenza nel futuro Messia. Gli Ebrei dimorarono circa 400 anni nell’Egitto, finchè Iddio, volendo dar loro la terra dei Cananei, già stata promessa ad Abramo, ad Isacco e Giacobbe, suscitò Mosè uomo straordinario. Dopo una lunga serie di prodigi a capo del suo popolo Egli passò a piede asciutto in mezzo alle acque del Mar Rosso, e lo condusse nel deserto del Sinai. Colà gli furono dati dal Signore i precetti del Decalogo, scritti dalla stessa mano divina sovra due tavole di pietra. Iddio stabilì eziandio le cerimonie della Religione, la successione dei sacerdoti nella famiglia d’Aronne, fratello di Mosè.

            F. Fin qui si parla soltanto di Religione, ma non del Messia. {51 [51]}

            P. Abbiate pazienza: una cosa dopo l’altra. Mosè per ordine di Dio scrisse più cose attinenti alla Religione e ci lasciò una luminosa profezia riguardante il Messia. Vicino a morte Egli annunziò al suo popolo, come sarebbe venuto un gran Profeta della sua nazione[5], ed ordinò che tutti lo dovessero ascoltare. Gli stessi Ebrei consentono con noi essere questo gran profeta il Messia.

            Morto Mosè, gli succedette Giosuè, che introdusse gli Israeliti nella terra promessa, e la divise nelle dodici tribù. Così ebbero compimento le due promesse rinnovate più volte da Dio, che Abramo sarebbe divenuto padre di numerosissimo popolo, cui avrebbe dato, la terra di Canaan in possesso. Due cose, o figli, voi dovete ammirare in questi fatti provvidenziali: l’avveramento in prima delle divine promesse, le quali non falliscono mai; poi lo svolgersi, il perfezionarsi dei riti e delle cerimonie, e quella successione non interrotta dei sacerdoti nella discendenza di Aronne, destinati ad esercitare il divin culto e a renderlo in faccia agli uomini maestoso e solenne. {52 [52]}

 

 

Trattenimento IX. Profezie e storia della Religione da Davidde fino al Messia.

 

            F. L’esposizione di queste profezie e il loro adempimento cagionano in noi alta maraviglia, ma voi non ci avete ancora esposto come Davidde sia divenuto Re degli Ebrei. In qual modo ciò avvenne?

            P. Io vi conterò brevemente il fatto mirabile che portò Davidde sul trono di Giuda. Morto Giosuè, continuò la successione del sacerdozio nella famiglia di Aronne, e il popolo fu governato da’ Giudici, che Dio suscitava l’un dopo l’altro secondo il bisogno. L’ultimo de’ Giudici fu Samuele, vivente il quale, gli Israeliti dimandarono un Re che fu Saulle. Il regno di costui dispiacque a Dio, il quale in luogo dell’infedele monarca elesse Davidde figlio di Iesse della tribù di Giuda.

            Da questo punto incomincia il regno di Giuda, che noi vedremo continuarsi fino alla nascita del Salvatore. Iddio rivelò a Davidde più cose riguardanti al Messia; e fra le altre, che Egli sarebbe nato dalla sua stirpe e in molte maniere perseguitato; che tutti i re della terra lo avrebbero adorato, e che per lui la maestà del Dio d’Israele avrebbe {53 [53]} riempiuta tutta la terra. Dovete qui osservare, che a Davidde succedette suo figlio Salomone, alla cui morte avvennero sì gravi discordie, che il popolo Ebreo si divise e formò due regni, detti di Giuda e d’Israele. In questa separazione successe anche la divisione del culto; onde quelli del regno d’Israele, che adoravano per lo più le false divinità, costituirono lo scisma Samaritano; vale a dire si divisero da Gerusalemme, che continuò ad essere unica sede del culto del vero Dio. In questo tempo cominciarono a comparire molti Profeti, i quali predissero la distruzione del regno d’Israele, la schiavitù di Babilonia e molte cose riguardanti al Messia.

            F. In quale maniera finì il regno d’Israele?

            P. Il regno d’Israele colle sue empietà mosse a sdegno il Signore, che lo diede in preda a Salmanassar, re degli Assiri. Le dieci tribù furono trasportate a Ninive e disperse per quel vasto impero, senza speranza di potersi mai più riunire, come i Profeti aveano predetto. Ciò avveniva l’anno del mondo 3238.

            F. A quali vicende andò soggetto il regno di Giuda?

            P. Il regno di Giuda andò pur soggetto a molte vicende. Alla dispersione del regno d’Israele, conservavasi tuttavia in fiore, perchè, secondo la profezia di Giacobbe, doveva sussistere sino alla venuta del Messia. Siccome però nel regno di Giuda {54 [54]} si commettevano eziandio gravissimi peccati, Iddio fece annunziare, per mezzo del profeta Isaia, un grave castigo. Il popolo ostinato nel male non diede alcun segno di ravvedimento. Perciò, siccome aveva prenunziato il profeta Geremia, venne il re Nabucodonosorre, prese e smantellò Gerusalemme, arse il tempio ed il santuario, e menò quasi tutto il popolo in Babilonia, capitale del suo impero.

            F. Dunque finì anche il regno di Giuda?

            P. Non finì; perciocchè siffatta trasmigrazione in Babilonia per li Giudei fu un castigo e non uno sterminio. Anzi Geremia predisse, che dopo settant’ anni di cattività i Giudei sarebbero tornati nella terra dei loro padri. Del rimanente nella stessa schiavitù conservossi lo scettro di Giuda; imperciocchè quella tribù durante l’esilio ebbe Principi e Sacerdoti, visse con proprie leggi, secondo le quali si esercitava la giustizia con diritto di vita e di morte.

            F. Si avverò anche la predizione di Geremia intorno ai settant’ anni della schiavitù?

            P. I Profeti, parlando a nome di Dio, non falliscono mai, miei cari figliuoli. Passati i settant’ anni da Geremia predetti, gli Ebrei furono messi in libertà per opera di Ciro. Questo grande principe si impossessò di Babilonia nel tempo, che il suo re Baldassare stava co’ suoi compagni di gozzoviglia in un convito profanando i vasi sacri. Ciro liberò i Giudei, ed onorevolmente rimandolli nella loro {55 [55]} terra sotto la condotta di Zorobabele, principe della tribù di Giuda, con Giosuè sommo Sacerdote, dando loro facoltà di riedificare la città ed il tempio.

            Finito il tempio, i vecchi Giudei, che ricordavano la magnificenza del primo edificato da Salomone, piangevano sconsolati a vedere questo a quello di gran lunga inferiore. Ma Dio li consolò inviando loro il profeta Aggeo, il quale feceli certi che la gloria del secondo tempio avrebbe superata quella del primo, perchè nel tempio nuovo sarebbe venuto il Desiderato delle genti, l’aspettato Messia.

            F. Bene, benissimo. Palpiamo proprio con mano che tutto va d’accordo colla Storia Sacra, che studiammo nelle scuole. Ora ci fareste contenti dandoci ancora qui, oltre a quanto ci avete detto, un cenno sulle principali profezie che riguardano al Messia.

            P. Vi appagherò di buon grado, e del sicuro voi resterete presi da maraviglia al considerare tante profezie riguardanti al Messia, avverate tutte in Gesù Cristo. Avvicinandosi il tempo stabilito per mandare agli uòmini il sospirato Salvatore, Iddio lo fa in maniera tanto chiara annunziare da’suoi profeti, che le cose da loro esposte paiono piuttosto racconti storici, che profezie.

            Daniele dice che il Messia sarebbe venuto prima che fossero trascorse settanta settimane di anni; cioè prima che fossero passati 490 anni; ed Isaia, {56 [56]} che sarebbe nato da una Vergine. Malachia annunzia che la venuta del Messia era vicinissima; Michea, che sarebbe nato in Betlemme; ed altro profeta prenunziò che alla sua nascita comparirebbe una fulgida stella. Ma quello, che dà un segno palpabile della venuta del Messia è il vaticinio di Giacobbe.

            F. Vogliate spiegarci questo vaticinio.

            P. Il Vaticinio di Giacobbe fu già da noi sopra riferito, e si riduce a questo che l’autorità sovrana sarebbe durata nella tribù dì Giuda fino alla nascita del Salvatore. Quest’autorità sovrana si andò estinguendo man mano coll’avvicinarsi del tempo fissato per la venuta del Messia: onde dalla schiavitù babilonica la tribù di Giuda non ebbe più Re di sua stirpe, ma continuò a mantenere la propria sovranità colla elezione dei Principi, dei Capitani ed anche dei Re, secondo che dai bisogni della nazione era richiesto.

            Gli Ebrei ritornati dalla schiavitù riedificarono Gerusalemme, e la tribù di Giuda, unita alla piccola tribù di Beniamino, sussistette in corpo di nazione. Soggiacquero bensì a gravi persecuzioni sotto il regno di Antioco, il quale si sforzò di annientare la nazione e la Religione degli Ebrei; ma Iddio suscitò lo zelante Matatia, il quale, tuttochè fosse della tribù di Levi, nondimeno fu da quelli della tribù di Giuda sostenuto in guerra contro ai nemici; e quelli {57 [57]} della tribù di Giuda si elessero i figli di lui per loro capitani in guerra e loro principi in tempo di pace. I figli di Matatia furono Simone, Giuda, Eleazaro, Giovanni e Gionata, comunemente detti i prodi Maccabei. Simone, dopo la morte di Giuda e di Gionata, fu eletto dai Giudei in loro principe, e a lui fu aggiunto il titolo di Re, cui egli trasmise ai suoi discendenti fino ad Erode, di nazione straniero[6].

            F. Erode non era egli della stirpe dei Giudei?

            P. Erode detto il Grande (nome che solamente gli si addiceva per le sue grandi scelleratezze) non apparteneva alla nazione degli Ebrei; essendo di nazione Idumeo. A forza di raggiri, spalleggiato dai Romani, giunse a togliere il regno ai Maccabei, e farsi dichiarare Re della Giudea. Per simile guisa la sovrana autorità dalla tribù di Giuda passò in mano straniera, e le settanta settimane di Daniele volgevano al loro fine. {58 [58]}

 

 

Trattenimento X. Profezie avverate in Gesù Cristo.

 

            F. Tante e sì straordinarie profezie ci ammaestrano come nei quattro mila anni, che precedettero la predicazione del Vangelo, tutto il mondo fu in grande aspettazione del Messia ovvero del Salvatore. Ora desideriamo vivamente che ci mostriate come queste profezie per appunto si avverarono.

            P. Spero di potervi appagare in questo trattenimento. Le cose che sono per dirvi meritano seria attenzione. A quest’ora voi comprenderete, Che il Messia è quegli, che noi chiamiamo (si pronunzi sempre questo nome colla massima venerazione) Gesù’ CRISTO; il quale noi adoriamo, e riconosciamo per nostro Salvatore, vero Dio e vero Uomo. Le profezie concernenti il Messia furono così chiaramente in lui avverate, che il santo Vangelo, in cui trovansi riferite le azioni del Salvatore, si può quasi tutto estrarre dal vecchio Testamento. Per far breve ne sceglierò solamente alcune delle principali.

            1 ° Il Messia doveva nascere dalla stirpe di Davidde, da una vergine, annunziato da una stella, ed in Betlemme; e Gesù Cristo nacque nella città di {59 [59]} Betlemme, da Maria Vergine, discendente dalla stirpe di Davidde; ed una prodigiosa stella lo annunziò ai Magi dell’Oriente.

            2° Doveva nascere quando il trono della Giudea fosse passato in mani straniere; e Gesù Cristo nacque l’anno 33 di Erode di nazione straniero, circa l’anno del mondo 4000.

            3° Il Messia doveva visitare il secondo tempio de’ Giudei; e Gesù Cristo lo visitò più volte; nè potrà essere visitato dal Messia aspettato dagli Ebrei, a cagione che quel magnifico edifizio da oltre 1800 anni più non esiste.

            4° Doveva nascere la sessantesima quinta settimana di Daniele, cioè circa 457 anni dopo quella predizione; e appunto in questo tempo nacque Gesù Cristo.

            F. Che maravigliosa concatenazione tra queste profezie, ed il loro avveramento in Gesù Cristo!

            P. Ci sono poi moltissime profezie riguardanti la persona e le azioni del Messia, le quali tutte si avverarono in Gesù Cristo. Primieramente i Profeti predissero che si chiamerebbe Salvatore, e così fu chiamato, come leggiamo nel Vangelo. 2° Che sarebbe detto l’Emmanuele, cioè Dio con noi, e tale è detto nel Vangelo scritto da san Matteo e in quello di san Giovanni Apostolo. 3° Che sarebbe appellato il Nazzareno, e Nazzareno fu veramente, come riferisce s. Matteo, c. 22. 4° Che sarebbe Cristo, {60 [60]} ossia unto per eccellenza, e Cristo è addimandato in tutto il nuovo Testamento. 5° Che sarebbe Figliuolo di Dio, e Figliuolo di Dio è proclamato in s. Matteo più di dieci volte. 6° Che si denominerebbe Primogenito, e tal nome riceve più volte nel Nuovo Testamento, specialmente da san Paolo. 7° Che si dichiarerebbe Figliuolo dell’Uomo e Figliuolo dell’Uomo professa se stesso più volte Gesù Cristo. 8° Che sarebbe salutato Profeta, e gran Profeta lo acclamavano le turbe quando il vedevano operare strepitosi miracoli. 9° Che avrebbe il titolo ancora di Pastore, e Pastore se stesso intitolò quando disse: « Io sono il buon pastore e conosco le mie pecorelle, ed esse conoscono me. »

            In una parola Gesù Cristo non ebbe un nome, che non sia stato da’ Profeti molti anni innanzi predetto, e chiaramente poscia descritto nel santo Vangelo.

            F. Riguardo alle azioni del Messia vi ebbe eziandio qualche profezia?

            P. Moltissime. I Profeti predissero 1° Che il Messia avrebbe annunziato la dottrina della salute[7], operando straordinarii miracoli[8], ed avrebbe in pari tempo ricevuto gravi contraddizioni da parte del suo popolo. 2° Che sarebbe stato perseguitato, {61 [61]} messo a morte di croce da’ Giudei; e contarono le più minute circostanze della sua passione e morte 3° Che egli sarebbe gloriosamente risuscitato[9]. 4° Che i Giudei in pena del loro misfatto si vedrebbero da Dio riprovati; distrutta la loro città, arso il tempio, eglino stessi dispersi per tutto il mondo, ed in loro vece gli idolatri e gli infedeli sarebbero chiamati alla conoscenza del vero Dio[10]. Tutte queste cose noi vediamo perfettamente avvenute e far parte della storia; tanto che possiamo dire agli Ebrei: Venite, vedete miracoli permanenti, profezie che si avverarono, e tuttodì si avverano e vi chiariscono vana la vostra aspettazione di un Messia; perciocchè il tempo della sua venuta è trascorso, le profezie a lui riguardanti sonosi tutte quante compiute, e si compiono in Gesù Cristo.

 

 

Trattenimento XI. Il Vangelo.

 

            F. A tante profezie verificate nella persona di Gesù Cristo deve dirsi privo di cervello, chi non si rende persuaso essere già venuto il Messia. Ma in quali libri si trovano registrate distesamente le {62 [62]} verità, che ci avete riferite intorno al divin Salvatore?

            P. Queste verità sono minutamente registrate nel santo Vangelo, libro il più perfetto del mondo, il quale contiene la vita, la dottrina, le virtù ed i miracoli, la passione, morte e risurrezione del nostro divin Salvatore. Tal libro si ebbe in tanto credito presso tutta l’antichità, che gli stessi increduli confessarono essere opera di Dio.

            F. Non v’ha pericolo che il Vangelo racchiuda un qualche errore?

            P. Molte ragioni ci assicurano essere il Vangelo scevro d’ogni errore. E la più valida è questa che Dio istesso ne è l’autore, avendo inspirato coloro che si accinsero a scriverlo. Questi santi uomini, dice s. Paolo, scrissero guidati dallo Spirito S.[11]; ed altrove aggiunge: Tutta la Sacra Scrittura è divinamente inspirata[12]. Appoggiandosi la Chiesa Cattolica sopra questi e molti altri argomenti, dichiarò nel Concilio Tridentino la Sacra Bibbia opera di Dio, perchè tanto il vecchio quanto il nuovo Testamento hanno Dio per autore. Sacri Libri, Libri santi, Sacra Scrittura, Parola di Dio furono sempre le denominazioni date al Vangelo ed agli altri libri, che compongono la nostra Bibbia. {63 [63]}

            F. Quando v’è l’autorità divina cessa ogni questione. Ma non è a temere che gli scrittori, come uomini, abbiano potuto intromettervi qualche errore?

            P. Non v'ha alcun pericolo; imperciocchè il Vangelo fu scritto dagli Apostoli s. Matteo e s. Giovanni, e da due discepoli s. Luca e s. Marco, i quali narrarono cose vedute coi proprii occhi, o raccontate da quelli, che furono testimoni oculari. Fin dal principio del Cristianesimo essi consegnarono i loro scritti nelle mani di coloro, che erano stati testimoni dei fatti medesimi, senza che siano mai stati in nulla contraddetti; onde si può asserire con franchezza che questi scritti vennero sino a noi, come di mano in mano, per una tradizione non mai interrotta. Per queste ragioni fin dai primi tempi gli eretici e gli stessi increduli presero bensì a spiegare il Vangelo a loro talento, ma non mai osarono di negarne la veracità.

            Molti argomenti rassodano la veracità del santo Vangelo. La santità degli Evangelisti li mette fuori di ogni sospetto di non aver esposta la verità pura e schietta. Eglino scrissero quasi immediatamente dopo la morte di Gesù Cristo; quindi in un tempo, in cui vie più avrebbero potuto essere contraddetti da quelli, che erano stati testimoni dei riferiti avvenimenti. Quegli Ebrei, che non volevano riconoscere Gesù Cristo per Messia, avrebbero senz’altro, ove si fosse loro presentato il destro, contrastata {64 [64]} la verità dei fatti pubblicati dagli Evangelisti, dove si proclamava altamente che Gesù Cristo era il Messia predetto dai Profeti. Inoltre quattro sono gli scrittori del Vangelo, ma vanno così d’accordo nella esposizione dei fatti, che in quanto alla verità del racconto paiono scritti da una sola penna.

            F. Non potrebbe darsi che i suddetti scrittori abbiano inventato il Vangelo di comune accordo?

            P. È impossibile che gli Evangelisti abbiano di comune accordo inventato il Vangelo. E per vero, o concertarono insieme questi quattro libri; ed in questo caso come mai può concertarsi tanta diversità di stile, di maniera di esposizione con cui noi li vediamo scritti? Oppure scrissero separatamente; ed apparisce vie più la loro veracità, mentre che vanno perfettamente d’accordo nella verità dei fatti. Inoltre gli Apostoli e gli stessi Evangelisti morirono, o si mostrarono pronti a morire in difesa della verità del Vangelo. Ora sarebbero eglino stati così pazzi da esporre la loro vita per sostenere cose dubbie, o cose di comune accordo inventate?

            Possiamo pertanto conchiudere che la santità degli Evangelisti, la maniera semplice e schietta con cui scrissero, la stima che i Fedeli e gli Ebrei e gli stessi increduli mostrarono sempre pei libri da essi vergati, l’approvazione della Chiesa universale, che in ogni tempo ha condannato coloro, che eziandio in piccola parte avessero ardito di negare la verità {65 [65]} del Vangelo, ci porgono incontrastabili argomenti della veracità del Vangelo, e di coloro che lo hanno scritto.

 

 

Trattenimento XII. Gesù Cristo vero Dio e vero Uomo.

 

            F. Ci avete detto, o amatissimo padre, che i libri del Vangelo dimostrano chiaramente che il Messia predetto dai Profeti è Gesù Cristo; e di questo noi siamo tutti persuasi. Ora brameremmo conoscere come nel Vangelo si dica Gesù Cristo essere Uomo e Dio.

            P. Che Gesù Cristo sia uomo è un fatto, il quale non ha bisogno di dimostrazione. Tutte le profezie del vecchio Testamento parlano diffusamente e in modo chiaro delle azioni, che si riferiscono al Salvatore come uomo. E nel nuovo Testamento, soprattutto nel santo Vangelo, leggiamo come egli nacque in Betlemme, visse e conversò cogli uomini in guisa da essere conosciuto realmente uomo. Operò poi delle maraviglie, che lo palesano veramente Dio.

            F. Quali sono queste maraviglie?

            P. Sono la moltitudine de’ miracoli da lui fatti, {66 [66]} i quali non possono essere operati che per mano divina.

            F. Gesù Cristo ha veramente operato questi miracoli?

            P. Ne operò moltissimi: cangiò l’acqua in vino; moltiplicò più volte alcuni pani così prodigiosamente, che bastarono a nutrire più migliaia di persone; sanò malattie gravissime; diede la vista ad uomini ciechi dalla loro nascita; risuscitò morti parecchi, tra cui il figlio di una vedova già composto nella bara e pubblicamente portato alla tomba. Miracolo senza paragone strepitoso è il risorgimento di Lazzaro da quattro giorni chiuso nella tomba, il cui cadavere già cominciava a putrefarsi. Miracoli di simile fatta non è possibile che si facciano se non dalla divina Potenza.

            F. Non sarebbe lecito sospettare che questi miracoli siano stati altrettanti effetti della legge di natura, le cui forze sono tante, e in gran parte a noi sconosciute?

            P. I miracoli di Gesù Cristo non possono essere effetti delle leggi di natura, perchè essi ci si presentano di gran lunga superiori alle stesse leggi fisiche e a tutte le forze, che ci sia dato conoscere e immaginare nella natura. Per cagion d’esempio, morto l’uomo, il cadavere di lui, come vuole la sua propria natura, si deve disciogliere e putrefare. All’incontro il miracolo sospende le leggi della natura, {67 [67]} quando per opera divina il cadavere, invece di corrompersi, conservasi o ritorna a nuova vita, come appunto avvenne nei due fatti sopramentovati.

            F. Voi dite che i miracoli di Gesù Cristo lo dimostrano Dio; ma anche gli uomini fanno miracoli.

            P. Niun uomo, comechè dotto e santo, è capace di operar miracoli per virtù propria. Perciò i miracoli dagli uomini operati furono effetto di virtù divina; cioè gli uomini operarono ed operano eziandio oggidì dei miracoli, invocando il nome di Dio e di Gesù Cristo. Ma Gesù Cristo operolli mai sempre in virtù propria, dimostrando così la sua potenza infinita siccome Dio, dalle cui mani dipende la vita e la morte.

            F. Da quali segni si può conoscere che Gesù Cristo abbia fatto miracoli per virtù propria?

            P. Questo apparisce dai miracoli stessi. Un lebbroso, prostrandosi a’ suoi, piedi, così dice: « Signore, se voi volete, potete guarirmi. » E Gesù a lui: « Il voglio, sii guarito; » e immantinente la lebbra disparve. Il cadavere di un giovane, come testè abbiam ricordato, era portato a seppellire: Gesù comanda al corteo funebre di fermarsi; ed al giovane defunto: « Alzati, son io che tel dico, » e nel momento stesso il giovane sorge dal cataletto pieno di vita.

            F. Questi e moltissimi altri fatti dimostrano all’evidenza che egli operava miracoli non per virtù {68 [68]} altrui, ma per se stesso, quindi si manifestava vero Dio. Qui però taluno potrebbe osservare che con tali fatti Gesù Cristo manifestava un potere straordinario; ma non ci sono fatti o parole con cui Gesù Cristo abbia voluto dimostrare la sua divinità in modo speciale?

            P. Sì, Gesù Cristo disse e fece più cose per dare a conoscere che era Dio. Mentre moltiplicava i suoi miracoli, o porgeva precetti agli uomini, se stesso chiamava l’unico figlio di Dio, osservando che Egli ed il suo Eterno Padre erano una sola cosa. « Io, diceva, ed il mio Celeste Padre, siamo una cosa sola; chi ascolta me ascolta il mio Celeste Padre, che mi ha mandato. » Questa verità era tanto diffusa e conosciuta, che i Giudei minacciavano di lapidarlo, perchè si proclamava costantemente per vero Dio. Gli stessi Scribi e Farisei accusavanlo di bestemmiatore e sdegnati gli dicevano: Perchè, essendo solamente uomo, ti dai per Iddio, e figlio di Dio? - Chiunque apra il Vangelo, che noi abbiamo veduto contenere la pura verità, quasi ad ogni pagina incontra detti o fatti, che fanno conoscere Gesù Cristo vero Dio e vero Uomo. {69 [69]}

 

 

Trattenimento XIII. Risurrezione ed Ascensione di Gesù Cristo. Argomento certo della sua divinità.

 

            P. Fra le cose, che fino all’evidenza ci appalesano la divinità di Gesù Cristo, è la gloriosa sua risurrezione più volte da esso predetta. Siccome, egli diceva, Giona Profeta stette tre giorni nel ventre della balena, così il Figliuol dell’Uomo (con tal nome il Salvatore per umiltà nominava se stesso) starà tre giorni nel seno della terra.

            Altra volta assicurava che dopo morte avrebbe preceduto i suoi discepoli nella Galilea. Quando egli parla di questa risurrezione, il fa sempre in persona propria, significando, che senza aiuto altrui, ma per virtù propria sarebbe risuscitato.

            Ora il risuscitare da morte per virtù propria è operazione assolutamente divina: dunque G. C. risuscitando per virtù propria mostrò essere veramente Dio.

            F. Non c’è alcun dubbio sulla risurrezione di G. C.?

            P. È questo un fatto che esclude ogni dubbio. Ecco il racconto del Vangelo. Morto Gesù Cristo, i principi dei sacerdoti di concerto con Pilato presero severe precauzioni, affinchè niuno ne potesse {70 [70]} togliere il corpo dal sepolcro. Lo chiusero con un grosso macigno e suggellatolo vi posero attorno soldati Romani, perchè lo custodissero con somma vigilanza. Il mattino del terzo giorno fu udito un gran rumore, e in quella smovendosi il macigno spaventò siffattamente le guardie, che tramortite caddero a terra. Poco dopo giunsero i due apostoli Pietro e Giovanni, discesero nel sepolcro; ma più non vi trovarono il corpo del divin Salvatore.

            F. Non può darsi che gli Apostoli di nottetempo lo abbiano di là portato via?

            P. Tutto all’opposto; gli Apostoli, quando videro Gesù barbaramente trattato da’ Giudei, sul timore che loro non accadesse altrettanto, si diedero alla fuga; e più non si lasciarono vedere.

            Nè s. Pietro nè s. Giovanni vennero al sepolcro di Gesù, se non quando furono assicurati che egli era risuscitato.

            F. Pure ci sembra di aver letto nella Storia che gli Ebrei dicevano come, mentre le guardie dormivano, erano venuti gli Apostoli e si erano portato via il corpo di Gesù.

            P. Se ben vi ricorda, il Vangelo, dopo aver raccontato quanto voi accennate, tosto soggiunge che i giudei pagarono le guardie, affinchè così dicessero, e non fosse creduta la risurrezione del Salvatore. Del resto noi possiamo ripetere con {71 [71]} s. Agostino: Se le guardie dormivano, come hanno potuto vedere gli Apostoli a trarre fuori dal sepolcro il corpo del Salvatore e portarselo seco? Se poi vegliavano, erano così sciocchi da permettere un fatto che le copriva d’infamia? In realtà poi il Vangelo e le molte apparizioni del Salvatore agli Apostoli ce lo dánno risuscitato glorioso e trionfante.

            F. Una sola comparsa di un uomo che sia morto basta ad assicurarci senz’altro che esso è risuscitato. Laonde raccontateci alcuna di queste apparizioni di Gesù Cristo.

            P. Apparve non ad un solo, ma a più discepoli, a tutti gli Apostoli radunati: e ad alcune pie donne, le quali affermarono la medesima cosa nel modo stesso. Una volta si lasciò vedere a circa cinquecento persone. Gli Apostoli in rimirando così Gesù risorto, da prima credevano che stesse dinanzi ai loro occhi un fantasma; ma il Salvatore per togliere da essi ogni sorta di dubbio invitolli a mettere le mani nelle fessure delle sue piaghe; e mangiò e bevette con esso loro, cose tutte impossibili ad un fantasma.

            Ciò che poi dimostra ad un tempo la sua divinità e la sua risurrezione è la sua gloriosa Ascensione al Cielo. Quaranta giorni dopo la sua risurrezione Gesù condusse gli Apostoli sulla sommità del monte degli Ulivi, poco distante da {72 [72]} Gerusalemme. Colà stese le mani, li benedisse, e in benedicendoli si andò visibilmente sollevando in alto, finchè una nube luminosa lo circuì e lo tolse a’ loro sguardi.

            F. Per quel che abbiamo letto nella Storia Sacra e più dai ragionamenti che voi, o amato padre, ci avete fatti, restiamo convinti fino all’evidenza che Gesù è risorto. Ora che dobbiamo noi imparare da tutte queste cose?

            P. Da quanto venimmo finora considerando, o cari figli, noi dobbiamo essere fermamente certi: 1° Che v’ha un Dio solo, Creatore del cielo e della terra e di tutte le cose che nel cielo e nella terra esistono. 2° Che Iddio ha promesso ad Adamo un Redentore, e rinnovò spessissime volte la sua promessa per lo spazio di quattromila anni. 3° Che questo Redentore è Gesù Cristo, vero Dio e vero Uomo. 4° Che i libri contenenti tali verità sono veridici, vale a dire raccontano le cose sì come sono appunto avvenute. Il perchè ben possiamo dire agli Ebrei che invano essi aspettano il Messia; perchè con le prove più chiare e più convincenti contenute nei libri, che si conservarono e tuttavia si conservano nelle loro mani istesse, noi siamo assicurati che è già venuto.

            F. Che cosa dovremo dire a chi negasse coteste verità?

            P. A chi si attentasse di negare tali verità dobbiamo {73 [73]} dire che egli è o un ignorante, e nega ciò che non sa; Oppure se è istruito e misconosce una verità chiara ed evidente, egli contraddice alla sentenza di tutti i buoni e di tutti i dotti, si oppone al consenso della Chiesa universale, e lascia con fondamento credere che neghi ciò, di cui è quasi impossibile che non sia persuaso.

            F. Se la cosa è così, come esser deve certamente, pare debba conseguirne che la Religione cristiana, contenuta nei libri del Vangelo sia quella stessa, che Dio ha rivelato ai Patriarchi ed ai Profeti, quella stessa che predicò Gesù Cristo e predicarono gli Apostoli.

            P. Questa è legittima conseguenza. Imperciocchè Gesù Cristo, Figlio di Dio, Dio eterno egli stesso, predicò una Religione, la quale porta con sè tutti i caratteri della divinità. Qui tuttavolta voglio ancora farvi osservare che la Religione Giudaica, come abbiamo già detto, fu la sola vera fino alla morte del Salvatore. Ma giunto il tempo stabilito da Dio per compiere il gran fatto della redenzione degli uomini, Gesù, Figlio di Dio, Dio egli stesso, derogò, ossia tolse o modificò parecchi precetti, molte usanze e cerimonie della Legge antica. Ad alcune cose diede maggiore ampliamento, ne spiegò altre che erano oscure o solamente adombrate. In simile guisa mentre Gesù Cristo consumava il mistero della redenzione del {74 [74]} genere umano, fondava nel tempo stesso una Religione che dal suo nome adorabile fu detta Cristiana, e così chiamava tutte le nazioni alla conoscenza del vero Dio, secondo la promessa fatta al Patriarca Abramo ed ai Profeti.

 

 

Trattenimento XIV. Cenno sopra gli Ebrei[13].

 

            F. Ci avete più di una volta parlato della Religione degli Ebrei, come è quella data da Mosè, unica vera Religione prima del Salvatore. Ma dopo la venuta del Salvatore che ne fu di questa credenza? Se valse a salvare gli uomini nell’antico Testamento, perchè essa non varrà eziandio a salvarli dopo la redenzione?

            P. Già in più luoghi ho spiegato come la Religione giudaica, data da Dio a Mosè, non era che una preparazione alla Religione cristiana. Nè ciò solo, ma tutti quelli che la praticavano, potevano solamente salvarsi per la speranza nel futuro {75 [75]} Messia. Il divin Salvatore la purificò, la perfezionò e pose termine alla Religione giudaica.

            F. La Religione, che praticano gli Ebrei presentemente, non li può dunque più salvare?

            P. Eh no, miei figli, la Religione giudaica, come vi ho detto, potè salvare gli Ebrei fino alla morte del Salvatore; ma quando incominciò la predicazione del Vangelo niuno più potè salvarsi senza credere in Gesù Cristo e ricevere il Battesimo. Chi non è rigenerato coll’acqua e collo Spirito Santo non entrerà nel Regno de’ cieli. Così il Vangelo.

            F. Gli Ebrei, che udirono a predicare il Vangelo dal medesimo Gesù Cristo, non si convertirono?

            P. Gli Ebrei, che ebbero la predicazione del Vangelo dalla bocca di Gesù Cristo istesso, e da’ suoi Apostoli, in parte credettero e ricevettero il battesimo; ma il maggior numero di loro si mostrò ostinato, e secondando gli inganni degli Scribi e de’ Farisei si adoperarono in tutte guise per far mettere a morte il Messia, come i Profeti avevano predetto.

            F. Predissero i Profeti tale ostinazione degli Ebrei?

            P. Molti Profeti predissero la loro ostinazione, e chiaramente aggiunsero che in pena di questo volontario accecamento sarebbero cacciati dalla {76 [76]} diletta patria, dispersi nelle varie parti del mondo, senza re, senza tempio, senza sacerdozio. Nel Vangelo poi leggiamo che Gesù Cristo alla vista della ostinazione degli Ebrei nel non voler credere i miracoli straordinari da Lui operati; conoscendo l’enorme deicidio che si preparavano a commettere sopra la persona di Chi era venuto per salvarli, predisse che eglino stati sarebbero circondati d’assedio in Gerusalemme e ridotti a gravissime strettezze; distrutta la città, incendiato il tempio, tutto il popolo disperso; e che tali cose avrebbero avuto compimento prima che passasse la vivente generazione.

            F. Terribile profezia! ma si è poi adempiuta?

            P. Tutte queste predizioni si sono perfettamente avverate. Vivevano ancora molti di coloro, che trovaronsi presenti alla morte del Salvatore, quando i Romani vennero ad assediare Gerusalemme, e la ridussero a tali estremi, che l’un l’altro strappavansi di mano le cose più sozze per non morir di fame, e le madri giunsero a mangiare delle carni de’ loro istessi figliuoli. Un milione e centomila Ebrei rimasero trucidati; disfatta la città, arso il tempio, ed il resto di quel popolo disperso nei vari paesi della terra.

            F. Una nazione disfatta, un popolo disperso, pare incredibile! Ma queste cose sono credute dagli Ebrei, sono da essi riconosciute? {77 [77]}

            P. Un tal fatto è così inudito, che ove la storia non ce lo accertasse, con difficoltà da noi sarebbe creduto. È questo un grande castigo, che certamente suppone un gran delitto, qual è l’uccisione del Salvatore. E gli Ebrei aggiustano fede a questo fatto, e sono eglino stessi che lo hanno messo in iscritto. Giuseppe Flavio, dottissimo Ebreo, narrò minutamente lo strepitoso avvenimento a cui prese molta parte; e registrò una lunga serie di segni prodigiosi che lo precedettero.

            F. Dei segni prodigiosi? Deh! menzionatecene alcuno, e servirà sempre meglio a farci conoscere la verità del Vangelo.

            P. Eccovene parecchi, quali si trovano riferiti dal mentovato autore.

            Nel giorno della Pentecoste, egli dice, fu udita nel tempio una voce che, senza sapere donde venisse, fortemente rimbombava: Usciamo di qui, usciamo di qui! Un uomo di nome Anano venuto dalla campagna non rifiniva mai di gridare: Guai al tempio, guai a Gerusalemme! voce dall’oriente, voce dall’occidente, voce dai quattro venti! guai al tempio, guai a Gerusalemme! Fu preso e battuto con verghe; ma esso non si tenne mai dal correre poscia sui bastioni e per la città, e gridare a gran voce per tre anni, dopo cui esclamando: Guai a me stesso! fu colpito da una pietra nel capo e cadde morto. {78 [78]}

            Alle nove di notte intorno al tempio ed all’altare risplendette una luce sì viva, che per mezz’ora pareva fosse di mezzogiorno. Una porta del tempio, che riguardava all’oriente, era di bronzo e di un peso sì enorme, che ci bisognavano venti uomini a chiuderla. Questa si trovò da per se stessa aperta, senza che mano d’uomo l’abbia toccata. Alcuni giorni appresso in tutti i paesi vicini di Gerusalemme si scorgevano in aria quasi forme di eserciti schierati, che la cingevano di stretto assedio. Comparì una cometa, che vomitava fiamme a maniera di fulmini, ed una stella somigliante ad una spada stette sospesa per un anno intiero colla punta rivolta sulla città.

            Tali erano i segni prodigiosi, che notte e giorno annunziavano a quel popolo l’imminente sua rovina. Vennero in appresso i Romani, i quali fatti strumenti dell’ira divina cooperarono ad avverare quanto era stato scritto nel Vangelo riguardo alla distruzione degli Ebrei.

            F. Non fu più dato agli Ebrei di ritornare nella loro Patria?

            P. Gli Ebrei furono affatto dispersi, tanto che d’allora in poi, malgrado ogni loro sforzo, non poterono mai più ritornare in patria, e nemmeno riunirsi insieme a formare un corpo di nazione. Gli avanzi della nazione Ebraica, che si conservano tuttavia ostinati in molti luoghi del mondo, sono {79 [79]} per noi argomento della verità di nostra Religione. Perciocchè di loro quelli, che si convertirono furono mossi a questo perchè ebbero conosciuta come divina la religione cristiana. Quelli poi, che non si convertirono, depositano del pari in favore della Religione nostra, poichè in loro si avvera ogni giorno la profezia, che dice questo popolo dover vivere disperso senza re, senza tempio, senza sacerdoti, confuso con altri popoli senza abbracciarne la Religione, sempre ostinato, e colla impronta del marchio della divina riprovazione.

            In questo stato infelice, come attestano i Libri santi, gli Ebrei dovranno durare sino alla fine del mondo.

 

 

Trattenimento XV. Gli Ebrei aspettano invano il Messia.

 

            F. Gli Ebrei si mostrano così fermi nella loro credenza, che fan supporre ne abbiano di ben gravi motivi. Noi pertanto desideriamo grandemente di conoscere le ragioni, che adducono per non abbracciare la religione cristiana.

            P. Dicono che il Messia non è ancor venuto.

            F. Sopra quali ragioni si fondano? {80 [80]}

            P. Gli Ebrei aspettano ancora il Messia fondati sulla persuasione che egli debba venire a guisa di grande guerriero e di formidabile conquistatore, il quale colla sua venuta debba stabilire un regno temporale da estendersi sopra tutta la terra, e durare sino alla fine dei secoli. Per simile guisa, attaccando il loro cuore alle cose della terra non arrivano a conoscere le verità del Vangelo, che sono affatto spirituali.

            E neppure vogliono aprire gli occhi sopra una moltitudine di profezie, che eglino stessi conservarono e conservano gelosamente tuttavia nelle loro mani. Le quali profezie annunziano chiaramente che il Messia, sebbene Dio onnipotente, doveva venire sotto umili spoglie, in sembianza di mansueto agnello, siccome fece Gesù Cristo, e fondare un regno, che è la sua Chiesa, il quale doveva estendersi in tutti i luoghi della terra e durare in eterno.

            F. Voi ci avete proprio fatto vedere cogli occhi essere già venuto il Messia, che noi riconosciamo in Gesù Cristo; e però è vana cosa aspettarlo ancora; ma, supposto che dovesse ancora venire, potrebbero gli Ebrei aver segni certi per conoscerlo?

            P. No, miei cari figli; supposto che il Messia dovesse ancora venire, gli Ebrei non potrebbero più conoscerlo per più ragioni. {81 [81]}

            1° Il Messia doveva nascere all’epoca, in cui la sovrana autorità della Tribù di Giuda fosse passata in mani straniere; la qual cosa si avverò alla nascita di Gesù; e da diciannove secoli questa reale autorità più non esiste.

            2° Il Messia doveva nascere dalla discendenza di Davidde. Ora i più dotti Ebrei con noi concordano nello asserire che la discendenza di Davidde fu dispersa e confusa col resto della nazione a segno, che non sarebbe più possibile trovare una persona, la quale assicurasse la sua discendenza da quel Re Profeta.

            3° Secondo il profeta Aggeo, il Messia doveva visitare il tempio, che gli Ebrei edificarono dopo il ritorno dalla schiavitù Babilonica. Ma come potrà questo tempio essere visitato dal Messia, se da diciotto secoli più non esiste[14]? {82 [82]}

            F. Voi, o padre, avete già tante volte trattato cogli Ebrei; che cosa essi dicono intorno a queste verità?

            Nel corso di mia vita non di rado mi toccò di aver che fare cogli Ebrei. Nelle cose temporali, {83 [83]} come nei contratti e via, ho trovato molte persone oneste e caritatevoli; ma quando cadde il discorso sul Messia mi mossero a vera compassione in udendoli parlare.

            F. Che cosa dicono essi?

            P. In generale i Rabbini ricusano di ragionare su questa materia. Alcuni pochi vivono onestamente, e si stanno in buona fede aspettando il Messia; ma il maggior numero passa la vita nell’ignoranza della Religione, senza curarsi punto del Messia, anzi fuggendo chiunque voglia fare opera ad istruirli. Altri poi stanno nell’Ebraismo tenutivi dal solo interesse. Non ha gran tempo che un ebreo, fattosi istruire nella Religione cristiana, mostravasi dispostissimo a ricevere il Battesimo sì veramente, che gli fossero pagati alcuni debiti che egli aveva contratti. Un altro assicurò che avrebbe abbracciata la Religione nostra, ove con ciò non fosse stato costretto a rinunciare all’eredità del padre. V’ebbe chi, dimandato se credeva nel Messia, rispose: Il mio Messia è il danaro della borsa; e chi a somigliante interrogazione aggiunse che un buon pranzo era per lui un vero Messia! Che cosa volete mai rispondere a persone siffatte?

            Nè ci deve recare maraviglia che ad un notabile numero di Ebrei poco calga di Messia e di Religione; perciocchè l’Ebraismo d’oggidì non è più quella Religione santa annunziata dai Profeti {84 [84]} e con miracoli da loro confermata. Dopo la predicazione del Vangelo, vale a dire, dopo la venuta di Gesù Cristo, gli Ebrei non possono più vantare un profeta, nè indicarci uno di loro nazione, il quale abbia operato un miracolo solo; anzi quelli, che fecero profondo studio sulla Religione attualmente professata dagli Ebrei, dicono che questa si riduce ad un vero ateismo ossia a negare pur anco la esistenza di Dio.

            F. Possibile che gli Ebrei siano giunti a tale empietà da negare l’esistenza di Dio?

            P. Quantunque gli Ebrei non neghino apertamente l’esistenza di Dio, tuttavia ammettono certi principii, i quali conducono a negarlo. E non può asserire diversamente chi esamina alquanto quello, che gli Ebrei insegnano ai loro fanciulli, come sta scritto nel loro Talmud, che è un libro tenuto in gran pregio da tutti i dotti di loro nazione[15]. {85 [85]}

            In questo libro sono descritte le cerimonie, i riti, le preghiere e le cose più importanti di loro credenza. Gli Ebrei credono più al Talmud che alla Bibbia stessa. Ora ascoltate alcune delle molte stranezze di cui ribocca questo libro, e da queste voi argomentate il rimanente.

            Iddio, ivi si dice, trascorre le tre prime ore del giorno nella lettura della legge ebrea; quindi si ritira in luogo appartato a fine di piangere la rovina del tempio di Gerusalemme e la schiavitù del popolo suo diletto. Ogniqualvolta egli, Iddio, si ricorda delle calamità, che soffrono gli Ebrei presso i Gentili, versa due lacrime nell’Oceano, e sfoga il suo dolore battendosi il petto.

            Iddio, continuano i Rabbini, fa orazione e scuola ai fanciulli che muoiono prima dell’uso della ragione; {86 [86]} giuoca tre ore ogni giorno, disputa coi Rabbini e si rimane vinto. Le sue questioni vengono decise da un Rabbino, cui i Beati in cielo non credono punto e, in fine, bestemmiando asseriscono che Dio commette peccato, ed è obbligato a farne la confessione.

            Cosiffatte ed altre azioni gli Ebrei attribuiscono a Dio, mentre un Cristiano di sette anni conosce di tratto non solo disdirsi ad un Dio onnipotente, Creatore, e supremo Padrone del cielo e della terra; ma essere anche assurde ed empie tanto, da non si potere neppure pensare da qualsiasi uomo, che abbia l’uso della ragione.

            Anche in riguardo all’anima asseriscono cose ridicole affatto. Ascoltatene alcune, sempre come stanno registrate nel Talmud su narrato: Chiunque mangerà tre volte in giorno di sabato conseguirà la vita eterna. Chi pregherà colla faccia rivolta a mezzogiorno avrà il dono della sapienza, e chi si volgerà a settentrione avrà il dono delle ricchezze. Chi passerà sotto il ventre di un cammello non imparerà mai nulla.

            Aggiungono pure che gli Ebrei hanno nel sabato un’anima di più; e che passato tal giorno Dio loro la toglie, e ciascun Ebreo si rimane con un’anima sola. Nel sabato le anime dei dannati non soffrono nell’inferno; e quindi l’empia dottrina che le pene dell’inferno non sono eterne. {87 [87]}

            Mi salgono i rossori al volto, o miei amati figli, nello esporvi siffatte cose. Tiriamo un velo sopra queste empietà; neppure fermiamoci a parlare delle imprecazioni, che gli stessi Ebrei ivi vomitano contro Iddio, contro di Gesù Cristo e contro dei Cristiani medesimi.

            F. Come? Gli Ebrei vomitano imprecazioni contra ai Cristiani?

            P. Imprecazioni tremende, le quali facendo orrore al solo nominarle mi dispenserete dal riferirle.

            F. Anzi vi vogliam pregare di volercele riferire, affinchè sappiamo anche noi quali siano i voti e gli augurii di quella gente, con cui dobbiamo sì spesso trattare.

            P. Giacchè vi sta a cuore di udire le cose, che gli Ebrei dicono e sono tenuti di fare contro ai Cristiani, io ve ne farò un cenno, sempre come stanno descritte nel Talmud.

            1° Ogni Giudeo, ivi si legge, dovrà bestemmiare tre volte al giorno i Cristiani, supplicando il Signore a volerli confondere ed esterminare insieme coi loro Principi e Sovrani; e questo saranno particolarmente obbligati di fare i Rabbini nelle loro Sinagoghe in odio di Gesù Nazareno.

            2° Iddio ordinò agli Ebrei di appropriarsi, in qualunque modo, vuoi coll’usura, vuoi col furto le sostanze de’Cristiani. {88 [88]}

            3° Gli Ebrei dovranno considerare i Cristiani come altrettanti animali bruti.

            4° L’Ebreo non farà al Gentile nè bene, nè male; ma trattandosi d’un Cristiano dovrà industriarsi per torgli la vita.

            5° L’Ebreo, incontrando un Cristiano sull’orlo di qualche precipizio, è in dovere tosto dargli la spinta e mandarlo al fondo.

            E qui penso ben fatto di non andare più oltre, sia perchè queste cose non possono non eccitare il disprezzo verso di questa gente già troppo infelice, sia perchè mi fa vergogna il raccontarle. Piuttosto vi farò notare che gli Ebrei, dopo la morte del Salvatore, degenerarono talmente nel fatto della Religione, che, chiunque abbia studiato attentamente la loro condizione politica e religiosa, non può a meno di riconoscervi un segno sensibile permanente della maledizione del Cielo.

            F. Oh che gente perversa sono mai gli Ebrei! Non si dovrebbero anch’essi da noi per ricambio maledire, bestemmiare e tenere da noi lontani per sempre?

            P. Oh no, miei figli; gli Ebrei per queste massime perverse invece di odio, meritano tutta la nostra compassione. Essi, come già li rimproverava s. Paolo, bestemmiano la cristiana Religione, perchè non la conoscono; che se mai giugnessero a comprenderne {89 [89]} la bellezza, la santità, i beni che largamente promette e dà nella vita presente, l’inenarrabile felicità, che ci assicura e procaccia nella vita avvenire, credo potervi assicurare che tutti quanti abbraccerebbero il Vangelo per fare un solo ovile coi Cristiani, e unirsi così al Pastore Supremo che è il Vicario di Gesù Cristo. Quindi, anzi che voler loro male e imprecarli, noi dobbiamo seguire l’esempio del Salvatore, il quale pregava per quegli stessi Ebrei, che lo avevano messo in croce: « Padre, egli diceva moribondo in croce, perdonate questi miei crocefìssori, perchè non san quello che si fanno. »

            Sulle orme del divin Maestro comportiamoci sempre con carità e benevolenza verso tutti gli Israeliti, che con noi avessero da trattare. Se ci viene il destro facciamo loro del bene, ma non mai del male. Anzi preghiamo Iddio che nella sua infinita bontà si degni di sospendere i castighi che pesano sul loro capo; e siccome per tanti secoli questo fu il popolo eletto, il popolo di Dio, così supplichiamo ritorni per lui il tempo della misericordia; di modo che illuminato dalla celeste grazia, vegga il fantasma, le assurdità della religione che presentemente professa, apra gli occhi alla luce del Vangelo, riconosca in Gesù Cristo il suo Salvatore, e mercè la rigenerazione delle acque {90 [90]} battesimali entri in grembo della Chiesa Cattolica, unica vera, unica santa, unica depositaria della verità, fuori di cui niuno può salvarsi.

            F. Prima di passare ad altri argomenti vi preghiamo, amato padre, ci vogliate dire la cagione per cui oggi gli Ebrei di buon conto, e soprattutto i giovanetti non si convertano alla vera Religione. Perciocchè dopo che furono emancipati essi frequentano le scuole dei Cristiani, e da volere a non volere ne ascoltano le istruzioni, e quindi dovrebbero avere un eccitamento a rendersi Cristiani.

            P. Avete ragione: a giorni nostri i fanciulli Ebrei possono con maggior agio istruirsi nella fede cristiana. Ma non tutti cercano di abbracciare una Religione, che comanda di frenare le passioni, di rinunciare ai piaceri della terra e seguire Gesù per la via della mortificazione e dei patimenti. Molti poi che di buon grado si convertirebbero, ne sono impediti.

            F. Da chi mai ne sono impediti?

            P. Dagli stessi loro parenti. Ascoltate. Quando essi mandano i loro figli alle pubbliche scuole cominciano dal premunirli che si guardino bene dai Cristiani, come da nemici contro cui devono mantener odio implacabile, siccome abbiamo testè esposto. Se poi i parenti si accorgono che un loro figliuolo tiene buona condotta, e dà qualche {91 [91]} indizio di volersi far Cristiano, per lo più lo allontanano da quelle scuole.

            Io ho conosciuto molti giovanetti Ebrei, i quali ardevano del desiderio di abbracciare la nostra santa Religione; ma i parenti li tolsero dalle pubbliche scuole; e perchè essi insistevano nel voler venire alla fede cristiana, i parenti si posero a chiamarli ingrati, traditori della loro Religione, infamatori della loro famiglia, ed a minacciarli che li avrebbero diseredati ed espulsi dalla famiglia, ove non mutassero proponimento.

            F. Trattandosi di Religione, che è quanto dire di salvare o dannare l’anima propria in eterno, io mi lascierei cacciare di casa, andrei ad allogarmi da servitore ed anche a far lo spazzino, purchè mi potessi così guadagnare il paradiso.

            P. Ed io te ne lodo; ma spesso nella vita dell’uomo succedono certe contrarietà, alle quali, dove non è peccato, è forza che egli ceda malgrado il buon volere. Noi conosciamo come alcuni giovani furono chiusi molto tempo nelle loro case come in una carcere, a fine di impedirli dal rendersi Cristiani. Riusciti a liberarsi da quella schiavitù, vollero effettuare quello, che loro il cuore suggeriva. Ma che? I parenti con disturbi, con minacce di tutti i generi, e mettendo in opera anche la forza pubblica riuscirono ad impedirli. Solamente l’anno 1879 in Torino che cosa non hanno fatto per ricondurre  {92 [92]} a casa una giovane Israelita, la quale si era rifugiata in un ospizio risoluta di rendersi Cristiana? E la poverina dovette darsi per vinta[16]. Voi vedete quante difficoltà, o meglio, quante minacce, persecuzioni devono affrontare coloro che dall’ebraismo volessero passare alla fede cattolica. Dio però è misericordioso; e quando trova cuori ben disposti a ricevere i tesori delle sue grazie, sa trarli da ogni impaccio e, se occorre, manda un angelo dal cielo, opera dei miracoli per mettere nella via di salvamento coloro, che ripongono in Lui le loro speranze. Così fece coll’Eunuco della Regina Candace; e così pure col Centurione, di cui a lungo si parla negli Atti degli Apostoli. {93 [93]}

 

 

Trattenimento XVI. Propagazione del Cristianesimo.

 

            P. Abbiamo grandi motivi, miei amati figliuoli, di ringraziare la Provvidenza di Dio che ci ha fatto nascere in una religione, la quale sotto ogni risguardo presenta chiari caratteri di un’opera divina. Divina la fanno conoscere le profezie, che in essa si avverarono; e divina la presenta il nostro Salvatore con una moltitudine di miracoli, e specialmente con quello della sua gloriosa Risurrezione ed Ascensione al cielo. Che più? La bellezza, la santità, la purezza della morale e di tutta la dottrina del Vangelo ci rivelano fino all’evidenza l’immediato intervento della Onnipotenza divina. Però a fine di darci sempre nuovi segni di sua bontà e rassodarci ognora più nella fede ha Iddio voluto continuare le sue maraviglie nella propagazione del Cristianesimo e nel gran numero di miracoli che la accompagnarono nelle varie parti del mondo.

            F. Nella propagazione del Cristianesimo si operarono miracoli?

            P. Moltissimi furono operati dagli Apostoli e dai primi predicatori del santo Vangelo; e non di rado avveniva che i sudari di s. Paolo e la sola {94 [94]} ombra di s. Pietro bastava a guarire malattie, cui tornava inutile ogni arte umana.

            Ma io qui voglio parlarvi solamente del gran fatto della propagazione del Cristianesimo considerandola in sè stessa: propagazione, la quale fu un vero miracolo, anzi il miracolo dei miracoli, come osserva s. Agostino; poichè gli ostacoli incontrati dagli Apostoli in una impresa così vasta e malagevole furono tali e tanti, che certamente non si poterono superare se non col concorso della Onnipotenza divina.

            F. E che ostacoli incontrarono gli Apostoli e i loro discepoli nella predicazione del Vangelo?

            P. Gravissimi furono gli ostacoli, che gli Apostoli dovettero vincere nella predicazione del Vangelo. Io non la finirei se dovessi tutti enumerarli: dirò di alcuni. Grande ostacolo (chi nol vede?) era l’idolatria che si doveva sbarbicare da tutta la terra, per piantarvi in sua vece la nuova religione di Cristo. Imperciocchè alla venuta del Salvatore tutte le nazioni del mondo (ad eccezione degli Ebrei) adoravano idoli falsi e bugiardi, il culto dei quali favoriva in ogni maniera le umane passioni. Da per tutto l’idolatria consideravasi come religione dello stato; e sotto pena di morte era proibito l’introdurne un’altra. Che se quest’altra religione, che si cercasse di introdurre, oltre la novità fosse così fatta da obbligare gli uomini a {95 [95]} credere misteri incomprensibili all’umana ragione, da adorare qual Dio un uomo gridato ribaldo e come tale crocifisso dalla sua stessa nazione; se cotale religione avesse ingiunto agli uomini di rinunciare ai piaceri della vita, di condannarsi a molte privazioni, anzi di tenersi mai sempre pronti a morire per lei, chi avrebbe osato sperare che i popoli fossero per farle buon viso ad abbracciarla lietamente? Non l’avrebbero anzi rigettata con isdegno ed orrore?

            - Ora voi ben sapete che questa nuova religione si introdusse nel mondo pagano; e che essa è appunto la religione Cristiana; la quale doveva proporsi (ripetiamolo) ad uomini schiavi delle loro passioni; ad uomini generalmente orgogliosi, sensuali, pieni d’amor proprio ed unicamente attaccati ai piaceri ed ai beni della terra. Ditemi adunque se, senza un miracolo, senza il dito di Dio, il quale come Creatore del cuore umano può cangiarlo e rendergli facile il difficile, dite voi se una così fatta religione poteva essere accettata da uomini così mal disposti per essa.

            F. Per sicuro è cosa impossibile senza un miracolo. Ma la storia ci assicura che gli uomini abbiano tantosto abbracciato il Cristianesimo?

            P. Con una prestezza incredibile gli uomini abbracciarono la fede cristiana. Nel giorno di Pentecoste, quando Iddio mandò lo Spirito Santo, la {96 [96]} Chiesa di Gesù Cristo era composta di assai pochi credenti. Alla prima predica di s. Pietro tre mila si convertirono; predicò la seconda volta, e altri cinque mila vennero alla fede; dimodochè in breve spazio di tempo per la predicazione dei dodici Apostoli, che erano i dodici principali discepoli di Gesù Cristo, tutto il mondo risuonò del nome cristiano. La vostra fede, scriveva con gioia s. Paolo ai cristiani di Roma, viene celebrata pel mondo tutto; ed ai Colossesi, che il Vangelo di Gesù Cristo era pervenuto per tutto il mondo e fruttificava e cresceva maravigliosamente.

            F. Gli apostoli erano forse uomini potenti e di grand’ingegno, i quail colla scienza e colla eloquente parola traessero gli uditori a seguirli?

            P. Niente affatto. La maggior parte di essi erano pescatori, cui Gesù Cristo chiamò alla sua sequela; erano uomini poveri e poco istruiti, i quali in faccia al mondo non godevano alcuna autorevole riputazione.

            F. Qui ci nasce un dubbio: non potrebbe essere che il mondo nauseato della idolatria abbia abbracciato il Cristianesimo, perchè tiratovi dalla sua novità?

            P. No certamente: il mondo non era punto annoiato dell’idolatria, perchè assecondava le passioni degli uomini; e nemmeno la novità accrebbe il numero dei fedeli; chè la novità può bensì talvolta {97 [97]} accrescere il numero de’seguaci di una religione, ma allora soltanto quando questa si presenti in aspetto piacevole o almeno sotto le apparenze di qualche vantaggio; la quale cosa non avvenne nel nostro caso. Il farsi cristiano era la stessa cosa che esporsi alle scene, agl’insulti, alle persecuzioni. Non appena si diedero gli Apostoli a predicare il Vangelo, gli Ebrei, i Greci, i Romani e tutte le nazioni barbare mossero contro ai Cristiani un’accanita guerra. Laonde gli Apostoli, e poscia i fedeli, furono presi, sostenuti prigioni, condannati a morte in numero così grande, da potersi affermare che tutto il Romano impero fu bagnato di sangue cristiano.

            F. Poveri cristiani! che brutti trattamenti! Siffatte violenze avranno quasi spento il Cristianesimo; giacchè chi mai sarebbesi indotto ad abbracciare una religione, che lo metteva ad evidente pericolo di morte?

            P. Anzi dite che queste violenze e persecuzioni sanguinose servirono maravigliosamente a propagarlo; e qui apparisce chiaro la mano Divina. In fatto Dio solo poteva infondere tanta forza e tanto coraggio nel cuor dei martiri. La storia ecclesiastica ci assicura che al tempo di quelle grandi persecuzioni, malgrado delle minacce, del ferro, del fuoco, delle bestie feroci, vedevansi vecchi e giovani, donne e fanciulletti, ricchi e poveri, dotti ed ignoranti presentarsi intrepidi ai carnefici, {98 [98]} pronti a patire con gioia i più spietati tormenti per la fede. Ciò nulla di meno quanto più erano vive ed inumane le persecuzioni, tanto più grande diveniva il numero dei credenti. Onde si andava dicendo che il sangue dei martiri era seme fecondo di novelli cristiani. Gl’imperatori, i giudici, gli stessi carnefici, non sapendo a che attribuire l’invincibile fermezza dei Martiri, restavano pieni di stupore, e non di rado da celeste grazia illuminati abbracciavano quella religione, cui poco prima avevano perseguitato. Anzi più di una volta avvenne che per essa dessero eziandio la loro propria vita.

            F. Forse quando si cominciarono a perseguitare i Cristiani il Vangelo era già troppo dilatato da poterlo impedire?

            P. Neppure questo. Ho detto che le’persecuzioni mosse contro ai Cristiani cominciarono dal tempo che gli Apostoli si diedero a predicare il Vangelo nella città di Gerusalemme.

            F. Ebbero queste persecuzioni una corta durata?

            P. Le persecuzioni mosse contro dei Cristiani continuarono orribilmente sanguinose per lo spazio di ben trecento anni, finchè l’imperatore Costantino, conosciuta la ragionevolezza e la divinità della cristiana Religione, ordinò che si cessasse dal combatterla. {99 [99]}

            F. Senza dubbio questo ci pare un grande prodigio; tuttavia non potrebbesi ciò attribuire a qualche accorto espediente adoperato dagli Apostoli a fine di propagare il Vangelo?

            P. I mezzi, che gli Apostoli e gli altri loro cooperatori praticarono nella predicazione e propagazione del Vangelo, erano quelli appunto, che, siccome vi ho detto, paiono più contrari alla credenza e debolezza umana.

            1° Il Vangelo era proibito, e veniva predicato pubblicamente.

            2° Non solo gli Apostoli non ricevevano chicchessia alla fede, ma non vi ammettevano se non coloro, i quali avessero dato prova d’una sincera conversione.

            3° Invece di predicare il Vangelo sotto apparenze lusinghiere, promettere ricchezze e vita felice; essi imponevano di rinnegare se stesso, di rinunziare ai beni della terra, e di essere pronti a tollerare ogni sorta di patimenti, eziandio la morte, per difendere quella religione che volevano abbracciare.

            F. Un altro dubbio ci viene in mente. Forse la Religione non fu ricevuta perchè fosse divina, ma pei miracoli dagli Apostoli operati.

            P. Gli Apostoli fecero veramente molti e luminosi miracoli, ma li fecero per confermare la divinità della fede da essi predicata. Ora i miracoli {100 [100]} non potendosi operare che da Dio solo, ne discende per legittima conseguenza che divina doveva essere quella Religione, a cui Dio stesso rendeva splendida testimonianza con opere soprannaturali.

            F. Lodato Dio; e grazie a voi, o caro padre. Noi non abbiamo più nulla a ridire intorno alla maravigliosa propagazione della fede. Siamo pienamente persuasi che la fu un miracolo, e tale miracolo che bisogna proprio chiudere a bella posta gli occhi per non vedere e conoscere l’intervento, della potenza divina nel dilatarsi del Cristianesimo sulla terra. Noi per l’avvenire saremo sempre più a Dio riconoscenti, perchè ci fece nascere in una religione che porta con sè tanti chiari segni della divinità. Ma poichè ci avete detto esservi stati de’ persecutori che si convertirono, preghiamovi di raccontarci la conversione di qualcheduno di essi.

            P. Molti fatti potrei riferirvi di persecutori convertiti; ma varrà per tutti san Paolo. Questo grande Apostolo fu egli pure un caldo odiatore dei Cristiani; e non essendo sazio della strage che faceva de’ fedeli in Gerusalemme, si presentò al sommo Sacerdote degli Ebrei, e chiesegli lettere per Damasco a solo fine di recarsi colà a mettere in catene, martoriare e condannare a morte quegli Ebrei, i quali si fossero dati alla fede di Gesù {101 [101]} Cristo. Tutto spirante minacce e sangue era pervenuto a poca distanza da Damasco; allorquando ad un tratto è investito da una luce più risplendente di quella del sole, ed una voce gli dice: - Saulo, Saulo, perchè mi perseguiti? Io son Gesù Cristo; tu, perseguitando i miei discepoli, perseguiti me stesso. - Saulo percosso da queste, parole come da un fulmine cadde prosteso a terra, e con voce tremante: - Signore, esclamò, che volete che io faccia? - Alzati, ripigliò la voce, entra in città e là ti sarà insegnato quanto hai da fare. - Saulo, che fu poi detto Paolo, si rialza e si accorge di essere divenuto cieco; perciò fu costretto di farsi condurre a mano da’suoi compagni in Damasco. In quella che ivi riceveva il battesimo riebbe miracolosamente la vista. Da allora in poi Paolo divenne zelantissimo predicatore del Vangelo in tutto il mondo; e dopo aver anch’esso sopportato moltissimi travagli e persecuzioni, chiuse la sua vita in Roma colla gloriosa corona del martirio. {102 [102]}

 

 

Trattenimento XVII. Fondazione della Chiesa di Gesù Cristo.

 

            P. Il prodigioso propagarsi del Vangelo e la compiuta vittoria che riportò sopra l’Idolatria, vincendo in ogni maniera le difficoltà, dimostrano fino all’evidenza che intervenne la mano di Dio in favore della Religione Cristiana. Ma questa non avrebbe certamente potuto conservarsi scevra d’errori, ove il nostro divin Salvatore non avesse fondata una società, e propostovi un capo visibile, il quale in ogni tempo a suo nome la governasse e la proclamasse vera, anzi l’unica vera, senza pericolo che i suoi seguaci fossero ingannati o cadessero in errore.

            F. Questo appunto desideriamo di conoscere, o padre; vogliateci pertanto mostrare quale sia questa società e questo Capo che a nome di Dio la governa?

            P. Questa società è la Chiesa Cattolica, l’unica vera Chiesa di Gesù Cristo; ed il suo Capo è il Sommo Pontefice da Dio stabilito per governarla.

            F. Qui siamo all’argomento che ci sta tanto a cuore. Spiegateci adunque, come fu fondata questa grande società, e come Gesù Cristo deputò un Capo visibile, ovvero un presidente a governarla? {103 [103]}

            P. Questo si ricava da un fatto del Vangelo, che io intendo di esporvi e farvi capire. Eccovelo. Un giorno gli Apostoli ritornando dalla predicazione eransi raccolti con Gesù nella città di Cesarea di Filippo. Come se volesse ragionare del frutto riportato dalle loro fatiche, Gesù prese a parlare a questo modo: - Chi dicono gli uomini che io sia? - Avvi chi dice, rispondeva uno, che voi siete il profeta Elia. A me han detto, soggiungeva un altro Apostolo, che voi siete Geremia, oppure Giovanni Battista o qualcuno degli antichi profeti risuscitati. Così venivano gli Apostoli parlando senza che Pietro proferisse parola.

            Ripigliò Gesù: Ma voi chi dite che io sono? - Pietro allora si avanzò e a nome degli altri Apostoli disse: - Tu sei il Cristo figliuolo di Dio vivo: - E Gesù a lui: Te beato, o Simone (che così dimandavasi Pietro prima che fosse chiamato alla sequela del Salvatore) Figlio di Giovanni, cui non gli uomini rivelarono tali cose, ma il mio Padre celeste. Per l’avvenire non sarai più chiamato Simone, ma Pietro, e sopra questa pietra fonderò la mia Chiesa; e le porte dell’inferno non potranno mai prevalere contro di essa. Ciò che legherai in terra sarà anche legato in cielo, e ciò che scioglierai sopra la terra sarà pure sciolto in cielo. (MAT. 18).

            F. Questo fatto è bello e ci sembra molte importante, {104 [104]} ma la pochezza dei nostri studi ce lo rende un poco oscuro. Piacciavi quindi di venircelo spiegando alquanto per bene; e primieramente: perchè Pietro non rispose subito quando Gesù interrogò gli Apostoli?

            P. San Pietro si tacque fin tanto che Gesù Cristo mostrò di voler solo conoscere il sentimento degli altri uomini. Ma poichè volle intendere che cosa pensassero di lui gli Apostoli stessi, tosto Pietro rispose a nome di tutti gli altri compagni, sopra cui godeva già di una certa superiorità, e disse: Tu sei il Cristo figliuolo di Dio vivo.

            F. Ma come mai s. Pietro uscì a dire che Gesù era il figlio di Dio vivo? V’ha qualche dubbio che Dio sia morto?

            P. Ve ne do la ragione. Pietro divinamente inspirato disse: Tu sei il Cristo,e fu come dicesse: Tu sei il Messia da Dio promesso e venuto a salvare il mondo. Aggiunse poi le altre parole: Figliuolo di Dio vivo, a significare che Gesù non era figliuolo di Dio a somiglianza degli idoli gentili, fatti di ferro, di legno o di pietra, inventati dal capriccio e lavorati dalla mano dell’uomo. Queste sono opere morte, ossia senza vita; laddove Gesù è figlio di Dio vivo, autore della vita; vivo perchè dà la vita, figlio del Padre eterno, Creatore e supremo padrone di tutte le cose, seconda persona della Santissima Trinità. {105 [105]}

            F. Perchè G. Cristo cangiò il nome a s. Pietro e chiamollo beato? Non erano forse anche beati gli altri Apostoli?

            P. Gesù dichiarò beato s. Pietro, perchè quanto esso diceva nol diceva di propria scienza, ossia di scienza umana, ma illuminato dal Padre celeste. Gesù poi, chiamandolo beato, aggiunge il motivo per cui abbiagli cambiato il nome di Simone in quello di Pietro. Ed era questo un chiaro segno che il voleva innalzare a dignità sublime. Così aveva fatto Iddio con Abramo, quando lo costituì padre dei credenti; così con Sara, quando le promise la prodigiosa nascita del figlio Isacco; e così con Giacobbe, quando nominollo Israele, assicurandolo che dalla sua discendenza sarebbe nato il Messia.

            F. Ottimamente. Ma non ci avete ancora detto il perchè Gesù nel fare questo mutamento gli abbia dato il nome di Pietro piuttosto che un altro nome?

            P. Abbiate pazienza, dirò ogni cosa partitamente. Gesù cangiò il nome a san Pietro, per questo che da semplice pescatore di pesci voleva farlo pescatore di uomini, e porlo a guidare la mistica nave, cioè la Chiesa, nella quale sarebbero raccolti tutti i seguaci della fede cristiana. Gesù poi mutò il nome di Simone in quello di Pietra o Pietro e soggiunse: Tu sei Pietro e sopra {106 [106]} questa pietra fonderò la mia Chiesa; come dicesse: Tu, o Pietro, farai nella mia Chiesa quello che fa il fondamento in una casa. Il fondamento è la parte principale e indispensabile in un edifizio. Tu sarai nella mia Chiesa l’autorità affatto necessaria. Sul fondamento si fabbrica tutta la casa, affinchè su di esso basando rimanga ferma ed immota. Sopra di te, che io chiamo Pietro, come sopra di una fermissima pietra, che per mia virtù sarà eterna, io innalzo l’eterno edifizio della mia Chiesa; e questa appoggiata sopra di te, come sopra pietra dura, resterà ferma ed incrollabile contro a tutte le arti e a tutti gli assalti dei suoi nemici.

            Siccome non v’è casa senza fondamento, così non v’è Chiesa senza di Pietro. Ubi Petrus, ibi Ecclesia. Una casa senza fondamento non è l’opera di un sapiente architetto. Una Chiesa separata da Pietro non potrà giammai essere la Chiesa di Gesù Cristo. Perciò egli voleva dire: come nella casa le parti che non posano sul fondamento cadono e vanno in rovina, così nella mia Chiesa chiunque si divide da Pietro precipita nell’errore e si perde.

            F. Comprendiamo affatto: vuol dunque dire che coloro, i quali non seguono Pietro e la Chiesa, di cui egli è il fondamento, non sono nella Chiesa di Gesù Cristo. Ma nelle parole del Redentore v’è {107 [107]} ancora: « E le porte dell’inferno non potranno prevalere contro la mia Chiesa. » Che cosa significano le porte dell’inferno?

            P. Dice il Salvatore che le porte dell’inferno non potranno prevalere contro la Chiesa. La voce Porta significa potenza; onde le parole di Gesù Cristo vengono a dire: Se il demonio aprisse l’inferno e mettesse fuori tutti i suoi satelliti a fine di combattere la Chiesa di Dio, non riporterebbe vittoria. Più semplicemente. Tutte le eresie, gli scismi, gli sforzi, gli inganni del demonio e tutte quante le persecuzioni, separate o riunite, potranno bensì muovere guerra alla Chiesa, costringerla a stare sempre colle armi alla mano, potranno giungere eziandio a rovinare coloro, che non sono umili, mortificati e vigilanti nella preghiera, ma non varranno ad opprimere o vincere essa Chiesa. Anzi cosiffatte battaglie ad altro non riusciranno che accrescere sempre più la gloria di questa divina Sposa del Redentore.

            F. Ci piace a maraviglia l’esposizione sull’autorità di s. Pietro, fondamento della Chiesa di Gesù Cristo, e gli sforzi che i nemici invano fanno contro alla nostra santa Religione. Ci avete pure notato come il Salvatore diede a s. Pietro le chiavi del Paradiso, e noi di fatto vediamo sempre s. Pietro dipinto o scolpito colle chiavi in mano. Vorreste aggiungerci qualche cosa della natura di {108 [108]} queste chiavi, e dirci quale sia stato il valente fabbro che le abbia fatte?

            P. Allora che Gesù disse a Pietro: « Ti darò le chiavi del regno de’ cieli » non voleva significare le chiavi materiali, ma la suprema autorità che a lui conferiva per governare la Chiesa universale. Perciocchè le chiavi sono simbolo o segno del potere; e sempre che il venditore di una casa porge le chiavi al compratore, intende con questo atto mostrargli che gliene dà pieno ed assoluto possesso. Parimenti quando sono presentate le chiavi di una città ad un Re, vuolsi con tale omaggio significare che quella città lo riconosce per sovrano. Per simile guisa le chiavi spirituali del regno de’ cieli, cioè della Chiesa date a s. Pietro, fanno vedere che esso Pietro è costituito padrone, principe e reggitore della nuova Chiesa. Laonde Gesù soggiunge a Pietro: Tutto quello che legherai sulla terra, sarà altresì legato in cielo, e tutto quello che scioglierai in terra, sarà pure sciolto in cielo. Le quali parole designano l’autorità suprema data a Pietro, autorità di obbligare la coscienza degli uomini con decreti e leggi risguardanti il loro bene spirituale e eterno. Tali sono i precetti della Chiesa, in cui sono proibite o comandate le cose che hanno rapporto alla eterna salvezza dei Cristiani.

            F. Dalla Storia Sacra che studiammo pare che {109 [109]} non solo s. Pietro, ma anche gli altri Apostoli siano stati fatti capi della Chiesa.

            P. Assai opportuna questa vostra osservazione. Di fatto gli altri Apostoli hanno ancora ricevuto da Dio la facoltà di sciogliere e di legare; ma ciò avvenne dopo che già erano state rivolte a Pietro le parole sopra narrate, affinchè capissero che la loro autorità doveva essere sottordinata a quella di s. Pietro divenuto loro capo e principe, incaricato di conservare l’unità della fede e della morale. « Fra i dodici Apostoli, dice s. Girolamo, volle Gesù stabilire s. Pietro, acciocchè tenesse il primo posto, e così, costituito tra di loro un superiore, si togliesse ogni cagione di discordia e di scisma. »

            F. Abbiamo attentamente ascoltato quanto ci avete detto; ma ci sembra che le parole del Salvatore si riferiscano al futuro, e che vengano a significare come Gesù potrebbe col tempo stabilire s. Pietro in capo della Chiesa colle opportune facoltà. Siamo nel vero?

            P. Voi mi fate un’osservazione, che mi mette nel caso di spiegarvi più oltre la dottrina del Vangelo.

            Gesù promise di dare a s. Pietro l’autorità suprema nel governo della Chiesa. Questa facoltà promessa solennemente dal Salvatore fu poi di fatto impartita a san Pietro. Eccovi il fatto come {110 [110]} sta scritto nel s. Vangelo. Dopo la sua gloriosa risurrezione apparve Gesù a’ suoi discepoli sulle rive del Lago di Genezaret. Preso con loro alquanto di cibo, per assicurarli vie meglio della realtà del suo risorgimento, si volse a Pietro egli disse: - Simone, figliuolo di Giovanni, mi ami tu? - Signore, rispose Pietro, voi ben sapete che io vi amo. - Gesù soggiunse: Pascola i miei agnelli. Indi replicò: Simone, figliuolo di Giovanni, mi ami tu? - E tosto Pietro a Lui: Signore, Voi ben sapete che io vi amo. E Gesù: - Pasci i miei agnelli. Poi ripigliò ancora: - Simone, figliuolo di Giovanni, mi ami più di costoro? - Pietro al vedersi interrogato la terza volta sul medesimo punto rimase turbato. In quel momento gli si ridussero in mente le promesse già fatte altra volta e violate; e perciò temeva non forse Gesù Cristo dubitasse di sue proteste e quasi volesse predirgli altre negazioni. Di che con umiltà grande rispose: O Signore, voi sapete ogni cosa; il mio cuore è tutto aperto a voi; e perciò Voi vedete altresì che io vi ama - Gesù il confortò e disse: - Pascola le mie pecorelle.

            Con le quali parole rivolte a Pietro solo e a nessuno degli altri Gesù costituisce s. Pietro principe degli Apostoli, pastore universale della Chiesa e di ciascuno dei Cristiani. Imperciocchè gli agnelli qui sono simbolo di tutti i fedeli cristiani{111 [111]} sparsi nelle varie parti del mondo, i quali devono essere sottomessi al capo supremo della Chiesa, come sono gli agnelli al loro pastore. Le pecore poi significano i Vescovi e gli altri sacri ministri, i quali danno bensì il pascolo della divina dottrina ai fedeli cristiani, ma sempre uniti, sempre d’accordo ed obbedienti al primo pastore della Chiesa, che è il Romano Pontefice, Vicario di Gesù Cristo sopra la terra.

            Questa verità costantemente creduta e professata dai cattolici di tutti i tempi fu dichiarata dogma di fede nel Concilio fiorentino colle seguenti parole: Noi definiamo che la Santa Sede Apostolica e il Romano Pontefice è il successore del Principe degli Apostoli, il vero Vicario di Gesù Cristo, il Capo di tutta la Chiesa, Maestro e Padre di tutti i Cristiani; e che a Lui nella persona del Beato Pietro dal nostro Signor Gesù Cristo fu dato pieno potere di pascere e reggere la Chiesa universale[17]. {112 [112]}

           

 

Trattenimento XVIII. Capo visibile della Chiesa di Gesù Cristo.

 

            P. Il capo invisibile della Chiesa è Gesù Cristo, il quale prima di salire al cielo disse a’ suoi discepoli ed a’ loro successori: Ecco, io sono con voi sino alla fine del mondo: Ecce ego vobiscum sum usque ad consummationem saeculi.

            Ma in quella ch’egli stava per salire al cielo, per essere coronato Re della gloria nella Chiesa trionfante, deputava Pietro a capo visibile della Chiesa militante sopra la terra. E siccome s. Pietro era uomo, e come tale doveva morire, era mestieri che altri gli succedessero nel governo della Chiesa e fossero come lui il fondamento di quella religione che doveva durare sino alla fine dei secoli.

            F. Di grazia fermatevi: qui abbiamo a chiedervi tante cose. E primamente per governare la Chiesa non potrebbe bastare l’assistenza che Dio Le porge dal Cielo?

            P. Il modo con cui Iddio stabilì la sua Chiesa rende necessario un capo visibile. La Chiesa di Gesù Cristo nel Vangelo è rassomigliata ad una {113 [113]} grande famiglia, la quale in ogni tempo deve raccogliere nel suo seno chiunque intenda rendersi di lei membro. Ora potrebbe reggersi tale famiglia senza un capo che la governi?

            Inoltre la Chiesa di Gesù Cristo deve essere una; ma senza un capo i suoi membri si dividerebbero tosto in mille diverse famiglie, come appunto vedete intervenire tra i Protestanti.

            Aggiungete che i Cristiani di ogni tempo e luogo devono essere ammaestrati nelle verità della fede, conoscere gli errori a fine di scansarli, separare nettamente il giusto dall’ingiusto, diffondere la dottrina di Gesù Cristo, e definire quali siano i sacramenti da lui instituiti. Ma come mai questo potrebbe farsi senza un capo, il quale avesse i pieni poteri di mettere fine alle questioni e condannare, ovvero assolvere in terra quello che ha da esserne legato o sciolto in cielo?

            F. Le ragioni che ci recate ci paiono convincenti; e non abbiamo dubbio alcuno che Gesù Cristo abbia stabilito s. Pietro capo della Chiesa: tuttavia i Protestanti non potrebbero osservare che dopo s. Pietro, essendo stato il Vangelo predicato e conosciuto da per tutto, non fa oramai più bisogno di alcun capo per la Chiesa?

            P. Questo appunto van ripetendo i Protestanti. Ma le ragioni sovra addotte fanno chiaramente conoscere come la Chiesa non doveva altrimenti {114 [114]} finire con Pietro; e che morto lui, gli sarebbe succeduto un altro al governo della Chiesa.

            Egli conviene ritenere sempre il grande principio che s. Pietro è il capo e il fondamento della Chiesa; e come la Chiesa ha da durare usque ad consummationem saeculi, così il fondamento di essa Chiesa deve parimenti durare sino alla fine del mondo. Il volere una Chiesa senza Pietro e senza i suoi successori torna a quel medesimo di volere una casa senza il suo fondamento; la qual cosa dà nello assurdo.

            Oltre a questo la Chiesa di Gesù Cristo è somigliante ad un regno. Ora un regno qualsiasi non è fatto pel monarca, che l’ha da reggere; ma si crea il monarca perchè governi il regno; e finchè durerà il regno, sempre vi avrà chi lo presieda e governi, altrimenti rovinerebbe. Parimenti la Chiesa non essendo stata fondata pel Papa, ma sibbene il Papa stabilito per governare la Chiesa, ne discende che fino a tanto che ci esisterà la Chiesa, dovrà esservi il suo fondamento e capo, che è il Papa.

            F. Caro padre, voi parlate troppo alto e noi più non comprendiamo.

            P. Mi farò chiaro. Una famiglia è forse fatta perchè governi il capo di casa; o non piuttosto il capo di casa è posto perchè governi essa famiglia?

            F. Egli non è dubbio che il capo di casa è ordinato a governale la famiglia. {115 [115]}

            P. E fino a quando ci deve essere il capo a governare la famiglia!

            F. Finchè duri la famiglia stessa ci ha da essere il suo capo che la diriga.

            P. Altrimenti?

            F. Altrimenti tutta la famiglia va in disordine e si estingue.

            P. E morto il capo di casa?

            F. Morto lui, vuolsi eleggerne un altro, che gli succeda nel governo della famiglia.

            P. Supponete una famiglia che debba durare sino alla fine del mondo, come potrà conservarsi?

            F. Questa famiglia conserverassi quando abbia sempre un buon capo che la governi.

            P. Comprendete ora chi sia questa famiglia e chi ne sia il Capo?

            F. Basta, basta; abbiamo ottimamente capito. Questa grande famiglia è la Chiesa, questo capo è il Romano pontefice. Ameremmo però una risposta per quelli che dimandano se il regnante Leone XIII sia veramente il successore di s. Pietro.

            P. È desso veramente il successore di s. Pietro; e di questa verità fondamentale dovrò intertenervi di proposito quando vi parlerò dell’Apostolicità della Chiesa Romana e della successione de’ Pontefici non mai interrottasi da s. Pietro fino ai nostri giorni. {116 [116]}

            Per ora vi noto di passo che tutte le storie ecclesiastiche e le opere degli stessi eretici convengono nello accertare questa maravigliosa successione dei Pastori nella Chiesa Romana.

            Troppo in lungo andrei se volessi a questo proposito addurvi le testimonianze degli scrittori della Chiesa, che ora mi vengono in mente. Valgavi il parere di alcuni. Sant’Ireneo, che visse nel secondo secolo, dice espressamente: La Chiesa di Roma è la principale, e bisogna che tutte le altre siano a lei unite (lib. 3, III). E s. Cipriano nel terzo secolo: Chi non ha la Chiesa per madre non può avere Iddio per Padre: non avvi che un Dio ed un Gesù Cristo, e non avvi che una sola fede ed una cattedra fondata sopra s. Pietro per la parola dello stesso Signore (lib. I, cap. VIII).

            S. Agostino, fiorito al finire del quarto secolo, scrive che fra le cose le quali gli facevano conoscere la Chiesa di Gesù Cristo eravi la serie dei Papi non mai interrotta da s. Pietro sino a’ suoi tempi; e segue a questo modo: Chiunque si separa dalla Chiesa Cattolica, sia pur buona la vita di lui, non possederà mai la vita eterna, ma la collera di Dio verrà sopra di lui pel solo delitto di essere separato dall’unità di G. C.

            Sono tenerissime le parole del gran dottore san Girolamo. Egli sul timore di essere ingannato dagli eretici dei suoi tempi scrisse a papa s. Damaso {117 [117]} una lettera in cui tra le altre cose dice: Io mi attacco alla vostra cattedra, che è quella di san Pietro. Io so che la Chiesa è fondata sopra questa pietra. Chiunque non mangia l’agnello in questa casa fa sacrifizio profano. Chi non fu nell’arca di Noè perì nel diluvio; chi non è in questa Chiesa perirà eternamente. Io non conosco Vitale, io ignoro Paolino, Melezio mi è ignoto (sono nomi di antichi scismatici), CHIUNQUE NON È CON VOI È CONTRO A GESÙ’CRISTO. Chiunque non raccoglie con voi, egli non fa che disperdere.

            F. Lasciate lì, che basta: voi ci recitate tanti testi che sembrate un dottore in teologia. Con tali autorità chi può dubitare che i santi Padri abbiano costantemente creduto essere il Papa capo visibile della Chiesa di Gesù Cristo? Ci dicono però che i Concilii ecumenici sono infallibili, perchè rappresentano la Chiesa universale: questi Concilii definirono qualche cosa intorno all’autorità del Romano Pontefice?

            P. Le decisioni dei Concilii sono infallibili, come vedremo in altri trattenimenti. Ora sappiate che tutti i Concilii ecumenici, legittimamente convocati, sempre riconobbero il Papa per Capo visibile della Chiesa.

            Il primo Concilio, che si suole annoverare tra gli ecumenici, è quello tenuto nella città di Nicea, e perciò detto Niceno. Fu celebrato nel 325 contro {118 [118]} l’eresia degli Ariani, i quali cagionavano gravi turbolenze nella Chiesa; e vi intervennero dall’Europa, dall’Asia e dall’Africa 318 Vescovi, presieduti dai legati di san Silvestro Papa.

            In quella veneranda assemblea parlandosi del Romano Pontefice, da que’ santi Prelati fu stabilito così: Quegli che tiene la Sede di Roma è il primo: a quel modo istesso che lo fu s. Pietro, al quale venne data da Gesù Cristo la pienezza della potestà, avendolo costituito suo Vicario qui in terra. La Chiesa Romana fu sempre riputata la prima di tutte le Chiese, e così continui. - Romana Ecclesia semper primatum habuit, mosque perduret (Can. 6).

            Grande era la dottrina e la santità de’ Padri Niceni. Quasi tutti si potevano dire confessori della Fede; e di essi parecchi ancora mostravano sui loro corpi le onorate cicatrici riportate nelle antecedenti persecuzioni. Perciò quel loro Concilio fu in tutta l’antichità venerato tanto, che gli stessi Protestanti l’hanno sempre rispettato e ne ammisero l’autorità.

            F. Oh! se i Protestanti ammettono questo Concilio, che riconosce il Papa come Capo della Chiesa, perchè non vogliono riconoscere l’autorità del Papa che ora è sulla Sedia di s. Pietro?

            P. Questa è una delle molte contraddizioni in cui i Protestanti sogliono cadere. {119 [119]}

            F. Ma forse i Protestanti non vogliono ora riconoscere il Papa perchè gli altri Concilî più non lo dichiararono Capo della Chiesa?

            P. Anzi dopo il Concilio Niceno quasi in ogni secolo furono celebrati altri Concilî ecumenici, i quali tutti unanimemente proclamarono il Papa Capo della Chiesa Romana[18]. Il concilio ecumenico fiorentino, come vi dissi più sopra, definì tale domma con queste parole, che vi ripeto: Noi definiamo che la Santa Sede Apostolica e il Romano Pontefice è il Successore del Principe degli Apostoli, il vero Vicario di Gesù Cristo, il Capo di tutta la Chiesa, Maestro e Padre di tutti i Cristiani, {120 [120]} e che a lui nella persona del Beato Pietro dal nostro Signor Gesù Cristo fu dato pieno potere di pascere e reggere la Chiesa universale.

            Se tali luminose verità di nostra santa Religione fossero un po’ più conosciute, molti Cattolici mostrerebbero per sicuro maggior rispetto e venerazione verso l’autorità della Santa Romana Chiesa: autorità fondata da Gesù Cristo, trasmessa a s. Pietro ed a’ suoi Successori, i quali, l’uno all’altro sottentrando al governo della Chiesa, tutti costantemente la esercitarono: autorità attestata e venerata dai più dotti e dai più santi personaggi che vissero dal principio della Chiesa di Gesù Cristo fino ai nostri giorni: autorità proclamata in tutti i Concili ecumenici, e possiamo dire, in tutti i Concili particolari che in ogni tempo nella Chiesa furono celebrati: autorità, infine, che gli stessi Protestanti di buona fede confessarono, e per cui un grande numero di essi si risolvettero di abbandonare i loro errori per fare ritorno alla Chiesa dei loro antenati, che era ed è la Chiesa Cattolica. La è questa una verità da migliaia di fatti comprovata a’ giorni nostri.

            F. Quanto mai siamo contenti di quello che ci avete detto intorno al Capo visibile ed all’autorità della Chiesa di Gesù Cristo! Vi assicuriamo che l’avremo sempre in molta venerazione, considerando la Chiesa Romana quale Maestra di verità {121 [121]} infallibile; alla quale chiunque si opponga cade nell’errore, e, quando non si ravveda, miseramente si perde.

 

 

Trattenimento XIX. Visibilità della Chiesa di Gesù Cristo.

 

            P. Il nostro divin Salvatore, venuto dal Cielo in terra per la salvezza del genere umano, fondò la sua Chiesa a maniera di un grande edifizio, in cui potessero rifugiarsi e salvarsi gli uomini di tutti i tempi e di tutti i luoghi. Impegnò poi la sua parola che le porte dell’inferno non avrebbero mai potuto atterrare questo miracoloso edifizio, il quale doveva essere in ogni tempo conoscibile e in ogni luogo visibile; poichè doveva in ogni tempo e luogo essere la salvezza di tutti.

            F. Che cosa vogliono significare queste parole conoscibile e visibile?

            P. La Chiesa di Gesù Cristo deve essere conoscibile, vale a dire presentare in ogni tempo chiari caratteri di sua divinità per modo, che una persona, pognamo pure idiota e volgare, la possa conoscere e distinguere da qualsiasi società che non sia divina. Questo edifizio deve essere visibile; {122 [122]} cioè la vera Chiesa deve sempre insegnare la sua dottrina, amministrare i Sacramenti, esercitare le pratiche della religione, usare della sua autorità in guisa che gli uomini, se vogliono, possano vedere e conoscere ciò ch’essa insegna e ricevere i suoi Sacramenti; e per dirlo con altri termini, la Chiesa di Gesù Cristo deve essere visibile nel suo insegnamento, nel suo culto, nel governo delle anime, nell’autorità de’ suoi Pastori e specialmente del Sommo Pontefice, lasciato da Gesù Cristo a governarla visibilmente sulla terra.

            F. Affinchè la Chiesa di Gesù Cristo esercitare possa l’autorità di governo e di insegnamento deve in ogni tempo farsi conoscere quale maestra in mezzo a’ suoi figli. Ora diteci, di grazia, dal Vangelo rilevasi egli forse che la Chiesa di Gesù Cristo debba essere visibile?

            P. Nel s. Vangelo Gesù Cristo paragona la Chiesa ad un grande edifizio, di cui s. Pietro è la pietra fondamentale; l’assomiglia ora ad una Montagna, ora ad un Regno, quando ad un Campo, ad una Vigna, ad un’Aia, ad un Ovile; cose tutte visibilissime, e che cesserebbero di esistere qualora non si fossero più potute vedere.

            F. Voi ci avete detto, o amato padre, che la Chiesa di Gesù Cristo è visibile nel suo insegnamento; ma noi non possiamo ben comprendere il significato di questa frase. Avvi forse una cattedra, {123 [123]} sopra cui Santa Madre Chiesa stia seduta a fine di insegnare a leggere e scrivere, come farebbe un maestro in iscuola?

            P. La Chiesa di Gesù Cristo è veramente una madre, la quale ammaestra i suoi figli anche nel leggere o nello scrivere, ove sia d’uopo. Ma il suo proprio ammaestramento è diretto al bene spirituale ed eterno delle anime e versa intorno alle verità della fede. Il precetto d’insegnamento fu da Gesù imposto quando disse agli Apostoli ed ai loro successori: Andate, predicate il mio Vangelo a tutte le creature, battezzandole nel nome del Padre e del Figliuolo e dello Spirito Santo. - Andate, ripetè in altro luogo del Vangelo, ammaestrate tutte le nazioni intorno alle verità che vi ho detto; chi crederà e sarà battezzato sarà salvo; chi non crederà sarà condannato. Con siffatte parole Gesù Cristo diede ai Pastori della sua Chiesa la facoltà di conservare il deposito della fede, di predicarlo a tutti i popoli della terra e di dare il vero senso alla sacra Bibbia ed alla dottrina di Gesù Cristo. Laonde s. Paolo scriveva: Se venisse anche un Angelo dal cielo ad insegnarvi cose diverse da quelle che noi vi predichiamo in nome di Gesù Cristo e che abbiamo da lui imparate, non ci credete. Ma notate che questa suprema autorità d’insegnamento, cui Dio diede alla sua Chiesa, è collegata con {124 [124]} un’altra autorità, che si appella autorità di governo.

            F. Anche cotesta frase: autorità di governo noi comprendiamo ben poco. L’autorità di governo in che cosa consiste?

            P. L’autorità di governo consiste nel potere dato da Gesù Cristo alla Chiesa di stabilire leggi, interpretarle e farle osservare in quel modo che possa tornare più vantaggioso pel nostro bene spirituale ed eterno. Di questo genere sono, p. es. i precetti di s. Chiesa, coi quali ci è comandato di ascoltare la Messa ne’ giorni festivi, di osservare i digiuni e l’astinenza dalle carni nei giorni determinati, di confessarci almeno una volta l’anno e comunicarci alla Pasqua.

            Appartiene pure alla Chiesa il regolare il culto pubblico e ordinare le cose che si reputano necessarie od utili al decoro della religione, come un buon padre ha il diritto ed il dovere di stabilire tutte le cose che possono contribuire al bene della sua famiglia. Come poi incombe ad un buon pastore di vegliare che le sue pecorelle siano condotte a pascoli salubri ed allontanate dai dannosi, così il Papa, padre spirituale di tutti i fedeli, pastore supremo del gregge di Gesù Cristo, può e deve stabilire quelle leggi, inculcare quei precetti, con cui o proibisce certi libri perniciosi alla religione ed alla moralità, o ne raccomanda altri che {125 [125]} sono utili alle anime dei fedeli. Ciò stesso possono e devono fere i Vescovi nelle loro rispettive Diocesi. Al postutto la Chiesa ha il diritto di comandare o proibire quanto giudica opportuno alla salvezza delle anime nostre. E questo le si compete per l’assoluta ed illimitata autorità data da Gesù Cristo al suo Vicario con le parole: Tutto quello che scioglierai o legherai sulla terra sarà sciolto o legato anche nel cielo; e con quelle altre dette agli Apostoli e loro successori: Tutto ciò che scioglierete o legherete sulla terra, sarà sciolto o legato anche nel cielo.

            F. Gli eretici credono essi che la Chiesa di Gesù Cristo debba essere visibile?

            P. Si; gli eretici e specialmente i protestanti con noi convengono che la vera Chiesa debba essere visibile.

            F. Credono i Protestanti che la Chiesa Romana sia sempre stata visibile?

            P. Anche su questo convengono i Protestanti di buona fede.

            F. Asseriscono forse i Protestanti che la loro Chiesa sia pure sempre stata visibile?

            P. Lo asseriscono.

            F. Possono provarlo?

            P. Pretendono di provarlo; ma in verità non vi sono mai riusciti.

            F. E come pretendono di provarlo? {126 [126]}

            P. Alcuni cercano di mostrare che la loro Chiesa è visibile fino a Lutero ed a Calvino; altri che si può dare per visibile fino a Pietro Valdo, fondatore della setta dei Valdesi.

            F. Quando cominciò Lutero a predicare la sua dottrina?

            P. Lutero si pose a predicare la sua dottrina nel 1517.

            F. Quando cominciò Calvino?

            P. Calvino incominciò nel 1537, vent’anni dopo Lutero.

            F. E Pietro Valdo?

            P. Pietro Valdo vi si accinse verso il 1160.

            F. Prima di questo tempo la Chiesa di questi eretici era dessa forse visibile?

            P. Prima dell’esistenza de’ loro fondatori le Chiese degli eretici non erano visibili.

            F. Prima di questo tempo non vi erano dunque nè Valdesi, nè Protestanti?

            P. Prima di questo tempo non si parlò mai nè di Valdesi, nè di Protestanti. Alcuni tentarono di provare la loro visibilità in tempi anteriori; ma furono costretti o di unirsi alla Chiesa Romana o di camminare nelle tenebre miseramente.

            F. Ma corpo di bacco! I Protestanti credono che la Chiesa di Gesù Cristo deve essere visibile, che la Chiesa Romana fu in ogni tempo visibile; essi poi non possono provare la loro visibilità fino {127 [127]} a Gesù Cristo: perchè dunque non fanno ritorno alla vera Chiesa? Od essi sono pazzi, ovvero ignoranti in grado superlativo.

            P. Debbo anch’io confessarvi che il maggior numero dei Protestanti e dei Valdesi vivono nell’ignoranza di questa verità fondamentale. Ma ai nostri tempi che i Protestanti si danno all’istruzione hanno dimandato formalmente ai loro ministri dove esistesse la Chiesa riformata prima dei loro fondatori. Finora non poterono ottenere soddisfacente risposta. Per questa ragione molti di loro ritornarono in grembo alla Santa Romana Chiesa, da cui i loro antenati si erano allontanati. I ministri poi o dottori protestanti, non sapendo come cavarsi da tale impaccio, si immaginarono due ragioni, a dir vero meschinissime, colle quali pensano di poter appagare quelli che domandano ove fosse la loro Chiesa prima dei fondatori di essa.

            F. Ascoltiamo queste due ragioni.

            P. Asseriscono parecchi ministri che la loro credenza dal quarto secolo fino ai loro fondatori si conservò in alcuni pochi, i quali nel loro cuore, senza darsi a conoscere all’esterno, custodirono la dottrina mirabile, che poscia più tardi Pietro Valdo, Lutero, e Calvino si diedero a predicare.

            Altri ministri protestanti, scorgendo il ridicolo di tale asserzione, dissero apertamente che fu per mille anni invisibile; e che tornò visibile allora {128 [128]} quando i nuovi riformatori si posero a predicare il protestantesimo.

            F. Siffatte ragioni ci paiono davvero assai magre, avuto riguardo ad una materia di tanto rilievo. Se costoro conservavano soltanto la loro credenza nel cuore, come mai potevano formare una Chiesa visibile? Ma almeno di questi alcuni si saprà la patria, la nascita, il nome, il cognome in modo, che si possa dimostrare essere stato l’uno successore dell’altro, conservando la medesima fede, la medesima legge ed i medesimi Sacramenti?

            P. Nessuna di queste cose; e noi sfidiamo i Calvinisti, i Luterani, i Valdesi e tutti insieme i promotori del protestantesimo ad accennarci un uomo solo, il quale parta da qualcuno dei Protestanti, e dimostri i suoi antecessori da Papa san Silvestro p. es. fino ai riformatori: la successione d’un uomo solo, che abbia professato quella credenza religiosa, la quale fu di poi insegnata dai riformatori.

            F. Neppure uno...! neppur uno...! gli è questo un argomento forte.... che dovrebbe mettere in seria apprensione tutti quanti i Protestanti. Ma non pare che abbiano qualche ragionevolezza i Protestanti quando sostengono essersi la loro Chiesa conservata in una scelta di uomini pii; avere questi tenuto per circa mille anni la dottrina di G. C. nel cuore loro; e poi averla manifestata {129 [129]} a Pietro Valdo, a Lutero, a Calvino, i quali come tale la insegnarono?

            P. Questo vuol dire gettare sabbia negli occhi, affinchè non si vedano le altrui magagne. Noi in cosa di tale momento dimandiamo non risposte ridicole e da bambini, ma serie e di peso. I Protestanti citino un qualche autore, il quale asserisca e provi che prima de’ mentovati eresiarchi sia esistita una società, la quale abbia professata la medesima loro dottrina. Eglino poi movono proprio a compassione quando ci fan sapere come in quei mille anni vi ebbero persone, le quali nutrivano i sentimenti di Calvino e di Lutero, ma che non furono mai osi di professarli pubblicamente. Se quelle persone si tenevano la loro credenza sepolta nel cuore, come mai i Protestanti sono giunti a conoscerla? Vorranno per avventura ammettere che abbiano composto la Chiesa di Gesù Cristo uomini, che nelle loro azioni professavano una credenza diversa da quella che avevano in cuore? Ma allora cotestoro non si avrebbero a porre nel novero dei veri ipocriti o traditori della propria religione? Gesù Cristo ha detto che quelli, i quali avranno arrossito di confessare Lui, cioè i suoi insegnamenti, in faccia degli uomini, non sarebbero stati da lui riconosciuti pei suoi discepoli in faccia del Padre suo[19]. {130 [130]}

            F. Noi siamo persuasi che se si trovassero qui Protestanti in buona fede dovrebbero rinunciare presentemente ai loro errori e rendersi cattolici. La prima ragione sembraci abbastanza sviluppata; e non ci troviamo nulla a ridire. V è da vedere ora la ragione di quelli che asseriscono la credenza protestante essere stata per molti secoli invisibile[20].

            P. Il modo di ragionare di costoro è un tagliare il nodo senza scioglierlo; vale a dire, è fuggire la difficoltà senza dare risposta. Se i Protestanti e gli stessi Valdesi sono dello stesso parere che la Chiesa di Gesù Cristo deve essere visibile per accogliere in ogni tempo quelli che nel grembo di lei volessero ricoverarsi; se convengono che la Chiesa Romana sia stata in ogni tempo visibile: se da ultimo i Protestanti non sanno dirci dove sia esistita la loro Chiesa per mille anni; quali conseguenze voi ne dedurrete?

            F. La conseguenza a dedursi è chiarissima: la Chiesa Romana è la vera Chiesa di Gesù Cristo, {131 [131]} non così quella dei Protestanti. Ma in che modo rispondere a que’ Protestanti, i quali dicono potersi dare che la loro Chiesa sia stata per mille anni invisibile?

            P. Que’ Protestanti che ciò asseriscono sono lontani dalla verità, più che non è il cielo dalla terra, ed accarezzano uno dei più madornali errori. Perciocchè, giova ancora ripeterlo, la Chiesa di Gesù Cristo è simile ad un grande edifizio, ad un’alta montagna, ad un campo, ad un’aia, ad una vigna, cose tutte più che visibili, a chi le voglia vedere.

            Secondo costoro Gesù Cristo sarebbe stato un falso profeta; dacchè se la sua Chiesa fosse stata qualche tempo invisibile, le porte dell’inferno l’avrebbero vinta. Sarebbe pure stato un cattivo architetto, perchè non avrebbe fondata la sua Chiesa sopra una pietra ferma e soda, ma sull’arena, come quell’edificatore insensato di cui parlasi nel Vangelo di s. Matteo (7, XXVII).

            Gesù Cristo fondò la sua Chiesa, perchè potesse procacciare salute a tutti gli uomini; ma come essi potevano venire al suo grembo se stavasi nascosta?

            Quando la Chiesa non fosse stata continuamente visibile, i Cristiani non sarebbero stati in grado di soddisfare al comandamento di Gesù Cristo, il quale ci ordina di portare le nostre questioni alla Chiesa e di ascoltarne le decisioni. {132 [132]} Gesù Cristo comandò agli Apostoli ed a’ loro successori di istruire e battezzare tutte le nazioni. Ora queste non si sarebbero potuto istruire e battezzare se non per mezzo d’un ministro pubblico e visibile, come appunto la Chiesa Cattolica in ogni tempo fece costantemente.

            F. Quante ragioni! Noi non sappiamo che cosa si possa mai dire contro la visibilità della Chiesa di Gesù Cristo?

            P. Queste ragioni sono di gran valore e formano un altro valido argomento per comprovare che la Chiesa Romana è la Chiesa di Gesù Cristo. Imperciocchè fra le società cristiane essendosi essa sola mostrata in ogni tempo visibile, in ogni tempo conservatrice fedele della dottrina del Vangelo forza è conchiudere ch’essa sola è la vera Chiesa di Gesù Cristo.

            F. A quale cosa si può paragonare la Chiesa Romana?

            P. La Chiesa Cattolica Romana nella sua visibilità puossi assomigliare ad un grande e magnifico edifizio costrutto sopra sodissime fondamenta, contro cui non prevarranno mai le porte dell’inferno, contro cui si leveranno inutilmente le eresie, i persecutori e tutti coloro che colla parola, cogli scritti, col ferro e col fuoco si argomenteranno crollarne i muri e calpestarne le rovine.

            Egli è questo un edifizio che da oltre mille {133 [133]} ottocent’anni è circuito, assediato, assalito coi più gagliardi colpi, ma che conservasi tuttavia incrollabile e mostrasi sempre visibile, sempre bello, sempre grande e maestoso, come si addice ad un’opera innalzata da un architetto onnipotente. Gesù Cristo disse a s. Pietro: Tu es Petrus, et super hanc petram aedificabo Ecclesiam meam, et portae inferi non praevalebunt adversus eam: Tu sei Pietro, e sopra questa pietra fonderò la mia Chiesa, e le porte dell’inferno non prevaleranno contro di Lei; e le parole del Figliuolo di Dio non cadranno.

            F. A che cosa si possono paragonare le Chiese degli eretici?

            P. Le Chiese degli eretici si possono paragonare ad un edifizio mal fondato e mal costrutto. Qui le mura minacciano rovina, qua si apre il pavimento: ora ne cade una parte, ora ne rovina un’altra. Tal fiata è tutto atterrato e non si vede più. Si tenta di ricostruirlo; ma ad ogni soffiar di vento si smattona e poi si sfascia, schiacciando quanti entro vi hanno dimora.

            Di fatto le Chiese degli eretici, altre più, altre meno, andarono e vanno sempre mai cangiando governo e dottrina. Una setta combatte l’altra, perchè di credenze opposte: nella medesima setta si credono articoli fondamentali da taluno, che da un altro della medesima setta sono negati affatto; quindi caduti di errore in errore si vanno disfacendo; {134 [134]} e mancando di ogni elemento di verità stabile, confessano col fatto di essere separati dalla Chiesa di Gesù Cristo, fuori della quale niuno può aver salute.

           

 

Trattenimento XX. Caratteri della Chiesa di Gesù Cristo.

 

            F. Noi ammiriamo la divina Provvidenza che si degnò comprovare con tanti argomenti la santità della cristiana Religione, come avete avuto la bontà di esporci. La considerazione di un Capo visibile, che a nome di Gesù Cristo governi la Chiesa con assoluta autorità, in ogni tempo esercitata sopra tutti i fedeli, ci fa esclamare che Dio ha fatto tutto bene. Ma qui ci si para innanzi una grave difficoltà. Tra le tante società che vi sono come si può con sicurezza conoscere quale sia la vera Chiesa, quella cioè fondata da Gesù Cristo?

            P. Nel Trattenimento passato voi avete già potuto capire che la Chiesa Romana colla sua continua visibilità si mostra la sola vera Chiesa di Gesù Cristo. Tuttavia queste vostre ultime parole ci fanno vedere sempre più il grande uopo di istruirci nella nostra santa Religione. Pertanto egli {135 [135]} conviene trattare un argomento della massima importanza e nel tempo stesso dilettevole molto. Dico adunque che una sola è la vera Chiesa di Gesù Cristo, fuori della quale niuno può salvarsi.

            F. Qui appunto sta il nostro imbroglio: i Cattolici, i Valdesi, i Luterani, i Calvinisti, gli Anglicani si chiamano tutti Cristiani. Forse che in ciascheduna di queste Chiese si può trovare la Chiesa di Gesù Cristo?

            P. No; la vera Chiesa di Gesù Cristo non si può trovare indistintamente in tutte le società che si arrogano il nome di cristiane. Esse hanno dottrine tra loro opposte in guisa che questa ammette articoli di credenza che quella rigetta. È adunque impossibile che tutte appartengano alla vera Chiesa, eccetto che si voglia dire non esistere alcuna differenza tra il bianco e il nero, tra la luce e le tenebre; oppure si voglia affermare che la verità non è più una sola, ma si può rinvenire in due cose opposte. E questo sarebbe come dire che Iddio autore della religione ha rivelato delle cose contradditorie, o che si mostra indifferente tra la verità e la menzogna, il giusto e l’iniquo. Cosiffatte assurdità non saranno mai ammesse se non da chi abbia perduto l’uso della ragione, oppure fatto naufragio nella fede e sia caduto nel più profondo abisso dell’empietà.

            F. Lo si capisce: Gesù Cristo non fondò che {136 [136]} una sola religione; dunque non può essere che una sola la Chiesa, la quale conserva ed insegna questa religione. Ma quali sono i caratteri, ossia le note per conoscere questa vera religione fra tante, che di essere vere si danno vanto?

            P. Egli è di somma importanza, miei teneri figli, che voi intendiate come delle varie società, che si vantano Cristiane, una sola conservi la religione di Cristo. « Un solo Dio, scrive s. Paolo, una sola fede, un solo Battesimo; » dunque non può avervi che una sola vera Chiesa, che è la colonna ed il fondamento di ogni verità. Impertanto io vi dico che la Chiesa di Gesù Cristo deve necessariamente avere quattro caratteri; essere cioè una, santa, cattolica, Apostolica. Queste note sono esposte nel Simbolo costantinopolitano, che si recita alla domenica nella celebrazione della s. Messa: Credo in unam, sanctam, catholicam et apostolicam Ecclesiam.

            1° UNA, perchè una è la fede di Gesù Cristo; un solo è il Capo stabilito da Dio per governarla; una ed immutabile la forma di governo che il Salvatore diede alla sua Chiesa. Lo stesso Gesù Cristo nel Cenacolo, poco prima di lasciare i suoi discepoli, volse al Padre per essi quella stupenda preghiera, che leggiamo in san Giovanni, dove si scorge quanto gli stesse nel Cuore suo divino questa unità: Padre mio, diceva, fate ch’ei siano {137 [137]} una cosa sola... Non prego soltanto per essi, ma per quanti crederanno in me per la loro parola. Fate che siano una cosa sola: come Voi, o Padre, siete in me ed io in Voi, così, anche essi siano una cosa sola in Noi; acciocchè creda il mondo che Voi m’avete mandato.

            2° SANTA, perchè ha per suo Capo Gesù Cristo, fonte d’ogni santità; perchè la fede, i sacramenti sono santi, e tutti i suoi membri chiamati alla santità; e niuno può esser santo, se non appartiene alla Chiesa di Gesù Cristo.

            3° CATTOLICA, ossia universale, perchè deve professare tutta la dottrina di Gesù Cristo, abbracciare i fedeli di tutti i luoghi e durare da Gesù Cristo sino alla fine del mondo.

            4° APOSTOLICA, perchè deve credere ed insegnare tutto ciò che gli Apostoli impararono dal Salvatore e diffusero colla predicazione; ed inoltre deve essere dai successori degli Apostoli governata.

            Tenetevi bene in mente questi quattro caratteri, e trovandoli in qualche Chiesa esclamerete tosto meco: Questa di certo è la Chiesa, a cui Gesù Cristo affidò il deposito della fede, il deposito della sua religione: questa è quella Chiesa che Gesù Cristo dal cielo assiste, affinchè non cada in errore, ma sempre trionfi in mezzo alle persecuzioni, e nei combattimenti riporti vittoria! {138 [138]}

           

 

Trattenimento XXI. La Chiesa Romana ha il carattere dell’UNITÀ.

 

            P. Fra le società cristiane la sola Chiesa Romana ha i caratteri della divinità. Essa è detta Romana, perchè riconosce per Capo visibile il Vescovo di Roma, successore di s. Pietro, Vicario di Gesù Cristo in terra. Fate attenzione, o figli, alla grande verità che vi espongo. La Chiesa di Gesù Cristo è Una, Santa, Cattolica ed Apostolica. Ma nella maniera più chiara e più certa noi troviamo questi quattro caratteri o note nella sola Chiesa Romana; dunque essa sola è la vera Chiesa.

            F. Questo appunto vivamente desideriamo di conoscere; e ciò non per noi, che senza punto discutere crediamo tutto quello che insegna la Santa Madre Chiesa; ma perchè vie meglio confermati nelle massime del Vangelo possiamo essere in grado di dare la dovuta risposta a chi volesse insidiare la nostra credenza. Cominciate adunque a farci comprendere per bene come la Chiesa Romana abbia il carattere dell’unità.

            P. La Chiesa Romana ci presenta colla massima chiarezza il carattere dell’unità. Imperciocchè tutti i veri cattolici sparsi nelle varie parti dei {139 [139]} mondo professano, come insegna s. Paolo, la medesima fede, riconoscono un solo Battesimo, un solo Dio, un solo Redentore che è Gesù Cristo. La Chiesa Romana è una per l’unione di tutti i Vescovi delle Chiese particolari col successore di s. Pietro da Cristo stabilito Capo della sua Chiesa, il quale a guisa di padre universale regola tutta la cattolica famiglia. É una, perchè ha un medesimo culto, una sola morale, un solo governo, quantunque diffusa per ogni angolo della terra.

            F. È poi certo che la Chiesa Romana abbia un medesimo culto, una sola fede, una sola morale ed un solo governo?

            P. Sì: la Romana Chiesa è una nel culto ed una nella fede, perchè tutti i cattolici di tutti i paesi del mondo credono gli stessi dommi senza distinzione alcuna. I cattolici romani rigettarono mai sempre e rigettano tuttavia con orrore tutto che contraddica alla loro fede, essendo certissimi che i Pastori destinati da Dio a conservare il deposito delle verità rivelate si succedettero l’un l’altro e ce le trasmisero da Gesù Cristo e dagli Apostoli, come dalle mani di uno in quelle di un altro, fino ai nostri giorni. Ciò meglio vedremo di qui a poco in ragionando dell’apostolicità della Chiesa Romana.

            È una nella sua morale, perchè i cattolici romani hanno dappertutto una identica regola di fede. {140 [140]} Quindi ogni cattolico ammette i medesimi precetti del Decalogo ed i medesimi comandamenti imposti da questa Madre Chiesa.

            È una eziandio nel suo governo, giacchè in tutti i paesi del mondo i cattolici riconoscono la stessa gerarchia avente per Capo il Romano Pontefice, al quale tutti obbediscono, come a padre amoroso deve ogni figliuolo. Egli è questo un padre che, ricevendo gli ordini da Dio, li comunica ai Vescovi; e i Vescovi a noi con una armonia affatto maravigliosa, per cui un uomo, poniamo della più bassa condizione, può in certa maniera quando che sia abboccarsi con Dio stesso, ed avere da Lui precetti e consigli.

            F. Una cosa qui non comprendiamo: ci dite che la Chiesa è una sola; e noi sovente udiam parlare di Chiesa Greca, Chiesa Latina, Gallicana, Americana e via. Avvi forse più Chiese nella Chiesa Romana?

            P. La Chiesa Romana è una sola. Talvolta le si aggiungono dei nomi tolti dai vari paesi dove è stabilita; e dicesi ora Chiesa Greca, ora Latina, ora Gallicana, ora Americana; ma questi nomi locali altro non significano che questa o quell’altra porzione della stessa Chiesa Romana, fondata da Gesù Cristo e governata dal sommo Pontefice di Lui Vicario in terra. Che se una Chiesa prendesse un nome determinato per distinguersi e {141 [141]} separarsi dalla Chiesa Cattolica Romana, tal Chiesa cesserebbe di appartenere a Gesù Cristo.

            F. I Valdesi, i Protestanti ed altri eretici possono anche vantare l’unità delle loro credenze?

            P. No per sicuro: tra gli eretici alcuni ammettono articoli di fede, che sono respinti da altri della medesima sêtta. Per esempio: parecchi riconoscono quattro Sacramenti, altri due, alcuni nessuno affatto. Anche nelle cose di massimo momento sono tra di loro grandemente divisi; e, come osserva il dotto Bossuet, i Protestanti due secoli dopo la loro fondazione non una chiesa, ma ne avevano già più di dugento, con sistemi tra di loro contrari per modo, che gli uni insegnavano una cosa, la quale era onninamente rigettata dagli altri.

            Lutero allo scorgere i suoi seguaci disuniti e contraddicentisi l’un l’altro eziandio nelle cose di grande rilievo, esclamava: « Il diavolo si è veramente messo tra noi. »

            E Calvino scriveva ad un suo amico eretico di nome Melantone: « Per carità teniamo celate le nostre discordie, acciocchè il mondo non ne abbia sentore; altrimenti ci metteranno alla berlina. »

            F. Mentre voi, o amato padre, ci venivate esponendo l’unità della Chiesa Cattolica Romana nella sua credenza, noi avevamo a quando a quando la mente alle varie opinioni che tal volta si osservano {142 [142]} intorno a varii punti di religione tra i Cattolici; opinioni che sono le une alle altre in tutto opposte. Non vi pare che questa varietà di opinioni sia contraria alla unità di credenza?

            P. No, miei figli; quando affermasi che la Chiesa Cattolica è una nel suo insegnamento e nella sua credenza, devesi intendere delle cose di fede e dei costumi; ma nelle cose non ancora dalla Chiesa confermate, nè approvate, ogni cattolico è libero di seguire quella opinione che a lui sembri più conveniente. Onde s. Agostino soleva dire: In quel che è di fede devesi serbare unità; nei dubbi ognuno è libero di abbracciare l’opinione che vuole; in ogni cosa poi si mantenga la carità. Infide unitas, in dubiis libertas, in omnibus autem charitas. Ma nelle cose che si riferiscono alla fede od ai buoni costumi la Chiesa non ha mai fatto alcuna variazione.

            F. Intorno all’unità della fede ci nasce un dubbio, che vi preghiamo di voler dissipare. Più cose anticamente erano semplici opinioni che ora divennero dommi di fede; questo cangiamento di opinioni in dommi non rompe l’unità di fede?

            P. La vostra difficoltà è tutta apparente. La Chiesa non cangia punto le opinioni in dommi, ma secondo il bisogno dei tempi, dichiara che certe verità per lo passato implicitamente credute, più tardi sono state definite come verità di fede. {143 [143]} Per esempio, i Cattolici appoggiati alla sacra Bibbia ed alla tradizione, credevano comunemente che l’immacolato concepimento di Maria e la infallibilità pontificia fossero verità di fede; ma la Chiesa non avendo mai emessa formale definizione sovra tale credenza comune, tollerava che se ne potesse disputare liberamente. E ciò fu tollerato fino a tanto che la Chiesa Cattolica per gravi ragioni definì in modo esplicito, o sia espresso, una verità già implicitamente creduta, ma non ancora definita. Quindi il domma fu sempre lo stesso in quanto alla sostanza; vi ebbe solo una variazione accidentale in riguardo al modo di professarlo; poichè prima lo si ammetteva liberamente; e dopo fu mestieri di ammetterlo necessariamente per non cessare di essere cattolico. Ma la verità rivelata da Dio fu sempre la medesima; e nessuna variazione avvenne nell’unità della fede.

            F. A che voi paragonereste l’unità delle Chiese degli eretici?

            P. Siccome la Chiesa Cattolica nel Vangelo si suole paragonare ad una famiglia ordinata, in cui tutti i figliuoli ottemperano ai comandi del loro padre, così ciascuna chiesa eretica si può benissimo paragonare ad una famiglia disordinata e senza capo. Tutti i figli, tutti gli individui che la compongono hanno eguale diritto di comandare e di fare quello che a ciascuno meglio talenta, {144 [144]} senza che niuno sia tenuto di eseguire gli ordini dati. Tale è la condizione degli eretici, e specialmente dei Valdesi, Luterani, Calvinisti e degli Anglicani. Fra di essi ognuno spiega il Vangelo à sua posta: e senza averlo mai studiato, crede quel che vuole, fa quel che gli viene in capo. Se in quella che essi commettono qualche brutta azione, voi dite loro: Deh! non fate questo, egli è un gran male; vi rispondono: A noi invece pare che sia un gran bene.

            Questo deriva dal non voler essi riconoscere l’autorità religiosa del Capo visibile della Chiesa, stabilita da Dio per determinare e distinguere quel che è vero da quel che è falso, ciò che è bene da ciò che è male. Quindi non fa maraviglia che qualsiasi disordine sia tra di loro permesso, che ogni individuo abbia il diritto di formarsi una credenza e di praticarla nel modo che gli torni in grado.

            Vi metterà orrore una somigliante credenza; eppure la esiste di fatto, come vi farò meglio vedere quando vi parlerò della riforma protestante. {145 [145]}

           

 

Trattenimento XXII. La sola Chiesa Romana è SANTA.

 

            P. Gesù Cristo essendo la santità per essenza, ne conseguita che la sua Chiesa debba essere tutta purezza e santità, ed escludere dai suoi dommi e dalla sua dottrina qualunque cosa che disdica alla Maestà divina.

            F. Per quali ragioni la Chiesa Romana si può, anzi devesi dire Santa?

            P. La Chiesa Romana si deve dire Santa perchè Santo è il suo Capo Gesù Cristo, sorgente di ogni santità, il quale la regge e la governa coll’assistenza dello Spirito Santo tutti i giorni sino al finire de’ secoli. Onde s. Paolo scrive a quei di Efeso, che Cristo sacrificò se stesso per santificare la Chiesa sua sposa: Christus se ipsum tradidit pro ea, ut illam sanctificaret[21]. È Santa perchè possiede i mezzi più efficaci a santificare le anime, come sono i Sacramenti, il Sacrificio della Messa, la preghiera pubblica, i consigli Evangelici e somiglianti. È Santa perchè in ogni tempo ed in tutti i luoghi, dagli Apostoli fino a’ dì nostri, ebbe un grande numero di Santi, i quali risplendettero {146 [146]} per virtù eroiche, per zelo delle anime, per distacco dalle cose terrene, per le penitenze e pei digiuni. Lo stesso Baldeo, caldo seguace di Calvino, pieno di ammirazione alla santità di s. Francesco Saverio esclamava: Dio volesse che tu, o Saverio, estendo tale, fossi dei nostri. Egli non badava essere impossibile che un protestante valga a raggiungere questi gradi di virtù. È Santa, perchè in ogni tempo Iddio dimostrò con luminosi miracoli di approvare il culto che gli viene prestato in questa Chiesa.

            F. Gli eretici credono ai miracoli dai santi operati nella Chiesa Romana?

            P. Gli eretici e sopra tutti i Protestanti ammirano la vita dei Santi, ed ammettono che nella Chiesa Cattolica si operarono miracoli. Essi dicono espressamente che, ad esempio, s. Bernardo, s. Francesco d’Assisi, s. Bonaventura e s. Vincenzo de’Paoli, vissero santissimamente; ed in ispecial modo si inchinano ai grandi portenti di s. Francesco Saverio. Quindi la vita santa di questi grandi uomini cattolici, la dottrina da essi predicata e con molti miracoli confermata, ci fanno dire che gli stessi eretici convengono con noi essere la Chiesa Cattolica Santa[22]. {147 [147]}

            F. Le altre credenze non hanno Santi che abbiano fatto miracoli?

            P. No. Tutte le altre sétte non possono mostrare un uomo di loro credenza, il quale abbia operato un miracolo solo. Quando vi parlerò degli scismi e delle eresie, che sorsero in diversi tempi a turbare la Chiesa di Gesù Cristo, vi dimostrerò più diffusamente che tra i Riformatori non ebbevi mai alcuno che abbia operato un solo miracolo. Al contrario la Chiesa Romana, oltre un grande numero di Santi e di miracoli riconosciuti dai medesimi eretici, presenta migliaia di monumenti, i quali ci attestano che da Gesù Cristo fino ai nostri dì in ogni anno, e, possiamo dire ogni giorno, si operarono miracoli strepitosi. Ciò si rende in maniera sensibile manifesto a chi percorra la moltitudine di Santuarî, nel cui interno si veggono l’un sopra l’altro i segni di grazie ricevute e di miracoli operati a benefizio dei fedeli. Ma gli eretici non possono additarci nemmeno un Santuario dove esista vestigia di grazia ricevuta o di miracolo operato presso di loro.

            F. Le Chiese degli eretici non hanno i Sacramenti come noi?

            P. Gli eretici ammettono soltanto alcuni dei Sacramenti; e questi stessi mescolano a tanti errori, che lasciano grave dubbio della loro validità. Per esempio molti eretici ammettono il battesimo, ma {148 [148]} nell’amministrarlo vi mischiano siffatti errori, che la Chiesa Cattolica dubita se sia ancor valido. Per questa ragione i Valdesi ed i Protestanti, che in grande numero fanno ritorno alla Chiesa Cattolica, nell’abiurare i loro errori ricevono nuovamente il Battesimo sotto condizione.

            F. A quali cose si possono paragonare le credenze degli eretici in riguardo alla santità?

            P. Gli eretici in riguardo alla santità delle loro credenze si possono paragonare ai rami di un albero tagliati via dal proprio tronco. Tagliati, vale a dire, separati dall’albero della santità, che è Gesù Cristo, e dal Papa che ne fa le veci in terra, gli eretici sono come rami secchi e incapaci di dare frutto. Quindi invece di mostrare una dottrina pura e santa, mostrano cose assurde ed anche empie. Così essi insegnano essere inutili le opere buone; l’uomo non essere libero nel fare il bene ed il male; e non pochi giungono ad asserire che i Cristiani non sono neppure tenuti all’osservanza del Decalogo. Queste e molte altre cose orrende i Protestanti insegnano nella loro dottrina; cose tutte contrarie al Vangelo, e riprovate dalla stessa ragione naturale. {149 [149]}

           

 

Trattenimento XXIII. La sola Chiesa Romana è CATTOLICA.

 

            F. Perchè la Chiesa Romana dicesi Cattolica?

            P. La Chiesa Romana è detta Cattolica, vale a dire universale e perpetua, perchè si estende a tutti i tempi, a tutti i luoghi, e deve durare sino alla fine dei secoli, senza mai introdurre alcuna mutazione nella dottrina spettante alla fede ed ai costumi. Qui voglio farvi avvertire che la Chiesa di Gesù Cristo era già nei primi tempi distinta dalle altre società col nome di Cattolica; tanto che se uno, come già diceva s. Agostino, entrando in una città avesse chiesto quale fosse la Chiesa dei Cattolici, gli sarebbe stato di subito risposto essere quella che ha sede in Roma ed ha per Capo supremo il Papa, Vescovo di quella città eterna. Al nome di Cattolica venne poi aggiunto l’epiteto di Romana, per distinguerla meglio dalle false Chiese, le quali pretendono il titolo di cattoliche a fine di trascinare più facilmente gl’incauti ai loro errori.

            F. Come si prova che la Chiesa Romana è Cattolica?

            P. La Chiesa Romana è Cattolica perchè crede {150 [150]} e professa tutte le verità insegnate da Gesù Cristo e dagli Apostoli, come vedremo tra breve. È Cattolica riguardo al tempo, giacchè dall’età presente ascende fino a quella di Gesù Cristo suo fondatore; e sebbene fieramente perseguitata essa mostrasi mai sempre visibile tanto da farsi distinguere da tutte le erronee credenze. Da Gesù Cristo si è perpetuata in fino a noi senza alterare punto il deposito delle verità da Lui insegnate ed alla medesima commesse. Ancorachè sia dagli eretici assalita e dai cattivi cattolici oltraggiata, ciò nondimeno fu ognora veduta, e noi la vediamo ergersi alta quale robusta colonna, e la vedranno pur quelli che verranno dopo di noi, conservarsi immobile in mezzo alle persecuzioni, insegnando la medesima fede, amministrando e praticando gli stessi Sacramenti sino alla fine dei secoli.

            È Cattolica eziandio riguardo al luogo: perciocchè se s. Pietro fondò la sua Sede in Roma, la sua fede però si estende in tutte le parti della terra. La fede Cattolica è predicata non solamente in quei regni, che meritamente si gloriano di professarla ed onorarla pubblicamente, ma esiste altresì ne’ paesi degli infedeli; ed ogni dì vi si dilata e genera figliuoli a Dio.

            F. Da molti si va dicendo che le missioni cattoliche sono presso che estinte, e che per questo lato la nostra Chiesa cessa di essere cattolica; {151 [151]} poichè non si può più diffondere in tutti i luoghi, e va man mano cessando in quei medesimi dove già fu predicata.

            P. La vostra osservazione mi porge il destro di darvi una maggior cognizione intorno alla cattolicità della Chiesa Cattolica Romana in risguardo delle Missioni.

            Ponete ben mente. Gesù è il fondatore sì della Chiesa come delle Missioni. Prima di salire al Cielo, mentre inviava i suoi Apostoli ad iniziare la prodigiosa Opera delle Missioni Cattoliche, diede loro questo precetto: Andate, predicate il Vangelo, ammaestrate gli uomini di tutte le nazioni, battezzandoli nel nome del Padre, del Figliuolo e dello Spirito Santo. Gli Apostoli fedeli agli ordini del Salvatore con santo zelo si posero a predicare il Vangelo, confermando i loro insegnamenti con molti e sfolgoranti miracoli. Gli Apostoli furono i primi Missionari. Ad essi associaronsi nuovi discepoli, cui succedettero poi altri ed altri ancora. Per tale guisa le Missioni Cattoliche ebbero cominciamento da s. Pietro; e da lui continuarono fino ai nostri giorni.

            F. Ma, come testè vi dicemmo, si vuole che ai nostri giorni siano terminate le Missioni Cattoliche.

            P. La cosa sta ben diversamente. Malgrado delle difficoltà che ora s’incontrano per mancanza di mezzi pecuniari e di evangelici operai, tuttavia {152 [152]} continuano le Missioni a dilatarsi e sostenersi in maniera sorprendente; e la Chiesa Romana Cattolica ebbe ed ha tuttavia i suoi credenti fra i Turchi, nelle Indie, nella China, nell’Australia, nell’Africa centrale e in tutte le parti dell’America. Tra le nazioni barbare vi hanno i popoli Pampas, la Patagonia, le Terre del Fuoco e le isole adiacenti, che per oltre a quattrocento anni resistettero alla voce degli operai del Vangelo. Ma ora è giunto il tempo di misericordia anche per quei selvaggi, riscattati pur essi dal sangue di Gesù Cristo. Il dì 14 novembre dell’anno 1875 una schiera di Missionari Salesiani, ricevuta la benedizione e la missione dal Successore di san Pietro, dal Supremo Gerarca della Chiesa Pio IX, e affrontando ogni maniera di pericoli si recarono in quelle ultime regioni della terra. Ad essi se ne aggiunsero altri e poi altri, benedetti ed inviati dal regnante Leone XIII. Dio prosperò i loro sforzi, ed oggi hanno già accresciuto di più migliaia di novelli Cristiani il gregge di Cristo, colla speranza di frutti ognora più copiosi e consolanti.

            Ora tutti questi Cristiani sparsi in tante parti, e possiamo dire in ogni angolo del mondo, hanno tutti la medesima fede, praticano i medesimi Sacramenti, dipendono da un solo e medesimo Capo, siccome una ordinata famiglia, che puntualmente eseguisce gli ordini del padre che la governa. Così {153 [153]} che possiamo dire, come già san Paolo: La vostra fede, o Romani, è annunziata a tutto il mondo.

            Merita pure il nome di Cattolica la Chiesa Romana, perchè in tutti i tempi condannò sempre i medesimi errori e sempre propose a credere le stesse verità. Nè si può dire che, sopra un errore condannato od una verità proposta in un secolo antecedente, siasi dalla Chiesa proferito giudicio diverso nei secoli posteriori.

            Da ultimo la Chiesa Romana si può dire anche Cattolica, perchè paragonata con le altre credenze che vogliono dirsi cristiane, le supera in numero tutte di gran lunga. Basta il dare uno sguardo sulla faccia del globo, con la scorta di un qualche libro esatto di statistica, per convincerci che le società eretiche restringonsi a qualche regno, e spesso a qualche provincia, laddove la Chiesa Cattolica novera dei fedeli in tutte le parti della terra. Negli stessi governi, dove la religione protestante è protetta dai Re e dai Principi, il Cattolicismo ha un gran numero di seguaci. I Protestanti per legge o sono esclusi, od appena tollerati nella Spagna, nell’Austria, nell’Italia ed in una gran parte dell’America. Di più le stesse sétte protestanti sono talmente fra di loro opposte, che dopo trecent’anni dalla loro origine non hanno ancora potuto stabilirsi alcun principio comune. Ciascheduno {154 [154]} dei Protestanti a’ nostri tempi la pensa come vuole, e spiega le scritture a suo piacimento. Al contrario la Chiesa Cattolica dopo diciannove secoli conserva sempre i medesimi principii, il medesimo Vangelo, la medesima morale, il medesimo successore di s. Pietro, che è il Papa, ed i medesimi Pastori successori degli Apostoli, che sono i Vescovi.

            F. A che si possono paragonare gli eretici inquanto alla cattolicità delle loro credenze?

            P. Gli eretici in quanto alla cattolicità della loro credenza si possono paragonare a quelle pecore separate dall’ovile, le quali fuggono qui e qua disperse cercando un buon pastore, che loro non è dato di trovare. È Gesù Cristo che assomiglia la sua Chiesa ad un ovile, di cui egli stesso è Pastore supremo. Egli dice manifestamente che le sue pecore, vale a dire i suoi seguaci, avrebbero ascoltata la sua voce. Io sono il buon Pastore (ecco le sue parole) io conosco le mie pecorelle, ed esse conoscono me ed ascoltano la mia voce. Esse mi seguiranno dovunque io vada per formare un solo ovile sotto alla guida di un solo pastore. Ma fuori della Chiesa Cattolica non si trovano che i ministri, i pastori mercenari, quali sono quei pastori de’ Valdesi e dei Protestanti, cui niente cale della salvezza o della perdizione delle anime. Costoro, come il mercenario di cui parla il Vangelo, mettono {155 [155]} dinanzi a tutto il loro vantaggio materiale; e non si curando del gregge, lasciano che nell’ovile penetri il lupo che ne fa orrendo scempio. Coloro pertanto che vanno dietro a cosiffatti pastori mercenarî non trovansi nel mistico ovile di Gesù Cristo, non ne ascoltano l’amorosa voce, non sono sue pecore dilette.

            Avvertite ancora che queste società non esistevano prima dei loro fondatori, come già dicemmo, e che soltanto cominciarono ad avere un nome particolare quando si separarono dalla Chiesa Cattolica. E però conchiudendo noi possiamo con ragione chiamare gli eretici: Pecore smarrite, e dall’ovile di Gesù Cristo separate, le quali non ascoltando più la voce del divin Pastore fuggono sbrancate e disperse, restringendosi ad alcuni luoghi, cangiando è riformando le loro dottrine secondo la convenienza dei tempi, dei luoghi e delle persone. {156 [156]}

           

 

Trattenimento XXIV. La sola Chiesa Romana è APOSTOLICA.

 

            P. A capir bene perchè la Chiesa Romana si dica Apostolica è opportuno ridursi alla mente che il Salvatore costituì s. Pietro Capo e Principe degli Apostoli, affinchè, come dice s. Girolamo, stabilito un Capo, fosse tolto di mezzo il pericolo di errare. Dopo la morte del Salvatore san Pietro esercitò alcuni anni la sua autorità in Gerusalemme ed in Antiochia, quindi si recò a Roma, che divenne così il centro della suprema autorità. Da quel tempo la Chiesa Romana incominciò a chiamarsi Apostolica per ossequio al Principe degli Apostoli, Pastore supremo della Chiesa.

            F. Perchè adunque la Chiesa Romana si dice Apostolica?

            P. La Chiesa Romana dicesi Apostolica perchè professa tutte le verità insegnate da Gesù Cristo e predicate dagli Apostoli; e perchè da s. Pietro, Principe degli Apostoli, senza interrompimento presenta la serie de’ suoi successori fino ai giorni nostri.

            F. Ci pare assai malagevole il dimostrare che gli insegnamenti della Chiesa Romana d’oggidì {157 [157]} siano quegli stessi che furono, quasi due mila anni fa, insegnati da Gesù Cristo e predicati dagli Apostoli.

            P. Non avvi difficoltà di sorta a dimostrare che la dottrina insegnata oggi dalla Santa Romana Chiesa è quella stessa che insegnò Gesù Cristo e predicarono gli Apostoli. Imperciocchè, ove fosse avvenuta qualche mutazione in questo o in quell’articolo di fede, qualcuno saprebbe certamente indicare chi abbia introdotto tale cangiamento; in qual tempo, in qual luogo, questo o quell’altro domma abbia cominciato ad esistere, oppure abbia sofferto qualche cangiamento. Ma niuno, nè fra i Cattolici, nè fra gli eretici o fra altri nemici del Cattolicismo mai non seppe, nè saprà mai ciò indicare. Dunque non vi fu mai e nemmeno vi può essere alcuna variazione tra la dottrina della Chiesa Cattolica d’oggidì e quella che insegnò Gesù Cristo e predicarono gli Apostoli.

            Questo dicovi ora qui solo con brevità; ma attesa la importanza di tale materia ve ne ragionerò più diffusamente quando vi parlerò della Riforma protestante.

            La Romana Chiesa dicesi anche Apostolica per la serie de’ suoi Pastori, che succedettero l’uno all’altro dagli Apostoli fino al regnante Leone XIII.

            F. Esiste realmente questa successione di Pastori? {158 [158]}

            P. Nella Chiesa Romana esiste realmente questa successione di Pastori non interrotta dagli Apostoli fino a’ nostri tempi: di maniera che incominciando dal regnante Leone XIII ed ascendendo da un Papa all’altro troviamo una serie di Pontefici, la quale si estende sino a s. Pietro stabilito da Gesù Cristo a Capo della sua Chiesa. Da s. Pietro poi colla medesima facilità discendendo si numerano i Pontefici, uno successore dell’altro fino a Leone XIII.

            F. Ci pare questo un gran fatto, un luminoso carattere, il quale da sè solo basta a dimostrare essere la Chiesa Romana incontrastabilmente la Chiesa di G. C. Ma non può darsi che gli eretici abbiano questa medesima successione di Pastori?

            P. No; gli eretici avere non possono altra successione, tranne quella che si estende fino ai loro fondatori. Per esempio i Nestoriani possono al più annoverare i loro antecessori fino a Nestorio, i Luterani fino a Lutero, i Calvinisti fino a Calvino, i Valdesi fino a Pietro Valdo e non più oltre. Perciò col medesimo loro nome fanno vedere la loro origine, e addimostrano che non discendono dalla vera Chiesa di Gesù Cristo, sibbene da quella di Nestorio, di Lutero, di Calvino e di Pietro Valdo.

            F. Questa successione dei Romani Pontefici è provata nella storia? {159 [159]}

            P. La successione dei Romani Pontefici è evidentissima nei monumenti della storia. S. Ireneo, che fiorì nel secondo secolo, ne rende testimonianza pei due primi secoli sino al Pontificato di s. Eleuterio, sotto cui egli viveva. Questo santo dottore nel suo libro contro le eresie così parla: « Troppo lungo sarebbe riferirvi la successione dei Vescovi di ciascuna Chiesa particolare; laonde per confondere gli eretici e scismatici basta provare questa successione nella più grande, più antica e più nota di tutte le Chiese fondata a Roma dai santi Apostoli Pietro e Paolo. » Dopo queste parole s. Ireneo riferisce la successione dei Sommi Pontefici da Gesù Cristo fino al suo tempo.

            Eusebio Vescovo di Cesarea espone la serie e le principali azioni dei Pontefici da G. C. fino a’ suoi dì; vale a dire fino al principio del quarto secolo. Sant’ Agostino, vissuto nel quinto secolo, tra le ragioni che lo ritenevano fortemente attaccato alla Chiesa, annovera la non mai deficiente successione dei Pontefici dopo s. Pietro, cui commise Iddio la cura di governare il suo gregge; e fa questa bella conclusione: In Romana Ecclesia semper Apostolica cathedra viguit principatus: Nella santa Romana Chiesa sempre si tenne solido il principato della cattedra Apostolica. Dopo il quinto secolo non occorre più dimostrare questa successione, giacchè da quel tempo fino ai nostril {160 [160]} giorni tutte le storie sì ecclesiastiche come profane, anche dettate da scrittori eretici, ce ne fanno luminosa testimonianza.

            Fra i successori poi degli Apostoli ossia tra i Vescovi, che amministrano le Diocesi dei vari paesi cattolici, contano parecchi i loro antecessori fino agli Apostoli stessi o fino ai tempi apostolici, alloraquando tutti i fedeli di un cuor solo e di un’anima sola erano perfettamente uniti a s. Pietro, Principe degli Apostoli.

            Così pure i Pastori della Chiesa più recenti sono rami del grande albero apostolico; ma sempre uniti al loro tronco, che è il Vicario di Gesù Cristo. Che se noi consideriamo la successione dei Pastori di tutte le Chiese particolari, troviamo che esse nella loro fondazione tutte vanno a rannodarsi con quella di Roma, a cui si trovarono in ogni tempo unite e da cui furono sempre dipendenti.

            Al quale proposito conchiude Monsignor Bossuet essere una grande consolazione per quelli che si trovano nella Chiesa Cattolica, ed insieme un argomento di verità il considerare che dal regnante Pontefice si va di grado in grado salendo senza interrompimento fino a s. Pietro, costituito da Gesù Cristo Principe degli Apostoli. Di là, ripigliando la serie dei Pontefici della legge antica, si arriva fino ad Aronne ed a Mosè; indi ai Patriarchi {161 [161]} ed alla origine del mondo. Per la qual cosa se nelle cose appartenenti alla religione ed alla salvezza delle anime la mente umana, soggetta per se stessa a tanta instabilità, ha bisogno di essere assicurata e retta da qualche autorità certa, quale autorità può desiderarsi maggiore di quella della Chiesa Cattolica, la quale riunisce in sè l’autorità di tutti i secoli passati fino ad Adamo, primo uomo del mondo?

            F. A quale cosa si possono paragonare le società degli eretici in risguardo della apostolicità?

            P. Le società degli eretici in risguardo della apostolicità si possono paragonare ad una catena tronca per mezzo. La Chiesa Romana possiede essa sola quella gran catena non mai interrotta sopra narrata; vale a dire ha quella lunga e continuata serie di Pastori, i quali anche sparsi in molte parti del mondo furono costantemente in ogni tempo uniti al Romano Pontefice. Quindi possiamo dire e ripetere che la dottrina di Gesù Cristo e degli Apostoli come dalla mano di uno a quella dell’altro ci fu trasmessa da un Pontefice all’altro fino a noi.

            Poveri Protestanti! A loro è dato di tessere al più una serie di pastori fino a Calvino e Lutero; ma, giunti lì, ritrovano rotta la catena, e, se vogliono continuare, devono riunirsi alla Chiesa Cattolica, altrimenti dopo essere caduti nell’errore precipiteranno nell’abisso. {162 [162]}

            Tutti i figli insieme. Grazie, caro padre, noi siamo tanto contenti delle verità che ci avete spiegate. Noi crediamo fermamente che la Chiesa Romana, in cui fortunatamente siam nati e cresciamo, è la sola vera Chiesa di Gesù Cristo, fuori di cui niuno può salvarsi.

 

 

Trattenimento XXV. Gerarchia Ecclesiastica.

 

            P. Da quanto vi ho fino qui esposto, o miei amati figli, credo abbiate potuto essere chiariti e resi erti della divinità di nostra santa Religione, del grande fatto che è la fondazione della Chiesa di Gesù Cristo. Avrete altresì notato essere soltanto la Chiesa Romana che abbia i caratteri della divinità e possa presentare al cristiano i mezzi sicuri di salvezza.

            Ora se mi accompagnate colla vostra attenzione faremo insieme un riflesso che ci tornerà di vantaggio. Siccome nei regni della terra vi ha un ordine, per cui si parte dal Sovrano e si discende a grado a grado sino all’ultimo dei sudditi, così nella Chiesa Cattolica esiste un ordine, detto gerarchia ecclesiastica, per cui secondo questa gerarchia noi {163 [163]} partiamo da Dio, che della Chiesa è Capo invisibile, veniamo al Romano Pontefice, di Lui Vicario e Capo visibile in terra, indi passiamo ai Vescovi ed agli altri sacri ministri, da cui i divini voleri sono comunicati a tutti i rimanenti fedeli sparsi nelle varie parti del mondo.

            F. Che cosa intendesi per gerarchia?

            P. Affinchè comprendiate bene che cosa intendasi per Gerarchia ecclesiastica bisogna che vi riduciate in memoria essere la Chiesa di Gesù Cristo la congregazione di tutti quelli che professano la fede e la dottrina di Lui, governati da un Capo supremo, che di Gesù Cristo istesso è il Vicario in terra. Questo Capo però, ossia il Romano Pontefice, non potendo da solo attendere ai bisogni particolari di ciascun fedele, è spediente che abbia altri ministri inferiori, da lui dipendenti, i quali colla predicazione della parola divina e coll’amministrazione dei santi Sacramenti promuovano la dottrina e la santità negli uomini. L ordine per cui un sacro ministro sovrasta a chi gli è dipendente e per cui dipende da chi gli è superiore, dimandasi GERARCHIA, vocabolo greco che significa SUPERIORITÀ SACRA.

            F. Quali sono i sacri ministri componenti questa sacra gerarchia?

            P. Nella grande congregazione dei fedeli esiste una gerarchia ecclesiastica, ossia un ordine di sacri {164 [164]} ministri, stabiliti a conservare, propagare e governare la Chiesa. Questa gerarchia in parte fu costituita da Gesù Cristo ed in parte compiuta dalla Chiesa per l’autorità da Lui avuta.

            Gesù Cristo stabilì: 1° Il Papa che è il Vescovo dei Vescovi; 2° I Vescovi, i quali non solo hanno la potestà di consacrare il Corpo e il Sangue del Redentore e di rimettere i peccati, ma di comunicare ad altri tale divina potestà, consacrandoli in sacerdoti; 3° I sacerdoti, i quali possono consacrare il Corpo e Sangue di G. C. e rimettere i peccati, ma non comunicare ad altri tale potestà; 4° I diaconi ossia ministri, il cui uffizio è di aiutare i Vescovi ed i sacerdoti nello esercizio del sacro ministero.

            La Chiesa poi: 1° Ha come suddiviso in vari ordini il ministero dei diaconi coll’aggiungere i suddiaconi, gli accoliti, i lettori, gli esorcisti e gli ostiari; 2° Ha stabilito che tra i sacerdoti alcuni avessero la cura di una parte della Diocesi, ossia del gregge commesso al governo del Vescovo: e diede a questi il nome e l’uffizio di paroci, dividendo per tal modo le diocesi in parochie; 3° Ha stabilito che i Vescovi fossero divisi in provincie, e che ciascuna provincia avesse a capo un Arcivescovo con qualche giurisdizione sopra i Vescovi di essa provincia, i quali perciò detti sono suffraganei; 4° Che in certi regni o imperi le varie {165 [165]} provincie avessero in capo un Vescovo Primate o Patriarca, il quale tiene sotto di sè gli stessi Arcivescovi e le varie provincie governate da essi; 5° Che i Vescovi delle città prossime a Roma, capitale e centro del cattolicismo, e i sacerdoti e i diaconi addetti alle Chiese principali di quest’alma citta formassero, come dire, il Senato del Pontefice, avessero essi solamente il diritto di eleggere il Papa e gli fossero di aiuto nell’amministrazione della Chiesa universale. Questi sono chiamati Cardinali, come quelli che portano tutti il titolo d’una Chiesa, al cui servizio sono attaccati, come la porta di un edifizio a’ suoi cardini si attacca. Adunque la gerarchia ecclesiastica quale fu instituita da G. C. e compiuta dalla Chiesa si compone: 1° del Papa; 2° dei Cardinali; 3° dei Patriarchi o Primati; 4° degli Arcivescovi; 5° dei Vescovi; 6° dei Sacerdoti; 7° dei Diaconi; 8° dei Suddiaconi; 9° degli Accoliti, dei Lettori, degli Esorcisti ed Ostiari.

            F. Quanto è mai bello quest’ordine, come assennata questa dipendenza dell’uno all’altro! Ma tutti questi sacri ministri che compongono la gerarchia ecclesiastica potranno poi sempre andar d’accordo tra loro, senza rischio che uno insegni cose contrarie a quanto insegna un altro?

            P. Qui, miei cari figliuoli, cresce la maraviglia. Tutti questi ministri, che formano la gerarchia ecclasiastica, {166 [166]} sopra divisatavi, vanno perfettamente tra loro d’accordo. In ogni luogo della terra, eziandio da noi rimotissimo, i fedeli, i chierici e sacerdoti sono soggetti ai loro Vescovi, i quali hanno relazione immediata col Sommo Pontefice. Per la qual cosa noi e tutti i Cattolici sparsi ne’più lontani paesi del mondo crediamo le medesime verità insegnate nel Vangelo, riceviamo i medesimi Sacramenti, pratichiamo la stessa morale, gli stessi precetti ecclesiastici osserviamo. Di modo che puossi ben dire che i Cattolici, quantunque disseminati nelle varie regioni del mondo formano una sola famiglia sotto il governo di un solo padre che dimora in Roma.

           

 

Trattenimento XXVI. Autorità dei Concilii.

 

            P. I sacri ministri sono nostri superiori, destinati da Dio ad insegnarci la strada della eterna salute. Iddio presta loro particolare assistenza; e, purchè siano uniti al Papa, non cadranno giammai in alcun errore. Il Salvatore disse chiaramente a s. Pietro: « Ho pregato per te, o Pietro, perchè la tua fede non venga mai meno; ed agli Apostoli: {167 [167]} Predicate il mio Vangelo a tutte le nazioni; ed io sarò con voi sino alla fine del mondo. » Questi ministri da Dio in maniera particolare assistiti, quando trattano questioni di molta importanza e difficili, sogliono radunarsi per conferire insieme e conoscere meglio la volontà divina. Tali conferenze o radunanze si chiamano Concilii.

            F. Oh, Deo gratias! Ora comprendiamo che cosa siano i Concilii: essi sono dunque radunanze di sacri ministri convocati a fine di trattare cose che risguardano la Religione. Vi pare che abbiamo detto bene?

            P. Benissimo. Devo però farvi avvertiti che questi Concilii prendono diversi nomi dal numero e dalla dignità de’ ministri che v’intervengono.

            F. Quali sono questi diversi nomi?

            P. Soglionsi comunemente appellare Ecumenici o Generali, Nazionali, Provinciali e Diocesani.

            F. Vi confessiamo candidamente che abbiamo d’uopo ci spieghiate per singolo questi nomi.

            P. Ve li spiegherò brevemente. Il Concilio Ecumenico o Generale è la radunanza di tutti i Vescovi della Chiesa Cattolica; vi presiede lo stesso Papa in persona o per mezzo de’ suoi legati. In questo per lo più si decidono le grandi controversie di materia religiosa. Il Concilio per simile guisa congregato rappresenta tutta la Chiesa; e le sue definizioni approvate dal Papa sono {168 [168]} infallibili, e si devono credere come articoli di fede. In fatto, come detto è sopra, se la fede di Pietro ossia del Papa in ammaestrando non può cadere in errore, tanto più si deve ciò asserire quando col Vicario di Gesù Cristo stanno raccolti gli altri Vescovi, i quali costituiscono la Chiesa universale, assistita dallo Spirito Santo.

            I Concilii Nazionali sono le adunanze dei Vescovi di tutta una nazione o di un regno col loro Patriarca o Primate.

            I Concilii Provinciali sono le assemblee de’ Vescovi di una provincia ecclesiastica col loro Arcivescovo.

            Finalmente i Concilii o Sinodi Diocesani sono assemblee composte del clero di una Diocesi col suo Vescovo.

            F. Fra tanti Concilii ci sembra che possa qualche volta avvenire discrepanza e confusione; che un’assemblea decreti una cosa contraria a quanto si stabilisce da un’altra; e quindi si cada in errore.

            P. Questo non può avvenire; perchè i Concilii Ecumenici sono, come notammo, sempre presieduti ed approvati dal Papa, e quindi sono infallibili; negli altri Concilii poi i Vescovi studiano di uniformare interamente i loro decreti allo spirito della Chiesa; e nelle cose di maggior momento mandano sempre a Roma le loro decisioni per averne l’approvazione dal Papa. {169 [169]}

            F. Abbiamo tuttavia qualche difficoltà che voi, caro padre, ci vorrete sciogliere in risguardo di alcuni Concilii Ecumenici. Sentimmo già dire che in un Concilio convocato nella città di Rimini ed in un altro convocato nella città di Pistoia, si decretarono più cose, le quali furono poi dalla Chiesa riprovate. Come andò questo affare?

            P. Gli è vero che nel Concilio di Rimini, in quel di Pistoia ed in alcuni altri furono decretate cose erronee; ma questi non erano Concilii Ecumenici, perciò non potevano rappresentare la Chiesa universale. Per questa ragione le cose decretate in essi Concilii non ebbero mai la approvazione del Papa, anzi furono, perchè erronee, da lui riprovate. Dal che appunto si scorge la diligenza grande che usa la Chiesa nel discernere la verità dall’errore, nell’ammettere la dottrina insegnata dalla Chiesa e nel condannare costantemente gli errori dai Papi e dai Concilii ecumenici condannati. Ma niuno potrà mai asserire che il decreto di un Concilio approvato dalla Chiesa abbia professato il minimo errore; poichè i Vescovi in simile maniera convocati ed uniti al Papa rappresentano la Chiesa universale, la cui autorità è infallibile, infallibile essendo G. C, il quale disse: Io sono con voi tutti i giorni sino alla consumazione dei secoli: EGO VOBISCUM SUM OMNIBUS DIEBUS USQUE AD CONSUMMATIONEM SAECULI. {170 [170]}

            F. Come avvenne adunque che nei sopra narrati Concilii furono stabilite cose erronee?

            P. I Concilii di Rimini e di Pistoia, (i quali non furono mai riconosciuti dalla Chiesa) stabilirono cose erronee, per ciò che le autorità civili d’accordo cogli eretici volero fare da giudici nelle cause religiose; e giunsero al punto di usare la forza per costringere i Vescovi cattolici ad approvare le proposte degli eretici e delle autorità civili. Queste violenze tolsero la libertà ai Prelati, i quali non poterono più giudicare liberamente; onde siffatti Concilii diconsi più propriamente conciliaboli, e come tali riprovansi senz’ altro dalla Chiesa.

            F. Nei primi tempi della Chiesa furono celebrati Concilii?

            P. Ne’ primi tempi della Chiesa, viventi ancora gli Apostoli, furono celebrati tre Concili in Gerusalemme: uno per la elezione di s. Mattia Apostolo; l’altro per la scelta de’ sette diaconi; il terzo poi fu quello che prese il suo vero nome di Concilio, e si può appellare Ecumenico. Questo fu convocato a fine di decidere se si avevano a mantenere in vigore alcuni riti della legge di Mosè, oppure intralasciare. Per definire le cose in modo che tutti restassero appagati s. Pietro convocò a radunanza gli Apostoli ed i Vescovi. Siccome Vicario di Gesù Cristo e Capo del Concilio propose {171 [171]} la questione e pronunciò la sentenza. Alcuni Apostoli parlarono, ma solo per dilucidare e confermare vie più le cose esposte da s. Pietro, e tutti aderirono a Lui unanimemente. Formarono di poi un decreto nel seguente modo: Piacque allo Spìrito Santo ed a noi di non obbligarvi, se non a quelle cose, che noi stimiamo più necessarie. Specificando poscia le cose, cui intendevano fossero tenuti i Cristiani di osservare, mandarono il decreto a notizia dei fedeli, i quali il ricevettero siccome uscito non solo dalla bocca degli Apostoli, ma dettato dallo stesso Spirito Santo.

            La celebrazione di tale Concilio è minutamente esposta nella Sacra Bibbia, e fu il modello di tutti i Concilii che vennero celebrati ne’ tempi posteriori.

            F. Noi crediamo senz’altro all’autorità infallibile de’ Concilii fatti in ogni tempo nella Chiesa e sempre venerati da’ buoni Cristiani; ma pare che a’ nostri giorni le cose vadano diversamente. Avviene non di rado di udire tanti a ripetere che eglino amano il Papa, credono al Papa e vogliono appartenere alla Chiesa Cattolica, governata dal Papa; ma intanto guai se loro si ragiona di Concilii! Oh allora se udiste le cosaccie che sbottoneggiano nel fatto specialmente del Concilio Vaticano!

            P. Tocca proprio a’ nostri sgraziati tempi di {172 [172]} udire quotidiani spropositi nel fatto della religione. Se costoro credono al Papa, il quale è infallibile (se pure è vero che lo credano) allora quando in nome di Dio parla ai Cristiani, dovrebbero vie più credere e stare alle decisioni dei Concilii ecumenici, ne’ quali le cose sono discusse e definite dal Papa e da tutti i Vescovi radunati. Costoro, rifiutando di piegarsi alle decisioni dei Concilii, fanno vedere di non credere nemmeno al Papa, giudice supremo de’ Concilii, e di non credere punto alla Chiesa; perciocchè i Concilii ecumenici rappresentano la Chiesa Una, Santa, Cattolica, Apostolica.

            Che direste voi di un figlio, il quale facesse mille proteste di amare suo padre e intanto non curasse o si mettesse sotto i piedi i suoi ordini? Che pensereste di un suddito, il quale asserisse di volere bene al suo Re, di promuovere il vantaggio del regno, e intanto non mostrasse di ubbidire alle leggi dai ministri discusse e dal sovrano approvate?

            F. Diremmo e penseremmo che l’uno è un cattivo figlio e l’altro un cattivo suddito.

            P. Ora questo padre è il Papa, e i suoi figli sono tutti i Cristiani; il regno è la Chiesa, il Re supremo ed invisibile è Gesù Cristo, il Re visibile n’è il suo Vicario, il Romano Pontefice. Fate voi stessi l’applicazione di questa similitudine. {173 [173]}

            F. L’applicazione è bella e fatta. Quelli che ricusano di osservare le leggi della Chiesa sono cattivi figli del Papa, cattivi sudditi della Chiesa di Gesù Cristo. Impertanto coloro che non ubbidiscono al Papa ed ai Concilii ecumenici sono Cristiani traviati, cui non dobbiamo ascoltare; anzi dobbiamo fuggire quali nemici spirituali evitandone persino la compagnia. E qui avendoci voi parlato della grande autorità dei Concilii, diteci per vostra cortesia se gli eretici non tengano anche essi i loro Concilii.

            P. Gli eretici, privi come sono di un Capo che abbia l’autorità di convocarli, di dirigerli e definire le questioni, non possono certamente radunare un vero Concilio. Tentarono, è vero, più volte di unirsi a fine di discutere e stabilire alcuni punti di dottrina; ma ogni cosa tornò inutile; e dopo le più animate discussioni non fu loro possibile di trovarsi d’accordo nello stabilire alcuna regola da seguirsi costantemente nelle loro credenze religiose.

            F. Raccontateci la storia di un qualche loro Concilio.

            P. Vi racconterò la storia di un Concilio di Protestanti fatto in Parigi nel 1848. Il dì 9 settembre di quell’anno ebbe luogo un sinodo, cui tanto e da tanto tempo avevano desiderato i Protestanti. In esso il pastore Monod sorto a ragionare {174 [174]} afferma che la Chiesa riformata omai più non possiede i suoi due antichi caratteri, che erano: Una organizzazione presbiteriana ed una confessione veramente cristiana; e quindi esorta vivamente l’assemblea acciocchè voglia occuparsi a rivendicare questi due caratteri perduti. Or bene: nel 12 dello stesso mese il pastore Coquerel protesta contro tutti gli atti del Concilio, li dichiara nulli e di nessun effetto. Si tengono ancora parecchie altre sedute, dove uno dice, l’altro disdice, senza che mai si pervenga ad alcuna conclusione. E non poteva la cosa succedere altrimenti; perchè tra i Protestanti potendo ciascuno credere quello che vuole e interpretare i punti di fede e la morale come vuole, non sarà mai che da essi stabiliscasi unità di dottrina e di credenza, e che neppure si formi alcuna regola di morale. Anzi dalla medesima confessione dei pastori protestanti conseguita, che la Chiesa Riformata è priva de’ veri sacerdoti, e di una regola di fede veramente cristiana.

            I Protestanti poi non hanno veri sacerdoti, perchè i veri sacerdoti possono soltanto essere ordinati e consacrati dai Vescovi; e sì Calvino come Lutero non essendo stati Vescovi non poterono comunicare il carattere sacerdotale, nè alcuna autorità spirituale ai loro successori. Laonde i pastori ed i ministri protestanti non sono più sacerdoti; {175 [175]} che se radunansi a concilio essi formano un’assemblea di laici, e non già un’adunanza di sacerdoti e tanto meno di Vescovi uniti al Vicario di Gesù Cristo, ai quali solamente fu detto; Andate, insegnate « ite, docete. »

           

FINE DELLA PARTE PRIMA{176 [176]}

 

 

 

PARTE II. Credenze o sétte tuttora esistenti che in vari temp. si separarono dalla Chiesa Cattolica.

 

 

Trattenimento I. Il Maomettismo.

 

            P. Per un cattolico non avvi scienza più importante di quella che lo istruisce nella propria religione. Questa religione, che unicamente conservasi nella Chiesa Cattolica Romana, doveva essere in ogni maniera avversata e combattuta, ma non mai vinta. In mezzo alle più sanguinose persecuzioni doveva mantenersi quale immobile colonna, sempre visibile, sempre bella, sempre vittoriosa, senza mai adoperare altre armi che quelle della preghiera, della carità e della pazienza. Questa sua fermezza ed invariabilità mantenuta dai tempi di Gesù Cristo infino a noi, non può ad altro attribuirsi che all’Onnipotenza di Dio. {177 [177]}

            Stabiliti questi fondamenti della nostra Santa Cattolica Religione, voglio ora intertenervi alquanto sopra alcuni curiosi avvenimenti: vale a dire sopra quelle credenze che erano unite alla Chiesa Cattolica e che un tempo da quella si separarono. Questi trattenimenti hanno molta importanza; perciocchè dimostrato la origine di siffatte credenze, essere posteriore all’epoca degli Apostoli, ne discende per legittima conseguenza che i seguaci di esse professarono la dottrina proposta dai loro fondatori; ma non già quella di Gesù Cristo, cui non furono mai uniti.

            F. Benissimo, benissimo. Questo appunto desideravamo da lunga pezza. E quali sono queste credenze che un tempo si separarono dalla Chiesa Cattolica?

            P. Prima di parlarvi di queste credenze voglio notarvi come, non avendo esse i caratteri della divinità, sono da noi chiamate false religioni. Le false religioni soglionsi poi ridurre all’Ebraismo, all’idolatria, al Maomettismo e alle sétte cristiane professate dai Greci scismatici, dai Russi, dai Valdesi, dagli Anglicani e dai protestanti.

            Dell’Idolatria penso non occorra parlarvi perchè ai nostri giorni più non esiste, se eccettuiamo alcuni paesi, dove non potè ancora penetrare la luce del Vangelo oppure l’idolatria è approvata dallo Stato.

            Dell’Ebraismo parmi già di avervi detto abbastanza {178 [178]} nella prima parte di questi nostri trattenimenti.

            Se vi piace, io continuerò qui a discorrere delle rimanenti false religioni, incominciando dal Maomettismo.

            F. Sì, sì: cominciate dal Maomettismo e diteci che cosa per Maomettismo s’intenda.

            P. Per Maomettismo s’intende una raccolta di massime ricavate dalla religione Ebraica, dalla Cristiana, dal Paganesimo, con aggiunte, variazioni e favole, che in pratica giungono a distruggere ogni principio di sana morale.

            F. Il Maomettismo da chi ebbe principio?

            P. Ebbe il suo principio da Maometto, che lo predicò nel secolo settimo dell’Era Volgare.

            F. Oh! di questo Maometto siamo proprio curiosi di udire a parlare: diteci tutto quello che di lui sapete.

            P. Andrei troppo in lungo se volessi riferirvi tutto quello che le storie raccontano di questo famoso impostore. Cercherò soltanto di farvi conoscere chi egli fosse; e come sia riuscito a fondare la sua religione.

            Di famiglia Maometto apparteneva ad una celebre ed antica Tribù dell’Arabia Felice, ma decaduta e povera. Il padre di lui era gentile, la madre ebrea; e nacque l’anno 570 alla Mecca, città poco distante dal Mar Rosso. Vago di gloria, {179 [179]} colla brama di migliorare la sua condizione andò girando per più paesi; e in Damasco riuscì a conseguire la carica di agente di una vedova mercantessa, la quale poscia lo tolse a marito. Egli era astuto senza paragone, e seppe valersi delle sue infermità e della sua propria ignoranza per fondare una religione. Patendo di epilessia, che è il mal caduco, affermava che quelle frequenti cadute erano altrettanti rapimenti al cielo, dove teneva colloquio coll’Arcangelo Gabriele.

            F. Che impostore! ingannar la gente in questa maniera! Avrà egli forse anche tentato di operar miracoli in conferma della sua predicazione!

            P. Maometto non poteva fare alcun miracolo in confermazione della sua religione, perchè non era mandato da Dio, solo autore dei veri miracoli; siccome però vantavasi superiore a Gesù Cristo, ben tosto fu richiesto che al pari di lui operasse miracoli. Egli alteramente rispondeva che i miracoli erano stati fatti da Gesù Cristo, e che egli doveva accingersi a ristabilire la religione colla forza.

            Ciò non di meno davasi vanto di averne operato uno; e spacciava che essendo caduto dal cielo un pezzo di luna nella sua manica, egli aveva saputo rimetterlo al suo posto. Per memoria di questa ridicola impostura i Maomettani tolsero a divisa la mezza luna, che forma tuttavia il fregio degli stendardi de’ Turchi e dei Maomettani. {180 [180]}

            Voi non potete tenervi dal ridere, o miei figli, e ben con ragione: perciocchè un uomo di simile fatta doveva piuttosto considerarsi qual cerretano da piazza e non già essere tenuto in conto di predicatore di una nuova religione. Appunto per questo si divulgò la fama che egli era un ribaldo ciurmadore; e fu quindi, come perturbatore della pubblica tranquillità e profanatore della religione dello Stato, condannato a morte. Pel che egli prese tostamente la fuga e ritirossi nella città di Medina con alcuni libertini, che l’aiutarono a rendersene padrone. Questa fuga di Maometto a Medina addimandasi EGIRA, parola che appunto viene a dire fuga; d’onde comincia l’Era Mussulmana che corrisponde all’anno di Cristo 622.

            F. In che cosa propriamente consiste la religione di Maometto?

            P. La religione di Maometto consiste in un mostruoso mescolamento di giudaismo, di paganesimo e di cristianesimo. Il libro della legge Maomettana è detto Alcorano, ossia scrittura per eccellenza.

            Questa religione dicesi anche Turca, perchè è molto diffusa nella Turchia; Musulmana da Musul, nome che i Maomettani danno al direttore della preghiera; Islamismo dal Vocabolo arabo Islam, che significa Religione che salva, poichè i Maomettani sono persuasi che soltanto la loro religione {181 [181]} possa salvare. Questa credenza è appellata eziandio con nomi diversi dal nome di alcuni suoi riformatori; ma sostanzialmente è sempre la medesima religione fondata da Maometto[23]. {182 [182]}

            F. Perchè Maometto fece nel suo Corano un miscuglio di tante e così varie credenze?

            P. Perchè essendo i popoli dell’Arabia altri Giudei, altri Cristiani e non pochi Pagani, egli, per indurli facilmente tutti a seguirlo, tolse una {183 [183]} parte delle credenze di ciascuno di essi, badando a trascegliere quei punti che potevano da tutti maggiormente interpretarsi e favorire i piaceri sensuali.

            F. Bisognava proprio che Maometto fosse un uomo dotto!

            P. Niente affatto; anzi credesi che egli non sapesse nè leggere, nè scrivere; e che per comporre il suo Alcorano sia stato aiutato da un ebreo e da un monaco apostata. Parlando di cose contenute nella Storia Sacra confonde un fatto coll’altro; e per esempio, attribuisce a Maria, sorella di Mosè, più azioni che riguardano Maria madre di Gesù Cristo; così fate ragione di moltissimi altri spropositi in quel libro contenuti.

            F. Questa è bella! se Maometto era ignorante, nè fece miracolo di sorta, come mai gli fu dato di propagare la sua religione?

            P. Maometto propagò la sua religione non con miracoli o colla persuasiva del discorso, ma bensì colla forza delle armi. Una religione che favoriva ogni sorta di libertinaggio, in breve tempo fece di Maometto un duce potente di formidabile truppa {184 [184]} di briganti. A capo di costoro egli scorreva i paesi dell’Oriente, e si assoggettava i popoli, non col potere della verità, non con miracoli o con profezie, ma facendo balenare l’argomento della spada sul capo dei vinti e gridando: o credere o morire.

            F. Canaglia! Sono questi gli argomenti da usare per convertir la gente? Senza dubbio ignorante qual era Maometto avrà cosparso l’Alcorano di ben grossi errori!....

            P. L’Alcorano si può dire un tessuto di errori sformati contro la morale e contro il culto del vero Dio. Per esempio, scusa dal peccato chi nega Dio per timore della morte; permette la vendetta ed assicura a’ suoi seguaci un Paradiso, ove non v’ha che soli piaceri terreni. Insomma la dottrina di questo falso profeta permette cose tanto empie ed oscene che l’animo cristiano ha orrore di solo nominare.

            F. Come poi Maometto terminò la sua carriera mortale?

            P. Dopo l’Egira, ossia dopo essere stato espulso dalla patria, Maometto si pose a dilatare la sua credenza colle armi. In questa impresa combattè e trucidò quanti potè avere alle mani, Ebrei, idolatri e Cristiani; e si rese signore di quasi tutta l’Arabia e della Siria. Ma usando crudeltà senza freno alcuno, rimase da ultimo egli stesso vittima di sua crudeltà. {185 [185]}

            Il giorno 8 Giugno dell’anno 632, nella città di Medina egli moriva di forte veleno propinatogli da Zeina ebreo, il quale così intendeva vendicare la morte di un fratello e la stessa sua nazione, che Maometto aveva quasi distrutta. Egli fu sepolto in una tomba scavata di sotto al letto in cui era morto.

            F. Che differenza passa tra la Chiesa Cristiana e la Maomettana?

            P. La differenza è grandissima, come grandissimo è il divario fra luce e tenebre, tra il giorno e la notte, tra il bianco e il nero.

            Maometto stabilì la sua credenza colle armi alla mano: Gesù Cristo fondò la Chiesa con parole di pace, servendosi dei poveri suoi discepoli. Maometto fomentava le passioni; Gesù Cristo comandava la annegazione di se stesso. Maometto non fece alcun miracolo: Gesù Cristo ne operò senza numero in pieno giorno ed in presenza d’innumerevole moltitudine di gente. Le dottrine di Maometto sono ridicole, immorali e corrompitrici: quelle di Gesù Cristo sono auguste, sublimi e purissime senza paragone. In Maometto non si compì veruna profezia; in Gesù Cristo tutte sonosi avverate. Insomma la Religione Cristiana, in certa maniera, rende l’uomo felice in questo mondo per sollevarlo poi ai godimenti del Cielo; quella di Maometto degrada ed avvilisce la natura umana, e {186 [186]} riponendo ogni felicità nei sensuali piaceri, riduce l’uomo al grado degli animali immondi.

            Non occorre notarvi come, il Maomettismo non ha alcuno dei caratteri della Chiesa di Gesù Cristo; poichè nè Maometto, nè i suoi seguaci levarono mai simile pretesa. Neppure vi sarà mai alcuno della credenza Musulmana, il quale asserisca trovarsi legame o dipendenza del Maomettismo colla Chiesa Cattolica. Questo è ben chiaro a tutti: niuno non ha mai asserito che i Maomettani possano in qualche maniera appartenere alla fede Cattolica.

           

 

Trattenimento II. Scisma dei Greci.

 

            F. Sovente ci accade udir parlare di Scisma de Greci e di Chiesa Greca. Io ne capisco poco, ed i miei fratelli meno ancora. E voi ci fareste cosa molto grata, se ci raccontaste la storia di tale Scisma.

            P. È forse questa la prima volta che mi incontra di parlarvi di Scisma, e perciò giudico bene dirvi prima che cosa significhi la parola istessa Scisma vale separazione; e quando diciamo Scisma {187 [187]} dei Greci o Chiesa Greca Scismatica, intendiamo una parte dei Greci separati dalla Chiesa Cattolica.

            F. Volete dire che tutti i Greci sono Scismatici?

            P. No, miei figli, una considerevole parte dei popoli Greci sono uniti alla Chiesa Romana, quindi appartengono alla vera Chiesa di Gesù Cristo.

            F. Donde ebbe origine questo Scisma?

            P. Questo Scisma ossia separazione di una parte dell’impero Greco dalla Chiesa Cattolica si attribuisce alla superbia di un Patriarca di Costantinopoli di nome Fozio. Fin dal secolo quinto, quando Costantinopoli era tuttora capitale del Romano Impero, di quando in quando gli Imperatori stimolavano i Vescovi di quella città a costituirsi Capi della Chiesa: il che essendo un ribellarsi alla Chiesa Cattolica Romana, non mai vi fu chi abbia osato di fare apertamente.

            Vi voleva a tanto un Fozio, quel Fozio, di cui vi ho ora sopra parlato. Costui (nel secolo nono) era semplice laico e segretario dell’Imperatore, nè mai erasi dato allo studio delle cose ecclesiastiche, nonchè all’acquisto delle virtù necessarie in chi aspira alla sublime dignità di sacerdote. Ciò nondimeno, ambizioso qual era, si adoprò perchè fosse cacciato dalla sua sede s. Ignazio, uomo esemplarissimo in tutte le cose, che possono formare un grande prelato. Deposto, perseguitato, {188 [188]} espulso in esilio, quell’uomo di Dio, di nulla si sgomentò e continuò a combattere intrepidamente gli errori di Fozio.

            Questi dal canto suo volendo a qualunque costo diventare Vescovo, lasciato l’ufficio di Segretario, in sei giorni da un eretico si fece ordinare accolito, suddiacono, diacono, prete, Vescovo e Patriarca. Fatto questo, Fozio, sì perchè il Papa non voleva approvare il modo illegittimo con cui era stato creato Vescovo, sì per l’ambizione di costituirsi capo della Chiesa, ruppe ogni relazione col Romano Pontefice. Gli imperatori d’Oriente, spinti dal prurito d’immischiarsi nelle cose di Chiesa, contribuirono assai a compiere e continuare questo Scisma.

            F. Tale Scisma fu proprio consumato ai tempi di Fozio?

            P. Fozio lo cominciò coll’opera sua e cogli scritti; tuttavia i Patriarchi suoi successori si mantennero ancora qualche tempo uniti alla Chiesa Romana; finchè Michele Cerulario, uno dei successori di Fozio, guidato dallo stesso spirito d’orgoglio, consumò il fatale Scisma, il quale appunto ancora oggidì tiene una gran parte dei Greci divisi dalla vera Chiesa.

            F. I Papi di quei tempi non si diedero attorno a fine di far ravvedere questi eresiarchi?

            P. I Papi, e specialmente Nicolao I, fecero quanto {189 [189]} più sa fare un tenero padre pel ravvedimento dei suoi figli. Il Pontefice Nicolao scrisse più lettere a Fozio ed all’Imperatore di Costantinopoli; mandò loro dei legati, ma nulla valse a temperare l’orgoglio di Fozio. Anche S. Leone IX si adoperò in tuttte le guise per impedire un sì gran male, scrivendo lettere ripiene di amorevolezza a Michele Cerulario. Volle pure mandare due legati a Costantinopoli par conferire con esso lui; ma quegli rifiutò persino di riceverli; tanto che visse e morì ostinato. Inoltre furono ancora celebrati due Concili Ecumenici, uno in Lione nel secolo decimo terzo; l’altro in Firenze nel secolo decimo quinto per tentare la riunione dei Greci colla Chiesa Romana. Ma non sì tosto i Prelati Greci furono ritornati nei loro paesi, ricaddero negli errori di prima.

            F. Quali sono i principali errori dei Greci Scismatici?

            P. Sul principio dello Scisma l’errore principale dei Greci consisteva nel non riconoscere la Suprema Autorità stabilita da Dio nel Romano Pontefice. Divenuti Scismatici caddero in parecchi altri errori, e giunsero a quella di negare il Purgatorio e la divinità dello Spirito Santo.

            F. La Chiesa Greca d’oggidì conserva ancora la medesima unità di fede, che conservava nel principio dello Scisma? {190 [190]}

            P. No sicuramente; e quando una Chiesa si separa dall’autorità infallibile della Chiesa di Gesù Cristo, non può conservare l’unità di dottrina. Ella diventa simile ad un ramo stralciato dal tronco. Perciò quelli che anticamente professavano, come insegna s. Paolo, una sola Fede, un solo Battesimo, un solo Salvatore quando erano uniti colla Chiesa Romana, oggi non hanno più il medesimo Capo stabilito da Gesù Cristo, non le medesime verità da lui rivelate, e mutarono eziandio i riti più essenziali. Per esempio la Russia segue la Chiesa Greca Scismatica, ma lo Czar, ovvero l’Imperatore, è il Capo e giudice supremo delle controversie religiose.

            Lo stesso patriarcato di Costantinopoli è affatto dipendente dal gran Sultano, ossia dall’Imperatore dei Turchi. Quando muore un patriarca, egli mette tal dignità all’incanto, e chi offre maggior somma viene preconizzato novello patriarca: di maniera che un uomo qualsiasi, scostumato ed ignorante, purchè ricco, può divenire patriarca scismatico di Costantinopoli.

            Le quali cose conducono a gravi disordini nel fatto della religione. Per tal guisa coloro i quali ricusarono di sottomettersi al Vicario di Gesù Cristo, che li governava qual tenero padre, sono costretti di assoggettarsi ad un infedele, che li governa da tiranno. {191 [191]}

            F. I Greci prima del loro scisma credevano eglino tutto ciò che credevano i Latini, cioè i fedeli che componevano l’impero di Ocddente?

            P. Sì; prima dello scisma greco i Latini ed i Greci in tutti i Concilî generali e particolari professarono sempre la stessa fede, e riconobbero unanimi il Romano Pontefice per capo della Chiesa universale.

            F. I Cattolici cangiarono qualche cosa della loro religione all’occasione dello scisma greco?

            P. Non cangiarono nulla; tutte le verità che i Cattolici credevano prima di questo scisma continuarono a crederle di poi, come seguitano ancora oggidì a crederle e professarle.

            F. Se i Cattolici niente mutarono nella loro religione, dunque la religione di Gesù Cristo continuò a conservarsi sempre intatta nella Chiesa Cattolica; e perciò tutto il mutamento fu dalla parte dei Greci i quali abbandonarono la vera Chiesa.

            P. È proprio come dite; questa è una verità evidente; nulla fu cangiato nella Chiesa Cattolica Romana, tutto il cangiamento fu dalla parte dei Scismatici, i quali separandosi dalla unità Cattolica si separarono ad un tempo dalla vera Chiesa di Gesù Cristo. Questa osservazione, che è del Cardinale Gerdil, basta per tutte a confutare i Scismatici Greci, e quanti altri eretici errano lontani dalla Chiesa, antica loro madre. {192 [192]}

 

 

Trattenimento III. Origine dei Valdesi.

 

            P. Non mi sono trattenuto molto lungamente a parlarvi de’ Maomettani e dei Greci Scismatici a cagione che queste credenze essendo professate in paesi da noi lontani, noi non corriamo tanto pericolo di essere da loro ingannati in fatto di religione.

            Voglio piuttosto discorrervi più minutamente dalla setta dei Valdesi, perciocchè dimorando essi in gran parte nelle valli di Luserna, vicino a Pinerolo, anzi in questi nostri tempi adoperandosi eglino con ogni arte a propagare i loro errori, più spesso può avvenire di avere a fare con essi; e quindi essere della loro dottrina imbevuti.

            È vero che vi debbo qui dichiarare alcuni punti di dottrina e di storia, i quali volentieri avrei differito ad altro tempo, quando cioè voi foste più inoltrati negli studi, o almeno aveste maggior cognizione delle cose del mondo. Ma l’unione fatta dai Valdesi coi Protestanti, le arti che costoro adoperano per trascinare i Cattolici all’errore, mi persuadono essere miglior cosa prevenire il male anzichè aspettare che siasi fatta la piaga per {193 [193]} sanarla di poi con qualche rimedio. Vi ripartirò questa materia in alcuni trattenimenti e noi vedremo: 1° che i Valdesi non esistevano prima di Pietro Valdo, da cui traggono la loro origine. 2° Vi farò chiariti della mala fede con cui i ministri Valdesi ingannano i loro seguaci. 3° E in fine vedremo che i Valdesi sono separati dalla vera Chiesa di Gesù Cristo.

            F. Niente di meglio; e noi desideriamo proprio di intendere la vera origine dei Valdesi. Incominciate adunque dal tesserci un bel racconto intorno a Pietro Valdo.

            P. Prendo appunto le mosse da Pietro Valdo; e in ciò seguo letteralmente le memorie lasciateci dagli scrittori contemporanei, vale a dire, da autori che vissero a’ tempi di Valdo o poco appresso.

            F. Sicuramente costoro erano in grado di sapere la verità; ascoltiamo adunque che cosa dicano costoro di Pietro Valdo.

            P. Pietro Valdo era un ricco mercatante di Lione, il quale, atterrito dal caso di un suo compagno cadutogli morto ai piedi, vendette tutte le sue sostanze per condurre vita povera, e praticare quello che il Salvatore disse ad un giovine: Se vuoi essere perfetto, va, vendi quello che hai, donalo ai poveri, e tienmi dietro. Questo avveniva nel secolo decimosecondo verso l’anno 1160. {194 [194]}

            Occupato nella passata vita ai commerci, Valdo non aveva potuto fare molti studi; e perciò trovossi in gravissimo impaccio, quando si pose in capo di divulgare le sue dottrine religiose. Non comprendendo punto il latino, egli fecesi tradurre e spiegare in lingua volgare il Vangelo con alcune sentenze de’ Santi Padri. Studiò a mente alcuni passi di questi scritti; e con siffatto corredo di scienza si pose a predicare per le piazze delle città, pei borghi e villaggi. Uomini e donne, tuttochè fossero rozzi ed ignoranti, divennero presto i predicatori delle sue massime; e l’errore e lo scandalo seguirono i loro passi. L’Arcivescovo di Lione avvisò Pietro e i suoi seguaci, perchè desistessero dalla folle impresa. Ma gl’ignoranti, che si lasciano agevolmente prendere dalla presunzione, difficilmente si arrendono all’altrui consiglio.

            Affinchè la dottrina dei novelli predicatori fosse esaminata da un’autorità competente, se ne deferì il giudizio al Romano Pontefice; il quale, fattala ponderare attentamente, la trovò erronea, contraria al Vangelo ed alla Chiesa di Gesù Cristo, e perciò da doversi abbandonare. Allora i Valdesi levatisi la maschera ricusarono di ubbidire; e in quella vece si posero a decantare che la Chiesa Cattolica era caduta in errore. Per siffatti ostinazione questi eretici, divenuti ribelli alla Chiesa, furono condannati e scomunicati; e come {195 [195]} perturbatori della pubblica tranquillità dalle civili autorità cacciati dalla città di Lione.

            Molti si sparsero nella Provenza al mezzodì della Francia; altri nella Lombardia, ed alcuni si rifugiarono nelle valli di Luserna verso l’anno 1200. In simile guisa si gettarono le basi della setta Valdese, così appellata da Valdo suo fondatore.

            F. Siamo soddisfatti del vostro racconto: ma siccome alcuno potrebbe dimandarci in che libro si trovi la storia dei Valdesi, così vi preghiamo di volercene nominare alcuno, ma di autori contemporanei, come ci avete detto poco innanzi, alla origine dei Valdesi.

            P. Non hovvi nominato gli storici valdesi, perchè i loro scritti si possono diffìcilmente trovare, e forse vi mancherebbe il tempo di leggerli; tuttavia, se ne avete agio, potrete percorrere gli autori di storia ecclesiastica, e segnatamente un prezioso libro di Monsignor Andrea Charvaz, intitolato: Origine dei Valdesi[24]. Ivi è fedelmente {196 [196]} esposta la origine, la dottrina Valdese e ne sono notati e confutati i principali errori trionfalmente.

            F. Non è questo che vogliamo ora. Voi ci avete detto che nel raccontarci l’origine dei Valdesi, volevate valervi delle memorie di autori contemporanei a Pietro Valdo. Ora noi siamo vogliosi di sapere quali siano questi autori per andarli a leggere, quando ce lo consentirà il tempo, e non siano, s’intende, libri proibiti. Così ci accerteremo meglio della origine di questa setta: imperciocchè veduto che essi non discendono da Gesù Cristo, ognuno subito ne tira la conseguenza che essi non possono trovarsi nella sua Chiesa.

            P. Egli è difficile che voi possiate leggere e capire tali autori; tanto più che essi sono dettati in latino, od in altra lingua, intorno a cui non avete ancor fatto molto studio. Tuttavia voglio appagare queste vostro desiderio.

            Il più antico scrittore che parli dei Valdesi è l’abate Fontecaldo di nome Bernardo, il quale visse ai tempi di Pietro Valdo, e compose sul fine del secolo duodecimo un Trattato contro ai Valdesi; dove fra le altre cose dice: « Mentre governava la Chiesa Lucio III insorsero i Valdesi, nuovi eretici, i quali furono di poi condannati dal Papa in un Concilio tenuto nella città di Verona nel 1185. » Alano dell’Isola, uomo eruditissimo e pel suo sapere soprannominato il dottore universale, {197 [197]} scrisse un’opera intitolata: Della Fede Cattolica. Ivi chiama i Valdesi « eretici de’ suoi tempi, così nominati dal loro eresiarca Pietro Valdo. »

            Sul finire del secolo decimosecondo e sul cominciare del decimoterzo comparvero molti altri scrittori. Eberardo di Betuna, Pietro di Valcerney, e sopra tutti Stefano di Bellavilla dell’Ordine di s. Domenico, descrivono minutamente il tempo, il luogo ed altre circostanze dell’apparizione de’ Valdesi, e la loro discendenza da Pietro Valdo.

            Scrisse le medesime cose il celebre Moneta, professore di filosofia alla metà del secolo decimoterzo, il quale dice precisamente che prima di Valdo la setta Valdese non esisteva. Rayneri Sacco, domenicano, Pietro Policdorfio, celebre professore di teologia, scrissero verso la fine del secolo decimo terzo e dicono lo stesso. Insomma se noi ci facciamo a leggere tutti gli scrittori, che per lo spazio di dugent’anni parlarono de’ Valdesi, tutti convengono in questo che essi non esistevano prima di Pietro Valdo, e che da esso Pietro Valdo trassero l’origine. {198 [198]}

 

 

Trattenimento IV. Continua lo stesso argomento.

 

            F. Ci piace assai l’esposizione che ci faceste sulla origine dei Valdesi; se potremo avere questi libri da voi accennati, e tempo da spendervi attorno, procureremo di leggerli; ma non è ancora questo che vogliamo. Noi desidereremmo un passo tirato fuori da alcuno di questi autori, un passo lunga ove si contenessero le circostanze, che accompagnarono l’origine dei Valdesi. Voi che conoscete sì bene tali autori, ci dovete procacciare questo piacere.

            P. Sebbene l’addurvi un passo alquanto lunghetto di uno di questi autori mi obblighi a ripetervi cose già dette, tuttavia per appagare la vostra lodevole curiosità, ed anche per mettervi in grado di poter dire a chicchessia che i. Valdesi non discendono da Gesù Cristo, nè dagli Apostoli, ma da Pietro Valdo, vi leggerò in questo libro quanto dice il su narrato domenicano Stefano di Bellavilla sopra l’origine di tale setta.

            « I Valdesi, udite come scrive, furono così detti da Pietro Valdo, primo autore di quella eresia. Si dicono pure poveri di Lione, poichè ivi {199 [199]} cominciarono a professare povertà. Eglino stessi chiamansi poveri di spirito! Perciocchè il Signore dice: Beati i poveri di spirito! E lo sono veramente in quanto che sono poveri di ogni bene spirituale e di ogni grazia dello Spirito Santo. Cotesta setta incominciò nel seguente modo, siccome io appresi da molti, i quali videro i primi Valdesi, e da un sacerdote detto Bernardo Idros, che insieme con lui viveva con molta riputazione. Egli adunque raccontava, che essendo giovine e copista, al prezzo di una somma pattuita scrisse in Romantica lingua (lingua volgare di quei tempi) per uso di Valdo i primi libri che ebbero i Valdesi, dettandoglieli e voltandoli dal latino un grammatico nomato Stefano Ansa, il quale fu molto mio conoscente, e morì di subita morte cadendo dal tetto di una casa che faceva fabbricare.

            Un uomo ricco della città dì Lione, per nome Valdo, udendo leggere il Vangelo, siccome colui che era poco letterato, nè poteva intendere che cosa volesse significare, bramoso di saperlo, fece patto coi due predetti sacerdoti di pagare una somma all’uno, perchè glielo recasse di latino in volgare; all’altro che scrivesse quel che il primo dettava. La qual cosa fu fatta non solo intorno al Vangelo, ma a molti altri libri della Bibbia, e passi scelti dalle opere dei Santi Padri. Le quali cose spesso leggendo il detto cittadino, e procurando {200 [200]} di scolpirle nella memoria, fermò in cuor suo di voler osservare la perfezione evangelica, come avevano fatto gli Apostoli. Per la qual cosa vendette ogni suo avere, e seguendo povertà e spregiando il mondo, diede tutto il suo danaro ai poveri, e pigliando consiglio solo dalla sua presunzione si usurpò l’uffizio degli Apostoli.

            Aveva imparato il Vangelo ed alcune altre cose, le quali egli predicava per le strade, per le pubbliche piazze, e così ridusse molti uomini e molte donne a fare il somigliante. Egli soleva mandare innanzi costoro a predicare, e si serviva dell’opera di uomini addetti ai più vili mestieri, senza alcuna differenza nè di uomini nè di donne, nè di idioti o di letterati. Questi vagavano per le ville, penetravano nelle case, predicavano nelle piazze e nelle chiese, e spronavano gli altri a fare altrettanto. La temerità, la baldanza e l’ignoranza loro non trovando ostacoli, disseminarono molti errori e molti scandali per modo che Giovanni Arcivescovo di Lione vietò loro d’immischiarsi più oltre nell’interpretare le scritture e nel predicare. Ma essi ricorrendo alla risposta degli Apostoli, quasi che Valdo fosse divenuto un altro s. Pietro, arrogantemente rispondevano: Conviene ubbidire più a Dio, che agli uomini, acciocchè si adempia il precetto fatto agli Apostoli: Predicate il Vangelo ad ogni creatura. Come se il Signore {201 [201]} loro avesse comandato e non agli Apostoli, e come se gli Apostoli avessero predicato prima di ricevere i doni dello Spirito Santo.

            Per la qual cosa Valdo e i suoi seguaci, colpevoli di presunzione e di usurpazione del ministero Apostolico, caddero in disubbidienza, quindi in contumacia, finalmente fu pronunciata contro di loro la sentenza di scomunica. Cacciati poscia dalla città di Lione, furono citati a comparire in un Concilio a Roma, ove, perseverando nella pertinacia, furono come scismatici condannati.

            Allora, collegatisi con altri eretici, si sparsero nella Provenza e nella Lombardia, e raccogliendo e disseminando qua e là nuovi errori, diventarono eretici nemicissimi e pericolosissimi. Sotto colore di fede e di santità, non avendone la sostanza, divennero tanto più pericolosi, quanto più occulti, mutando abiti e costumi, e usando mille malizie e scaltrimenti, a fine di spargere i loro errori. Un giorno sorpreso un loro capo, lo si trovò che portava seco di molti ordegni, ed abiti, con cui si celava agli sguardi altrui, e quasi novello Proteo si trasformava. Se avesse subodorato che veniva cercato sotto un abito, incontanente trasmutava foggia. Alcuna fiata vestito da pellegrino con ciondoli e divise; tale altra aveva cordone da romito, ferruzzi da penitente; qua si fingeva acconciatore da ciabatte, là barbiere, e quando mietitore {202 [202]} ecc. ecc. Somigliantemente adoperavano gli altri della setta. Cominciò questa setta circa l'anno dell'Incarnazione del Signore 1180, sotto Giovanni Bolismano Arcivescovo di Lione. »

            F. Ah! questo va bene: godiamo molto di essere istruiti intorno alle circostanze che toccano l'origine dei Valdesi. Oh che brutta pittura se ne fa mai! Ma a quanto espone Stefano di Bellavilla e con esso narrano gli altri autori, noi potemmo osservare che egli fissa l'origine dei Valdesi nel 1180. Ora come si può conciliare questa asserzione con quelli i quali dicono che Pietro Valdo comparve nel 1160?

            P. Le sono contraddizioni apparenti, poichè quando siamo certi di un fatto, poco importa la discrepanza di alcuni anni nel fissarne la data. D'altra parte dovete notare che questi autori, non solo nella verità del racconto, ma vanno altresì d'accordo nel fissare l'origine dei Valdesi; variano unicamente in ciò che gli uni si fanno a parlare di essi da che Pietro Valdo cominciò da solo a proporre la sua dottrina, il che avvenne nel 1160; mentre altri pigliano la storia di Valdo dal tempo che si diede a scorrere i paesi e le città con buon numero di banditori suoi compagni, cioè dal 1170. Parecchi in fine tolgono a considerarli dall'epoca in cui furono condannati, vale a dire dal 1180 e dal 1185. {203 [203]}

            Ma tutti trovansi perfettamente d'accordo nello asserire che Pietro Valdo fu il fondatore della setta Valdese, e che prima di lui non si ebbe mai di loro notizia. Fissata così l'origine dei Valdesi, e noi assicurati che essi sono stati fondati da Pietro Valdo, e che da Gesù Cristo fino a Valdo, per lo spazio di circa mille e ducent’anni non mai fu fatta parola di Valdesi, ne seguita che essi trovansi in una società stabilita da Pietro Valdo, la quale non ha alcun legame colla religione fondata da Gesù Cristo.

            I ministri Protestanti e particolarmente i ministri Valdesi ben conoscono l'importanza di far risalire l'origine della loro credenza fino a Gesù Cristo; e per riuscire in tale intento nulla risparmiano a fine di mostrare la loro anteriorità a Pietro Valdo; tuttavia malgrado i loro sforzi ad altro non poterono riuscire, che a rendere vie più manifesta la loro mala fede, ed a chiarire vie maggiormente che essi non discendono da altri che da Pietro Valdo. {204 [204]}

 

 

Trattenimento V. Mala fede dei ministri Valdesi.

 

            F. Fatta seria riflessione su quanto ci avete teste esposto intorno all'origine dei Valdesi, tra noi e noi andavamo discorrendo: Se i Valdesi ebbero origine da Pietro Valdo, dunque non discendono da Gesù Cristo, e se non mettono capo da Gesù Cristo, dunque non sono nella vera Chiesa. D'altro lato soggiungevamo: I Valdesi non ci paiono tanto scarsi di sale da non conoscere questa grande verità. Laonde noi traevamo questa naturale conseguenza: O che i Valdesi sono molto ignoranti, o che sono dai loro ministri gabbati solennemente: perchè vogliamo supporre che non vi abbia neppur uno fra i Valdesi, il quale (sapendo l'origine della sua setta) non debba conchiudere che coloro i quali vivono nella società fondata da Pietro Valdo non possono appartenere alla Chiesa di Gesù Cristo.

            P. La è questa una conseguenza legittima, a cui niuno finora potè, nè potrà mai dare ragionevole risposta. Più volte fu dimandato ai ministri Valdesi: Ove era la vostra Chiesa prima di Pietro Valdo?

            Il che viene a significare: Se voi, o Valdesi, prima di Pietro Valdo non avevate Chiesa, certamente {205 [205]} la vostra religione è di Pietro Valdo, è di un laico non mandato da Dio a predicare; è di un disertore della Chiesa Cattolica; e perciò la vostra credenza non è quella di Gesù Cristo, la quale deve essere universale e visibile in tutti i tempi, e in tutti i tempi professare la dottrina del Vangelo, ricevere gli uomini di tutti i tempi, e in tutti i tempi praticare i sacramenti istituiti da Gesù Cristo. Ciò doveva farsi in ogni tempo, in ogni giorno sino alla fine del mondo: « Omnibus diebus usque ad consummationem saeculi. »

            F. Ma per avventura i più dotti almeno tra i Valdesi, i loro ministri, sapranno dare conveniente risposta a siffatta dimanda?

            P. Vi ingannate: niuno di essi fu mai al caso di darcela: e per appagare e trattenere quelli che vivono nella loro setta, cercarono in bel modo di dare ad intendere, come eglino discendano da Gesù Cristo; e quindi rifiutando di riconoscere Pietro Valdo per loro fondatore, vennero ad asserire assolutamente di essere successori degli Apostoli.....!

            F. Successori degli Apostoli.....? Altro è dirlo, altro è provarlo; possono addurre argomenti per provare che sono anteriori a Pietro Valdo?

            P. Non possono, non hanno un solo argomento per provarlo.

            F. Tuttavia metteranno innanzi qualche prova apparente. {206 [206]}

            P. A provare la loro antichità ricorrono a favole, a nomi immaginari, guastando o falsando gli autori che scrissero la vera storia dei Valdesi.

            F. Adagio ai mali passi! guastare o falsare gli autori che scrissero la loro storia! I Cattolici, e gli stessi Valdesi saranno tanto gonzi da credere ciecamente alle loro favole, senza verificare ed accertarsi se dicano la verità o la menzogna?

            P. Miei buoni figli, non fate le maraviglie. L'errore poggia sempre sopra la menzogna; e quelli che, ottenuto il necessario permesso, vanno a leggere e verificare i libri degli eretici, trovano mai sempre un impasto di falsità. Per la qual cosa tutte le volte vi verrà fatto di udire o di leggere cose scritte da eretici, da increduli o da cattivi cattolici contro alla nostra santa religione, dite pure senza tema di errare: Costoro non dicono la verità; costoro cercano d'ingannare.

            F. Noi vi crediamo affatto, amato padre; che la cosa non può essere diversa; ma tuttavia vorremmo ci faceste vedere con qualche esempio come i ministri Valdesi dicano falsità a fine di provare l'antichità della loro chiesa.

            P. Vi discorrerò dei Protestanti a suo tempo; per ora voglio soltanto parlarvi dei Valdesi; e dicovi che tutti i loro scrittori, per dimostrare la loro anteriorità a Pietro Valdo, hanno fatto un impasto di menzogne da maravigliarne. Siccome poi ne {207 [207]} abbiamo uno fra noi, il quale asseriscono essere il più dotto di quanti scrissero prima di lui, e che egli abbia raccolto quanto si può sapere di bello e di buono intorno ai Valdesi, così ommetto gli altri per intertenervi di costui solamente.

            F. Chi è questo moderno scrittore cotanto famoso che fra noi vive e insegna i suoi errori?

            P. Questi è il signor Amedeo Bert, ministro del culto Valdese, Cappellano delle legazioni Protestanti a Torino.

            F. Caspita! Scrittore, Ministro, Cappellano...! Costui dovrà dire di molte e belle cose intorno ai Valdesi.

            P. Costui, lo credereste? dice e stampa di molti e grossi scerpelloni intorno ai Valdesi.

            F. Come! un Ministro dire e stampare scerpelloni? Venite ai ferri, come si suol dire, e mostratecelo.

            P. Ve lo mostrerò bene colle medesime sue parole. In un grosso volume intitolato I Valdesi, riesce difficile poter leggere una sola pagina senza incontrarvi dentro errori di senso, contraddizioni, sbagli di cronologia e citazioni, che non esistono punto in nessun luogo. Siccome i Valdesi in progresso di tempo fecero una setta sola coi Protestanti, perciò i loro errori verranno al suo tempo direttamente da me confutati. Ciò non di meno, trattando qui dell'origine dei Valdesi, voglio {208 [208]} notarvi alcuni dei più grossolani spropositi registrati nel libro sovra narrato. Volendo far discendere l'origine dei Valdesi dagli Apostoli, o dai primi tempi della Chiesa, nè sapendo come uscire di imbroglio, il ministro Bert ricorre ad autori non solo di loro setta, ma ad autori Cattolici, e con faccia tosta loro fa dire il contrario di quello che hanno lasciato scritto..

            F. Quali sono questi autori?

            P. Molti sono gli autori che esso mette in mezzo: Io ne sceglierò tre; e sono: Policdorfio, Marco Aurelio Rorenco priore di Luserna, e Claudio Seyssel Arcivescovo di Torino.

            F. Ascoltiamo che cosa dicono questi scrittori intorno all'antichità dei Valdesi.

            P. Comincierò da Policdorfio, dotto professore di Teologia, che visse sul finire del secolo decimoterzo. Ponete mente a ciò che il Bert nel suo libro gli fa dire: « Trecent'anni dopo Costantino il grande sorse un tale del paese Valdis, il quale insegnò la povertà e fu propagatore della setta Valdese. » Notate che, ammesso tutto quello che il Ministro dei Valdesi fa dire a questo autore, tuttavia essi andrebbero fino al secolo settimo, non già fino a Gesù Cristo.

            F. Almeno esporrà esattamente il sentimento dell'autore?

            P. Dite piuttosto che espone onninamente il {209 [209]} contrario di quanto narra l'autore, il quale espressamente afferma essere bugiardi quelli che asseriscono tali cose: « Questa, (così il Poliedorfio) questa è l'origine dei Valdesi. Ottocento anni dopo s. Silvestro, ai tempi di Papa Innocenzo II, un certo Pietro Valdo, leggendo o udendo a leggere la Sacra Scrittura, s'immaginò di rinnovare la vita apostolica. » E dopo aver discorso della predicazione di Valdo continua: « Sono affatto menzogneri quelli, che asseriscono la setta dei Valdesi essere durata fin dai tempi di s. Silvestro: mentiuntur ergo coram simplicibus, mentiuntur quod ex tempore Silvestri sectae eorum duraverint. » Che se il Policdorfio dava il titolo di mentitore a quei Valdesi, che vantavano un'origine anteriore a Pietro Valdo, non possiamo di santa ragione darlo anche noi a chi osa falsare spudoratamente il sentimento di questo medesimo scrittore?

            F. Bravo, il signor ministro![25] È questa la maniera di insegnare la verità della religione? Forse avrà esso ciecamente seguito le menzogne di altri{210 [210]} scrittori; ma ciò non avverrà in risguardo agli altri due autori di cui ci volete parlare. Diteci adunque in grazia, che cosa attribuisce al priore Marco Aurelio di Luserna?

            P. Il nostro ministro assevera che il priore di Luserna chiama i Valdesi Apostolici; e lo fa conchiudere con queste parole: « Della loro origine non si può avere certezza; nel secolo nono e decimo non era setta nuova; sempre e ad ogni tempo esistette essa setta nella valle d'Angrogna. »

            P. Non vi pare che esponga il sentimento dell'autore?

            P. Miei buoni figli, vi ho già notato come i nemici della nostra religione non potendo avere dalla loro la verità sono costretti di fabbricare i loro sistemi sull'errore; ed in questo hanno tanto di mala fede, che, mancando loro le ragioni, non si fanno uno scrupolo al mondo di pervertire il senso degli scrittori ecclesiastici, a quel modo che pervertono il senso della Bibbia e de’ Santi Padri.

            F. Dunque anche qui il ministro Valdese non ha esposto la verità?

            P. Ascoltate: ho qui tra mano il libro del celebre Marco Aurelio Rorenco, Priore di Luserna: leggiamolo insieme e confrontiamo quanto gli fa dire Amedeo Bert con quello che esso ha realmente scritto; e conoscente vie meglio quanta mala fede annidi in questo ministro. {211 [211]}

            Bert afferma che il priore di Luserna chiama i Valdesi Apostolici, cioè discendenti dagli Apostoli.

            Prima menzogna. Il priore di Luserna non dice nulla dell'Apostolicità dei Valdesi; anzi riferisce che questi cominciarono a comparire nel 1160.

            Bert fa dire al priore di Luserna: « Della loro origine non si può avere certezzaa. »

            Seconda menzogna. Il priore di Luserna chiaramente così si esprime: « I Valdesi per dimostrarsi antichi si vogliono discendenti di Valdo, il quale cominciò a formarsi una nuova dottrina nel 1160. »

            Bert segue: « Nel secolo nono e decimo i Valdesi non erano setta nuova. »

            Terza menzogna. Marco Aurelio Rorenco ciò asserisce degli Iconoclasti e di altri eretici, senza dire pur sillaba dei Valdesi.

            Bert continua: « Sempre ed in ogni tempo i Valdesi esistettero nella valle di Angrogna. »

            Quarta menzogna. Rorenco, accennata la comparsa di Pietro Valdo nel 1160, soggiunge: « Avvi chi vuole presupporre che alcuni de’ Valdesi o poveri di Lione, scacciati da Lione se ne fossero sin da que’ tempi (1160) ritirati nella valle di Angrogna; ma credo che si siano solamente trattenuti nel Delfinato. » Le parole di questo dotto scrittore mi paiono tanto chiare, che ci vuole proprio {212 [212]} una buona dose di mala fede per fargli dire quanto gli si attribuisce dal su narrato ministro Valdese. Ecco, miei cari figli, in un testo solo quattro menzogne delle più sperticate.

            Ora fate voi ragione quale fede si possa prestare agli scrittori del culto Valdese!

            F. Padre....., noi siamo davvero indegnati..... Come? uno scrittore di questa fatta, un ministro, un cappellano de’ Valdesi, in paese in cui v'ha tanti uomini dotti, tanti letterati, mi predica sfrontatamente quattro menzogne in tre linee! O bindolone matricolato! o traditore impudentissimo del vero!

            P. No, no cari figli; temperatevi; noi Cattolici non dobbiamo usare espressioni così fatte. Le nostre parole devono essere unicamente quelle, che ci suggerisce la carità cristiana: non mai ingiurie, non mai insolenze. Biasimiamo gli errori, ma rispettiamo sempre le persone. Anzi noi preghiamo incessantemente Iddio che usi misericordia ai Valdesi ed a tutti i Protestanti; affinchè dallo Spirito Santo illuminati possano conoscere la verità e fare ritorno in seno della Cattolica Religione, da cui i loro antenati si allontanarono disavvedutamente. {213 [213]}

 

 

Trattenimento VI. Altre prove di mala fede dei ministri Valdesi.

 

            F. Da che vi abbiamo lasciato, amato padre, ci siamo messi a ragionare tra noi; ed eravamo pieni di stupore al considerare le brutte menzogne fabbricate dai ministri Valdesi, per far credere agl'ignoranti la loro antichità. Oh! se potessimo, vorremmo andare da tutti i Valdesi e dir loro: Valdesi! aprite gli occhi, i vostri ministri, quelli che si assumono la cura di guidarvi pel cammino della verità, vi traggono in inganno. Considerate i loro detti; ponete a disamina le loro testimonianze; non vi fidate di loro: eglino ingannano voi, e ingannano se stessi. Ricordivi della terribile sentenza del Salvatore che disse: Se un cieco conduce un altro cieco, cadono ambidue nella fossa.

            P. Chi segue tali ministri incontra proprio la sorte del cieco, che si lascia guidare da un altro cieco; l'un l'altro cadono nella fossa, come si legge nel Vangelo. Nel nostro caso noi diciamo che coloro i quali seguono i ministri dell'errore, cadono con essi nell'errore, e si perdono miseramente con essi.

            F. I ministri sì; ma non perderassi chi li segue; {214 [214]} perciocchè i semplici fedeli come potranno investigare e conoscere la mala fede dei loro ministri?

            P. Eppure, miei cari, il Signore si esprime precisamente così: Se un cieco conduce un altro cieco, cadono ambidue nella fossa. Si coecus coeco ducatum praestat, ambo in foveam cadunt. Vuolsi certo fare eccezione per coloro che fossero in buona fede, e vivessero nella ferma persuasione di trovarsi nella via della salvezza; ma gli altri che non trovansi in questa condizione si perdono pur troppo.

            F. Poveri Valdesi! da chi sono mai guidati! Ma voi, o padre, nell'accennarci il modo con cui i Valdesi corrompono il senso degli scrittori, ci avete notato particolarmente tre autori; ci avete già parlato di Policdorfio e del priore di Luserna; diteci ancora qualche piccola cosa di Claudio di Seyssel.

            P. Vi parlo molto volentieri di questo dotto Prelato, perchè fu molti anni Arcivescovo della città di Torino[26]. {215 [215]}

            In quel tempo le valli di Luserna appartenendo alla Diocesi Torinese, egli volle in persona visitarle minutamente; e quindi adoperossi con zelo e con diligenti ricerche a fine di conoscere le dottrine, la storia, i riti, le cerimonie e l'indole dei Valdesi, coll'intendimento di poterli meglio ammaestrare e convertire alla fede dei loro avi.

            F. Questo illustre prelato non attesta egli dunque quello che riferisce il su narrato sig. Bert? Ah! per bacco! costoro dovrebbero almeno professare un po’ di rispetto per un Arcivescovo...!

            P. Per l'appunto di questo insigne scrittore vorrebbero servirsi costoro per dare qualche peso alla vantata loro antichità.

            F. Vediamo pertanto quello che dice l'Arcivescovo di Torino intorno ai Valdesi. {216 [216]}

            P. Eccovi qua il suo libro, che porta per titolo: Dispute contro agli errori dei Valdesi. Bert[27] e gli altri ministri Valdesi gli fanno dire: « Secondo il parere dei più essi traggono la loro origine da un tale Leone, uomo religiosissimo dei tempi di Costantino il Grande. » Invece ascoltate quanto dice questo Prelato.

            Io vi leggerò in italiano quel che esso scrive in latino sull'origine dei Valdesi.

            « Prima di tutto, così egli, è bene di conoscere l'origine di questa setta, acciocchè ognuno sappia come essa non derivi da uomo di alcuna fama. Perocchè questo di lei qualsiasi fondatore sortì così ignobili natali, fu così oscuro e povero di scienza e di sì poca stima, che gli stessi suoi discepoli non ardiscono proferirne il nome. Non segnalato per santità di vita, non chiaro perchè {217 [217]} sapesse di lettere, nè per isplendore di virtù e di miracoli. Per questo riguardo soltanto egli è famoso, che diede il nome suo alla più dannosa ed empia setta che fosse mai. Valdo, come ognuno dice, si appellava ed era cittadino di Lione, donde, come da primiera sorgente derivò il contagio di queta pestifera setta.

            Ciò nonostante Alcuni volendo farla da campioni nel difendere siffatta eresia, a fine di procacciarsi il favore del volgo, il quale non sa nulla d'istoria, Favoleggiano che questa setta derivi da un certo Leone, uomo religiosissimo che viveva sotto Costantino Magno.

            Di tale invenzione, quale altra può immaginarsi più favolosa? Come potrebbe mai darsi che tra tanti autori degni di fede e Greci e Latini, i quali vissero a quei tempi medesimi o nei seguenti, niuno avesse mai fatto menzione di cotesto Leone? Pel quale solo argomento si fa manifesto come questa eresia non abbia cominciato da questo. Sognato Leone, nè da alcun altro uomo di dottrina, o di fama, o santità, ma da questo stesso cittadino di Lione chiamato Valdo. Costui dando a vedere di voler fondare una nuova religione, da prima si guadagnò alcuni semplici ed ignoranti tra uomini e donne, eziandio con false interpretazioni della Sacra Scrittura; e sotto colore di povertà e di santità pigliò a seminare non pochi errori in questa {218 [218]} città e ne’ suoi dintorni. Quindi (siccome è proprio dell'umana natura, la quale è cupida delle cose nuove), vie più crebbe il numero dei seguaci, tanto che divenuti eretici dichiarati, furono in un col capo loro fatti sgombrare da Lione. La maggior parte ricoverossi nelle vicine montagne. Nè questo fece senza maturo consiglio, sperando, siccome l'esito comprovò, che di leggieri verrebbe fatto di persuadere i loro errori alla rustica plebe, perchè priva de’ beni di fortuna e povera d'ingegno e di dottrina intorno alla Religione. » Fin qui l'Arcivescovo Claudio.

            F. Corpo di un cannone! ci è da strabigliare! Quale disparità di racconto! Che modo di citare gli autori! Si vede anche da un orbo che l'Arcivescovo Claudio dice tutto il rovescio di quanto gli attribuiscono i ministri Valdesi.

            P. Da ciò solo voi potete di leggeri rilevare le altre menzogne del signor ministro Valdese. Eccovene alcune.

            Bert fa dire a Claudio: Secondo il numero dei più. Prima menzogna. Claudio dice Nonnulli; alcuni, perciocchè il parere dei più è un sentimento ammesso da tutti i buoni. Nonnulli, alcuni è un sentimento privato seguito da pochi, e per lo più di poco momento.

            Bert: I Valdesi traggono origine da un tale Leone. {219 [219]}

            R. Seconda menzogna. Claudio invece: Fabulantur nonnulli hanc sectam initium sumpsisse: perciò Claudio afferma essere una vera favola il dire che i Valdesi derivino da quel Leone.

            Bert: Traggono origine da un tale Leone.

            R. Terza, menzogna. Claudio all'opposto dice che questo Leone è un uomo sognato, e che nulla avvi di più favoloso: Quo sane commento quod esse potest fabulosius? Che cosa può avervi di più favoloso di questa invenzione? Sono le parole di Claudio.

            Bert dice che Claudio confessa discendere i Valdesi da un tale Leone.

            R. Quarta menzogna. Claudio non solo non confessa tal cosa, ma la rigetta siccome favola, e afferma positivamente che i Valdesi ebbero origine da Pietro Valdo.

            Miei amati figli, se io volessi qui continuarvi a notare tutti gli errori che si leggono negli scritti dei Valdesi e dei Protestanti, sarebbe per me entrare come si dice, nell'un via uno. Voglio piuttosto farvi un grave riflesso, che pregovi di non volere dimenticare. Se, così io ragiono, se questi ministri hanno l'ardimento di esporre al pubblico libri di simile fatta, i quali possono essere sottoposti ad esame e confutati con agio, chi sa immaginare gli spropositi e le menzogne che sdoganeranno a man salva nelle predicazioni, nei sermoni e nelle loro conferenze private? {220 [220]}

            Noi pertanto per assicurarci di non cader negli errori valdesi, nè in quelli di altre sette, teniamoci fermi all'insegnamento infallibile di nostra santa Chiesa cattolica, e diciamo con s. Paolo: « Se taluno venisse ad insegnarci cose contrarie alla dottrina degli Apostoli, ancora che fosse un angelo del cielo non crediamogli, ma fuggiamolo. »

 

 

Trattenimento VII. Separazione dei Valdesi dalla Chiesa Cattolica.

 

            P. Siccome i Valdesi unironsi più tardi coi Protestanti e con essi fecero una sola setta, così io aspetto di confutare la loro dottrina, quando vi dirò della pretesa riforma protestante. In questo luogo voglio solamente farvi parola dell'origine dei Valdesi e della loro separazione dalla Chiesa di Gesù Cristo.

            È veramente curioso il modo con cui ragionano i Valdesi. Dopo fatto ogni sforzo a fine di comprovare la loro anteriorità a Pietro Valdo, essendosi avveduti che le loro asserzioni andavano a finire sopra un mentiuntur ed un fabulantur, ossia sopra favole e menzogne, si diedero apertamente a sostenere che la loro chiesa fu una medesima colla Chiesa Romana fino ai tempi di Pietro Valdo {221 [221]} e che d'allora in poi non essi, ma i Cattolici Romani si separarono dalla vera Chiesa, mentre i Valdesi continuarono a professare la vera Religione di Gesù Cristo.

            F. Deh! che strana maniera di ragionare! Fanno di mani e di piedi per provare la loro antichità, ed a riuscirvi fabbricano monti di menzogne e poi quando veggono tornare inutili questi loro sforzi, vanno ripetendo allegramente che non essi ma i Cattolici si separarono dalla vera Chiesa. Questo mi pare che sia un correre di sala in cucina senza fermarsi in alcun luogo. Vediamo adunque. La Chiesa Romana cangiò punto in quel tempo la sua dottrina?

            P. Niente affatto: continuò ad avere la medesima dottrina, i medesimi Sacramenti e le medesime pratiche di religione.

            F. Continuarono i Vescovi nella Chiesa Cattolica senza interruzione?

            P. I Vescovi continuarono come prima a governare le varie chiese, a predicare ai popoli le medesime verità, che presentemente si predicano dapertutto.

            F. Questi Vescovi continuarono ad essere uniti al Papa?

            P. Questi Vescovi continuarono ad essere uniti col Papa, a lui continuarono a ricorrere ne’ loro dubbi, ad essere da lui eletti, da lui regolati, e {222 [222]} con lui a radunarsi nei concilî qualora ne fosse stato mestieri.

            F. Andiamo avanti: il Papa continuò egli pure a governare la Chiesa?

            P. Il Papa, vale a dire il Romano Pontefice, continuò a governare la Chiesa. Mortone uno, nè successe un altro; e così la Chiesa Romana continuò a mostrarsi visibile nel suo Capo, ne’ suoi Pastori, nel suo culto, ne' suoi Sacramenti, ne’ suoi membri, cioè ne’ suoi fedeli, i quali continuarono come continuano a praticare la medesima religione. Queste verità sono così sfolgoranti, certe e rassodate dalla storia, che gli stessi Protestanti e Valdesi non furono mai così audaci di negarle.

            F. Dunque, la mi pare evidente che la Chiesa Romana abbia continuato ad essere la Chiesa di Gesù Cristo, e che non i Cattolici, ma invece i Valdesi siansi separati da questa nostra madre.

            Ora vediamo un po’ che cosa abbiano fatto i Valdesi. I Valdesi continuarono a ritenere la medesima dottrina, che avevano prima di separarsi dalla Chiesa Cattolica?

            P. No del sicuro. Voi già avete veduto che la religione dei Valdesi nella sua origine fu un impasto di errori. La loro credenza permise cose che il pudore proibisce di nominare; questa loro credenza ha tante volte cangiato, come vi farò meglio conoscere in acconci trattenimenti. {223 [223]}

            F. Continuarono i Valdesi ad avere Vescovi nella loro setta?

            P. I Valdesi dopo la loro separazione non ebbero più alcun Vescovo, e furono governati dai loro Barbi, ovvero ministri, i quali non hanno mai potuto dare il minimo segno di esser mandati da Dio.

            F. Costoro almeno erano preti?

            P. Costoro non potevano più esser preti, perchè solamente i Vescovi possono ordinare i sacerdoti. Ed essi, quando si separarono dalla Chiesa Cattolica, ricusarono, come ricusano ancora presentemente, di riconoscere alcun prete o Vescovo. Perciò i loro ministri non sono preti, ma laici; uomini e donne, padroni e servi, dotti ed ignoranti, possono a loro talento farla da predicatori e direttori delle coscienze.

            F. I Valdesi seguitarono ad avere qualche capo che li governasse dacchè si separarono dalla Chiesa Cattolica?

            P. I Valdesi non ebbero più capo alcuno dal tempo in che si separarono dalla Chiesa Cattolica. Tra essi ciascuno si fa una religione a sua foggia; quindi ognuno è capo e dottore della sua religione. Hanno essi, è vero, i loro Barbi cui i Valdesi portano un rispetto particolare; ma secondo la loro credenza, non avendovi alcuna obbligazione di ubbidire, riesce, come vedete, affatto {224 [224]} inutile che il Barba comandi. Da ciò discende che ognuno crede quel che vuole, fa quel che vuole, interpreta le cose come vuole. Insomma essendo ciascuno capo della propria religione, ne conseguita naturalmente che niun capo trovasi nè può trovarsi tra di loro.

            F. Ah! vadano pure i Valdesi a farsi scrivere a Bologna. Egli è chiaro come il sole in ciel sereno che nella Chiesa Cattolica nulla fu mutato; che tutto il cangiamento fu dalla parte dei Valdesi; e che perciò essi cessarono di appartenere all'ovile di Gesù Cristo.

            P. Questa verità, tu lo hai detto, è chiara come la luce del mezzodì; e se i pastori Valdesi non nascondessero tali cose ai loro seguaci, neppure un Valdese di buona fede continuerebbe nella loro setta. Noi pertanto possiamo ben dire con tutta schiettezza ai ministri Valdesi: Quando in una tempesta al furiar del vento si rompe un ramoscello da un grande albero, si dirà che il ramoscello si è staccato dall'albero, o che l'albero si è divelto dal ramoscello?

            F. Senza dubbio tutti dicono che il ramoscello si è staccato dall'albero.

            P. Separato il ramoscello, può essere che esso diventi albero, e che il grande albero cessi di essere tale per la sola perdita di uno degli innumerevoli rami, che gli fu dal vento portato via? {225 [225]}

            F. Nemmeno questo: l'albero sarà sempre albero, e non lascerà di esser tale pel manco di uno de’ suoi ramoscelli.

            P. Comprendete che cosa sia questo grande albero, e questo piccolo ramoscello?

            F. Sì, sì che lo comprendiamo. Questo grande albero è la Chiesa Cattolica; i ramoscelli scavezzati sono i Valdesi, che si spiccarono dal grande albero della Chiesa Cattolica fondata dal medesimo Gesù Cristo.

            P. Per lo appunto. La Chiesa Romana, sola ed unica vera Chiesa di Gesù Cristo, è quel grande albero contro di cui sollevaronsi in ogni tempo le più furiose tempeste, ed essa tutte le sostenne e si conservò immobile senza mai variare le sue dottrine ed i suoi insegnamenti. Contansi ormai diciannove secoli dacchè mostrasi visibile a tutti gli uomini del mondo, e fassi a tutti costantemente conoscere Una, Santa, Cattolica, Apostolica.

            Al contrario le società eretiche non poterono mai conseguire altro nome da quello in fuori avuto dai loro fondatori; e appellansi Luterani da Lutero, Calvinisti da Calvino, Valdesi da Valdo. Gli stessi Valdesi non mai ardirono dare alla loro società il nome di Cattolica, ossia universale, perchè esse non possono trarre origine da Gesù Cristo; nè seguono il capo stabilito da lui, ma sono {226 [226]} ristretti in alcuni luoghi, e ridotti a picciol numero[28].

            Di più i Valdesi spessissimo hanno qualificato la loro società col nome di setta, che viene a dire, società tagliata, perchè essi appunto sono un ramoscello scavezzato e stralciato del tutto dal grande albero della Chiesa Cattolica.

            Vergognosi i Valdesi di trovarsi ridotti a sì picciol numero che cosa fecero?

            Si associarono co’ Protestanti e con altri eretici, i quali seguono dottrine ed errori diversi e contrari a quanto essi professano, e per ciò formano un miscuglio, un ammasso di errori, che necessariamente li conduce nell'oscurità e nel disordine, che è quanto a non avere più alcuna religione.

            È pertanto un fatto incontrastabile comprovato dalla storia, che i Valdesi non esistettero prima di Pietro Valdo, e che da lui ebbero incominciamento nel secolo decimosecondo.

            Sono sfrontatamente menzogneri quelli che dánno ai Valdesi un'antichità anteriore a Pietro Valdo; e siccome nè prima nè dopo la comparsa dei Valdesi nulla fu cangiato nella Chiesa Cattolica, ne discende la grande conseguenza, che tutto il cangiamento avvenne dalla parte dei Valdesi. {227 [227]}

            I quali per questo fatto si separarono dalla vera Chiesa e vivono nella trista condizione di andare eternamente perduti, ove non rinuncino ai loro errori ritornando al seno di questa santa Madre, che fu dai loro antenati abbandonata.

            Voglia il buono Iddio, che queste nostre parole possano giungere sino alle orecchie di tutti gli eretici, tanto che aprendo gli occhi alla verità facciano ritorno alla Cattolica unità per formare un solo ovile ed un sol pastore con Gesù Cristo. Egli sparse il prezioso suo sangue a salvamento di tutti gli uomini; egli tutti ci salvi.

 

Un fatto.

 

            Fra le cose che debbono consolare il cuore dei Cattolici avvi questa, che non si legge esservi stato alcuno, il quale in punto di morte, consapevole di se stesso, abbandonasse la Cattolica Religione per abbracciarne un'altra. Per lo contrario le storie ci presentano molti uomini i quali in punto di morte, quando calmate le passioni, uno dice e fa quello di cui è persuaso, abiurarono le loro credenze eretiche, per morire tranquilli nel seno della Santa Romana Chiesa. Molti fatti di questo genere si possono leggere nella Storia del Giacobinismo dell'ab. Barruel. Noi qui contentiamoci solamente del fatto di Peyran, famoso ministro del {228 [228]} culto Valdese. Questi impiegato avea molti anni a promuovere il culto della sua setta[29], e sebbene da lui si fosse detto, fatto, scritto e letto quanto uomo può a fine di istruirsi ed acquietarsi nella sua credenza, tuttavia agli ultimi momenti di vita non potè soffocare la verità della dottrina che aveva in fondo del cuore, e mandò per un prete per confessarsi e morire cattolicamente. Ma quanto sono terribili i giudizi di Dio, specialmente in risguardo di chi aspetta a convertirsi nel punto della morte! Circondato e guardato continuamente da falsi amici, dovette provare i più acuti rimorsi, senza che fosse permesso al prete di potersigli avvicinare a confortarlo; di modo che l'infelice si morì alla Volteriana, desiderando cioè e dimandando invano i conforti della Cattolica Religione[30]. {229 [229]}

 

 

Trattenimento VIII. Lutero.

 

            P. Ora, miei cari figli, che vi veggo qui nuovamente radunati, e con voi parecchi dei vostri compagni, ripiglierò volentieri il filo de' nostri trattenimenti.

            Uno de’ F. Ci diceste che avevate tante belle cose da raccontarci; per questo abbiamo anche condotto con noi questi Compagni, i quali pure desiderano grandemente di ascoltarvi.

            P. Le cose, che io mi prendo a trattare, sono senza fallo della massima importanza. Siamo al secolo decimosesto, secolo famoso in cui un diluvio di eretici sotto il nome di Protestanti si ribellarono alla Chiesa e le fecero danno immenso. La setta Protestante si suole denominare Chiesa Riformata, perchè i fondatori di lei pretesero di riformare la Chiesa Cattolica. I seguaci di questa setta si appellano Riformati, e gli autori della Riforma vollero chiamarsi Riformatori.

            F. Oh stravaganza! E quali furono mai gli uomini così arditi da assumersi l'incarico di riformare la Chiesa di Gesù Cristo?

            P. Diversi furono questi uomini tanto stravaganti e tanto audaci. Capo di tutti fu Martino Lutero, {230 [230]} cui tenne dietro un altro eresiarca eziandio famoso, cioè Giovanni Calvino.

            F. O caro padre; vi abbiamo già tante volte udito a nominare Calvino e Lutero; ora fateci il piacere di raccontarci la loro vita; desideriamo assai di conoscerla.

            P. Io vi narrerò di buon grado la vita di questi due famosi eresiarchi, perchè vista la loro pessima condotta e conosciuta la perversa loro dottrina, possiate guardarvene e fuggirla. Ma voglio innanzi accennarvi alcune circostanze, le quali furono come a dire l'esca e le legna che servirono a fomentare il terribile incendio della pretesa Riforma.

            F. Diteci quali siano state queste circostanze?

            P. La circostanza ossia la ragione principale che nel secolo XVI trasse un grande numero di Cristiani a separarsi dalla Chiesa Cattolica fu il desiderio di una vita più libera e sciolta. Miei teneri figli, io vi ripeto una grande verità, procurate di non dimenticarla. Tra tutti quelli, che in vari tempi si allontanarono dalla Chiesa Cattolica, neppure uno ciò fece per desiderio di vita più virtuosa, ma solamente per menare vita sregolata, e seguire una morale che lasciasse il freno disciolto alle umane passioni.

            Oltre a questo vi furono tre altre circostanze, che servirono come di pretesto ai promotori della Riforma. {231 [231]}

            F. Qual è il primo di questi pretesti?

            P. La prima circostanza, o meglio il primo pretesto di cui si valsero i novatori a promuovere la loro Riforma, fu la smania di essere indipendenti dal Romano Pontefice. Credo che ancora avrete a mente come i Greci siansi separati dalla Chiesa Romana. Da prima cominciarono dal sottrarsi alla ubbidienza del Capo della Chiesa; donde poscia come per inevitabile conseguenza caddero in una moltitudine di errori e disordini senza fine. Questo spirito di indipendenza nel fatto della religione dai Greci passò nella Germania, la quale perciò suole riguardarsi come culla della Riforma protestante. Voi lo vedete: è sempre la storia di Lucifero che si solleva e a Dio medesimo si ribella.

            F. Dunque la prima cagione si riduce alla superbia e al desiderio di vivere capricciosamente. E la seconda cagione quale fu?

            P. La seconda cagione ossia il secondo pretesto, di cui seppero approfittare i promotori della Riforma, fu il prurito che in parecchi Sovrani nacque di volersi appropriare i beni delle Chiese. Sia che il facessero per avarizia o per invidia verso il clero, la cui autorità era in grande venerazione, sia che sentissero astio maligno contro la Religione medesima, il fatto è questo che non pochi principi agognavano avidamente alla spogliazione delle Chiese. Dal che potete immaginare con quale gusto {232 [232]} essi accogliessero e spalleggiassero una setta, la quale mercè l'appropriazione dei beni delle Chiese, saziava la loro ingordigia. La storia ci ammaestra che quando si vuol combattere la Religione, prima di tutto si comincia dallo spogliare i sacri ministri dei beni che posseggono legalmente.

            F. La terza di queste cagioni quale fu?

            P. La terza cagione, ossia la terza cosa che favorì la strana Riforma, fu, (e in palesarvelo mi si stringe il cuore di dolore), oltre la generale ignoranza dei popoli fu, dico, la cattiva condotta di alcuni ecclesiastici.

            F. Come! alcuni ecclesiastici colla loro cattiva condotta diedero motivo alla Riforma?

            P. Voi avete ben ragione di farne le maraviglie. Gli ecclesiastici, i quali avrebbero dovuto essere i difensori della Religione, gli ecclesiastici non dico tutti, nè molti, ma certo non pochi di essi ne sono stati i disprezzatori. Ma voi dovete notare che fra i dodici Apostoli pur vi ebbe un Giuda; e perciò non dovete tanto maravigliarvi, se nel secolo decimosesto alcuni ecclesiastici, come altrettanti Giuda, abbiano fatto piaghe profondissime alla Santa Religione di Gesù Cristo. Capo di questi ecclesiastici ribelli alla Chiesa fu Martin Lutero.

            F. Or finalmente siamo a Martin Lutero. Ci gusta grandemente di conoscere la vita di questo famoso eresiarca. {233 [233]}

            P. Fu costui un uomo per ogni risguardo stravagante. Nacque di poveri genitori in Islebia, città della Sassonia; e fin da fanciullo diede a divedere natura e costumi sì perversi, che molti scrittori della sua vita non esitarono di credere che fosse figlio del diavolo.

            Aveva sortito ingegno svegliato, animo travagliativo, ma superbo, ambizioso, pronto alla ribellione, alla calunnia, rotto ad ogni vizio e specialmente all'impudicizia. Occupandosi con assiduità allo studio, riuscì ad acquistarsi nome di letterato, ed all’età di vent’anni fu nominato maestro di filosofia.

            Un uomo tanto scostumato, quale era Lutero, un uomo che non erasi mai posto alla pratica della virtù, nè tampoco a istruirsi delle cose di Chiesa, pareva non dovesse punto essere chiamato da Dio allo stato ecclesiastico. Ciò non ostante un improvviso accidente a ciò lo risolse.

            F. Raccontatecelo.

            P. L'accidente che risolse Lutero ad abbracciare lo stato religioso fu la morte di un suo compagno di scuola, cadutogli ai piedi colpito dal fulmine. Lutero ne rimase spaventato in modo, che fece voto di farsi monaco, e di fatto entrò nell'Ordine degli Agostiniani. Mettendo in opera tutte le arti dell'ipocrisia riuscì a tenere per qualche tempo nascosta la malvagità del suo cuore, e farsi ordinare {234 [234]} sacerdote. Ma a corto andare i suoi superiori conobbero ch'egli era un orgoglioso, un arrogante, un disobbediente a tutti, e come pessimo il licenziarono dal chiostro. Lutero allora tolse giù la maschera, svestì l'abito religioso, e fuggito di convento posesi a predicare contro a quella Religione in cui era nato, su cui basava la sua prima educazione, e alla cui difesa aveva consacrati i suoi giorni con voto solenne. Ciò avveniva nel 1517.

            F. Peccato! se non fosse stato un sacerdote, forse non sarebbe stato creduto, e non avrebbe fatto tanto male. Ma quale pretesto Lutero ebbe per rivoltarsi così alla chiesa?

            P. Lutero tolse pretesto dal fatto seguente. Il sommo Pontefice Leone decimo desiderando di condurre a buon termine la stupenda basilica, a cui in Roma già da molto tempo erasi posto mano, ad onore del Principe degli Apostoli, invitò i fedeli di tutto il mondo ad aiutare il compimento della grande costruzione con volontarie limosine, concedendo particolari indulgenze agli oblatori. Credo che vi ricorderete ancora che cosa siano le indulgenze. Le indulgenze, come imparaste nel Catechismo, sono l'applicazione dei meriti di Gesù Cristo, di Maria Santissima e dei Santi, mediante la quale applicazione ci viene condonata in tutto od in parte la pena temporale dovuta ai peccati, già rimessi entro o fuori del Sacramento della Penitenza. {235 [235]}

            Io spero di potervi con acconci trattenimenti istruire come Gesù Cristo abbia dato al Capo visibile della Chiesa la facoltà di dispensare le indulgenze, e come tale dispensa siasi sempre praticata dal tempo degli Apostoli sino a noi.

            F. Ebbene che cosa Lutero trovò da riprovare in questo fatto?

            P. L'impetuoso Lutero trovò degli abusi in queste indulgenze, come di fatto ve ne ebbero; i quali abusi provenivano da parecchi di coloro, che raccoglievano siffatte elemosine. Egli pertanto diedesi a predicare vivamente contra tali abusi; di poi passò ad inveire contro alle stesse indulgenze. Da un disordine passando ad un altro, Lutero si pose sotto i piedi affatto i comandi dei suoi superiori e divenne tutto furore contro alla Chiesa.

            Come fondamento delle sue dottrine ponendo la libera interpretazione delle Sacre Carte, diessi a predicare che ciascuno era padrone di intendere la Bibbia a modo suo; e quindi farsi una religione quale meglio gli talentasse. A coloro che avevano fatto voto di castità assentì che contraessero matrimonio; e per guadagnarsi la protezione di Filippo sovrano d'Assia gli permise di sposare una seconda moglie, vivente la prima. Diede ampia facoltà ai principi di appropriarsi i beni delle Chiese; abolì la Confessione, la Messa, i digiuni e le astinenze, le opere penitenziali, e {236 [236]} soppresse le feste e tutte le cerimonie sacre. In questa guisa progredendo da errore ad errore Lutero giunse a negare la libertà nell'uomo, a contaminare tutte le cose sacre, e a fare Iddio autore medesimo e del male e del peccato.

            F. Ohimè che brutta dottrina! Il Papa ed i Vescovi non si occuparono a confutarla?

            P. I Papi, i Vescovi, le Università, ed i più dotti Cattolici gridarono all'empietà ed all'eresia. Papa Leone X, che allora governava la Chiesa, usò tutte le possibili sollecitudini per farlo ravvedere. Scrisse a lui e ad altri diverse lettere piene di carità e di benevolenza; da Roma inviò legati in Germania, affinchè lo persuadessero a non allontanarsi da quella Religione, in cui era stato da Dio creato, istruito, e che egli aveva insegnato essere la sola vera, l'unica che presenti i caratteri della divinità. Ma nulla valse ad illuminare l'accecato eresiarca. Dandola a traverso dei vizi, e trasportato dalla superbia divenne ancor più ostinato. Pel che messosi a capo di una schiera di libertini si diede a disseminare i suoi errori per tutta la Germania.

            L'imperatore Carlo V volle tentare di porre un argine a quei perturbatori; e pubblicò un decreto dove ordinava che gli eretici si acquetassero, finchè le cose fossero bene esaminate dalla Chiesa. Ma quegli spiriti turbolenti non solo rifiutarono {237 [237]} di obbedire, ma protestarono contro gli ordini imperiali; e per sostenere la loro protesta presero le armi e portarono la strage e lo spavento in tutti i paesi, in cui fu loro dato di penetrare. Dalla Protesta fatta di non voler obbedire all'imperatore, questi eretici furono appellati Protestanti, e con siffatto nome sono ancora oggidì chiamati i seguaci di Lutero, di Calvino, di Pietro Valdo, e in generale tutti gli eretici che ne seguono gli errori.

 

Trattenimento IX. Incertezza di Lutero e suoi sentimenti intorno alla Chiesa Cattolica.

 

            P. La nostra Santa Cattolica Religione, miei cari figli, fa vedere tanto chiaramente i caratteri della sua divinità, che basta esserne istruiti per non poterla più sradicare dal cuore. Dalla storia appare in quali tremende ambascie siansi trovati quei Cattolici, che le voltarono le spalle. Allo stesso Lutero non fu mai dato di acquetare la voce della coscienza, che lo rimproverava d'aver abbandonato la Chiesa per seguire la sua Riforma.

            F. Ma Lutero non era in buona fede? o per lo {238 [238]} meno non mostravasi persuaso di quello che predicava agli altri?

            P. No certamente. Lutero dopo la sua apostasia calpestò, come vi ho detto, i voti solenni, e non trovando più freno ai suoi vizi, si abbandonò alla ubbriachezza più ributtante, in cui sovente dava in collera così acuta da sembrare un demonio. Autorizzò lo spoglio e il derubamento delle Chiese, pena la morte a chi si opponeva ai suoi perfidi disegni. Eccitò principi e popoli alle guerre fratricide; e nel solo anno 1535, per opera dei forsennati Riformatori, più di cento mila persone furono trucidate; sette città smantellate, moltissime Chiese, e conventi, e castella derubati, demoliti o dati alle fiamme. Questo sangue, scriveva il brutale Lutero dopo un grande eccidio, sono io che l'ho versato per ordine di Dio. Tuttavia ne’ momenti di calma era costretto a proferire spesso verità importanti. Egli per esempio asseriva che il voto era una promessa fatta a Dio, da doversi mantenere inviolabile; e con una tale persuasione aveva fatto i voti di povertà, castità ed obbedienza. Ma questi voti egli violò nel modo più indegno.

            F. In qual modo Lutero violò questi voti?

            P. Li violò coll'uscire dal chiostro, abbandonare lo stato religioso, e sposare una monaca, legata pure da voti sacri. {239 [239]}

            F. Oh scandaloso di un Lutero! dunque tutta la sua scienza e virtù si ridusse a questo di deporre l'abito da frate per ammogliarsi! Bel dottore per farsi conoscere inviato a riformare la Santa Chiesa di Gesù Cristo!!!

            P. Debbo ancora farvi notare come lo stesso Lutero talvolta dimostrava di credere alle indulgenze, tale altra le rivocava in dubbio, o le negava affatto. Scrisse al Papa che sarebbesi sottomesso alle decisioni di lui, come a Gesù Cristo. Ma quando il Cardinal Gaetano a nome del Papa gli impose di ritrattare i suoi errori, egli si appellò alle università di Alemagna e di Parigi.

            Quando quelle università, cioè quelle grandi adunanze di dotti teologi, condannarono la sua dottrina come erronea ed eretica, egli si appellò di nuovo al Papa, mandandogli una lunga lettera, in cui, fra le altre cose, diceva, che avrebbe ricevute le decisioni di lui, come se fossero uscite di bocca del medesimo Gesù Cristo.

            Leone X esaminò e fece esaminare la dottrina di Lutero, e la condannò con una Bolla, cioè con uno scritto, dove erano notati 41 errori in cui era caduto, e gli concedeva sessanta giorni a condannarli; che ove in tale spazio di tempo non si fosse ravveduto sarebbe stato giudicato eretico. Ben lungi dal rientrare in se stesso Lutero abbruciò pubblicamente la Bolla del Papa, e vomitò {240 [240]} contro di lui tutte le esecrazioni di cui è capace un indemoniato. Il misero scriveva che toccava al Papa l'assolverlo o il condannarlo, il dargli la vita o la morte; e poi andava gridando qual forsennato, che bisognava prendere le armi contro del Papa, dei Vescovi, dei Cardinali, e lavarsi le mani nel loro sangue.

            Condannato così dal sommo Pontefice, Lutero si appellò ad un Concilio; ma invitato ad esso Concilio non vi volle intervenire. Se io qui volessi, o figli, continuare a ricordarvi le innumerevoli scelleratezze di Lutero, le indegne espressioni che adoperava verso le cose più venerande e riferirvi i titoli villani dati ai più illustri personaggi, ed ai più grandi dottori della Chiesa, ve lo dico schiettamente, non la finirei così presto, e mi farebbe stomaco. Egli stesso asseriva d'essere mandato dal diavolo a riformare la Chiesa, e davasi vanto di averlo avuto a suo maestro. Così nel libro che fece: De abroganda Missa privata. Qui egli narra un suo colloquio col demonio ed assicura che ad istigazione di lui lo ebbe scritto.

            F. Un uomo, che si gloria d'aver avuto il demonio a maestro, è il fondatore della Chiesa Protestante? Ah! noi non sappiamo pensare altro se non che o il cervello gli dava volta, o che era veramente figlio del demonio. Sciagurato Lutero! Se egli visse con tale incertezza, in quale {241 [241]} strette si sarà poi trovato il suo cuore in punto di morte!

            P. Lutero era vissuto nella più tremenda incertezza, perchè vedeva la verità, e accecato dai vizi e dall'orgoglio seguiva la menzogna. Esso, come già sopra vi ho detto più volte, si appellò ad un Concilio Ecumenico, protestando che si sarebbe sottomesso. Ma ciò egli fece perchè era persuaso che un tale Concilio non avrebbe potuto aver luogo. Allora quando poi fu invitato al Concilio Ecumenico radunato in Trento, egli si trovò nel più brutto impaccio che uomo possa immaginare. Non voleva recarsi a Trento perchè non sentivasi lena di sostenere la sua eretica dottrina al cospetto di tanti dottori; ma neppure gli dava l'animo di rifiutar l'invito, perchè con siffatto rifiuto veniva a condannar se stesso alla presenza di tutti i suoi seguaci. Per questi motivi sentissi tutto rimescolare il sangue; e montato in furore grande, ribattendo coi piedi il suolo, e fremendo coi denti, verrò, disse, sì verrò al Concilio e voglio perdere la testa se non so difendere le mie opinioni contro di tutto il mondo: quanto esce di mia bocca, non est ira mei, sed est ira Dei. Ciò ripetuto andò a mangiare e bere coi suoi amici. Ma l'infelice doveva fare un viaggio assai più lungo che quello di Trento.

            Finita la cena mentre diffondevasi in arroganti {242 [242]} discorsi, fu colto da acutissime doglie interne. Lo si portò immediatamente a letto, ed in poco d'ora l'intensità del male aumentando gli tolse il respiro, e l'anima sua dovette comparire davanti al Giudice supremo per rendere conto sì delle tante malvagità commesse in vita e delle tante anime che per sua colpa si erano perdute, come delle molte altre, le quali ancora sarebbero andate all'eterna perdizione. Tal morte avvenne nel 1546, essendo egli in età d'anni 63. Raccontano che poco prima di spirare facesse aprire la finestra di sua camera, e in rimirando il cielo esclamasse: Oh Cielo quanto sei bello! ma tu non sei più per me!

            F. Veramente, o padre, una così fatta morte ci riempie di terrore. Del resto poi ci pare che uno il quale pensi e parli in una maniera, e poi operi in un'altra, faccia, come Martin Lutero, chiaramente vedere, che non è punto persuaso di quanto propone agli altri. Ma io desidererei di udire alcune espressioni proferite da questo eresiarca in riguardo al Romano Pontefice; perciocchè io credo, che non sia sempre stato contro di lui infuriato.

            P. E ben ti apponi: Lutero in mezzo alle sue stranezze, quando parlava colla calma del cuore, diceva che non poteva esservi ragione, la quale potesse dar diritto di rompere l'unione colla Chiesa Romana.

            F. Scioccone! Se non vi può essere ragione al {243 [243]} mondo per cui si possa rompere l'unione colla Chiesa Romana, perchè tu l'hai rotta? Non v'ebbe mai alcuno che gli abbia fatto tale domanda?

            P. La domanda gli fu fatta più volte; e appunto per questo, esso meditando il suo nuovo sistema di dottrina, era astretto di esclamare: « Dopo aver fatto tacere e vinto tutte le altre considerazioni, io non posso vincere, se non a gran pena, quella che mi si dice essere cosa necessaria di ascoltare la Chiesa. Quante volte la mia coscienza non fu colta da spavento! Quante volte ho detto a me stesso: Ti argomenti forse di essere solo il più saggio di tutti gli uomini? E pretendi che durante una sì lunga serie di anni, tutti gli uomini l'abbiano sbagliata? »

            Altra volta interrogato se egli credesse divina la sua dottrina, dopo molta riflessione rispondeva: « Io non sono abbastanza ardito da assicurare di aver dato principio a questa nel nome di Dio, nè vorrei su di ciò sostenere il giudizio di Gesù Cristo. » (Vit. Lut., tom. I.)

            F. Povero Lutero! Se egli, fondatore e predicatore della riforma, non poteva persuadersi che la Chiesa Cattolica non fosse la vera Chiesa; se egli stesso non sentivasi abbastanza ardito di sostenere di aver dato principio alla Riforma a nome di Dio, che cosa mai avrebbero potuto asserire i suoi seguaci? {244 [244]}

            P. La maggior parte de’ suoi seguaci gli tennero dietro per aver una religione più favorevole alle sregolate passioni; ma sempre colla tremenda incertezza che in lasciando la Chiesa Cattolica eglino lasciavano la vera religione. Potrei raccontarvi più fatti, ma starommi contento ad un solo. Fu tra i più dotti discepoli di Lutero, Filippo Melantone, uomo di molta erudizione e, diciamolo ad onor della verità, meno vizioso degli altri Luterani. Affezionatissimo al suo maestro non potè mai risolversi ad abbandonarlo, tuttochè fosse persuaso che la Chiesa Cattolica era migliore della Riforma. Esso morì nella città di Vittemberga nell'anno 1556 in età di anni 61. Gli autori di sua vita narrano come stando egli presso a morire, la madre gli volgesse queste parole: Figlio, io era Cattolica, e tu mi hai fatto mutar di religione; ora che stai per comparire al cospetto di Dio a rendergli conto della tua vita, dimmi, quale religione tu pensi migliore per salvarsi; forse la Cattolica ovvero la Luterana? E Filippo a lei ansiosa rispondesse: Mater, haec plausibilior; illa securior; Madre, la Luterana è più piacevole e soddisfa i sensi, ma la Cattolica è più sicura per conseguire la salute eterna. {245 [245]}

 

 

Trattenimento X. La gerarchia di Martin Lutero.

 

            P. Dovete ancora ricordarvi, o figliuoli miei, come nella Chiesa Cattolica esista un ordine maraviglioso, mediante il quale i sacri Ministri, eziandio sparsi nelle varie parti del mondo, gli uni dagli altri dipendendo, vanno tutti ad unirsi, come in un centro, ad un capo solo, che è il Romano Pontefice. In questa maniera conservasi la preziosa unità nelle cose di fede, e si forma quell'ordine che appelliamo gerarchia ecclesiastica.

            Lutero dopo che si ribellò alla Chiesa trovossi in grande impaccio per avere preti. Imperciocchè non essendo egli Vescovo, non poteva conferire le sacre ordinazioni, nè gli veniva fatto di trovare Vescovi, i quali gli volessero consacrare alcun Luterano. Scorgeva impertanto che morto lui e qualche altro frate o prete apostata, più non vi esisterebbero sacerdoti nella sua setta, la quale per questo da se medesima sarebbesi spenta.

            F. Che fece adunque Lutero?

            P. Negò il Sacramento dell'Ordine; e per giunta inventò una dottrina la più ridicola e stravagante che mai si possa pensare, secondo la {246 [246]} quale tutti gli uomini del mondo, purchè siano battezzati, sono in grado di esercitare gli uffizi di prete.

            F. Oh questa è marchiana! uomini, donne, vecchi, fanciulli, dotti ed ignoranti, tutti preti? Sarebbe pur curioso che Battista nostro vignaiuolo, il quale appena sa compitare, saltasse su egli a dir messa, a confessare e far la predica! Deh che pazzo di Lutero! Ma esso fondava almeno queste stravaganze sopra una qualche ragione, o sopra questo o quel testo della Bibbia?

            P. Lutero non fondava queste sue stravaganze sopra alcuna ragione. In fatto quelli, che hanno un miccino di ragione, asseriscono concordemente che la religione essendo la cosa più importante del mondo, vuole essere amministrata da persone, le quali, messa da parte ogni altra cura e sollecitudine degli affari temporali, si dánno di proposito allo studio di essa in ogni sua parte. Cosiffatte persone sono certamente le più dotte, le più prudenti, e più capaci di spiegarla agli altri. Su che dunque si fondava Lutero? Egli, al paro di tutti gli eretici cercava di fondare i suoi errori sopra la Sacra Scrittura, e pretendeva di fondarsi sulle parole di s. Pietro là dove dice ai fedeli: Voi siete gente santa, sacerdozio reale. S. Pietro, così ragionava Lutero, indirizzava queste parole a tutti i Cristiani, dunque tutti i Cristiani sono sacerdoti. {247 [247]}

            F. E che rispondere a questo suo modo di ragionare?

            P. Potrebbesi rispondere e dire egualmente così: S. Pietro rivolgeva le riferite parole a tutti i Cristiani, tutti i Cristiani adunque dovrebbero essere re. Ma in quella guisa che non tutti i cristiani sono re, così non tutti sono Sacerdoti. Dobbiamo perciò notare come san Pietro voleva asserire semplicemente nell'allegato testo, che tutti i fedeli cristiani dopo aver ricevuto il battesimo appartengono alla vera Chiesa, nella quale soltanto si conserva il vero sacerdozio di Gesù Cristo; o che intese parlare del carattere battesimale, il quale dà a tutti i battezzati la podestà di ricevere le cose sacre, e segnatamente gli altri sacramenti; carattere che si può dir sacerdotale, perchè esso pure è una partecipazione del supremo sacerdozio di Cristo, come osserva l'angelico s. Tommaso. Da ultimo appellò Sacerdoti tutti i Cristiani, per questo che tutti sono chiamati, ed anzi obbligati ad offerire a Dio ostie spirituali, come spiega lo stesso s. Pietro, quali sono la preghiera, la mortificazione, il digiuno ed il cuor contrito ed umiliato, che dal Profeta David in senso largo è detto sacrifizio a Dio gradito (Ps. 50).

            F. Non potrebbe darsi che s. Pietro avesse voluto realmente asserire che tutti i Cristiani possono essere Preti? {248 [248]}

            P. No sicuramente: imperciocchè noi abbiamo dalla Sacra Scrittura e dalla costante tradizione, che solo i Vescovi possono ordinare preti, e sappiamo che i Vescovi non ordinano a preti tutti i fedeli indistintamente; ma solo quelli scelti tra i più esemplari e che fanno chiaramente conoscere aver la divina vocazione.

            F. Che cosa dice la Sacra Scrittura a questo riguardo?

            P. La S. Scrittura ci dimostra questa verità in modo chiarissimo senza paragone. Valga un fatto per tutti. S. Paolo aveva consacrato s. Tito a vescovo di Creta (ora Candia), isola del Mediterraneo, affinchè ordinasse altri preti. Passato qualche tempo lo stesso Apostolo così gli scrisse: Con questo fine io ti ho lasciato in Creta, perchè tu dia compimento a quello che rimane, ed ordini dei preti per la città secondo che ti ho prescritto (Lett.I.c.5.).

            Dalle quali parole scorgesi ad evidenza avere s. Paolo in nome di Dio dato a Tito la facoltà di ordinare preti, additandogli parimenti le cerimonie da usarsi nella sacra ordinazione, la quale soltanto da lui come Vescovo si poteva conferire.

            F. Queste parole di s. Paolo furono sempre intese in questo senso dalla Chiesa Cattolica? E non è mai per avventura accaduto che qualche prete non fosse ordinato dai Vescovi? {249 [249]}

            P. La Chiesa Cattolica ha sempre inteso le parole di s. Paolo nel senso sopra esposto. Nè dal principio del Cristianesimo insino al tempo di Lutero si può nominare un prete (almeno avuto come tale dalla Chiesa), il quale non sia stato ordinato da un Vescovo. S. Epifanio nel quarto secolo notava avervi differenza tra Vescovo e prete, perchè non i preti, ma i Vescovi possono fare preti per mezzo della Sacra Ordinazione.

            Nel quinto secolo s. Girolamo scriveva ad Evagrio che i preti fanno quasi tutto quello che fassi dai Vescovi, eccettuata la Sacra Ordinazione. In un concilio di Alessandria poi furono dichiarate nulle tutte le ordinazioni fatte da un certo Collato, perchè esso non era Vescovo. La quale dottrina della Chiesa Cattolica, appoggiata sopra la S. Scrittura e sopra la pratica della Chiesa non mai interrotta, dovrebbe una buona volta far aprire gli occhi ai Protestanti e persuaderli, come eglino mancano di veri preti; perchè i loro pastori e ministri non essendo ordinati dai Vescovi, ne segue che nessuno di quei loro ministri e pastori assolutamente può nè ricevere, nè conferire le sacre ordinazioni, come nemmeno potrà mai consacrare il corpo di Gesù Cristo, nè dare l'assoluzione de’ peccati. {250 [250]}

 

 

Trattenimento XI. Calvino.

 

            P. Un racconto di grande rilievo è quello con cui il Salvatore in forma di parabola descrive il guasto che l'eresia avrebbe fatto nella sua Chiesa.

            Eravi un uomo, così nel Vangelo, il quale aveva un campo assai bene coltivato; e per trarne frutto ordinò a’ suoi servi di andarlo a coltivare e spargervi l'opportuna semente. Quella semente sparsa sopra l’acconcio terreno germogliò rigogliosamente, e il padrone speravane frutti copiosi. Ma dopo alcun tempo fugli recata la trista novella, che col buon frumento era cresciuta in mezzo la zizzania, specie di erba nociva, la quale dilatatasi per tutto il campo aveva cagionato gran danno. A tal notizia il padrone assai rammaricato esclamò: Un uomo nemico ci fece tanto oltraggio! mentre voi dormivate egli andò e disseminò la zizzania nel nostro campo.

            F. È un bel racconto e una bella parabola; ma noi non la comprendiamo bene; spiegatecela.

            P. Ve la spiegherò in poche parole. Il padrone di quel campo figura Gesù Cristo; e il campo la sua Chiesa, in cui egli seminò e mandò i suoi Apostoli a seminare buon frumento, cioè una dottrina {251 [251]} pura, santa che doveva produrre frutti maravigliosi di santità; ma sopravvenne l'uomo nemico, vale a dire, il demonio, il quale vi sparse per entro la zizzania, cioè diffuse l'errore in mezzo alla predicazione delle verità della fede. Questa zizzania, quest'errore è appunto l'eresia, la quale dilatandosi con sorprendente prestezza nel campo della Chiesa vi fa guasti terribili coll'impedire a tanti cristiani di fare frutti di virtù, e guadagnarsi il premio eterno.

            F. Comprendo benissimo come la zizzania significhi l'eresia, e come essa si andò dilatando a grave danno delle anime; ma non posso ancora ben capire a quale cosa vogliate applicare quello che ci siete venuto dicendo.

            P. Io voglio applicare questa parte di Vangelo all'eresia di cui ragioniamo. Non vi sarà sfuggito dalla mente come lo scisma, ossia la divisione di una parte di cristiani dalla Chiesa Cattolica, incominciò nella Grecia e come dalla Grecia passò in Germania per opera di Lutero. Ora questa zizzania, questa eresia, questo scisma, dalla Germania per opera di un uomo diabolico nominato Calvino entrò nella Francia, nella Spagna, nell'Italia, nel Piemonte ed in molti altri paesi.

            F. Ah sì, sì! di Calvino, che ci avete già tante volte menzionato, di Calvino appunto noi desideriamo di udire a parlare. {252 [252]}

            P. Vi farò paghi, e darovvi un cenno della sua vita. Giovanni Calvino aveva sortito i natali in Noyon, città della Piccardia, provincia della Francia; e suo padre era un povero sellaio che salì poscia ad esercitare il notariato. Il Vescovo di Noyon tocco da carità gli conferì un benefizio, e lo ammise alla tonsura chiericale, forse con la speranza che avrebbe abbracciato lo stato ecclesiastico; ma il chierico non oltrepassò mai il grado della tonsura.

            Il padre di Calvino per aver fatto male i suoi affari incorse in varie condanne; e la madre sappiamo che era donna di cattiva fama. Antonio e Carlo, fratelli di Calvino passavano per uomini di mala vita: la moglie del primo fu bandita dalla patria sotto pena della frusta; il cadavere del secondo fu sepolto tra i quattro pilastri del patibolo nella città di Noyon. Nel seno di tale famiglia Calvino non poteva certamente ricevere una sana educazione; d'altra parte avendo avuto dalla nascita un'indole inquieta ed audace diessi a girare il mondo non ancora valicati i quattordici anni. Corruppe in breve i suoi costumi, e la sua fu vita scomposta e dissolute. Processato, convinto e condannato per un delitto abbominevole (mi astengo dal nominarlo) fu marchiato di fiordaliso sul dorso con un ferro rovente; e ciò solo per grazia singolare del Vescovo e dei magistrati, giacchè il {253 [253]} rogo era l'ordinaria pena del suo delitto. Gravi scrittori contemporanei si accordano nello affermare, ch'egli fu sbandito dalla patria a cagione della depravazione della sua vita. Recatosi a studiare in Orléans e poi a Bourges, fu in quella città discepolo di tal Volmaro già seguace di Lutero; il quale presto indusse Calvino ad abbracciare la sua riforma. Calvino frattanto mercè la beneficenza del suo Vescovo potè attendere agli studi, ne' quali fece molti progressi, come quegli, a cui Iddio aveva largito non mediocre attitudine alle scienze.

            Volmaro potè facilmente spargere i suoi errori nel cuore corrotto del discepolo, il quale andò tanto oltre in essi, che in breve tempo divenne eresiarca; cioè capo di eretici.

            Calvino con enormissima empietà diceva che Iddio crea gli uomini affinchè siano preda del demonio, non già che siansi ciò meritato coi proprii peccati, ma perchè così a lui piace; e che il libero arbitrio dell'uomo fu intieramente spento dal peccato. Non voleva riconoscere nè Papi, nè Vescovi, nè preti, nè feste, nè alcuna sacra funzione; di modo che le sue massime come quelle di Lutero si riducono a fare l'uomo somigliante alle bestie. Cominciò dal predicare la perversa sua dottrina nella città di Parigi; ma siccome una predicazione cosiffatta perturbava la pubblica quiete, l'autorità civile {254 [254]} mandò ad arrestarlo. Di che avvertito e udendo già alla porta i birri, nè sapendo più come avere scampo, tolse le lenzuola dal letto, e le fece a bende e attortigliatele a maniera di fune, calossi con tale fune dalla finestra, e quindi andò ad appiattarsi in casa di un vignaiuolo. Per fuggire di là sconosciuto si camuffò da contadino e, con zappa e vanga sulle spalle, si mise in cammino. Dopo un tratto di strada si abbattè in un Canonico di sua patria, che lo conobbe. « Calvino, gli disse, perchè così travestito? »

            Calvino. Perchè perseguitato dalla giustizia e la sbirraglia sta ai panni per condurmi in prigione.

            Canonico. Che hai tu fatto da essere in questa maniera inseguito?

            Calvino. Ho dato principio ad una dottrina nuova e contraria a quella della Chiesa Romana.

            Allora il Canonico si provò d'incoraggiarlo di fare ritorno alla Chiesa Cattolica, nè di più allontanarsi da quella religione in cui era stato allevato, e cui egli stesso aveva fino allora praticata e conosciuta per vera. Calvino sentì tutta l'importanza di quanto gli veniva dicendo l'amico, esitò alquanto, ma finì con rispondergli: È troppo tardi. Se avessi ora a cominciare, non vorrei abbandonare la fede de' miei maggiori; ora però mi trovo impegnato nelle mie massime, e queste debbo difendere {255 [255]} fino alla morte. « E per sua isventura le difese veramente fino alla morte.

            F. Che uomo era mai costui! un uomo di tal fetta avrebbe dovuto essere perpetuamente rinchiuso tra i ferri di una prigione.

            P. Miei teneri figli, se io volessi continuare ad esporvi la vita di questo Apostolo d'iniquità, vi toccherebbe udire una serie non interrotta di misfatti. Vi basti il sapere che in tutti luoghi, in cui potè esercitare la sua autorità, diedesi in braccio ad ogni maniera di vizi e la fece da tiranno. L'infame Calvino, scrive nel 1648 De Rouvrai ministro francese a Berna, quest'uomo sordido, fiordalizzato in Francia, concubinario a Strasburgo, convinto di furto a Metz, sodomita a Basilea, ipocondriaco a Ginevra e crudele proclamava la libertà di religione, gridava contro ai magistrati cattolici perchè punivano gli eretici, e chiamavali Diocleziani, vale a dire persecutori; frattanto egli imprecava, malediceva e, se gli veniva fatto, imprigionava, mandava a morte chiunque fosse stato contrario alle sue opinioni.

            F. Che mostro infame! raccontateci un qualche fatto che comprovi questa sua tirannia.

            P. I fatti sovrabbondano; ne sceglierò uno solamente. Calvino fermò la sua dimora in Ginevra e fu più anni padrone di quella città. Capitò colà {256 [256]} di passaggio un certo Michele Serveto, il quale aveva opinioni contrarie alle sue intorno al mistero della SS. Trinità. Per questa sola disparità di opinioni Calvino lo fece mettere in prigione, lo condannò a morte; e il misero Serveto fu bruciato vivo.

            F. Bella libertà! Parmi che in Ginevra ci fosse la libertà di fare quello che saltava nel cervello di Calvino, pena la morte a chi disubbidiva. È libertà da catena cotesta. Ci avete detto da principio che Calvino dilatò la sua eresia anche nell'Italia: ora desidereremmo di sapere come ciò avvenisse; e che cosa facesse questo tristo nei nostri paesi.

            P. Calvino pel suo pessimo portamento cacciato da varie città era riuscito tuttavia ad impadronirsi di Ginevra, cui tiranneggiò per oltre vent'anni. Di là facendo di quando in quando delle scorrerie nei paesi cattolici, penetrò eziandio in Italia. Vestendosi della più nera ipocrisia s'introdusse nella corte del duca di Ferrara e potè quivi farsi alcuni seguaci col favore della Duchessa di nome Renata, figlia di Luigi XII re di Francia. Non appena seppe tal cosa il Duca n'ebbe grande rammarico, e, rimproverata vivamente la moglie, cacciò ignominiosamente Calvino di Ferrara, il quale con precipitosa fuga tornò per iscampo in Ginevra. Nell'anno 1535 e poi nel 1541 osò eziandio d'introdursi nella valle d'Aosta; ma quei bravi cittadini {257 [257]} ben lungi dal porgere ascolto alle empie sue predicazioni, adunato il consiglio, presieduto dal Vescovo Pietro Gazin e dal conte Renato Challant gran maresciallo di Savoia, decretarono di rimanere devoti alla fede dei loro padri, e di catturare l'audace eresiarca.

            Questa savia risoluzione fu accolta dalla cittadinanza con solenni dimostrazioni e col suono delle campane. Verso le ore undici prima del meriggio, Calvino che stava aspettando l'esito del Consiglio, come il conobbe, fuggì in fretta dalla città e si pose in salvo rientrando nella Svizzera. A perpetua memoria di questo fatto veramente glorioso per gli Aostani fu eretta una colonna, la quale tuttavia si conserva; e nelle chiese si suona l'Angelus alle undici; la quale usanza fa dire ai forastieri che in Aosta il mezzodì è alle undici.

            Riuscita male la missione in Italia, Calvino pensò tentarne una per la lontana America ed inviò una scelta di fervorosi discepoli in quelle lontane regioni. Appena imbarcatisi i novelli missionari furono tantosto tra loro a contesa; e come non avevano alcuno che autorevolmente definisse le loro controversie, passarono a quistionare rabbiosamente di politica e poi di religione, e precisamente sopra la S. Eucaristia. Uno sosteneva di essere da Dio inspirato ad insegnare {258 [258]} nell'Eucarestia non esservi il corpo di Gesù Cristo: l'altro protestava essere del pari inspirato dallo Spirito Santo a credere ed insegnare che nell'Eucarestia trovasi realmente il Corpo e il Sangue, l'Anima e la Divinità del Salvatore. In mezzo a questi dispareri e trambusti il capo della missione, che si chiamava Durando, conobbe l'assurdità della nuova dottrina, e nel 1558 abiurato pubblicamente il calvinismo, professò la Fede Cattolica, cui difese colla voce e cogli scritti finchè visse. Così ebbe fine la missione Calvinistica nell'America.

            Intanto le iniquità di Calvino avevano raggiunto il colmo; ed egli doveva presentarsi al tribunale di Dio. In quel momento terribile vennegli meno il coraggio. Ora ricorreva a Dio, ed ora lo assaliva con orribili bestemmie. Chiamava i demoni, malediceva alla sua vita, imprecava agli studi che aveva fatti ed agli scritti pubblicati, finchè, il suo corpo copertosi di piaghe e ridotto ad un brulicame di schifosi vermi, d' onde usciva una puzza insopportabile, miseramente spirò nel 1564 in età d'anni 54. Per tal modo l'infelice Calvino coglieva anche nella vita presente il frutto delle sue perverse abitudini, che lo ridussero avanti tempo alla tomba. (V. Natal. Alex.-Card. Got). {259 [259]}

 

 

Trattenimento XII. Beza discepolo di Calvino.

 

            P. Quantunque Calvino nel trasporto della superbia abbia vomitato molte calunnie contro alla Chiesa Cattolica, tuttavia non mai osò di negare che un buon cattolico si possa salvare restando nella sua religione. Mentre dimorava in Ginevra se gli fece innanzi un giorno un suo nipote e dissegli: « Continuandomi nella Chiesa Romana posso io salvarmi? » « Sì, rispose Calvino, voi potete salvarvi nella Chiesa Romana. »

            La stessa massima professarono i discepoli di Calvino, tra cui è celebre Teodoro Beza, il quale succedette al maestro nel governo della setta in Ginevra, è lo seguì pure nella dottrina e scostumatezza della vita. Con un portamento scandaloso e colla pubblicazione di certe poesie aveva reso infame il suo nome nella città di Parigi, dove, come scrisse poi egli stesso, aveva fatto molte conquiste a Satanasso. Dopo il 1548 nella città di Ginevra apostatò pubblicamente dalla Chiesa Cattolica e si tolse a moglie Claudina Donosse, mentre tuttora di lei viveva il marito. Tanto perverso fu quest'uomo, che Sturmio teologo protestante e quasi {260 [260]} suo contemporaneo scrisse di lui: Beza non crede che una cosa; ed è che egli crede niente. Fu però sempre dall'evidenza costretto a chiamare vera la Chiesa Cattolica Romana; e solamente furono i suoi vizi che lo tennero lontano da essa. Ciò è confermato da un colloquio avuto con s. Francesco di Sales. Questo Santo maraviglioso per dottrina e dolcezza di tratto recossi un giorno a fare visita a Beza. Entrato nella camera di lui, prima lo pregò a non voler credere che egli fosse suo nemico. Beza rispose che lo stimava pel suo merito e per la sua dottrina; ma che gli dispiaceva di vederlo affaticarsi in una causa così debole quale era quella della Chiesa Romana.

            F. Senza dubbio s. Francesco di Sales seppe dargli risposta!

            P. S. Francesco di Sales da questo prese cagione di interrogarlo se era persuaso che l'uomo non potesse salvarsi nella Chiesa Romana.

            F. Che cosa rispose Beza?

            P. A questa grave dimanda Beza pregollo gli desse tempo a rispondere; ed entrato nel suo gabinetto si diede a passeggiare. Di là uscito dopo un quarto d'ora disse: Sì, io credo che nella Chiesa Romana possa l'uomo salvarsi. E perchè dunque, ripigliò s. Francesco, avete impiantata la vostra pretesa riforma con tante guerre e stragi, mentre senza pericolo di sorta ognuno di voi {261 [261]} poteva conseguire l'eterna salvezza standosi tranquillo in grembo della Chiesa Romana? Stretto da questa ragione Beza fu costretto di confessare che sebbene avanzato negli anni, egli persisteva nella riforma, perchè così poteva più liberamente assecondare le sue passioni.

            F. Io non so davvero che dirmi: Lutero, Calvino, Beza convengono tutti che nella Chiesa Romana essi avevano la vera Religione, e che in essa ognuno può salvarsi; e intanto essi le voltarono le spalle, e la abbandonarono per foggiarsene una, la quale è riprovata dalla Chiesa Romana. Io non arrivo a comprendere che cosa avessero mai nelle loro teste.

            P. È questa, vedete, una delle grandi contraddizioni dei protestanti. I Valdesi, i Luterani, i Calvinisti convengono che noi possiamo salvarci nella nostra Religione; noi Cattolici poi abbiamo i più certi argomenti per asserire che essi sono fuori della vera Chiesa; ora quale conseguenza vi pare che ne possiamo dedurre?

            F. Ci pare di potere francamente conchiudere che i protestanti convengono coi Cattolici che noi possediamo la Religione di Gesù Cristo.

            P. E che cosa dobbiamo dire della Religione protestante?

            F. Dobbiamo dire che i protestanti, ammettendo vera la nostra Religione, debbano conchiudere {262 [262]} che trovasi nell'errore la Riformata, la quale fu e sarà mai sempre siccome falsa riprovata dalla Chiesa Cattolica Romana.

            P. Questa verità dimostra fino all'evidenza l'assurdità del protestantesimo. Noi pertanto facciamo ai Protestanti questa domanda: Se voi, o protestanti, asserite che la Religione Cattolica è vera, perchè non abbracciarla, perchè non abbandonare per sempre una setta, la quale secondo i Cattolici è certo che vi danna; e, secondo voi stessi, pone certamente in dubbio la vostra eterna salvezza?

            E qui voglio narrarvi un fatto ricavato dalla Storia Ecclesiastica. Enrico quarto Re di Francia era capo dei Calvinisti quando salì sul trono. Ma Iddio lo illuminò col fargli conoscere la vera Religione. Pel che esso primieramente attese ad istruirsi rettamente nei dommi della Cattolica Religione; poscia fece venire alla sua presenza i ministri protestanti, e loro dimandò, se credevano che l'uomo si potesse salvare nella Chiesa Romana. Dopo seria riflessione risposero che sì. Allora il Re assennatamente ripigliò: perchè dunque voi la abbandonaste? I Cattolici affermano che niuno può ottenere salute nella vostra setta; voi convenite che la si può conseguire nella loro; quindi ragion vuole ch'io mi appigli alla via più sicura, e preferisca quella religione, in cui per {263 [263]} comun sentimento io mi posso salvare. Dopo di che quel Sovrano rinunciò all'eresia, rientrò nel seno della Cattolica Religione e si adoperò di farla rifiorire nei suoi Stati.

 

 

Trattenimento XIII. Dello Scisma Anglicano.

 

            P. Se voi, o cari figli, volgete l'occhio sopra una carta geografica, vedrete verso il nostro occidente, vale a dire verso quella parte ove tramonta il sole, il vasto regno della Francia, e dopo un tratto di mare, detto ora la Manica, un'isola vastissima sopra cui è scritto Inghilterra. Il Vangelo fu quivi predicato fino dai tempi degli Apostoli; e non vi ha paese che abbia dato così grande numero di Santi come l'Inghilterra; tanto che le fu dato il nome di terra de' Santi. Dodici de' suoi monarchi morirono martiri; dieci altri furono ascritti nel novero dei Santi. Eppure il credereste? Un reame così benemerito della Religione, e così ossequente al Romano Pontefice, a cagione dei vizi di un suo Re fu condotto ad uno scisma deplorabilissimo fra quanti ne registra la storia! {264 [264]}

            F. Chi fu questo Re che cagionò tanta sciagura all'Inghilterra?

            P. Fu Enrico VIII, il quale montò sul trono d'Inghilterra nel 1502. Nei primi venticinque anni del suo governo egli visse da buon cattolico e affezionatissimo al Vicario di Gesù Cristo. Siccome gli errori di Lutero cominciavano ad infestare i suoi Stati, volle egli stesso scrivere un libro contro ai protestanti; e dedicò l'opera sua al Papa Leone decimo, il quale per tale cagione onorollo del titolo di difensore della Chiesa.

            F. Fin qui Enrico non recò alcun male alla Religione, anzi ne fu il difensore; non è così?

            P. Se egli non si fosse stancato dal battere le orme de' suoi antecessori come per molti anni fatto aveva, sarebbe stato uno dei più gloriosi monarchi; ma il misero si lasciò accecare dal vizio della disonestà; e il Signore ci fa tremendamente sentire che il darsi a questo obbrobrioso vizio vale quanto abbandonare la fede, rinunciare alla propria religione, come viene espresso da queste parole: Luxuriari idem est ac apostatare a Deo.

            F. Vogliate dirci in che modo ciò sia avvenuto.

            P. Ve lo racconterò, ma sotto brevità, perchè se tali peccati fanno ribrezzo a qualunque cristiano, hanno assai più da far raccapricciare la età vostra giovanile. {265 [265]}

            Enrico in sul principio del suo regno erasi tolta a sposa Caterina d'Aragona virtuosa figlia del Re Ferdinando V, ed aveva vissuto con esso lei ben 25 anni. Divenuto vecchio, arrossisco in narrarvelo, s'invaghì di una giovine sfacciata di nome Anna Bolena. Gli storici danno a costei i titoli più disonoranti. Enrico voleva sposarla, ma non poteva perchè tuttavia viveva la prima moglie. Quindi si rivolse al Papa per ottenere lo scioglimento del suo matrimonio con Catterina.

            F. Che cosa rispose il Papa?

            P. Il Papa gli ebbe risposto che in coscienza non poteva contentarlo, perchè il matrimonio essendo indissolubile, a niuno dei due coniugi era lecito passare a seconde nozze fino alla morte dell'uno o dell'altro.

            F. Il Papa non avrebbe potuto sciogliere quel matrimonio, avendo, come si dice, ogni potere presso Dio?

            P. Il Papa non può altrimenti dispensare in quelle cose che sono da Dio proibite; e tra queste avvi lo scioglimento di un matrimonio valido e già consumato. Gesù Cristo medesimo definì tale quistione quando disse che i due coniugi fanno un sol matrimonio, e che niuno lo potrà sciogliere. Quod Deus conjunxit, homo non separet. Il Papa usò di tutta la sua amorevolezza a fine di calmare lo sdegno di quel Sovrano; e grandemente lo {266 [266]} pregò di non voler pretendere cose le quali non si potevano concedere; e che, ove in esse ciecamente si ostinasse, lo avrebbero disonorato con uno scandalo irreparabile in tutto il suo regno.

            F. Enrico che era buon Cattolico non si è sottomesso alla voce del Romano Pontefice?

            P. Miei figli, se quel Re fosse stato irretito da altra passione, avrebbe certamente piegato la testa all'autorità del Supremo Gerarca della Chiesa; ma egli era dominato dal vizio della disonestà, il quale vizio accieca l'uomo e lo abbassa, rendendolo somigliante a vili giumenti, secondo il detto della Scrittura Santa: jumentis insipientibus comparatus est. Il misero Enrico non sentì più nè la voce di Dio, nè quella degli uomini. Ripudiò la prima moglie, sposò Anna Bolena e dichiarò guerra a quel Pontefice, cui egli e i suoi antecessori avevano tanto amato, rispettato, ed a cui avevano per tanti secoli ubbidito. Non pago Enrico di ribellarsi al Papa si pose accanitamente a perseguitare i Vescovi, i preti ed in generale tutti i Cattolici. Fra gli illustri personaggi che in quella persecuzione diedero la vita per la Fede fu il cardinale Fischero, e Tommaso Moro, cancelliere ovvero ministro di Stato.

            F. Raccontateci qualche particolare sulla morte del cardinale Fischero e di Tommaso Moro.

            P. Questi personaggi ambidue celebratissimi {267 [267]} per virtù e sapere non potevano approvare, anzi biasimavano con fermezza la condotta del Re, il quale perciò li depose dalle loro cariche e li fece tenere prigioni. Ma siccome essi non cangiavano di sentimento e mostravansi pronti a tollerare qualunque male anzichè tradire la loro coscienza, ordinò che fossero chiusi in altra più oscura e penosa prigione, quindi li condannò nel capo.

            Il cardinale Fischero, quando fu tratto di carcere per essere condotto al supplizio, si vestì delle migliori vesti dicendo: In tal modo conviene andare alle nozze, così chiamava il suo martirio. Egli era vecchio e a cagione dei patimenti sofferti nella dura prigionia di oltre un anno era assai sfinito di forze; pel che dovette servirsi di un bastone per appoggiarsi. Ma giunto in vista del palco sentissi il cuore pieno di gioia, e come se il suo corpo si fosse rinvigorito, gittò via il bastone e disse: Coraggio, miei piedi, fate il vostro dovere; poco cammino vi rimane a percorrere. Quindi salito sul palco, in faccia a tutta la moltitudine alzò gli occhi al cielo ed intonò il Te Deum per ringraziare Iddio che lo faceva morire per la fede. Finito di orare sottopose il collo alla mannaia ed ebbe tronca la testa.

            F. Che coraggio d'uomo! Tutto ci fa conoscere che egli dava la vita per una buona causa, e che Iddio infondevagli in cuore tanta {268 [268]} lena e costanza. Quale fu la morte di Tommaso Moro?

            P. Somigliante alla morte di Fischero fu quella di Tommaso Moro. Quando gli fu portata la notizia che Fischero andava alla morte, egli esclamò: Signore, io non son degno di dare la vita per voi; ma spero nella vostra bontà, che mi farete degno di tanta gloria. La moglie atterrita alla sorte che sovrastava al marito, andò coi figli a trovarlo in carcere, e si adoperò in ogni guisa per risolverlo a fare il piacere del Re, che è quanto dire: a rinnegare la Religione Cattolica. Tommaso le rispose: Luigia, (tale era il nome della moglie) se io rinuncio alla mia Religione e compiaccio al Re, quanti anni potrò ancora godere de' beni e delle grandezze che tu mi accenni? Soggiunse la moglie: voi potete ancora vivere un vent'anni. O stolta! ripigliò Tommaso; e per vent'anni di vita vuoi tu ch'io perda un'eternità di godimenti?

            Dopo quattordici mesi di prigionia fu tratto fuori e condotto al luogo del supplizio. Giunto sul palco, protestò pubblicamente che egli moriva per la fede cattolica; e dopo di aver recitato il Miserere fu decapitato. Colla morte di questi eroi furono spenti i due più famosi campioni della fede in Inghilterra.

            F. Mentre queste cose avvenivano, che faceva Enrico? {269 [269]}

            P. Mentre queste cose avvenivano, cioè mentre il sangue dei cattolici scorreva per tutta l'Inghilterra, il Re davasi in braccio ai più sozzi piaceri. Venutagli a noia Anna Bolena, accusolla di adulterio, le fece recidere il capo, e il dì appresso impalmò Anna Seymour, la quale morì dopo diciassette mesi. Ebbe allora una quarta moglie, Anna di Clevef; e questa presto ripudiò e cacciò della reggia per isposare una Catterina Howard. La Howard in breve spazio di tempo fu accusata di intrighi; ed egli le fece altresì scendere la mannaia sul collo. Dopo questa vittima volle ancora altra donna; e fu la vedova Caterina Parr, la quale non ebbe a far poco per iscansare la fine delle altre.

            Allora Enrico, per mantenere almeno una qualche apparenza di religione tra i suoi sudditi, creò se stesso sommo pontefice, ossia capo della religione; e proibendo a' suoi sudditi ogni relazione col Papa, si pose ad eleggere e nominare i Vescovi per quel tempo e in quei luoghi che meglio credeva. Costituitosi giudice supremo nelle cose di religione, deputò un certo Cromvello, che era semplice laico, a vicario generale, definitore nelle controversie religioso e preside di tutti i Vescovi, qualora si fossero radunati in concilio.

            F. O poveri Inglesi! non era meglio ubbidire al Romano Pontefice, che li governava come padre {270 [270]} e li istruiva a nome di Dio, che sottomettersi all'ubbidienza di un uomo laico, non mandato da Dio e dato a tutti i vizi? Altro non sappiamo dire che: poveri Inglesi! Ma come finì poi quell'Enrico?

            P. Enrico finì i suoi giorni tormentato dai più vivi rimorsi. Egli aveva spogliato le chiese e si era appropriato tutti i beni del clero; e quando fu sazio di impoverire e sacrificare i cattolici, si abbandonò alla crapula senza ritegno. Gli eccessi del mangiare, del bere lo resero tanto pingue e grosso che quasi non poteva più entrare nelle porte ordinarie del suo palazzo; e per salire le scale bisognava che uomini ben robusti lo portassero su a braccia. Ridotto a non poter più muovere la persona, somigliava ad una bestia feroce incatenata. Di crudele che era divenne eziandio furioso; e toccava solamente i 55 anni, quando si accorse di essere al fine della vita.

            Allora colle infermità corporali fu assalito da una tetra malinconia e da un rimordimento interno tormentosissimo. Ricordava egli, come l'empio Antioco, i sacrilegi commessi, gli scandali dati, le tante uccisioni di ecclesiastici e secolari; le tante chiese spogliate e le altre innumerevoli nefandità, che nel corso di sua vita aveva compiuto. Tutte queste cose gli rendevano l'esistenza così amara che meno sarebbe stata la morte. {271 [271]}

            Negli ultimi momenti, per calmare in qualche modo lo strazio di sua coscienza, richiese che venisse ad assisterlo un qualche religioso cattolico. Ma come poterlo rinvenire dopo che esso avevali cacciati tutti dal regno? Dimandò da ultimo di bere; e bevuto che ebbe volse queste parole estreme ai suoi amici: « E con ciò è finita ed è perduta ogni cosa per me. » Ciò detto, spirò il 28 gennaio 1547. Il meschino aveva ben motivo di dire che ogni cosa per lui era perduta. Ah! sì: un uomo, il quale unicamente per secondare i suoi vizi erasi separato da una religione, cui prima della perversità del suo cuore, aveva conosciuta, praticata, difesa come vera religione di Gesù Cristo; un uomo che, dopo esser stato il carnefice di una grande parte dei suoi sudditi, aveva colla forza costretto il rimanente ad apostatare; un uomo che in mezzo ai più sensibili rimorsi tuttavia moriva impenitente, quest'uomo dico, aveva pur troppo fondato motivo di dire che ogni cosa e forse anche l'anima propria aveva eternamente perduta. {272 [272]}

 

 

Trattenimento XIV. Unione degli Anglicani coi Protestanti e coi Valdesi.

 

            P. Il male più grave cagionato da Enrico all'Inghilterra fu di averla separata dalla Chiesa Romana, col costituire il re a capo della Religione; la qual cosa fu sorgente d'innumerevoli altri errori. E per vero il separarsi dal Capo della Chiesa Cattolica vuol dire allontanarsi dalla Chiesa di Gesù Cristo, dischiudere la via a tutti i disordini, e poco per volta distruggere ogni fondamento di cristianesimo. Lutero e Calvino si adoperarono per introdurre colà la nuova riforma; e vi riuscirono maravigliosamente, tanto che prima che terminasse il secolo decimosesto gli Inglesi trovavansi uniti affatto ai Luterani, ai Calvinisti ed ai Valdesi. Tutti costoro presi insieme sono ancora presentemente chiamati con voce generica ora protestanti, ora riformati, o novatori; ma s'intende da tutti essere sempre quelli che seguono gli errori di Lutero, di Calvino, di Pietro Valdo e di Enrico ottavo.

            F. Questi eretici, i quali appartengono a credenze tanto diverse come mai possono andar d'accordo fra loro in fatto di religione? {273 [273]}

            P. Non possono andare d'accordo in fatto di Religione; perchè non avendo un capo autorevole che li guidi e li istruisca ne consegue che in tutta la religione riformata vi regna un vero indifferentismo, e ciascuno è libero di farsi la religione che più gli aggrada: in guisa che si può dire che ciascuna famiglia ha una religione diversa da quella delle altre.

            F. Noi qui non comprendiamo una cosa: voi ci asserite che gli eretici non vanno d'accordo in fatto di religione ed intanto tutti sono contrari al Papa; anzi pare che si reputino a gloria il disprezzarlo. Si avrà a dire che tra gli eretici vi abbia unità di fede?

            P. Nemmeno questo. Dovete notare che Gesù Cristo fondò la sua Chiesa sopra un fermo edifizio, contro cui avrebbero combattuto invano le porte dell'inferno. Ora per porte ovvero potenze dell'inferno si intendono gli eretici, gli increduli, i cattivi cattolici, i quali come ministri del demonio sono tutti fuori della verità, tutti seguaci dell'errore. Gli errori sono molti, diversi e gli uni opposti agli altri; ma la verità è una sola, la quale non potendosi in alcun modo associare coll'errore, tutti li oppugna e condanna. Per questa ragione gli eretici, tuttochè discordi tra loro, vanno sempre d'accordo quando si tratta di combattere la Chiesa Cattolica, maestra di verità. {274 [274]}

            F. Dunque gli eretici sono solamente d'accordo nel combattere la verità, sebbene seguano errori diversi. Volete dire così?

            P. Voglio propriamente dire così; e per farmi viemeglio comprendere vi recherò una similitudine. Avete ancora a mente la storia delle voloi di Sansone?

            F. Oh sì: ce ne ricordiamo ancora benissimo. Egli raccolte trecento volpi, legolle tutte insieme per la coda, e nel mezzo vi pose dei tizzoni accesi; ciò fatto, le lasciò scorrere qua e là perchè danneggiassero le campagne dei Filistei.

            P. Quelle volpi guardavansi l'una l'altra di fronte?

            F. No certamente; perchè sentendosi abbruciare la pelle tentavano tutte di fuggire l'una opposta all'altra.

            P. E intanto che cosa facevano?

            F. E intanto rovinavano in ogni parte i vigneti ed i campi de' Filistei.

            P. Ora ponete mente: quelle volpi assomigliano gli eretici, i quali, sebbene camminino tutti per vie direttamente opposte, cioè professino dottrine le une contrarie alle altre, tuttavia si uniscono nel combattere e danneggiare le messi della vigna evangelica, che è la Chiesa di Gesù Cristo.

            F. Prima di conchiudere la storia di queste eresie, vi preghiamo che vogliate risolverci una {275 [275]} difficoltà che ci si para innanzi. Se la Religione Cattolica, che voi con tante ragioni ci avete fatto conoscere essere la sola vera, la sola che offra argomenti incontrastabili della divinità; se questa nostra santa Religione è così bella, così chiara, come mai un grande numero d'uomini, intere contrade e vasti regni, dopo averla per più secoli professata poterono poscia abbandonarla?

            P. Voi, o miei figli, mi fate una dimanda che mi dà motivo a gravi riflessioni. Dobbiamo notare come Gesù Cristo assicurò doversi il Vangelo predicare per tutta la terra; ma non accertò che in tutti i luoghi si dovesse costantemente conservare; anzi lasciocci scritta la terribile minaccia che avrebbe tolta la sua Religione santissima agli uomini, quando gli uomini disprezzandola se ne fossero resi indegni. Ciò premesso, noi possiamo dire che la Santa Cattolica Religione fu in molti paesi e da molti abbandonata per tre particolari motivi. E da prima perchè le varie credenze proposte in luogo della Religione Cattolica favorivano le passioni degli uomini) e quindi erano più facilmente accolte e seguite dai libertini.

            Secondariamente tutti quelli che si accinsero a perseguitare la Religione Cattolica furono uomini potenti nel secolo, o sostenuti da sovrani temporali, i quali di buon grado accoglievano questa o quella setta che, rigettata ogni autorità religiosa, {276 [276]} mirava a renderli capi ed arbitri assoluti. Una religione nuova e comoda, la quale permetteva di spogliare le chiese e gli altari del vero culto e di appropriarsi i beni che i fedeli avevano affidati alla santità del tempio come sacro deposito pei poveri e per gli abbandonati; una religione eziandio sostenuta e difesa col ferro e colla forza non poteva non istrascinare insensibilmente i sudditi di molti paesi all'errore.

            Da ultimo dobbiamo conchiudere esser questo un giudizio terribile del Signore, il quale come si legge nel Vangelo, vedendo conculcata la sua vigna, la sradica dai paesi che ne sono indegni e la trapianta in que' luoghi ove sia più avuta in cura e meglio resa fruttuosa. Noi tocchiamo con mano siffatta verità in leggendo con qualche attenzione la storia del secolo decimosesto. In nessun secolo comparvero tanti eretici, in nessun secolo fiorì sì copioso numero di santi, segnalatissimi per virtù, scienza e miracolose azioni. Questa Santa Cattolica Religione fu disprezzata e perseguitata in Germania, Francia, nell'Inghilterra ed in altri paesi d'Europa; e Iddio vedendo che gli uomini se ne rendevano immeritevoli, la tolse dalle loro contrade e la trasportò in paesi remotissimi e fino allora sconosciuti. Costoro accolsero con gioia i missionarii che in nome di Dio loro predicarono la parola di vita eterna, ed abbracciarono il Vangelo. {277 [277]} In questa guisa vennero largamente ricompensate le perdite che la Chiesa Cattolica fece in Europa. A migliaia a migliaia, dirò meglio, a milioni e milioni nella China, nelle Indie, nell'America gl'infedeli entrano nel grembo della vera Madre Chiesa, ascrivendo a loro alta ventura di poter ricevere quella santa Religione, che i vizi degli uomini avevano altrove reso disprezzabile e vile.

            Miei figli, ogni qualvolta noi vedremo disprezzata la religione, temiamo non già per la religione che è eterna come eterno è Iddio di lei autore, ma temiamo per quelle contrade, in cui è avuta in dispregio; perchè loro sovrasta la gran minaccia del Signore, là dove disse: Toglierò la mia vigna, la mia religione dai figli indegni e l'affiderò ad altri coltivatori, i quali daranno frutto a suo tempo: Auferam vineam meam, et locabo eam aliis agricolis, qui dabunt fructum temporibus suis. {278 [278]}

 

 

Trattenimento XV. I predicatori della Riforma non avevano missione divina.

 

            P. In ogni tempo, amati figli, quando i banditori della parola divina parlarono ai popoli a nome di Dio, fecero conoscere con argomenti certi la loro divina missione, confermandola con miracoli, colla santità della vita e colla purità della dottrina. Così operarono i profeti dell'antica legge, gli Apostoli del Vangelo e gli altri discepoli di Gesù Cristo. Ora vedendo noi Lutero e Calvino predicare una dottrina opposta a quella che la Chiesa Cattolica da mille cinquecento anni propone ai cristiani, dobbiamo tosto esaminare se questi nuovi predicatori abbiano presentati i tre argomenti sopra narrati per dimostrare che erano inviati da Dio.

            F. Veramente la vita che tennero i predicatori della Riforma protestante pare non sia stata una buona preparazione ad operare dei miracoli! Forse che Lutero, Calvino, Enrico ottavo fecero miracoli di sorta?

            P. Avrebbero dovuto operarne; ma siccome il miracolo può solamente compiersi da Dio in conferma {279 [279]} della verità, non era possibile di certo che fosse operato dai predicatori protestanti in conferma dei loro errori. Di che noi possiamo sfidare tutti quelli che vissero separati dalla Chiesa Cattolica, a mostrarci un solo miracolo in prova della dottrina da essi predicata. Lutero e Calvino erano intimamente persuasi che con un miracolo avrebbero sommamente accreditata la nuova Riforma; e tentarono ogni via per farne alcuni.

            F. Calvino e Lutero dunque operarono miracoli?

            P. Dico tentarono; ma il loro tentamento non servì ad altro che a farli maggiormente conoscere, quali erano, veri impostori[31].

            Per ricrearvi un poco voglio dirvi di alcuni miracoli che si raccontano di Lutero e di Calvino. Di Lutero è celebre il prodigio che operò in Vittemberga, come narra Federico Stafilo, il quale fu prima Luterano e poscia convertito alla fede cattolica. Egli medesimo si trovò presente al fatto. « Da Mirra, così egli dice, fu condotto un giovanetto indemoniato, affinchè fosse guarito da Lutero. Il quale lo fece condurre nella sagrestia {280 [280]} della chiesa, e diessi ivi ad esorcizzare il demonio a modo suo, non come fa la Chiesa Cattolica. Il demonio invece di ubbidire contorse ed agitò l'indemoniato per modo che Lutero pieno di spavento cercò subito di uscire da quella stanza; ma lo spirito maligno aveva già chiusa la porta. Allora egli corse per fuggire dalla finestra che trovò altresì chiusa da inferriata. Finalmente fu di fuori somministrata una scure; ed io, come più giovane e robusto, con quella feci in pezzi la porta, e con tal mezzo ambidue scappammo (Risposta contro Giac. Smidlin, pag. 404). »

            Più ammirabile fu il miracolo di Calvino, ma essendo troppo tristo, stimo di ommetterlo.

            F. Deh! raccontatecelo, che ci fate piacere grande.

            P. Se così vi aggrada, ve lo racconterò. Mentre Calvino dimoravasi in Ginevra, un povero uomo di nome Brulleo con sua moglie aveva a lui ricorso per ottenere limosina. Calvino, come fanno ancora i protestanti dei nostri giorni, promise che li avrebbe beneficati, sì veramente però che con tutta prudenza e segretezza lo avessero aiutato in un certo suo disegno. Quegli infelici, stretti come erano dalla miseria si dichiararono pronti a tutto; e indettato dal novello operator di miracoli, Brulleo finse una malattia. Per sua guarigione si fanno preghiere nelle chiese di Ginevra; ma tutto inutilmente; {281 [281]} tanto che l'ammalato dimostra di soccombere; e assai bene si contraffà da morto. Calvino segretamente avvertito di ogni cosa, fingendo di nulla sapere, si fa accompagnare da un gran numero d'amici, come per andare al passeggio. Giunto in vicinanza della casa, dove era preparata la scena, ode le grida e le urla della moglie, che a maraviglia rappresentava disperato dolore. L'impostore dimanda: Che cosa c'è? e intanto entra in casa, cade ginocchioni con tutto il seguito, e prega Dio ad alta voce di mostrare la sua potenza col render la vita a quell'uomo e di far così risplendere la sua gloria agli occhi di tutto il popolo, comprovando che esso (Calvino) realmente è da Dio inviato per riformare la Chiesa.

            Finita la preghiera, Calvino si avvicina al morto e, presolo per mano, gli dice: In nome di Gesù Cristo alzati e cammina. Il finto morto non si muove. Replicato inutilmente il medesimo comando, la moglie accorre e cerca di scuotere il marito, ma lo trova realmente morto. Immaginatevi le grida, le maledizioni lanciate dalla desolata moglie contro l'impostore. Si fa addosso a Calvino, e caricatolo delle più vituperose parole, furiosa esce di casa e pubblica il fatto per tutta Ginevra. Questo è il miracolo operato da Calvino.

            F. È questo un bel miracolo solenne, e ci piace tanto più di saperlo, perchè non mai ebbimo udito {282 [282]} a raccontare cosiffatte maraviglie di Calvino. Oh! se fossero per tutto queste trufferie divolgate! Ma forse Lutero, Calvino e i loro seguaci colla santità della vita avranno supplito alla mancanza dei miracoli.

            P. Anzi dite che la malvagia condotta è appunto quella che segnala i novelli riformatori. Lutero fra le molte scelleraggini violò, come già vi ho narrato, i voti solenni, ed uscito dal chiostro si diede in preda a disordini di ogni fatta. Calvino, dopo aver condotto una gioventù scostumata, commise turpitudini, ch'io non oso nominare. Basti il ricordare che appunto per tali delitti nella città di Noyon sua patria meritò la sentenza di morte; la quale però ad istanza di un Vescovo cattolico gli fu cangiata in quella del fiordaliso, ossia in un bollo che si imprimeva con ferro arroventato sopra il dorso del colpevole. Dovrò qui ancora parlarvi delle turpitudini del grande promotore della Riforma d'Inghilterra, di Enrico ottavo? Cari figli, io ho già detto più che abbastanza; ed amo meglio tirare un velo sopra certe nefandezze; perciocchè s. Paolo vuole che nemmeno siano nominate tra cristiani. Ritenete solo per fermo che la vita di Calvino, di Lutero e di tutti gli altri riformatori non è che un tessuto di scelleraggini incredibili, ma vere. Ascoltate come ne ragiona lo stesso Lutero. Questo eresiarca, in un'opera {283 [283]} stampata (Luterus in colloquiis, pag. 234), al mirare i disordini a cui si abbandonavano i nuovi riformatori, non potè a meno di lagnarsene col dire: « La maggior parte dei miei seguaci vivono da Epicurei: non cercano che scorrere giorni gaudenti. Non si troverebbe già fra i papisti di cosiffatti buffoni e di tali mostri. Addimandansi riformati, mentre in realtà hanno l'aria di demoni incarnati.....Sono bricconi, pieni d'orgoglio, e più insozzati dall'avarizia, che non furono mai sotto il Papato. Il disordine loro giunge a tal segno, che se a qualcuno piacesse di contemplare una riunione di truffatori, usurai, di uomini dissoluti, di ribelli e di gente di cattiva fede, questi non avrebbe che ad entrare in una di quelle città, le quali si dicono evangeliche. Dubito che si possano rinvenire tra Pagani, Giudei, Turchi ed altri infedeli, uomini così testerecci ed arroganti, in cui ogni onesto sentimento, ogni virtù sia come in essi affatto estinta, e fra cui per un nulla si tenga ogni maniera di peccati ecc. »

            Così scriveva Lutero nel rimirare i disordini che regnavano fra i suoi discepoli e negli altri riformati. Ora tali maestri, tali discepoli si potranno credere mossi da Dio a riformare la dottrina purissima e santissima della Chiesa di Gesù Cristo?

            F. Questi misfatti incutono spavento: si direbbe che i nuovi riformati altro non sono che {284 [284]} una legione di demonii sbucati fuori dall'inferno.

            P. Costoro davvero, come dice lo stesso Lutero, farebbero vergognare i Giudei, i Turchi ed i Pagani.

 

 

Trattenimento XVI. Chiesa Ortodossa di Russia.

 

            P. Espostavi in breve la storia della Riforma protestante, credo opportuno parlarvi eziandio dello scisma russo, ossia della Chiesa Ortodossa di Russia. Vi ricorderete certo come la Russia sia la più vasta monarchia del mondo. Il suo sovrano è detto Czar (Tsar) ovvero Cesare, come appellavansi gli antichi imperatori di Roma. La Chiesa nazionale, ossia la religione dello Stato, è appellata Chiesa Ortodossa, da una voce greca che viene a dire rettamente pensante. Ma questo epiteto di ortodossa non conviene affatto alla Chiesa Russa, perchè professando lo scisma, non è più vera Chiesa, nè può chiamarsi rettamente pensante. Al Sovrano si dà anche il nome di Autocrate o plenipotenziario a cagione che tutto il potere è concentrato in lui solo. {285 [285]}

            F. Noi, caro padre, abbiamo scarse notizie di questo impero; compiaceteci pertanto di dirci qualche cosa intorno alla sua storia e religione. Ciò a noi certamente tornerà di vantaggio e diletto.

            P. I Russi, detti anche Rossolani, cominciarono avere qualche lume del Vangelo nel secolo settimo; ma non lo abbracciarono in modo stabile fino al secolo decimo sotto Wolodimiro loro Re, il quale può dirsi l'Apostolo della Moscovia e della Russia intiera.

            Lo scisma di Fozio erasi da Costantinopoli eziandio dilatato nelle varie parti di quell'impero. Nel Concilio Generale di Firenze (1439) i Russi vi intervennero insieme coi Greci nell'intendimento di riunirsi alla S. Sede; ma i Capi del gregge ritornati che furono in patria promossero un grande malcontento, e poco appresso l'imperatore Basilio III nella città di Mosca elesse un patriarca indipendente, obbligando tutti i suoi sudditi a far capo a lui per ogni loro controversia religiosa. Scossa così l'ubbidienza al Sommo Pontefice cominciarono tosto le discordie, le oppressioni; e quindi le persecuzioni contro i cattolici, quando si fossero rifiutati di sottoporsi ai decreti del così detto santo Sinodo celebrato nel 1667.

            In tale diversità ed opposizione di credenza ciascuno accomodava la propria coscienza a quelle massime che più gli sorridevano. Quindi alcuni {286 [286]} professavano il Maomettismo, altri il Protestantismo, non pochi si mantennero saldi nella vera fede; mentre più di sei milioni rimasero pagani adorando le ridicole divinità dei Gentili.

            Le cose continuarono in questa guisa fino alla riforma dell'imperatore Pietro il Grande.

            F. Che cosa fece questo Pietro il Grande in riguardo alla Religione?

            P. Pietro I soprannominato il Grande pel suo ingegno e valore militare conobbe che i popoli senza capo, che a nome di Dio spieghi la religione, cadono in madornali errori; e perciò volle adoperarsi a fine di condurre nuovamente i suoi sudditi all'ubbidienza del Papa. Ma non potè riuscire nell'intento. Anzi ogni giorno crescendo vie più le turbolenze e volendo esso mettere termine alle crescenti discordie concentrò definitivamente in sè tutti i poteri; vale a dire costituì se stesso papa, sovrano, capo dei parOci, dei Vescovi, degli Arcivescovi e dei medesimi Patriarchi.

            Per la qual cosa l'anno 1720 Pietro il Grande da Mosca trasferì la sua capitale a Pietroburgo; e stabilì una Liturgia col nome di Statuto fondamentale ecclesiastico, nel quale statuto mette per base una sconfinata libertà di coscienza, come hanno i Luterani, i Calvinisti e i Maomettani. L'idolatria stessa è tollerata dal famoso Statuto.

            A fine poi di tenere lontani i suoi sudditi dall'ubbidienza {287 [287]} al Papa ordinò che ciascuno prima di essere ammesso ad una carica civile od ecclesiastica debba proferire questo giuramento: Confesso e con giuramento confermo di credere che il Giudice Supremo dell'autorità religiosa è il nostro Monarca, supremo Padrone di tutte le Russie.

            Tale formola di giuramento è scismatica, e rompe ogni dipendenza dal Vicario di Gesù Cristo. Per ciò appunto i cattolici ricusandosi con orrore di sottomettervisi, vennero esclusi dai pubblici uffici, e coloro che erano in qualche carica ne furono rimossi.

            Tuttavia l'imperatore Pietro, considerato il grande numero di cattolici che abitavano i suoi Stati, li lasciò qualche tempo in pace. Ma i successori di lui cominciarono a far uso della frode, dell'inganno e infine dell'esilio e di sanguinose persecuzioni per costringerli ad abbracciare lo scisma. Alcuni spaventati dalle minacce e dalle oppressioni sventuratamente prevaricarono: gli altri si mantennero saldi nella fede a costo anche della vita. Allora si videro genitori coi loro figliuoli cacciati dalle loro case, spogliati dei loro averi; altri chiusi nelle carceri, o mandati a duro confine ed anche condannati a morte per la sola ragione che erano cattolici. In questi ultimi tempi però più amichevoli relazioni si sono ristabilite colla S. Sede; di modo che gli esiliati per la fede saranno richiamati, {288 [288]} molti vescovi potranno ritornare in Diocesi, i cattolici saranno fatti liberi di praticare la cattolica religione.

            F. Grazie, padre carissimo, per vostra mercè ora noi abbiamo un'idea storica dello scisma e della Chiesa Ortodossa di Russia. Ma quali sono gli errori dei Russi?

            P. Lo Statuto fondamentale di Russia, come ho accennato sopra, concedendo una troppo ampia libertà di coscienza, autorizza ciascuno a farsi una credenza a suo piacimento ed a praticare quello che meglio gli va a grado. Per questa ragione la Russia è forse il solo impero cristiano del mondo in cui sia ampiamente e tuttora riconosciuta l'idolatria. Oltre a sei milioni di Russi adorano tuttora gli déi falsi e bugiardi del Gentilesimo.

            Molti errori professano i Russi nell'amministrazione dei Sacramenti, specialmente nelle sacre ordinazioni e nell'esercizio della giurisdizione dei Paroci, dei Vescovi e dei medesimi Patriarchi. Essi devono pagare una somma grande al Sovrano per essere eletti alle cariche religiose. Chi paga somma di maggior rilievo ottiene carica maggiormente elevata e lucrosa.

            Quanto è alla Bibbia essi seguono eziandio lo spirito privato; ma nei dubbi ricorrono alla tradizione conservata negli scritti de' santi Padri vissuti prima di Fozio, prima del secolo nono. {289 [289]}

            L'errore principale, e che apre la via a mille altri, è il rifiuto di sottomettersi al Papa. Nelle questioni religiose i Russi fanno ricorso all'imperatore, il quale scioglie sovente le più intricate difficoltà di teologia senza mai averla studiata.

            F. Quando i Russi fecero scisma dai Cattolici la Chiesa Romana introdusse qualche mutazione nella sua dottrina?

            P. Al tempo che i Russi caddero nello scisma non avvenne mutamento di sorta nella Chiesa Cattolica Romana. Essa continuò a professare la medesima fede, a praticare i medesimi Sacramenti, a seguire la dottrina di Gesù Cristo come fu praticato fin dai primi secoli cristiani. Tutto il cangiamento fu nella Chiesa di Russia. Essa praticò il Cattolicismo fino al secolo nono; ed in appresso datasi allo scisma di Fozio ne andò seguendo gli errori. Noi in particolari trattenimenti vedremo che gli scismatici ed eretici col solo fatto di essersi allontanati dalla Chiesa Cattolica, fanno vedere come essi non appartengono più alla Chiesa di Gesù Cristo. Al contrario dimostreremo fino all'evidenza come la S. Romana Chiesa non ha mai introdotto alcun cangiamento, e che le medesime verità insegnate da Gesù Cristo, predicate dagli Apostoli e professate nei primi secoli della Chiesa sono quelle istessissime ch'essa oggi insegna, senza che mai abbia ammesso alcuna variazione. {290 [290]}

 

 

PARTE III. Invariabilità della Dottrina Cattolica.

 

 

Trattenimento I. La Chiesa Cattolica non variò mai i dommi insegnati dagli Apostoli.

 

            P. Vi ho brevemente raccontato, o miei cari figli, la storia del Maomettismo, dello scisma di Fozio, dei Valdesi, della Riforma protestante, dello scisma anglicano e della Chiesa Ortodossa di Russia. Questi racconti ci persuadono di due grandi verità. Primieramente ci fanno conoscere come i fondatori del Maomettismo, dello scisma greco e della Riforma protestante erano malvagi cattolici, i quali per condurre vita libera si allontanarono dalla Chiesa di Gesù Cristo. In secondo, luogo come i pastori della Chiesa Cattolica seguitarono a governare le rispettive loro Chiese tutte unite a quella di Roma, la quale continuò pure ad essere, come è da diciannove secoli, la sede del Vicario di Gesù Cristo. {291 [291]}

            Tutti questi pastori, Vescovi e Papi in ogni tempo al manifestarsi di scismi o di eresie si levarono tostamente con grande zelo per combatterli. Ma mentre li combatterono, professarono sempre la stessa fede, la medesima legge e praticarono gli stessi Sacramenti proposti dalla Chiesa Cattolica, da cui i riformatori disertarono.

            F. Questa non mai interrotta successione di Papi e di Vescovi nella Chiesa Cattolica è un fatto così manifesto ed incontrastabile nella storia, che gli stessi Protestanti sono costretti a confessarlo. Noi quindi peniamo a comprendere come i Protestanti, e gli altri eretici abbiano osato separarsi, ed osino anche oggi vivere separati dalla nostra religione, mentre riconoscono che essa ha per suoi primi pastori e fondatori gli Apostoli stessi; e non possono all'opposto additarci un solo uomo, il quale prima dei capi riformatori abbia professata la loro credenza.

            Oltre a ciò la condotta dei fondatori della Riforma dimostra chiaramente che essi non erano punto da Dio mandati, poichè la storia, che di loro ci avete abbozzato, è ripiena dei più abbominevoli misfatti.

            P. Miei cari figli, cotesta ribellione dei Protestanti, dei scismatici o altri eretici contro alla Chiesa Cattolica non può avere altra origine che la superbia, l'ignoranza o la depravazione dei loro costumi. {292 [292]} I Protestanti sono forzati a confessare che la Chiesa Cattolica ha per fondatori gli Apostoli; e nel medesimo tempo ammettono il Vangelo là dove Gesù Cristo promette ed assicura solennemente di voler fondare la sua Chiesa sopra s. Pietro; e che « le porte dell'inferno non mai avrebbero prevaluto contro di essa[32]. » Conoscono che i loro eresiarchi erano uomini pieni di vizi ed hanno vergogna di riconoscerli per fondatori della loro setta: ciò nondimeno continuano a vivere ribelli alla Chiesa col pretesto che essa, trascorsi pochi secoli dalla sua fondazione, abbia degenerato dalla dottrina degli Apostoli, variati od alterati i dommi da essi insegnati.

            F. Appunto, o caro padre, noi abbiamo inteso a dire che con tale pretesto Lutero e Calvino si allontanarono dalla Chiesa Romana; e che i Protestanti nemmeno oggidì cessano di accusarla di corruzione e di variazione dagli insegnamenti apostolici. Ora noi brameremmo che ci illuminaste intorno a questo punto, e ci porgeste le opportune ragioni per ribattere cotesta accusa contro la nostra ss. Religione.

            P. Ben volentieri mi studierò di appagare i vostri giusti desideri. Ma innanzi a tutto dovete qui richiamare alla memoria come la Chiesa chiamasi {293 [293]} Apostolica, perchè insegna le dottrine insegnate dagli Apostoli; e perchè mediante una serie non interrotta di pastori essa ha costantemente esercitata l'autorità degli Apostoli medesimi. Ora, essendo manifesto che il protestantesimo non può mostrare alcuna successione di pastori sino agli Apostoli, ne viene per innegabile conseguenza che esso non appartiene alla Chiesa fondata dagli Apostoli; e per ciò stesso la sua falsità è evidente. Vi pare di comprendere questo semplice ragionamento?

            F. Ci par chiarissimo, e perciò facilissimo a comprendersi.

            P. Or bene i Protestanti, non potendo negare alla Chiesa Cattolica questa successione di pastori, vorrebbero dare ad intendere che essa ha prevaricato nella dottrina insegnata dagli Apostoli, e che per questo cessa di essere Apostolica; che quindi ora, invece di essere la Chiesa di Cristo, è divenuta (tolleriamo questa ingiuriosa espressione) la sinagoga dell'Anticristo. Ma a rovesciare di un solo colpo una siffatta asserzione dei Protestanti ci basterebbe stringerli con questo unico argomento, che voi farete bene a non dimenticare, e dire loro: Voi, Protestanti, ammettete senz'altro che la Chiesa Cattolica è stata un tempo la vera Chiesa di Gesù Cristo. Ma la Chiesa di Gesù Cristo, secondo il Vangelo, non può mai venir meno, non può giammai fallire. In fatto il Salvatore promise {294 [294]} ad essa la sua perpetua assistenza, dicendo agli Apostoli e nella loro persona ai loro successori: « Ecco, io sono con voi tutti i giorni sino alla fine dei secoli[33]. » Gesù inoltre assicurò gli Apostoli che le porte dell'inferno non avrebbero mai avuto forza da prevalere contro alla sua Chiesa. Dunque la vera Chiesa nè per passare di tempo, nè per triste vicende o persecuzioni non potrà mai cangiare. Per la qual cosa voi, Protestanti, dovete scegliere una delle due: o asserire che il Vangelo e la parola del Figlio di Dio sono fallaci: o convenire con noi che, se la Chiesa Cattolica è stata una volta la vera Chiesa di Gesù Cristo, non potè mai cessare di essere tale, che tale è ancora adesso e tale sarà per tutti i secoli a venire. Se ammettete la prima di queste due cose, vi rendete bestemmiatori contro di Gesù Cristo, e ad un tempo contraddite a voi stessi che tenete la Santa Scrittura per sola regola di vostra fede. Non vi resta pertanto che la seconda, cioè credere la veracità della nostra Religione Cattolica, credere che ella non mai si dipartì, nè tampoco potè dipartirsi dalla dottrina degli Apostoli.

            F. O Padre! ci sembra che voi mettiate gli eretici tra l'uscio ed il muro in modo, che i poverini non ne possono sfuggire.{295 [295]}

            P. I Protestanti dicono ancora che la Chiesa nel decorso del tempo ha variato i dommi ricevuti dagli Apostoli. Ora dunque voi, o Protestanti, ci dovete colla storia alla mano dimostrare queste tre cose: 1° Il tempo in cui avvenne simile variazione; 2° chi l'abbia introdotta; 3° su qual punto di dottrina questa sia caduta.

            F. Trattandosi di un fatto qual è il cambiamento di religione, di un fatto cioè pubblico, giacchè la Fede cristiana era, come è, professata pubblicamente, e da una grandissima parte del mondo, pare che niuna cosa nei libri e nei monumenti storici dovrebbe essere più chiara e lampante di cotesta variazione di dommi che si imputa dai Protestanti alla Chiesa Cattolica.

            P. Certo che sì. E per vero, aprite la Storia Ecclesiastica, e vi scorgerete diligentemente e con grande precisione notate tutte le eresie che tentarono d'infestare la Chiesa, incominciando dal tempo degli Apostoli sino ai nostri giorni. Ivi troverete segnato il tempo in cui ciascuna eresia insorse, nominato il suo autore, determinato con precisione il domma da esso preso di mira. Anzi vi noterete accennate fino le variazioni e le diverse fasi subite dalle eresie medesime. Così il dottissimo Monsignor Bossuet ha rilevato e fatto toccar con mano le innumerevoli variazioni delle chiese protestanti; ed i Protestanti non hanno mai saputo che rispondere. {296 [296]}

            F. Possono i Protestanti in qualche maniera far vedere quando, da chi e su qual punto dottrinale, siasi nella Chiesa Cattolica introdotta alcuna alterazione o cambiamento?

            P. Niente di tutto ciò.

            F. Voi ci avete già altra volta detto come i Protestanti asseverino avere la fede degli Apostoli serbata la sua integrità nella Chiesa Romana pei quattro primi secoli; ma poscia essersi alterata: ciò è vero?

            P. Lo so, figli miei, che molti Protestanti vorrebbero far rimontare la decadenza dell'antica fede al quinto o al quarto secolo della Chiesa. Ma essi son ben lungi dal dimostrare quanto asseriscono: anzi questa loro asserzione è conosciuta falsa non solo dai dottori cattolici, ma eziandio da molti tra i medesimi Protestanti. E quelli tra loro, i quali alla pretesa alterazione assegnano un'epoca posteriore, sono parimente confutati da altri dei loro dottori, i quali fanno vedere cogli scritti dei ss. Padri e colle decisioni dei Concilî che i dommi notati di alterazione erano insegnati tali e quali, assai prima del tempo in cui si dice avvenuta cosiffatta alterazione. Perciò mentre i dottori protestanti dall'un canto concordano nell'accusare la Chiesa Romana di aver variato gli insegnamenti primitivi ed apostolici, dall'altro sono affatto discordevoli, nè mai potranno convenire nel fissare {297 [297]} il tempo in cui tale corruzione siasi effettuata[34]. Così stando le cose, non vi sembra questo loro disaccordo una prova palpabile della falsità dell'accusa che essi muovono contro la Chiesa Romana di aver alterati gli antichi dommi?

            F. Oh! questo disaccordo dei Protestanti è sicuramente la migliore confutazione che si possa avere della falsità di loro accuse.

            P. Io però voglio che voi stessi scuopriate e ravvisiate ancora meglio il loro errore, e la calunnia che gittano contro la nostra Religione. Poniamo che si accordino i dottori protestanti nel fissare il tempo di quella pretesa alterazione, e dicano pure essi questa essere avvenuta nel quinto, nel sesto o nel settimo secolo della Chiesa; noi cattolici li sfidiamo a recarcene i documenti e le pruove. Un fatto di tanto momento non potè passarsi, come si dice, così alla chetichella, che non fosse osservato presso tutti i cristiani. Su di che mi piace qui recarvi in mezzo le parole con cui s. Francesco di Sales derideva i Protestanti: « Eh! {298 [298]} diceva, forsechè tutti gli uomini del mondo dormivano quando Roma formava nuovi sacramenti, nuovi sacrifizi, nuove dottrine? Non si trova punto un solo storico, vuoi greco, vuoi latino, vicino o lontano, il quale abbia messo o lasciato alcun cenno ne'suoi commentari, o qualche osservazione nelle sue memorie di una cosa così grande. Certamente sarebbe cosa mirabile se gli storici, i quali furono sì minuti nel notare le minime circostanze delle città e dei popoli, avessero dimenticato il più notevole di quanto può farsi in questo mondo, cioè il cambiamento universale di religione nella città e provincia più segnalata di sì vasto impero, quali sono Roma e l'Italia[35]. » Adunque l'impossibilità in cui sono i Protestanti di produrre alcun documento autorevole sulla corruzione dei dommi cattolici forma un'altra prova trionfale della calunnia da essi lanciata contro alla Chiesa Romana.

            F. Forse i Protestanti, a scusar siffatta mancanza di prove, allegheranno l'ignoranza e la corruttela di quei tempi in cui asseriscono essere stati guasti i dommi primitivi.

            P. Sono queste, o figli miei, le solite scuse e soliti pretesti di chi manca di buone ragioni. Nel corso di quei mille e più anni che passarono dal {299 [299]} quarto secolo alla nascita del protestantesimo, epoca in cui, secondo i Protestanti, la Chiesa Cattolica avrebbe cangiato di fede, sorsero nel seno di lei un s. Girolamo, un s. Agostino, un s. Giovanni Grisostomo, un s. Leone, un s. Gregorio, un s. Fulgenzio, un s. Prospero, un s. Giovanni Damasceno; e per venire ai tempi a noi più vicini, un s. Anselmo e un s. Bernardo, i quali vissero nel secolo undecimo; un s. Bonaventura e un s. Tomaso d'Aquino, che furono nel secolo terzodecimo; un s. Lorenzo Giustiniani che fiorì nel secolo decimoquarto, un sant'Antonino che scrisse e predicò nel secolo decimoquinto, e tanti altri che per brevità vi tralascio.

            F. Oh noi cattolici siamo pur felici di aver somiglianti uomini dalla nostra parte!

            P. Costoro furono uomini dotti senza paragone, i quali consumarono gli anni della vita nello studio delle divine scritture e dei ss. Padri dei primi secoli. Furono uomini santi e sommamente zelatori della purità della fede apostolica, cui sostennero coll'autorità e cogli scritti; furono infaticabili nel combattere l'eresia di mano in mano che la videro comparire; avrebbero dato mille volte il proprio sangue piuttosto che rinunziare al minimo articolo di fede; ed alcuni di essi ebbero non poco a soffrire per la difesa della medesima fede. Ora bene cotesti uomini così addottrinati e {300 [300]} così santi non videro nella Chiesa Romana nessunissima novità in materia di domma. Nelle loro scritture leggiamo molte lagnanze contra ai vizi dei cattivi cattolici; ma per quanto riguarda la fede della Chiesa non ci vien mai fatto di rinvenire nei loro libri nessun rimprovero, nessun lamento. Anzi questa fede nei molti loro libri è continuamente predicata, inculcata e difesa, come gli stessi Protestanti sono costretti di confessare. Laonde è egli mai possibile che tanti grandi uomini, per tanti secoli non si siano accorti punto di alcuna alterazione nell'antica fede, quando alterazione di sorta fosse realmente avvenuta? Possibile che Dio, a ricondurre la fede alla sua primitiva purezza abbia tardato mille e più anni; e che a tale scopo abbia scelto uomini brutti di ogni sorta di vizi, quali erano Lutero, Calvino e i loro compagni?

            F. Per sicuro chiunque abbia un po' di sale in zucca non asserirà mai tale cosa, salvo che voglia passare per pazzerello.

            P. I Protestanti adunque non possono mostrarci alcuna epoca, in cui la Chiesa Romana abbia deviato dalla dottrina degli Apostoli e di Gesù Cristo. Sapranno forse indicarci l'autore di tal cambiamento? Orsù ci dicano se quest' autore fu un uomo privato, oppure un Sommo Pontefice, o qualche Concilio generale della Chiesa. Se diranno {301 [301]} che fu un uomo privato, noi li inviteremo a dirci ancora con quale arte, con quale forza, con quali mezzi insomma costui sia riuscito a persuadere de'suoi capricci, delle sue novità tutti i cattolici sparsi sulla terra, tutti i Vescovi e gli stessi Papi, sempre veglianti ed inesorabili contro ogni maniera di errore. Noi sappiamo certo che non vi mancarono uomini perversi, i quali si diedero a tutt'uomo per guastare la fede con fallaci insegnamenti; non ignoriamo che vi ebbero principi, che si proposero di imporre colla violenza ai cattolici le loro erronee credenze; ma cotestoro li veggiamo registrati nel novero degli eresiarchi; questi eresiarchi contansi tra i persecutori della Chiesa.

            Nè gli uni, nè gli altri riuscirono punto nell'empia impresa, ed i loro nomi passarono coperti d'infamia alla posterità, incominciando da Simon Mago, primo degli eretici e da Nerone primo de' persecutori.

            F. Noi, amato padre, comprendiamo la ragionevolezza di quanto asserite; ma siccome i Protestanti non finiscono di imputare ai Papi la corruzione della fede antica, non potrebbe darsi che qualche Papa o qualche Concilio avesse introdotto questo o quel mutamento nelle cose di fede?

            P. I Protestanti asseriscono sempre gratuitamente, ed accusano senza addurci mai nè testimoni, {302 [302]} nè prove. Di fatto si provino un poco i Protestanti a declinarci i nomi dei Papi e dei Concilî generali che abbiano corrotto la fede dei loro maggiori. Ci additino i Protestanti un solo atto di questi Concilî, di questi Pontefici, il quale sia in opposizione colla dottrina apostolica, consegnata negli scritti dei ss. Padri e negli atti dei Concilî anteriori al detto tempo? Indarno si studiano di ciò fare. Noi per lo contrario proviamo colla storia alla mano che tutti i Concilî ed i Romani Pontefici, prima di venire ad alcuna definizione e sentenza in materia di domma, esaminarono con sommo studio le divine Scritture, la tradizione apostolica e gl'insegnamenti dei dottori più antichi; e di qui regolarono i loro giudizi, senza mai scostarsene di un filo. Sicchè nel Concilio Costantinopolitano III si dichiarò essere affatto necessario di seguire le dottrine dei santi Padri non solo secondo il sentimento, ma di usar perfino le stesse espressioni da loro adoperate e di non innovare nulla affatto[36]. Tanto era l'attaccamento dei Concilî e dei Papi alla dottrina antica! E notate che questo Concilio fu tenuto sullo scorcio del settimo secolo, nel qual tempo giusta i Protestanti si lavorava a corrompere la fede primitiva. {303 [303]}

            F. I Protestanti dovrebbero coprirsi la faccia per confusione ogni qualvolta ardiscono accusare la Chiesa Cattolica di avere abbandonato gl'insegnamenti degli Apostoli! La Chiesa ha veramente ragione di chiamarli novatori; dacchè sono essi che disertarono dalla fede antica, e se ne fabbricarono una nuova a loro capriccio.

            P. Osservate eziandio, che i sopra detti Concilî approvati dai Papi ben lungi dal cangiar cosa alcuna in materia di fede, furono celebrati specialmente per condannare le erronee dottrine, che in ogni secolo malaugurati ingegni si sforzarono d'introdurre.

            Per tenere Concilî, i Vescovi che vi concorrevano dalle varie parti del mondo, dovevano assoggettarsi a molti disagi e spese; ma lo zelo che avevano per la purezza della fede faceva loro sopportare di buon grado ogni sacrificio. Nel solo spazio che v'ha dal quarto al nono secolo della Chiesa si tennero ben otto Concilî ecumenici; nè sorse eresia che essi d'accordo coi Sommi Pontefici non abbiano fulminata. La stessa cosa praticarono i molti Concilî posteriori sino al grande Concilio Vaticano. Fuori poi dei Concilî i Papi vegliarono ognora contro di ogni novità in fatto di religione, nè mancarono mai di levarsi con gagliarda voce a riprovarla e condannarla al suo primo apparire, come ne fa testimonianza ogni pagina della Storia Ecclesiastica. {304 [304]}

            Dal sin qui detto voi vedete come i Protestanti, mentre accusano la Chiesa Cattolica di avere alterata la dottrina degli Apostoli, non possono mostrare nè il tempo in cui siasi fatta tale alterazione, nè chi ne sia stato l'autore. Da che voi potete senz'altro argomentare a buon diritto la falsità di cosiffatta accusa.

            F. Nelle cose da voi dette ce ne ha d'avanzo per convincere ogni persona di buon conto, che la nostra fede di oggidì è pur quella istessa dei Padri antichi e degli Apostoli senza variazione di sorta.

 

 

Trattenimento II. I Protestanti non possono indicare verun domma degli Apostoli variato dalla Chiesa Romana. - Si convincono colle confessioni degli stessi loro autori.

 

            F. O padre, non vediamo il momento che voi ripigliate l'interrotto discorso, e torniate ad ammaestrarci intorno alla nostra Cattolica Religione per addestrarci a ribattere le accuse che i Protestanti muovono ad essa di avere variati i dommi insegnati dagli Apostoli. Deh! osservate quanti nostri compagni convennero qui tutti ansiosi di ascoltarvi! {305 [305]}

            P. Avete fatto bene ad invitare altri vostri compagni; quanto più grande è il numero degli uditori, più ameni e proficui potranno essere i nostri trattenimenti. Ora ditemi su: Ricordate ancora di quanto vi ho parlato nel precedente trattenimento?

            F. Penso che tutti ce ne ricordiamo ancora. Voi ci avete detto che i Protestanti accusano la Chiesa Cattolica di avere cambiato i dommi insegnati dagli Apostoli; ma che intanto non possono mostrare nè il tempo in cui la Chiesa abbia fatto tal cambiamento, nè chi sia stato quel ribaldo che abbia osato introdurlo; mentre all'opposto i Papi ed i Concilî sonosi sempre opposti vigorosamente ad ogni anche minima novità in materia di fede. Ciò è agevole vedere nella Storia Ecclesiastica e negli stessi atti e nei decreti dei Concilî e dei Pontefici, i quali atti tuttora si conservano.

            P. Benissimo: ora vi dimostrerò con brevità che i Protestanti non possono tampoco indicare verun domma speciale degli Apostoli, il quale sia stato variato dalla Chiesa Cattolica nostra madre.

            Sovvengavi che i Protestanti non negano essersi la Chiesa serbata fedele agli insegnamenti degli Apostoli pei quattro o cinque primi secoli.

            Quindi se noi cattolici loro proveremo che i dommi da noi creduti oggi sono gli stessi che furono insegnati dai ss. Padri nei detti primi secoli, {306 [306]} rimarrà altresì provato che gl'insegnamenti attuali della Chiesa Romana non differenziano per nulla da quelli degli Apostoli; e che perciò ella si è anche al presente la sola vera Chiesa Apostolica.

            F. Egli è evidente: i Protestanti non possono scapparla da tale argomentazione; per questo i poverini hanno sempre in bocca la Chiesa dei primi secoli; e con simile sotterfugio si argomentano di condannare la Chiesa nostra presente!

            P. Questo in fatto fu l'argomento onde l'imperatore Teodosio, come narra Sozomeno, coprì di confusione gli eresiarchi del suo tempo. Egli fatto adunare tutti i capi-setta, ossia gli autori di novelle credenze, loro volse questa dimanda: Riconoscete voi per maestri di verità e per uomini veramente apostolici i dottori della primitiva Chiesa, cioè del primo, secondo, terzo e quarto secolo? Avendo essi risposto che sì, l'imperatore ripigliò: orsù dunque confrontiamo la vostra dottrina cogli scritti di quelli; e se sarà ad essi conforme, ritengasi; altrimenti sia rigettata. Ora ecco il guadagno che fecero quei Capi-setta. Convinti tutti di contraddizione, furono dichiarati traditori, nemici di Gesù Cristo, e come pubblici perturbatori cacciati in esilio.

            Ma noi cattolici confrontiamo pure i nostri dommi cogli scritti di que'primi padri senza tema di trovarvi veruna contraddizione. Il che agevolmente ci verrà fatto in due maniere: o citando le sentenze {307 [307]} degli antichi Dottori, che sono in nostro appoggio e contrarie agli eretici; oppure mostrando colla confessione dei nostri avversari medesimi, che i nostri dommi sono stati insegnati da tutti gli antichi. Ma la prima maniera ci condurrebbe in lungo, tanto che non potremmo sbrigarcela in uno od in pochi trattenimenti famigliari. Ci appiglieremo perciò alla seconda maniera.

            F. Sta benissimo. Non v'ha più spedita via e sicura per convincere un reo, che la sua propria confessione.

            P. Veniamo dunque alla prova; e, poichè Lutero e Calvino furono i due caporioni della Riforma, comincierò senz'altro da loro.

            Lutero, che davasi il vanto di non mirare ad altro che a ristabilire la purezza dell'antica dottrina, nondimeno protestò altamente che egli niente dimandava a cento Agostini, a mille Concilî e Chiese. Sapete quel che voleva dire con questo? Egli voleva significare che, ben lungi dal trovare s. Agostino, gli altri Padri e la dottrina universalmente tenuta nella Chiesa primitiva favorevoli alla sua pretesa riforma, era invece persuaso che favorivano la Chiesa Romana da lui disertata e combattuta; e che perciò non ne faceva alcun caso. Non altrimenti Calvino nella famosa sua opera, che ha per titolo: Le istituzioni, mentre combatte i nostri dommi, confessa più volte che egli si oppone {308 [308]} a tutta l'antichità. Con ciò confessa a suo danno che esso pure trovò i nostri dommi perfettamente conformi all'antichità medesima.

            F. O gente senza cervello! si vantano di volere riformare la Chiesa, ossia di ricondurla al suo stato antico e primitivo e intanto si oppongono all'antichità e attestano che questa antichità è loro contraria. Per simile guisa dánno abbastanza a divedere che essi pei primi riconoscono la loro riforma come una novità, una invenzione della loro testa, e così condannansi di propria bocca.

            P. Così è, o miei figli: questi eresiarchi si condannano da se stessi, e ad un tempo difendono la nostra Chiesa dalla taccia di novità in materia di fede. Udite ancora un'altra preziosa confessione in favore della nostra Religione, fatta da quel Melantone che, come vi ho sopra narrato, fu de'più ardenti discepoli di Lutero. Costui interrogato da sua madre, donna dabbene e cattolica, che cosa ella dovesse credere in mezzo alle tante dispute sollevate dai novatori in risguardo della Fede, egli così rispose: « Continuate, o madre, a credere ed a pregare come avete fatto fin'ora, e non lasciatevi turbare punto dal conflitto delle dispute sulla Religione[37]. » E qui passo sotto silenzio {309 [309]} moltissime altre confessioni di questo genere per recarvi quelle che concernono vari dommi particolari impugnati dai Protestanti.

            F. Bene, benissimo. Ascolteremo volonterosi a parlare intorno a questi dommi particolari, di cui i Protestanti sono forzati a confessare l'antichità in quella che li combattono maliziosamente.

            P. I principali di questi dommi sono la libertà dell'uomo, il Purgatorio, le preghiere ed i sacrifizi pei morti, la necessità ed il merito delle buone opere, la presenza reale di Gesù Cristo nell'Eucaristia, la confessione auricolare, il primato del Romano Pontefice e l'invocazione dei Santi[38].

            F. Cotesti infatto sono i dommi della nostra Religione, contro a' quali odonsi tuttodì i Protestanti menare più grande lo scalpore, tacciandoli di novità. Sarà bello impertanto vederli confessati per antichi dagli stessi caporioni del protestantismo.

            P. Venga dunque innanzi pel primo Calvino. Costui nel suo libro secondo delle Istituzioni confessa che tutti i dottori dei primi secoli hanno riconosciuto, siccome riconosce ora la Chiesa, esservi nell'uomo la libertà, ossia la potestà dataci da Dio di operare, o non operare, o di operare {310 [310]} diversamente da quello che si fa. Egli ciò non pertanto nega la libertà nell'uomo, asserendo che esso opera per necessità; ed ha l'audacia di sostenere, nel cap. 14, non potersi scusare l'errore degli antichi intorno alla grazia ed al libero arbitrio, in quanto che i ss. Padri insegnarono che la divina grazia non costringe punto l'uomo ad operare, ma gli lascia la libertà di cooperarvi o di resistervi, siccome il dettano pure la ragione e la fede.

            Nello stesso libro, al capo 16, confessa che i Padri più antichi hanno sostenuta l'esistenza del Purgatorio, cui però egli nega recisamente, chiamandolo fabula de loco subterraneo.

            F. Egli è proprio così che noi abbiamo più volte inteso definire il Purgatorio da certi sputatondo da caffè e da taverna. Intanto ecco lo stesso Calvino confessare che il Purgatorio era già creduto dai dottori più antichi, allorchè la Chiesa era tutta Santa ed Apostolica. Oh i babuassi che sono! Oh i buffoni!

            P. Seguitiamo. Al domma cattolico del Purgatorio va unito quello del suffragio dei morti per mezzo delle preghiere e dei sacrifici. Ora Calvino nella suddetta opera attesta che 1300 anni addietro, vale a dire nei tre primi secoli della Chiesa era già invalso l'uso di pregare e offrir sacrifizi pei defunti; ma colla solita audacia soggiugne che tutti gli antichi erano caduti in errore. {311 [311]}

            F. Se tutti i Santi e i Dottori antichi furono in errore sino a Calvino, la verità adunque tardò 1532 anni circa a comparir nella Chiesa; e per tutto questo non piccolo spazio di tempo Gesù Cristo dimenticò la sua sposa, la Chiesa! Che sproposito! Che empietà! Si dovrebbe condurre tutta questa gente all'ospedale dei pazzerelli.

            P. Udite ancora altre assurdità di Calvino, e che egli stesso confessa contrarie all'antica dottrina. Esso vuole che la soddisfazione e la penitenza pei commessi peccati sia inutile e superflua. Quindi nel citato libro accusa la Chiesa dei primi secoli di ignoranza intorno alla soddisfazione pei peccati; l'accusa di eccessiva durezza nell'imporre la penitenza e di aver così cagionato la successiva tirannia, quale fu, stando a lui, la sanzione delle leggi canoniche emanate nei secoli posteriori; soggiungendo che l'ordinazione del digiuno quadragesimale fu effetto di vera superstizione. Vedete, o miei figli, che la superstizione di cui i Protestanti ed i libertini accusano la nostra Chiesa è tanto antica, quanto è la Chiesa istessa.

            F. E cotestoro hanno sempre sulle labbra la bellezza e la purità della Chiesa primitiva! Che gente di mala fede! Si appellano sempre alla Chiesa antica contro della moderna, poi finiscono col non credere più nè all'una, nè all'altra, l'una e l'altra tacciando di superstizione. Si vede proprio che {312 [312]} costoro hanno preso il partito di non voler credere nulla.

            P. Oltre a questo Calvino censura aspramente la Chiesa Cattolica, perchè insegna che le nostre buone opere sono veramente meritorie presso Iddio, e che la fede senza le buone opere non basta a rendere giusto ed a salvare l'uomo. Ciò nulla di meno egli non può non confessare che questi due dommi furono egualmente insegnati dagli antichi Dottori, e convertiti in pratica nella primitiva Chiesa. Tanto si può vedere nel libro delle Istituzioni più d'una volta citate.

            F. Oh! questa è marchiana! Pretende forse Calvino che gli uomini possano diventare giusti e volare dirittamente al cielo col solo credere, senza bisogno di osservare i divini comandamenti e facendo d'ogni erba fascio? Sarebbe proprio questo un andare, come si suol dire, in paradiso in carrozza.

            P. Voi dite bene; e questa è appunto la dottrina di Calvino e Lutero, questo il fondamento del Protestantismo, che per giungere alla salvezza eterna basta solamente credere, essendo del tutto inutili le buone opere per la salute, anzi un vero impaccio secondo Lutero ed altri suoi seguaci, come vi diviserò altrove.

            F. Se così è, il Protestantismo è la religione delle passioni, non già la pura e santa Religione {313 [313]} degli Apostoli e di Gesù Cristo, come la vanno spacciando i seguaci della Riforma.

            P. Veniamo, o miei figli, al gran Sacramento e Sacrificio dell'altare, che è la gloria, la vita, il cuore del Cristianesimo. Voi sapete che i Calvinisti, a cui si unirono i Valdesi, nell'Eucaristia non credono altro che la figura e la memoria del Corpo del divin Redentore; e deridono noi cattolici, i quali in essa crediamo ed adoriamo la presenza reale di Gesù Cristo. Or bene: questo sagrosanto domma della presenza reale si mostra con caratteri sì manifesti e solenni presso tutta l'antichità, che Ecolampadio, uno dei primarî seguaci di Calvino, non potè riuscire a disdirlo, se non rinunziando affatto alle testimonianze dei santi Padri antichi: « Semola hominum auctoritate. »

            Lutero per fare villania al Papa voleva anch'egli spacciarsi di questo sublime domma; e pregava i suoi partigiani di suggerirgli qualche buona ragione contro di esso[39]; ma niuno mai fu da tanto di somministrargliene una che valesse. Le testimonianze della Scrittura e dei ss. Padri gli si paravano innanzi così chiare e perentorie, che si risolvette infine di ritenerlo e di difenderlo acremente contro gli altri novatori di lui soci. Così egli, senza {314 [314]} pur addarsene, ci somministrò col fatto proprio una prova trionfale del divin Sacramento.

            Che poi la s. Messa sia stata ritenuta come il Sacrifizio vero della nuova Legge fin dall'età degli Apostoli, è confessato a chiare note da Giuseppe Meda, da Morton Vescovo protestante; da Sebastiano Franco e da Ospiniano, uomini eruditi e ragguardevolissimi fra i Protestanti. Calvino istesso attesta questo fatto[40].

            F. Avremmo piacere di udire alcune dichiarazioni dei Protestanti in favore della confessione sacramentale, la quale ora dai medesimi e dai libertini è tanto combattuta tra noi, massimamente dopo che si sparse l'empio libercolo dell'apostata De-Sanctis[41].

            P. Di questo augustissimo Sacramento, come dei molti spropositi e delle molte falsità contenute in questo libro, vi tratterò di proposito altra volta. Per ora mi contento di recarvi soltanto la testimonianza del Vescovo protestante Montague. « È riconosciuto, ei dice, che tutti i sacerdoti ed i soli {315 [315]} sacerdoti hanno potere di rimettere i peccati; e che la confessione auricolare fatta ad un sacerdote è una pratica molto antica nella Chiesa. » Eccovi quella del Vescovo protestante Sparow: « La nostra confessione deve essere integra et perfecta e non infinta. Noi dobbiamo confessare tutti i nostri peccati... Il Cielo aspetta la sentenza del sacerdote; e il Signore o lega o scioglie ciò che il suo ministro ha legato o sciolto sopra la terra. » A questi due unisconsi parecchi altri insigni dottori protestanti moderni.

            F. Bastano, padre, queste due sole autorità a confutare quegli sciocchi, i quali giudicano la confessione un recente travamento dei preti. Ora riferiteci ciò che i nostri nemici dissero in favor del Papato, il quale sembra il bersaglio, ove tutti gli eretici, i libertini e perversi cattolici sonosi accordati di vibrare senza posa i loro colpi.

            P. Il primato, ossia l'autorità del Papa sopra tutta la Chiesa, fu ammessa dallo stesso Lutero, come vi ho più sopra osservato, narrandovi la vita di lui brevemente. Anche Melantone riconobbe l'antichità e la divina istituzione del Romano Pontificato, e ne dichiarò la necessità assoluta in uno dei dodici articoli fatti da lui presentare a Francesco I re di Francia; dove giunse ad affermare che, se non vi fossero il Papa ed i Vescovi, dovrebbero crearsi, ciò esigendo la conservazione {316 [316]} della fede. Il dotto protestante Grozio egualmente proclamò la necessità del primato pontificio, cui riconobbe fondato sugli antichi sacri Canoni, siccome fatto avea Melantone, da lui citato[42]. Il protestante Blondel così si esprime: « Roma essendo una Chiesa consacrata dalla residenza dell'Apostolo s. Pietro, che tutta l'antichità riconosce essere stato il Capo della Chiesa Apostolica, ha potuto essa facilmente essere riguardata dal Concilio di Calcedonia come il capo della Chiesa »[43]. Il protestante Dumolin parla così: « Chiunque legge i loro scritti (cioè dei ss. Padri) vedrà come quelli del quarto e quinto secolo accordino il primato al Vescovo di Roma, ed affermino che a lui spetta la cura e la sollecitudine di tutte le Chiese[44]. »

            Leibnizio, anch'esso protestante ed uno dei più rinomati filosofi del mondo, mostrassi ancora più favorevole al Romano Pontificato. Ma bastino le citate autorità; che a recarle tutte in mezzo farei troppo lungo.

            F. E che cosa dite dell'invocazione dei Santi, che i nostri Valdesi e gli altri Protestanti vanno gridando essere atto di idolatria introdotto di fresco nel mondo dalla Chiesa Romana? {317 [317]}

            P. Oh quanto è a questi signori Valdesi e compagnia eglino si dimostrano bene addietro nelle cognizioni storiche! Vedete, figli miei, i Centuriatori Maddeburgesi, che sono storici protestanti acclamatissimi presso i settari, confessano che negli scritti di quattro Dottori del terzo secolo si trovano indizi non oscuri dell'invocazione dei Santi[45]. Il protestante Thorndike così parla: « È riconosciuto che tutti i padri greci e latini, Basilio, Gregorio di Nazianzo, Ambrogio, Girolamo, Agostino, Grisostomo, Leone e tutti quelli che a lor succedettero si rivolsero ai Santi ed implorarono la loro assistenza. »

            F. Se cotesti gran luminari di scienza e santità che furono così vicini ai purissimi fonti degli Apostoli, non videro alcuna idolatria nella invocazione e venerazione dei Santi, come hanno confessato gli autori protestanti da voi citati, noi cattolici possiamo ben continuare con tranquilla coscienza ad invocarli ed onorarli devotamente, senza paura del brutto peccato d'idolatria. Eh vogliono pure essere ben scrupolosi cotesti Valdesi e Protestanti, se l'esempio di un s. Basilio, di un s. Gregorio, di un s. Ambrogio, di un s. Agostino e di altri santissimi uomini, non basta a tranquillarli su tal punto! Ci pare però che dovrebbero farsi maggiore scrupolo {318 [318]} a seguitare l'esempio di Valdo, di Lutero, di Calvino e somiglianti, i quali furono tutt'altro che santi. In affè che il loro scrupolo ci ha tutta l'aria di essere scrupolo de' Farisei!

            P. Dal sin qui detto voi, cari miei figli, scorgete manifestamente come i principali dommi della nostra s. Religione, i quali vengono intaccati dai Protestanti come novità e corruttele, per confessione degli stessi primarî loro capi furono insegnati egualmente nei primi secoli della Chiesa. Lo stesso dite di tutti gli altri punti di fede che ora c'insegna la Chiesa e di cui taccio per non dilungarmi soverchiamente.

            I sovraccitati Centurioni Maddeburgesi, tutti intenti a rintracciare nell'antichità di che screditare la Chiesa Romana, dovettero ammettere, a loro marcio dispetto, che non v'ha oggigiorno nella Chiesa alcuna dottrina, la quale non sia stata riconosciuta nei cinque primi secoli come verità inconcussa[46]. E vedete strana contraddizione! sostengono che la odierna dottrina della Chiesa Cattolica non è più quella dei tempi primitivi; e intanto concedono che l'insegnamento della Chiesa Cattolica d'oggidì è quel medesimo di quei primi tempi! {319 [319]}

            F. Adunque l'accusa che i Protestanti muovono alla nostra Cattolica Chiesa di aver variato gl'insegnamenti e i dommi della Chiesa primitiva è una pretta calunnia, una grande menzogna, di cui sono consapevoli appieno queglino stessi che la mettono in campo; e forma una prova palpabile della loro incredulità.

            P. Ora voi, miei figli, toccate con mano la verità di ciò ch'io vi ebbi notato altra volta, che cioè l'eresia non ha altra cagione che la superbia e la perversità negli uni, la ignoranza e la seduzione negli altri. I caporioni delle sétte ereticali conoscono benissimo che in separandosi dalla Chiesa Cattolica si separano ad un tempo dalla Chiesa degli Apostoli e di Gesù Cristo: ma il loro spirito ottenebrato essendo dall'orgoglio, ed il cuore guasto dalle perverse loro massime, rifuggono dalla luce della verità che lampeggia sui loro occhi. Perciò cercano continuamente di fabbricarsi una religione che quadri alle loro passioni.

            Ma quelli tra gli eretici che di buona fede e spassionatamente accingonsi ad esaminare e studiare la nostra Religione negli scritti e nei monumenti degli antichi Padri, conoscono ben tosto che questa non si scostò mai dalla via della verità; e infine mossi dalla grazia divina fanno ad essa ritorno. Ogni giorno rallegrasi la Chiesa nostra Madre di qualche nuova e stupenda conversione; e {320 [320]} in riabbracciando questi smarriti figli, ne segna nei suoi fasti i nomi immortali.

            F. Sarebbe per noi un grande piacere, o padre, se ci voleste riferire alcune di queste conversioni.

            P. Siffatte conversioni sono tante che riuscirei troppo lungo a narrarvele tutte. In una statistica venuta in luce a Londra sono annoverati 213 ministri anglicani fattisi cattolici, moltissimi dei quali segnalati per aver rinunciato a larghe rendite, a speranze più vaste.

            Dal 1847 all'ottobre del 1881 sì convertirono circa due mila tra lords (che sono i più distinti personaggi d'Inghilterra), deputati al Parlamento, magistrati e militari superiori. Fra questi risplendono i due celeberrimi dottori cardinali Newman e Manning, uomini sommi in Inghilterra per ingegno e profondità di studi, la conversione de' quali riempì di stupore il mondo, costernò il Protestantismo e trasse innumerevoli altri alla Chiesa Romana.

            Tali conversioni sono la più bella gloria ed il più luminoso trionfo della nostra Romana Chiesa; perocchè esse, come vedete, non sono, già effetto di malvagie passioni, non derivano da basso interesse, non da ignoranza ed inconsiderazione. I personaggi sopra accennati ed altri com'essi riguardevoli godono la stima di uomini rettissimi presso {321 [321]} gli stessi Protestanti: si rivolsero alla nostra fede dopo un lungo e profondo esame di tutti i suoi insegnamenti, l'abbracciarono a costo di grandi sacrifizi, e certuni anche col passare dall'agiatezza alla povertà ed alla fame.

            La sola luce della verità, adunque, la sola efficacia della divina grazia, poterono operare simili conversioni, somministrando così altra prova lampante della verità e santità della nostra Cattolica Religione.

 

 

Trattenimento III. Le definizioni dommatiche, che in diversi tempi pronuncia la Chiesa Cattolica, sono semplici dichiarazioni, non già nuovi dommi della Fede.

 

            P. Recano veramente maraviglia, miei cari figli, gli sforzi che adoperano i Protestanti continuamente per censurare e combattere la Chiesa Romana. Ridotti a dover concedere che niente fu innovato nella Chiesa Cattolica riguardo ai dommi, non rifiniscono dal ricantarci un'altra difficoltà dicendo che la Chiesa ha introdotti e introduce novelli dommi, ossia nuovi articoli di fede, colle {322 [322]} definizioni dommatiche che nel decorrere dei tempi ella mette fuori, o nei Concilî generali, o più spesso ancora per mezzo dei Sommi Pontefici.

            F. Voi ci parlate di definizioni dommatiche, e noi non ricordiamo più che cosa siano; compiacetevi di darcene una idea chiara.

            P. Le definizioni dommatiche sono sentenze o decreti con cui la Chiesa propone e comanda ai fedeli di credere una proposizione od un punto di dottrina come verità rivelata da Dio, e quindi di fede: od all'opposto propone e comanda di rigettare una data proposizione come contraria alla fede divina, e per ciò stesso ereticale. Per cagione di esempio quando Ario negò la divinità di Gesù Cristo, la Chiesa nel 1° Concilio Niceno dichiarò che Gesù Cristo è vero Dio, consustanziale al Padre eterno, e condannò come blasfema la dottrina di quell'eresiarca. Cotal dichiarazione o condanna fu una definizione dommatica.

            F. Va bene; diteci adesso: Che cosa i Protestanti possono ridire contro a queste sentenze dommatiche della Chiesa?

            P. Essi oppongono che le suddette definizioni sono nuovi articoli di fede che essa Chiesa va aggiungendo ai suoi dommi; e che conseguentemente non ha conservata intatta la fede ricevuta dagli Apostoli, ma l'alterò e l'altera con siffatte definizioni. {323 [323]}

            F. Come rispondere in questo ai Protestanti?

            P. Noi abbiamo altrove risposto e qui ripetiamo che la Chiesa colle sue definizioni dommatiche non crea nè propone novelli dommi da credere; che anzi per mezzo di esse altro non fa che dichiarare or l'una or l'altra di quelle verità che Iddio si degnò di rivelare agli uomini per dirigerli e condurli alla loro santificazione e salute. Alle quali verità chi non prestasse credenza piena e sincera non potrebbe piacere a Dio, come afferma san Paolo, e andrebbe eternamente dannato, secondo la terribile sentenza del Salvatore: qui non crodiderit, condemnabitur[47]. Codeste verità furono da Gesù Cristo affidate in deposito agli Apostoli ed ai loro successori nell'officio pastorale, con obbligo espresso di insegnarle a tutte le nazioni: Docete omnes gentes[48]; e ancora di custodirle gelosamente tanto, che nulla vi si aggiugnesse, nulla vi si levasse. Di che s. Paolo così esorta il Vescovo s. Timoteo suo discepolo: « O Timoteo, custodisci il deposito, schivando ogni profana novità di parlari »[49]. Quindi se, come pur troppo sovente accade, taluno amante di cose nuove sorge a combattere questa o quella verità da Gesù Cristo insegnata,  {324 [324]} e spacciare qualche sua capricciosa opinione come verità divina, la Chiesa che fa? Fa sentire la sua voce autorevole contro il novatore e dichiara che la dottrina da esso impugnata è una delle verità rivelate da Dio e che la novella opinione da lui predicata è una menzogna, un errore. Or bene, pare a voi, o miei cari figli, che la Chiesa così comportandosi introduca delle novità e faccia arbitrarie aggiunte in materia di fede, siccome pretendono i Protestanti?

            F. Niente affatto: la Chiesa con tali decisioni non fa che difendere ed assicurare l'integrità della fede. Se essa non indicasse per tal modo ai Cristiani ciò che hassi a credere ed a rigettare, questi cadrebbero in balía degli eretici ingannatori.

            P. Appunto così; e se leggete la storia troverete che la Chiesa fin dai tempi apostolici e per tutti i secoli successivi condannò gli errori e definì, secondo l'opportunità, le questioni che insorsero in risguardo alla fede. Nè alcuno dei santi Padri riguardò mai simili decisioni come nuovi articoli di fede, ma soltanto come dichiarazioni autorevoli e infallibili della fede medesima, indicanti con maggiore precisione e chiarezza ciò che hassi a credere dai fedeli. Quindi chi non volesse obbedire sinceramente a queste definizioni della Chiesa diverrebbe per ciò stesso eretico e straniero a Gesù Cristo, come un gentile ed un pubblicano. {325 [325]}

            F. Che cosa si deve rispondere agli eretici quando ci ripetono che la Chiesa colle sue definizioni mutò in dommi certe opinioni, un tempo disputate tra gli stessi cattolici; sopra le quali gli uni la pensano in una maniera, gli altri in un'altra?

            P. Risponderemo loro che la Chiesa nel definire tali controversie non propose punto a credere alcuna nuova verità, la quale non fosse già in addietro verità di fede; ma che colla sua sentenza pose fine alle dispute, dichiarando da quale delle parti contendenti si trovasse la ragione od il torto; ossia quale delle due opinioni fosse conforme o contraria alle verità da Dio rivelate; il che avanti non constava chiaramente presso tutti. Di questo modo di comportarsi praticato dalla Chiesa possiamo avere un esempio nella magistratura. Ogni qualvolta gli avvocati discordano intorno a qualche articolo di legge, si disputa più o meno a lungo da una parte e dall'altra, finchè il supremo magistrato interviene e dichiara quale ne debba essere lo spirito e il senso. Ora siffatta dichiarazione non è altrimenti un nuovo articolo di legge, ma una spiegazione della medesima legge.

            P. Il paragone del magistrato, che pone fine alle controversie in materia di legge civile, colla Chiesa, che decide le dispute in materia di fede, finisce di chiarirci come la Chiesa colle sue definizioni non crea verun domma nuovo da credere {326 [326]}

            P. Ciò essendo, voi leggete nella Storia Ecclesiastica, che si è disputato tra i ss. Padri, se il battesimo dato dagli eretici sia valido o no; se le anime giuste, a cui nulla rimane da espiare, siano appena spirate ammesse alla beata visione di Dio, ovvero debbano aspettare la risurrezione de corpi. Trovate poscia che la Chiesa definì essere valido il battesimo debitamente dato dagli eretici; ed ascendere le anime giuste e monde da ogni colpa subito dopo morte al paradiso, quindi voi tosto intendete che queste due verità erano già nel novero delle verità rivelate da Dio, e che perciò la definizione della Chiesa altro non fece che allontanare l'oscurità, in cui era avvolta la loro rivelazione, e che aveva data occasione all'errore di quelli che prima le contrastavano. Parimenti quando l'episcopato cattolico definì l'immacolato Concepimento di Maria; e quando nel Concilio Vaticano fu definita l'infallibilità del Romano Pontefice vennero forse creati nuovi dommi?

            Niente affatto: e in cotali due definizioni non si fece altro che dichiarare essere questi due dommi antichi come sono tutti gli altri finora creduti; solo in ciò differenti dagli altri che questi prima della solenne loro definizione non erano tanto manifesti da produrre in ciaschedun fedele un'assoluta certezza. Dopo tale definizione ogni oscurità, ogni incertezza è sgombrata, e niun {327 [327]} cattolico può revocarlo in dubbio senza cadere nell'eresia.

            F. Come mai poterono essere buoni cattolici coloro che contrastarono qualche divina verità, che fu poscia definita dalla Santa Chiesa?

            P. Costoro restarono buoni cattolici, per questo che vissero sempre pienamente sottomessi al giudizio della Chiesa loro madre e credettero fermamente e senza eccettuazione tutto ciò che veniva da lei insegnato. Quindi nell'animo loro essi erano dispostissimi a ritrattare la propria opinione, ove fosse stata dalla Chiesa riprovata.

            Tacitamente, e nell'animo loro bene disposto credevano queste verità, le quali per sola ignoranza combattevano; onde si può dire che anticipatamente invocarono il loro erroneo sentimento. Il quale certo era in essi scusabile perchè viveano in buona fede ed errarono senza malizia e senza ostinazione.

            Per lo contrario se non avessero avuto il loro cuore debitamente sommesso al giudizio della Chiesa, oppure avessero ripugnato alla conosciuta sentenza di essa, allora avrebbero cessato di essere cattolici, e si sarebbero annoverati fra gli eretici, come sono i Protestanti ed i Valdesi, che negarono obbedienza alla Chiesa.

            F. I Protestanti dicono che la Chiesa ha inventato delle voci e definito delle cose, che non trovansi {328 [328]} nella S. Scrittura. Come rispondere a questa loro difficoltà?

            P. Questa difficoltà fu mossa alla Chiesa dagli eretici antichi ed è ripetuta dai moderni. Gli Ariani nel quarto secolo rimproveravano la Chiesa di avere inventata la voce consustanziale per esprimere che il Figlio divino è della stessa sostanza e natura col Padre; ed ora i Protestanti rinfacciano alla Chiesa d'aver introdotti alcuni altri vocaboli, p. e., la transustanziazione del pane e del vino nel Corpo e nel Sangue di Gesù Cristo. Egli è vezzo dei figliuoli indocili e riottosi il cercare sempre qualche pretesto per iscusare la propria disobbedienza.

            Da prima noi rispondiamo ai Protestanti, che le voci nuove usate dalla Chiesa quantunque non si rinvengano nella Santa Scrittura identicamente quanto alla forma loro materiale e grammaticale, ciò nulla di meno vi si trovano sostanzialmente quanto al senso da esse espresso. Così benchè non v'abbia nel Vangelo la parola consustanziale, vi è espresso però l'equivalente là dove Cristo afferma che egli è una cosa sola col suo divin Padre: Ego et Pater unum sumus[50].

            Per simile guisa la voce transustanziazione, che significa mutamento di una sostanza in un' altra, {329 [329]} non esiste nel Vangelo; ma il suo significato è espresso dal Salvatore in quel luogo dove dice del pane e del vino consacrato: Questo è il mio Corpo, questo è il mio Sangue; indicando chiaramente come in virtù della consacrazione la sostanza del pane e del vino si trasformi in quella del Corpo e del Sangue suo divino. Lo stesso dite di altri nuovi vocaboli, i quali felicemente riepilogano in sè quanto con più altre voci e frasi è nel sacro testo affermato. Del rimanente i nemici di nostra santa Religione studiando sempre nuovi modi di dire per esprimere nuovi errori, è necessario che la Chiesa eziandio, se fa d'uopo, adoperi nuovi vocaboli, coi quali in modo chiaro e positivo li segnali e condanni. La Chiesa impertanto si appigliò a simili vocaboli speciali, perchè esprimono il domma divino con somma precisione e chiarezza, e non lasciano più luogo ai raggiri degli eretici che sono sofistici e di mala fede.

            Secondariamente rispondiamo ai Protestanti che la Chiesa ha dovuto definire come dommi alcune cose, le quali non si trovano espresse nelle sante Scritture: imperciocchè in queste non si contengono tutte e singole le verità da Dio rivelate; e molte di esse conservansi nella divina tradizione fuori delle Scritture medesime. {330 [330]}

 

 

Trattenimento IV. La Chiesa Cattolica non accrebbe mai gli articoli di fede.

 

            F. Dacchè ci fate parola di tradizione, noi vorremmo intender bene da voi che cosa sia questa tradizione divina.

            P. Per ben intendere che cosa sia la tradizione divina, uopo è avvertire come il Nostro Signor Gesù Cristo insegnò ai suoi Apostoli tutte quelle verità che Egli voleva fossero credute dagli uomini per essere suoi seguaci. Ora tali verità predicate dagli Apostoli furono fedelmente tramandate di generazione in generazione; e così conservaronsi nella tradizione della Chiesa Cattolica. Di tali verità rivelate moltissime per divino impulso e sotto la divina inspirazione furono bensì scritte nei libri del Nuovo Testamento; ma ciò non ha interrotto il corso della tradizione, o scematane l'autorità divina; imperocchè alcune altre delle verità da Gesù Cristo insegnate continuarono ad essere tramandate alla posterità soltanto a viva voce. E queste costituiscono appunto ciò che si chiama tradizione divina, la cui esistenza è predicata da tutti i santi Padri, e la quale in un colla Sacra Scrittura forma l'intiero corpo della parola divina {331 [331]} rivelata. Cosiffatte verità poi, raccolte da principio dalla bocca istessa degli Apostoli, furono poscia dagli antichi dottori diligentemente notate nei loro scritti, inserite nei sacri riti della Chiesa, e mantenute ognora vive nell'insegnamento dei sacri Pastori e nel comun sentimento del popolo cattolico. Quando adunque i Protestanti vi diranno che la Chiesa Romana ha definito come verità di fede certe cose che non leggonsi nella Sacra Scrittura, voi loro risponderete che essa apprese tali verità dalla divina tradizione conservatasi nel modo testè indicatovi; e replicherete loro quelle parole di s. Giovanni Grisostomo: « E tradizione, non cercare di vantaggio: Traditio est, nihil quaeras amplius[51]. »

            F. Non sono dunque mai col succedersi dei tempi cresciuti gli articoli della nostra fede?

            P. Non sono mai cresciuti quanto alla sostanza, cioè in questo senso che vi siano stati aggiunti degli articoli nuovi, non contenuti almeno implicitamente, e come in radice negli articoli espressamente rivelati nei tempi antichi. Il perchè san Paolo afferma che i Cristiani hanno lo stesso spirito di Fede che ebbero i credenti del Vecchio Testamento: Habentes eumdem spiritum Fidei[52]. {332 [332]}

            Nondimeno gli articoli di Fede sono nel corso dei tempi cresciuti in riguardo del loro maggiore esplicamento ed alla spiegazione che se ne fece; in quanto che furono proposti a credere ai fedeli in una maniera più distinta e chiara che non fossero stati per lo addietro[53].

            Per siffatta guisa la fede di quelli, che vissero prima di Gesù Cristo, ebbe il suo pieno sviluppo e perfezionamento nel Nuovo Testamento. Similmente nella Chiesa Cattolica coll'andare del tempo certi punti di fede, creduti innanzi dai fedeli in confuso, cioè con fede implicita e generica, furono dalla Chiesa stessa particolarmente definiti e proposti loro a credere con fede esplicita e determinata. Il che fece la Chiesa specialmente al tempo in che sorsero delle eresie contrarie or a questo, ora a quell'altro punto di fede.

            F. Sia benedetto Iddio! Egli cava proprio il bene dal male, dalle tenebre la luce. Da quanto ci avete esposto si vede, caro padre, che le eresie suscitate dall'inferno per distruggere la Fede di Gesù Cristo non servirono che a renderla più chiara, più bella e più luminosa. {333 [333]}

            P. La cosa sta così veramente. Questa chiarezza, questa sua bellezza maggiore è tutta l'aggiunta che la Chiesa nostra Madre recò in vari tempi alla Fede Apostolica colle sue definizioni dommatiche. Quindi giudicate voi la mala fede dei Protestanti, quando l'accusano di avere variati ed alterati i dommi ricevuti dagli Apostoli.

            Del resto volete voi ancora una prova, ultima e solenne della mala fede dei Protestanti e dei loro fratelli Valdesi? Eccovela. Essi dopo aver senza fine accusata la Chiesa Romana di mille variazioni ed aggiunte in materia di dommi, le fanno al presente un delitto di essere stazionaria, ostinatamente invariabile nella sua fede. Un recente storico dei Valdesi asserisce che questa invariabilità della Chiesa nella sua credenza cagionò l'atrofia, ossia l'inedia e la consunzione di questo gran corpo[54]. Sicchè, o miei figli, nei nemici ed accusatori di nostra Santa Madre Chiesa si avvera precisamente ciò che cantiamo nel Salmo {334 [334]} ventesimosesto, che cioè l'iniquità ha mentito contro se stessa, distruggendosi colle proprie sue contraddizioni: Mentita est iniquitas sibi.

            F. Ci ricorda di aver letto nella Storia Ecclesiastica che i Concilî generali ed i Sommi Pontefici di quando in quando fecero delle Riforme e dei cambiamenti nella Chiesa. Non potrebbero per avventura i Protestanti trar quindi motivo di accagionare la Chiesa di qualche innovamento od alterazione in materia di fede?

            P. Nol possono fare, perchè le riforme e mutazioni che voi leggeste non toccano punto la fede nè le cose che sono di divina istituzione, qual si è, per es., la sostanza dei Sacramenti. Esse riguardano soltanto la disciplina ecclesiastica, ossia certe leggi e pratiche istituite dalla Chiesa stessa per l'autorità legislativa ricevuta da Dio, a fine di potere vie meglio giovare i fedeli al conseguimento della eterna salute, che è il fine della società cristiana. Ora ella può modificare e cambiare queste cose concernenti la disciplina secondo che esige il vantaggio delle anime e la maggior gloria di Dio, avuto riguardo alle circostanze dei luoghi dei tempi e delle persone. Chi ha il diritto di far la legge, può certamente colla stessa autorità riformarla od abrogarla. D'altra parte la Chiesa non procede a tali mutazioni se non con grande maturità di consiglio, e coll'assistenza dello Spirito {335 [335]} Santo promessale perpetuamente dal divin Salvatore. Così essa per ragioni gravissime proibì ai semplici fedeli la s. Comunione sotto ambedue le specie; tolse la confessione pubblica dei peccati e certe penitenze chiamate canoniche; le quali cose praticavansi anticamente.

            Invano adunque i Protestanti dalle suddette Riforme ripiglierebbero pretesto di imputare alla Chiesa Cattolica alcuna innovazione in materia di fede e nelle cose di divina istituzione, delle quali essa fu anzi in tutti i tempi vindice e custode zelantissima.

 

 

Trattenimento V. I Proiestanti rinnovarono le eresie già condannate dalla Chiesa primitiva.

 

            P. Fin qui avete visto, miei figli, la Chiesa Cattolica, nostra madre, confrontata dai Protestanti colla Chiesa primitiva; e notato come le contraddizioni e le confessioni degli stessi suoi avversari non facciano che rivelar vie più l'apostolicità e l'integrità della sua fede. Ora desidero di farvi osservare nel presente Trattenimento come {336 [336]} le innovazioni siano state fatte dai protestanti medesimi; i quali, o rinnovellando gli errori antichi o suscitandone dei nuovi, cessano, o meglio perdono ogni relazione colla Chiesa primitiva, cui essi predicano tutta pura ed apostolica, ed alla quale si appellano continuamente[55].

            Ciò poi che io dico dei Protestanti, intendetelo altresì detto dei nostri Valdesi: perocchè, sebbene questi siano esistiti qualche tempo innanzi ed in un modo alquanto diverso da quelli, tuttavia essendosi fusi ed affratellati con essi fin dal principio della Riforma protestante, debbono considerarsi come una frazione di questa, di cui subiscono del tutto la sorte.

            F. Se si può provare codesta cospirazione degli eretici moderni con quelli condannati dalla Chiesa primitiva, la è veramente spacciata pel protestantismo. Ma qui ci nasce un dubbio, di cui, o padre, vi domandiamo schiarimento. Voi ci avete altra volta detto che i Protestanti non possono mostrare un solo uomo, che abbia professato il protestantesimo prima di Lutero e di Calvino. Come dunque essi possono avere per antesignani gli antichi eretici? {337 [337]}

            P. Il vostro dubbio è presto chiarito. I Protestanti non possono vantare un solo uomo, il quale abbia prima di loro professato il protestantismo, a cagione che niuno prima di essi professò un sistema di dottrine e di culto che a quello fosse identico o somigliante in guisa tale da potersi dire loro perfetto antecessore. Siccome noi cattolici dimostriamo quali nostri veri antecessori i cristiani dei secoli andati per la medesimezza della fede, dei sacramenti e del regime dei sacri Pastori. Ciò non pertanto i Patriarchi del Protestantismo non ebbero affatto la gloria dell'invenzione; ma accattarono da diversi famigerati eresiarchi antichi questo o quell'altro errore; e dei varî loro condannati errori formarono quel centone, o, come chi dicesse, quella veste da Arlecchino, che si chiama Riforma protestante.

            F. Abbiamo capito. I Protestanti non hanno nè la gloria della successione, nè quella della novità; essi sono legatari degli eretici antichi, ma non loro eredi universali. Ora vogliate farci un poco conoscere gli errori condannati dalla Chiesa primitiva e risuscitati dai Protestanti.

            P. Eccomi presto a contentarvi; e ve li indicherò sulla fede di testimoni autorevolissimi, quali sono i più celebri scrittori dell'antica Chiesa.

            Primo e famosissimo nella serie degli eretici si presenta Simon Mago, contemporaneo degli stessi {338 [338]} Apostoli. Il credereste, figli miei? Simon Mago è l'autore a cui Lutero e Calvino sono più in debito delle loro perverse dottrine. Di fatto quegli, come attesta s. Ireneo[56], insegnò che per ottenere la eterna salute non è punto necessario curarsi dell'osservanza della legge divina; perchè, diceva a' suoi seguaci, dovevano essere salvati non dalle buone opere, ma dalla grazia. Siffatta dottrina Simoniaca passò agli eretici Eunomiani, i quali attestavano bastare la fede sola senza le opere, e niun peccato nuocere a chi ha fede. Questo è riferito da s. Agostino[57], il quale afferma[58], che tale errore nacque dall'aver essi inteso male le epistole di s. Paolo: e che per combattere cotest' eresia dettarono appunto le loro lettere i ss. Apostoli Pietro, Giovanni, Giacomo e Giuda, i quali tanto inculcano la necessità di aggiungnere le buone opere alla fede.

            Or bene, miei figli, quest'errore assurdissimo, condannato in ogni pagina della Bibbia, è il domma più favorito di Lutero, come si può vedere nel suo famoso libro De caplivitate Babylonica, ove dice: « L'uomo cristiano, anche volendolo, non può perdere la sua salute per peccati quantunque {339 [339]} grandi, eccetto che non voglia credere. » Anzi nel libro stesso giunse alla bestialità di asserire che: « È assai più urgente cosa il premunirsi contro le buone opere, che contro il peccato. »

            F. Oh! gli è mai possibile che Lutero abbia ardito di scrivere siffatte cose, mentre in tutto il Vangelo si predica la penitenza, s'inculcano le buone opere?

            F. Eppure Lutero le ha scritte, le ha predicate, e praticate eziandio come ne fa prova la vita scandalosa e disonestissima da lui menata. Che volete aspettarvi da un uomo, il quale non aveva ribrezzo di così protestare: « Io vorrei conoscere un peccato che non fosse mai stato commesso, e per quanto grande si fosse, lo commetterei subito per dar la baia al diavolo! » È una enormezza veramente degna di essere uscita di bocca dal capo della Riforma protestante!

            F. Questa volta comprendiamo perchè i libertini lodino tanto il protestantesimo. Se un po' di fede senz'obbligo di bene operare bastasse per salvarsi, si andrebbe proprio in paradiso in carrozza; e ciò arride certamente ai libertini. Il male si è che cotale dottrina non è presa dagli Apostoli, ma da quel brutto originale che fu Simon Mago.

            P. Questa istessa dottrina nella sostanza è pur quella di Calvino; quantunque esso abbia cercato di temperarla in apparenza; poichè nel libro 3, c. {340 [340]} 21 delle Istituzioni dice che « non esiste alcuna differenza di peccati, purchè siavi la fede. »

            F. Forse una somigliante dottrina, così contraria alla ragione ed al Vangelo, non avrà avuto seguaci; od almeno ora sarà abbandonata dai Protestanti.

            P. Dite il contrario, miei figli: una dottrina, quale è questa, comodissima alle umane passioni, fu la calamita che trasse un numero spaventoso di seguaci a Lutero ed a Calvino. La feccia del clero regolare e secolare, parecchi cattivi sovrani e molti popoli corrotti non per altro si resero protestanti. Che poi questa sia tuttora la dottrina dei Protestanti ed anche dei nostri Valdesi ce lo dimostra senz'altro il giornale Valdese, la Buona Novella, nel quale s'insegna (disp. 20) che « le nostre misere virtù a nulla giovano; e si scrive (disp. 3): « Ecco il mezzo di essere salvato: credete in Gesù Cristo..., non vi dannerete per essere peccatori. » Lo stesso inculcano vari recenti libercoli protestanti sparsi pel nostro Piemonte. Siffatta dottrina dagli autori di somiglianti scritti è chiamata Cattolicismo primitivo, puro Vangelo. Ora, miei figli, vi recherà maraviglia se con una teologia così scave e coll'allettamento ancora di qualche scudo i Protestanti tirano sotto i nostri occhi più d'uno dei cattolici sconsigliati al loro partito? Io ben mi avveggo, miei {341 [341]} teneri figli, che queste nefandezze rattristano di troppo l'animo vostro ben fatto; pure abbiate pazienza, ciò è necessario per farvi comprendere la bruttezza della vantata religione protestante.

            F. Ci pare quasi un miracolo, o padre, che tutto il mondo non facciasi protestante, e che la Chiesa Cattolica nostra madre, malgrado i rigori della sua morale, possa tuttavia contare per tutto il mondo un numero sì sterminato di fedeli suoi figli. Quindi dobbiamo certamente dire che la santità del Cattolicismo ha più forza sul cuore dell'uomo che non tutto il libertinaggio protestante.

            P. Andiamo innanzi. Il citato Simon Mago, come è attestato da Vincenzo Lirinese, insegnò ancora che Iddio è autore del peccato. La quale eresia, ossia empietà, come la chiama s. Ireneo presso Eusebio[59], fu pure insegnata da un antico eretico detto Fiorino.

            Il credereste, o miei figli? questa infernale bestemmia fu rinnovellata da Lutero e da Calvino. Il primo in un suo libro intitolato De servo arbitrio, afferma che in Giuda la volontà di tradire Gesù Cristo fu opera di Dio. Il secondo poi nel citato libro delle Istituzioni asserisce che « gli uomini peccano non solo per permissione, ma per volontà di Dio. » Di che il caro discepolo di Lutero, {342 [342]} Melantone, scrisse francamente essere opera di Dio tanto il tradimento di Giuda, quanto la conversione di s. Paolo.

            F. O Padre, noi ci sentiamo gelare il sangue nelle vene a sì orrende bestemmie. Come! Iddio, che è tutto santità, fatto autore del peccato? E poi Iddio, che è tutto giustizia, come mai castiga coll'inferno gli uomini pei peccati a cui egli stesso li ha spinti? Che nefandità!

            P. Sembra incredibile, o miei figli, che fuori dalla cerchia dell'inferno si possano dagli uomini concepire e pronunciare bestemmie siffatte, eppure queste stanno a chiari caratteri stampate là nei libri dei patriarchi del Protestantismo. Lutero con Beza, Labadie ed altri va più oltre e sogna avere Iddio talora detto menzogne e delusi gli uomini. Calvino (ah! l'ho da dire o tacere?), Calvino, o miei figli, ardì satanicamente di affermare che Gesù Cristo, l'Agnello immacolato di Dio peccò sulla croce d'impazienza e di disperazione[60]. L'empio non contento a questo spinge ancora innanzi le sue bestemmie e asserisce che Dio crea alcuni a bella posta per dannarli.

            F. Gesù Maria! A noi sembra di udire Satanasso in persona, non già un uomo a bestemmiare siffattamente! {343 [343]}

            P. Seguitiamo il discorso. Voi sapete, miei figli, che gli Zuingliani, i Calvinisti ed i nostri Valdesi affermano trovarsi nell'Eucaristia non già il Corpo reale di Cristo, ma solo l'immagine e la figura di esso. Quest'errore, che rende senza vita il Cristianesimo, essi lo attinsero da una antica setta di eretici chiamati Doceti, dei quali parla s. Ignazio martire presso Teodoreto; e da altri eretici dannati nel settimo Concilio ecumenico. Lutero in questa parte fu men tristo di Calvino; perocchè sebbene anch'esso avesse desiderato spacciarsi di questo augustissimo mistero dell'Eucarestia, ciò nulla di meno in risguardo alla presenza reale trovò il linguaggio e le testimonianze di tutta l'antichità così chiare, che si tenne fermo a difenderla contro gli altri novatori; innestandovi però due errori; ciò sono che nella Eucarestia insieme col Corpo vero di Cristo vi resta anco il pane, e che Cristo vi si trova presente soltanto nell'uso, ossia nell'atto della comunione. In questa guisa ei volle guastare ciò che non potè distruggere.

            F. Oh quanto compiangiamo la sorte di quelli che rifiutano il gran Sacramento dell'Eucaristia! essi rimangono senza Gesù Cristo, che è la via, la verità e la vita. Oh quanto all'opposto siamo felici noi cattolici, i quali l'abbiamo sempre con noi sino alla fine dei secoli, come egli ci promise nel santo Vangelo! {344 [344]}

            P. Passiamo ad altri errori. Alcuni eretici detti Pepuziani, come riferisce sant'Agostino[61], davano tanta autorità alle donne, che le innalzavano eziandio al sacerdozio. Lutero usa alle donne la stessa liberalità, dicendo che esse possono assolvere dai peccati non meno del Vescovo e del Papa. E voi, miei figli, ben sapete che ai nostri giorni in Inghilterra una donna è regina e ad un tempo Papessa. Eppure s. Paolo, vedete, non vuole che le donne aprano tampoco la bocca in Chiesa; tanto è lungi che giudichi doversi ammettere al sacerdozio!

            F. L'orgoglio è veramente cieco. Gli eretici negano soggezione al Papa, che è il Vicario di Gesù Cristo, e poi la tributano ad una donna. Così la superbia si punisce da se stessa coll'avvilimento.

            P. Negata la efficacia e la virtù di uno dei Sacramenti, poco importa agli eretici di negare ora l'efficacia di questo, ora di quell'altro Sacramento. Così Calvino dietro agli eretici Novazioni negò alla Chiesa la potestà di assolvere dai peccati e rigettò il sacramento della Cresima. Lutero rigettò anch'esso questo sacramento fortificatore. Quanto alla Penitenza lo ammise da prima nel {345 [345]} suo libro De Captivitate babylonica; ma poco dopo lo sconfessò nel libro stesso.

            F. Che gente è mai cotesta! Rifiutano e ammettono a loro talento: ed a lor senno sconfessano ciò stesso che hanno ammesso dinanzi. Qual prova più convincente della malvagità ereticale?

            P. Ma i settari a cui dopo Simon Mago fecero più ricorso i Protestanti, sono i Manichei, i quali passano pei più ribaldi e come si suol dire, per la vera schiuma degli eretici antichi. Domma principalissimo di Lutero e di Calvino si è che gli uomini non hanno il libero arbitrio, ma operano affatto per necessità. Il primo combatte la libertà dell'uomo nell'operare col libro intitolato: De servo arbitrio; il secondo poi, nel libro 2° delle Istituzioni non può neppure tollerarne il nome. Il già citato giornale valdese (La Buona Novella) ricanta la stessa dottrina (nella disp. 17). Ora siffatto errore madornale, così manifestamente opposto alle sacre scritture, al nostro intimo senso ed al giudizio di tutto il genere umano, è tolto di peso dai su narrati Manichei, i quali furono combattuti acerrimamente da molti santi Padri e specialmente dal grande Agostino, ascritto, come saprete, nella sua gioventù a quella infame setta.

            F. E che? dunque secondo cotesti eretici l'uomo non opera con maggior libertà di quel che faccia un cane nell'abbaiare alla luna, una pianta nel {346 [346]} metter le foglie, un orologio nell'indicare sul quadrante le ore?

            P. Nè più nè meno, o miei figli; e Lutero insegna che l'uomo nelle cose spirituali è come la statua di sale, in cui fu convertita la moglie di Lot. Anzi il cane, la pianta, l'orologio, la statua di sale hanno questo vantaggio sopra l'uomo, che in operando necessariamente non peccano, laddove l'uomo pecca anche operando per necessità e senza facoltà di operare, oppur di operare diversamente.

            F. A vero dire, sembra cotesti eretici abbiano dato il cervello a pigione. Chi non sente in se stesso la facoltà di operare o non operare a suo volere è un mentecatto.

            P. Qui poi debbo farvi osservare che Lutero e Calvino spinsero l'empietà più in là de' Manichei; poichè questi ammettevano due principii, ossia due Dei, l'uno buono e l'altro cattivo; ed asserivano l'uomo essere spinto a peccare soltanto dal Dio cattivo, non già dal buono che porta sempre al bene. Per lo contrario Lutero e Calvino, ammettendo un Dio solo, il fecero ad un tempo autore del bene e del male, e così ne costituirono un essere mostruoso senza paragone.

            F. Dottrina orribile! dottrina d'inferno! Solo Lucifero, il gran nemico di Dio potè suggerire agli eretici somiglievoli insegnamenti. O buon Dio, {347 [347]} illuminate, convertite coloro che, più forsennati che empi, vi bestemmiano per tal modo!

            P. Procediamo oltre. Gli Ariani condannati nel Concilio Niceno negavano la divinità del N. S. G. C.; oltre a ciò, come attesta s. Agostino[62], insegnarono: «Non doversi pregare, nè offrire sacrifìci pei morti, nè doversi osservare i digiuni dalla Chiesa stabiliti; ma dovere ciascuno digiunare quando gli aggrada, per non sembrare di essere sotto la legge. » S. Epifanio[63] riferisce che costoro si cibavano di carne nei venerdì, nella quaresima e massime nella settimana santa. Inoltre sostenevano che i Vescovi non sono superiori ai semplici sacerdoti. E i Centuriatori Maddeburgesi protestanti più sopra ricordati confessano che le suddette asserzioni sono state condannate nella Chiesa antica come formali eresie. Ora tutto questo ammasso di eresie passò in retaggio ai Protestanti, come è noto ad ognuno. Quanto è alla divinità di Gesù Cristo, non fu negata da Lutero e da Calvino, ma dalla loro scuola non tardarono ad uscire i Sociniani, che negarono e la divinità del Salvatore e la persona dello Spirito Santo. Anzi al nostro tempo una parte grandissima dei dottori e ministri protestanti nei loro libri e nelle {348 [348]} loro scuole divulgano apertamente Gesù Cristo essere un puro uomo; ed alcuni arrivano fino a negarne l'esistenza, dicendolo un mito, vale a dire un essere favoloso e simbolico; e tengono le divine Scritture quali libri di valore semplicemente umano. Per costoro le religioni ebrea, turca e maomettana e via, valgono a salvare l'uomo tanto quanto la cristiana. In sostanza sono veri increduli senz'altro.

            F. Giacchè sono increduli, potrebbero almeno cessare dalla smania di fare dei proseliti al Protestantismo. Brutta indole dei tristi di voler ad ogni costo compagni nella propria perversità e rovina!

            P. Ma qui arrestiamoci per ora, e chiudiamo il presente Trattenimento fissando bene in mente queste due cose: 1° che non vi ha scempiaggine nè empietà in cui non precipiti chi non ascolta la Chiesa Cattolica; 2° che la vittoria costante della Chiesa contro tanti attacchi degli eretici d'ogni tempo, è una splendida prova della sua divinità. {349 [349]}

 

 

Trattenimento VI. Si continua il confronto dei Protestanti cogli antichi eretici.

 

            P. Ripigliamo il filo del nostro Trattenimento e continuiamo a mettere di fronte i Protestanti cogli eretici antichi. L'eretico Gioviniano insegnò che la grazia di Dio, ricevuta una volta, non si può mai più perdere per quante enormezze uno commetta; che l'astinenza e i digiuni non sono punto meritorî; che il matrimonio è accetto a Dio non meno della verginità, e inoltre che in paradiso tutti i giusti hanno un premio uguale. Quest'eretico fu combattuto e sconfitto dai sommi dottori Girolamo ed Agostino.

            Agli errori di Gioviniano si sottoscrissero di tutto cuore i Protestanti; ed i sovraccitati Centuriatori Maddeburgesi non esitano di affermare che a torto s. Girolamo e s. Agostino ripresero Gioviniano, mentre sono essi stessi da appellarsi eretici se la pensarono diversamente da lui. Anzi Lutero fu sì baldanzoso da asserire che tutti i cristiani in santità sono eguali alla SS. Vergine. Volete di più? Il dottore protestante Witsio scrisse {350 [350]} che ogni giusto è santo egualmente che Gesù Cristo istesso[64].

            F. Oh! adesso comprendiamo benino che cosa sia il protestantismo. I Protestanti cercano il paese del Bengodi, ed amano la cuccagna! Di digiuni, di castità, di mortificazioni non se ne parli punto: basta loro un granello di fede; e con esso eccoli diventati tanti santi viventi! Fatti così una volta santi, eglino pretendono che niun delitto possa far loro perdere la divina grazia: e dopo aver menata una vita grandemente comoda e gioconda, vogliono per soprappiù aversi in cielo una mercede uguale a quella degli Antoni, degli Ilarioni e degli Arseni, i quali per tanti anni si macerarono le carni nei deserti; anzi un guiderdone uguale a quello dei martiri che tanto patirono per la fede, uguale a quello della istessa gran Madre di Dio; e per poco non aspirano alla immensa gloria di Gesù Cristo. In due parole vogliono i discreti Protestanti un bel paradiso di qua ed un più bel paradiso di là senza costo, nè fatica di sorta. Che grande cuccagna saria quella dei Protestanti, quando Dio si acconciasse al loro modo di credere.

            Ma è forse questo che insegna il Vangelo? Eh via! un po' di Vangelo l'abbiamo letto anche noi. Noi ci trovammo ben altro. Ivi trovammo che la {351 [351]} strada della vita eterna è stretta; che bisogna fare penitenza sotto pena di andar perduti tutti in eterno. Trovammo che Gesù Cristo digiunò per quaranta giorni continui, e predicò pure agli altri il digiuno; che fu vergine e lodò la verginità siccome special dono di Dio; e disse che in cielo sono molte mansioni, ossia differenti gradi di gloria. Che è dunque quel Vangelo puro che hanno sempre in bocca i Protestanti?

            P. Restate persuasi, o miei figli, che il vangelo di costoro non è altrimenti il Vangelo scritto dai ss. Matteo, Marco, Luca, e Giovanni; ma un'altra sorta di vangelo manipolato in casa loro, quale è quello che i Valdesi hanno stampato a Torino. Essi hanno messo in luce la Buona Novella; e buona novella vuol dire Evangelio. Peccato che cotesto Vangelo sia nato così tardi! Quante pene per farsi santi si sarebbero risparmiate que' buoni anacoreti del deserto egiziano! Ma passiamo oltre.

            Voi sapete, o figli miei, che vociare facciano i Protestanti contro la venerazione delle sante reliquie, contro l'invocazione dei Santi e contro il celibato ecclesiastico, insistendo doversi tutti i preti ed i frati ammogliare, ad imitazione di Lutero, di Calvino, di Zuinglio, di Bucero e di altri preti o frati che si ammogliarono per amor del vangelo riformato. Di più non ignorate che essi disprezzano quale idolatria il culto delle immagini dei santi e {352 [352]} di Cristo istesso, ed anche il culto della santa Croce, e condannano come invalidi i voti perpetui dei religiosi.

            Or bene cotesti loro errori hanno una data ben antica, e ab antico furono condannati dalla Chiesa. Vigilanzio, contro cui s. Girolamo aguzzò la tremenda sua penna, derideva i cattolici, che veneravano le reliquie dei martiri. Diceva che le orazioni dei santi defunti non sono ascoltate; e comandava il matrimonio alle persone consacrate a Dio. Egli inventò la grande calunnia tanto ripetuta dai Protestanti, che cioè i cattolici danno alle sante reliquie il culto dovuto a lui solo.

            F. Vero, vero, o padre: noi stessi abbiamo udito colle proprie nostre orecchie più di uno dei Valdesi far questo rimprovero a noi cattolici. Essi van ridicendo che noi adoriamo le reliquie e immagini sante, come se in queste vi fosse qualche cosa di divino, e che diamo ai Santi il culto dovuto a Dio. Ma sono questi spropositi da cavallo! Noi certo non siamo teologi; ma sappiamo, e voi, padre, ed il nostro parroco ce lo avete sempre insegnato, che a Dio solo è dovuto il culto e l'adorazione suprema; che i Santi debbono solo venerarsi ed invocarsi come gloriosi amici di Dio; e che le reliquie e le immagini dei Santi si onorano non già per se stesse, ma in riguardo alla persona del Santo, cui spettano: a quella guisa che tengonsi {353 [353]} in grande pregio le memorie ed i ritratti degli antenati e degli uomini illustri per quello che ricordano e rappresentano.

            P. Godo assai che voi stessi, o miei figli, rileviate gli errori e le assurdità che i Protestanti copiarono dagli antichi eretici a mano a mano che io ve ne vengo ragionando. Quanto è al culto delle immagini, il primo che ardì impugnarlo pubblicamente fu, come narra lo storico Niceforo, un certo Zenaia persiano: giacchè i santi Atanasio, Epifanio, Basilio, Nisseno, il poeta Prudenzio ed altri ci testimoniano che in tutta l'antichità le immagini dei Santi erano venerate nelle chiese cristiane.

            Gli Ereteci poi che impugnarono i voti religiosi furono, secondo che afferma san Giovanni Damasceno, i Lampeziani, tutta mala gente, che amava la libertà delle passioni e le felicità terrene.

            Il credereste, figli miei? neppure quella iniqua denominazione che i Protestanti appongono alla Chiesa Cattolica di prostituta di Babilonia, non è di loro invenzione; ma la tolsero ad imprestito dagli scismatici Donatisti, i quali tanto tribolarono la Chiesa nel quarto e quinto secolo e furono vittoriosamente combattuti da s. Agostino. I Protestanti però vincono in villanie que' scismatici africani dando il nome di Anticristo al Vicario di nostro Signor Gesù Cristo. {354 [354]}

            F. Che begli spiriti vogliono essere cotesti eretici! Se la Chiesa Cattolica è la prostituta di Babilonia ed il Papa l'Anticristo, siccome vogliono essi, egli è giocoforza dire che Gesù Cristo, invece di fondarsi in questo mondo un regno, ossia una Chiesa invincibile dall'inferno, fondò per contro il regno dell'Anticristo; giacchè la Chiesa Cattolica ed il Papa datano e derivano dal suo Vicario stesso san Pietro. Stranissima empietà!

            P. Ancora un rapporto di parentela fra i Protestanti e gli antichi eretici io voglio qui farvi notare; ed è il vezzo che hanno e la stolta pretensione d'interpretare la S. Scrittura secondo il proprio giudicio privato, ossia, per parlar più chiaro, secondo il proprio capriccio, rifiutando l'autorità della Santa Chiesa e la tradizione venuta dagli Apostoli e serbatasi nella Chiesa stessa colla successione non interrotta dei pastori e dei dottori di essa. Tanto attesta s. Ireneo dei Valentiniani, dei Marcioniti, dei Cerintiani, dei Basilidiani, di tutta, in una parola, quell'accozzaglia di eretici che vennero compresi sotto la denominazione di Gnostici[65]. {355 [355]}

            La stessa cosa riferisce s. Paciano dei Novaziani. Questo anzi può appellarsi il principio generatore di tutte quante le eresie che furono e saranno.

            Ora, o figli miei, se volessi narrarvi per singolo i sogni, i deliri, le bestemmie che i Gnostici pretesero di confermare colla Bibbia interpretata a loro talento, non la finirei più è direi cose da farvi rizzare i capelli sul capo. Tra le dottrine strane da loro insegnate essi sciorinavano ai loro adepti una lunga genealogia di Dei, parte maschi, parte femmine, cui essi chiamavano Eoni. Anzi alcuni di tali eretici furono sì pazzi da adorare un serpente, pretendendo che il serpente seduttore di Adamo e di Eva fosse Cristo stesso; e furono detti perciò con greco vocabolo Ofiti, ossia serpentini: da ciò argomentate il resto.

            Parimenti i Protestanti hanno trovato nella Bibbia che Dio è autore del peccato; che egli talvolta mentisce; che per salvarci basta la fede nuda: che le buone opere son quindi inutili, anzi un ingombro e simili altre empie cose.

            F. Dio immortale! che orrendo abuso della sacra scrittura! Ah! adesso comprendiamo con quanta ragione la Chiesa non permetta senza cautela la lettura delle Bibbia in volgare; nè consenta ad alcuno l'interpretarla diversamente dal senso in cui essa l'intende. La Chiesa fa così per allontanare {356 [356]} i fedeli dagli errori, a cui la mala intelligenza della S. Scrittura potrebbe condurli.

            P. Notate ancora questo che i suddetti eretici Ebioniti, Marcioniti, Gnostici ecc. ebbero il loro spirito o giudicio privato per unica norma non solo nell'interpretare la S. Scrittura, ma eziandio nello stabilire il loro canone, ossia il numero dei libri sacri. Laonde essi rigettarono alcuni di quei libri che tiene la Chiesa; altri ne mutilarono ed altri ne interpolarono a loro talento.

            Tale fu pure la pratica di Lutero e di Calvino. Ambidue non ammisero come sacri vari libri del Vecchio Testamento; Lutero ne rifiutò parecchi anche del Nuovo; ed inoltre fece una traduzione in tedesco della Bibbia, nella quale traduzione gli stessi dotti Protestanti riconobbero notevoli falsificazioni. Le versioni fatte da Ecolampadio, da Beza, da Carlostadio e da altri meritaronsi lo stesso rimprovero. Eccovi pertanto, o miei figli, gli antenati, eccovi i padri, dai quali i Protestanti ereditarono le loro dottrine. Furono tutti uomini scomunicati dalla Chiesa dei primi secoli; uomini che per l'infame loro condotta meritaronsi l'esecrazione dei contemporanei e dei posteri.

            F. Così essendo la cosa, la condanna con cui la Chiesa antica colpì i su narrati eretici ricade tutta sui Protestanti, i quali risuscitarono i loro madornali errori. Oh! ci vuol proprio una fronte {357 [357]} ben tosta per venirci a dire col sig. Bert e colla Buona Novella che la religione protestante e i Valdesi sono il Cattolicismo primitivo, la dottrina pura, Evangelica ed Apostolica.

            P. Ma nel catalogo dei predecessori del Protestantismo io, cari miei figli, ne ho omesso uno assai più considerevole degli altri, e dal quale Lutero si vantò di aver preso molte lezioni. Sapreste voi indovinare chi sia? Egli è il diavolo, secondochè vi ho già accennato nel raccontarvi la vita di Lutero.

            F. Il diavolo? parlate voi da burla ovvero da senno?

            P. Parlo del mio miglior senno. Questo parrebbe un fatto incredibile e che mi asterrei dal riferirvi, se non fosse Lutero medesimo che lo racconta seriamente nel suo famoso libro Dell'abrogazione della Messa privata. Proprio in tale libro Lutero conta come, per eseguire il suo disegno di riforma, fece una lega ultimissima col diavolo, e come sull'avviso di cotesto bravo consigliere aveva sentenziato che il sacrifizio della Messa è un errore, e per ciò l'aveva abolito. Egli descrive tutti i particolari de' suoi abboccamenti demoniaci, il tuono della voce del diavolo ed i gesti di lui nell'argomentare; e soggiunge che tali scene gli avvenivano spesso, e che Satana gli faceva passare di molte cattive notti; Multas {358 [358]} noctes mihi satis amarulentas et acerbas reddere ille novit[66].

            F. Basta, basta, padre: non occorre altro per conoscere che cosa sia il Protestantismo, il demonio l'ha suggerito a Lutero; ed amendue d'accordo lavorarono a produrlo. Quanto è a noi crediamo che il diavolo non pensò mai a ristaurare la pura dottrina apostolica ed evangelica.

            P. Ma checchè sia dei suddetti colloquii del diavolo con Lutero, dei quali lascio mallevadore Lutero istesso che li racconta, e sui quali raccomandò un poco di meditazione al signor pastore Bert, non c'è mestieri di essi per convincerci dell'origine e della natura tutt'altro che celeste del Protestantismo. Noi possiamo invece con tutta sicurezza conchiudere che il Protestantismo è, come dire, uno scolo dei più turpi errori insegnati dagli antichi eretici, incominciando da Simon Mago, secondo che vi ho sopra dimostrato. Basta il riflettere che il Protestantismo è figlio di Lutero violator sacrilego dei religiosi suoi voti, uomo libertino, sboccato, bevone, bettolante, il quale nell'osteria dell'Orso nero, in mezzo agli orci di birra, sentenziava sui misteri più sacrosanti della Religione cristiana. Calvino poi, il secondo padre {359 [359]} del Protestantismo, presso a poco valeva in santità quanto Lutero.

            F. Misericordia! Se la religione si chiama santa, eziandio a cagione della santità de' suoi fondatori, come mai è santo il Protestantismo che ebbe a padri il demonio, un Lutero ed un Calvino?

            P. Ma io debbo chiudere questo trattenimento, e lo farò con un recente esempio. Viveva in Irlanda un giovine gentiluomo, di nome Tommaso Moore, poeta assai illustre, ma scarso anzichenò di beni di fortuna. Era cattolico di nascita e di educazione; ciò non di meno, tra per l'avvilimento grande in che vedeva la Religione Cattolica tenuta dal governo protestante, e i pregiudizi che contrasse in conversando coi Protestanti e leggendone i libri, prese l'anno 1829 la sconsigliata deliberazione di rendersi protestante. A tal passo era anche spinto dalla speranza di un ricchissimo matrimonio, che la sua apostasia gli avrebbe fruttato.

            Come però esso aveva un cuore naturalmente retto e pio, non volle venire a sì fatale punto per cieco impeto e senza veruna cognizione di causa. Per ciò decise prima di esaminare seriamente e ordinatamente i dommi della Chiesa dei quattro primi secoli, quali trovansi negli scritti dei ss. Padri primitivi. Egli ben sapeva che i Protestanti fanno sempre appello alla Chiesa antica; e si argomentava {360 [360]} di potere trovarvi il Protestantismo netto ed intiero.

            Ma qual non fu la sua maraviglia allorchè nei libri di quei santi dottori invece del Protestantismo vi rinvenne il Cattolicismo con tutti i suoi dommi ed i suoi riti; e vi trovò per contrario tutti gli errori dei Protestanti negli eretici condannati dalla stessa Chiesa primitiva?

            Allora cacciò del tutto dall'animo suo ogni idea di Protestantismo, e raffermossi nella cattolica fede, della quale fece una stupenda apologia in un libro intitolato: Viaggi di un gentiluomo Irlandese in cerca di una religione. In questo suo libro espose i risultamenti de' suoi studi sui ss. Padri e sulle antichità della Chiesa, e fece vedere sul suo proprio esempio come niun cattolico possa abbandonare la sua fede per interna e ragionata convinzione.

            E qui io mi arresto conchiudendo con quelle sante espressioni di fede, di riconoscenza e di sacro entusiasmo, colle quali Tommaso Moore pone fine al prefato suo libro: « Salve dunque, o Chiesa una e vera. O tu, che sei l'unica via della vita e i cui soli tabernacoli non conoscono la confusione delle lingue, deh l'anima mia riposi all'ombra dei tuoi santi misteri. Lungi ne vadano da me del paro e l'empietà che insulta alla loro oscurità, e la fede imprudente che vorrebbe investigare il loro segreto. » {361 [361]}

 

 

Trattenimento VII. Errore fondamentale.

 

            P. Mi sono alquanto intrattenuto a farvi conoscere come i Cattolici ed i Protestanti convengono nello asserire che nella Chiesa Romana nulla fu cangiato di quanto insegnavasi nei tempi della Chiesa primitiva; e che quelle cose, le quali appaiono cangiamenti, non sono altro che spiegazioni di verità e di dommi, che per non essere ancora definiti dalla Chiesa erano soggetto di questioni. E voi vedete che siffatte questioni cessarono dopo le dichiarazioni di Santa Chiesa; che i Protestanti non posseggono la dottrina della Chiesa primitiva, ma unicamente raccolsero gli errori e le eresie già condannate da tutta l'antichità cristiana.

            Ora per non ommettere cosa alcuna che faccia rilevare ai Protestanti essere eglino fuori della retta via; e per rendervi sempre più persuasi che i Protestanti non possono più appartenere alla vera Chiesa, è bene che teniamo dietro partitamente ad altri loro errori. Qui però io debbo dirvi che noi ci affrontiamo in una difficoltà piuttosto grave.

            F. E quale sarebbe mai questa difficoltà? {362 [362]}

            P. La difficoltà consiste in questo che quasi ogni parola della dottrina dei Protestanti contiene un errore. Come mai poterli tutti confutare? Perciò ho pensato che dopo avere già messo al nudo altri errori di questi traviati sia conveniente di farvene rilevare qui uno fondamentale, il quale distrugge ogni principio di verità nel Protestantismo, e ce lo fa conoscere quale è, un ammasso di assurdità.

            F. Sta bene; parlateci di questo errore fondamentale. Se esso basta per iscoprire e ribattere gli altri, non dovremo più romperci la testa per atterrarli.

            P. L'errore fondamentale dei Protestanti consiste nella libera interpretazione della Bibbia, che comunemente si suole denominare spirito privato. Dicono i Protestanti che la Sacra Scrittura è parola di Dio, perciò abbastanza chiara, senza che altri ce la debba spiegare. La qual cosa è contraria alla credenza dei Cattolici, i quali riconoscono nella Chiesa una autorità stabilita da Gesù Cristo per dare il vero senso alla Bibbia, siccome vi ho già parlato in altri trattenimenti.

            F. Non pare egli vero che la Sacra Scrittura sia abbastanza chiara da essere intesa da tutti? La Bibbia è parola di Dio: forse che gli uomini ci possono spiegare le cose meglio che non abbia fatto il Signore? {363 [363]}

            P. Appunto perchè la Bibbia è parola di Dio contiene molte difficoltà, cui non tutti sono capaci di comprendere. Gli stessi Protestanti ce ne danno la prova. Ditemi: non sono chiare le seguenti parole del Vangelo: « Chi non sarà rigenerato nelle acque del battesimo e nello Spirito Santo non entrerà nel Regno de' Cieli? » Ciò non ostante i Protestanti disputano se il Battesimo sia assolutamente necessario per salvarsi, oppure se sia una semplice formalità e cerimonia da potersi liberamente differire ed anche mettere da parte. Di più se la Scrittura fosse tanto chiara da poter essere da tutti facilmente compresa, non vi sarebbero tante variazioni nella dottrina dei medesimi Protestanti. Quando voi aveste un po' di tempo per trascorrere il libro di Monsig. Bossuet intitolato: Delle variazioni dei Protestanti, voi trovereste ivi che quasi tutti i giorni cotestoro cangiano maniera di credere e di spiegare la Bibbia. Di sorte che un testo della Bibbia, cui oggi fanno servire a confermare una verità, domani lo usano per combatterla a spada tratta.

            F. Tutto va bene: ma ci ha dei fatti i quali mostrino la necessità che ha uno di farsi interpretare la Sacra Scrittura?

            P. Che sia mestieri farsi spiegare la Sacra Scrittura da quelli che l'hanno davvero studiata, è un fatto dei più semplici ed evidenti. Apriamo la Bibbia: {364 [364]} noi troviamo là nel Vangelo di san Luca che il nostro divin Salvatore, dopo la sua risurrezione, comparve ad alcuni dei discepoli che si mostravano ben istruiti intorno alla Bibbia. Ma Gesù Cristo mosse loro alcune dimande; e veduto che capivano le cose a rovescio, dovette farne loro la vera interpretazione. « Interpretava (dice il sacro testo) la Sacra Scrittura facendo ai medesimi conoscere le cose che nella medesima erano contenute intorno a Lui; e ne fece loro la spiegazione affinchè le intendessero » (Luc. XXVI, 27). Ora se Gesù Cristo dovette spiegare ai discepoli il vero senso della Bibbia, non è dunque cosa tanto chiara ed evidente come vogliono i Protestanti.

            Un altro fatto avvenne ad un ministro della regina Candace. Costui era persona giusta, timorata di Dio, e venuta fino a Gerusalemme a fine di adorare il vero Dio. Ritornandosi in patria nella sua vettura andava leggendo per istrada la Bibbia. S. Filippo diacono per ordine di Dio gli si avvicina e gli dice: Pensi tu forse d' intendere quello che leggi? Notate bene che quel ministro doveva essere persona non poco erudita e leggeva la Bibbia appunto ove parla del Messia. Pure ascoltate bella risposta che diede: Come posso io intendere tali cose, se non ho chi me le spieghi?

            Lo stesso s. Pietro, ragionando delle lettere di s. Paolo, dice precisamente che in esse vi hanno {365 [365]} certe cose malagevoli a comprendersi, le quali cose dagli ignoranti e dai malevoli sono guastate e spiegate in cattivo senso a propria ed altrui perdizione (Epistola II, c. 3, v. 6).

            Per questa ragione il grande dottore della Chiesa s. Agostino diceva di sè: « Nelle Sacre Scritture io incontro più cose che non conosco, di quelle che io conosco. » Ora fate voi ragione: se un s. Agostino, il quale aveva tanto letto, studiato, meditato, nulladimeno confessava di non comprendere la maggior parte delle cose contenute nella Bibbia, che dovrà essere di chi ha fatto poco studio e più di chi a mala pena sa leggere?

            F. Quante ragioni, e come buone e convincenti! Tuttavia ci pare che quel poco di Bibbia da noi letto finora non sia poi tanto oscuro; anzi ci pare di avere capito quanto da noi era letto.

            P. Vi pare di capire, ma non è vero, siatene persuasi.

            F. Come? fatene la pruova.

            P. Se volete toccare con mano quanto vi dico, datemi solo la spiegazione di queste parole che stanno in principio della Bibbia: terra autem erat inanis et vacua, et Spiritus Dei ferebatur super aquas.

            F. Ma capperi! voi parlate latino; e ben vi è noto che noi lo abbiamo studiato pochissimo. Diteci questo in italiano. {366 [366]}

            P. Dunque voi cominciate primieramente ad aver bisogno che qualcuno vi spieghi la Bibbia, o ve la traduca almeno dall'ebraico o dal greco o dal latino in italiano! Ed io voglio compiacervi in questo voltandovi le sopra esposte parole in semplice italiano: la terra poi era vana e vuota, e lo Spirito di Dio era portato sopra le acque. Avete compreso? Perchè ridete?

            F. Ridiamo tutti naturalmente perchè non ne capiamo un'acca. Ci argomentavamo di intenderne in italiano, ma troviamo l'italiano duro al pari del latino.

            P. E ben con ragione; perciocchè le parole che io vi ho accennate, e moltissime altre della Bibbia, non basta che siano tradotte in lingua volgare per essere intese, ma dimandano lungo studio e profonda meditazione. Sono cinquant'anni da che io leggo, studiò e medito la Bibbia, eppure ogni giorno incontro cose di cui non so dare giusta spiegazione. Gli uomini più dotti che fiorirono nella Chiesa, tutti vanno d'accordo nello asserire che nella Sacra Scrittura v'ha parecchie cose difficili a capirsi, difficili a spiegarsi. La è questa, o miei figli, dottrina della Chiesa Cattolica intorno alla Sacra Scrittura, da cui potete agevolmente dedurre che, secondo il Vangelo, secondo gli Apostoli, secondo voi medesimi e secondo il parere dei più dotti uomini del mondo, la Bibbia non è {367 [367]} chiara tanto da essere facilmente da tutti compresa.

            Del rimanente la falsità dell'accennato principio fondamentale dei Protestanti viene anche troppo dimostrata da questo argomento di fatto. Negli antichi tempi, non avendovi ancora la stampa, pochi e rari erano gli esemplari della Bibbia. Sappiamo che intieri popoli di Cristiani ignoravano la lettura e la scrittura; ed il maggior numero dei Cristiani eziandio ai nostri tempi non sono da tanto di leggere e d'intendere la Bibbia. Ciò stando, vorranno dunque dire i Protestanti che non ci fosse negli antichi e non ci sia nei tempi presenti mezzo alcuno di salvazione per tutti coloro, che non potevano aver esemplari della Bibbia, o non possono oggi leggerla e intenderla? {368 [368]}

 

 

Trattenimento VIII. Vana difesa dello spirito privato.

 

            P. I Protestanti per difendere lo spirito privato ricorrono a tutti i mezzi che loro vengono a mano. Essi fanno capo alla Bibbia, alla storia, dipoi alla ragione; ma inutilmente; che ad altro non riescono che a viemaggiormente palesare la loro incertezza nel fatto di dare il vero senso alla Bibbia.

            F. Noi volevamo appunto dimandarvi sopra a quali argomenti i Protestanti appoggiano questa loro dottrina?

            P. I Protestanti appoggiano questa loro dottrina sopra alcuni testi della Bibbia: io ve ne accennerò solamente i tre principali. Il primo leggesi nel Salmo 118, ed è questo: la tua parola è lucerna a' miei piedi e luce a' miei sentieri. Se, dicono i Protestanti, se la parola di Dio è lucerna, è luce, dunque è chiara e si comprende da tutti.

            F. La parola di Dio è lucerna e luce per quelli che hanno fatto molti studi e sono capaci di capirla; ma non è tanto chiara per noi, i quali vi rinveniamo più cose che non comprendiamo.

            P. Questa è già una buona ragione; ma ce ne sono ancora altre più proprie. Generalmente la {369 [369]} parola di Dio è detta luce perchè illumina l'uomo e lo dirige nel credere, nell'operare e nell'amare. È luce perchè sminuzzata e ben insegnata mostra all'uomo quale strada debba battere per giungere alla vita eterna e felice. È luce, perchè calma le passioni degli uomini, le quali sono le vere tenebre dell'anima, tenebre folte e pericolose tanto da non potere essere diradate se non dalla parola di Dio. È luce, perchè a dovere predicata infonde i lumi della grazia divina nel cuore degli uditori e fa loro conoscere la verità della fede. La prima volta che s. Pietro spiegò la parola di Dio convertì ben tre mila uditori alla fede di Gesù Cristo. Avvi un famoso interprete (Teodoreto) il quale dice che per la parola lucerna si ha da intendere la legge di Mosè, e per luce lo stesso Gesù Cristo che è luce vera, la quale illumina tutti gli uomini che vengono in questo mondo. Così la lucerna di Mosè illuminò una sola nazione; la luce del sole di giustizia, cioè Gesù Cristo, illuminò tutta la terra (V. Martini).

            Ma lo asserire che le mentovate parole vogliano indicare che la Bibbia è tutta chiara, è un opporsi alla Bibbia medesima, al Vangelo, ai fatti, agli scritti degli Apostoli ed alla pratica costante seguita dalla Chiesa in tutti i tempi.

            F. Questo testo parci assai bene spiegato. Non avvi alcun dubbio che la parola di Dio è luce per {370 [370]} chi ha fatto gli studi necessari a fine di capirla e conoscere il senso con cui viene intesa e spiegata da Santa Chiesa, ed è evidente che non lo è per tutti indistintamente, giacchè più cose da noi medesimi non comprendiamo. Ci sarebbe ora grato udire il secondo testo che adducono i Protestanti in sostegno del loro spirito privato.

            P. Il secondo testo che i Protestanti sogliono addurre in difesa dello spirito privato è ricavato da s. Paolo. Questo grande Apostolo indirizzando una lettera ai cristiani che dimoravano nella città di Tessalonica (oggidì Salonicchi) fra le altre cose dice: Disaminate tutto; attenetevi al buono. » Dunque, conchiudono i Protestanti, ognuno deve esaminare la sacra Bibbia e interpretarla come gli pare e piace.

            F. Oh! qui torniamo da capo. Sì, sì, possono esaminare la Bibbia quelli che ne sono capaci; ma chi non è da tanto se ne deve rimanere. Per cagion di esempio quella fruttaiuola che rivende pere, mele ed uva lì vicino alla nostra porta, come sarà al caso di esaminare la Bibbia se non conosce nemmeno l'abbicì?

            P. Sicuramente la fruttaiuola e molti altri suoi pari sono inetti affatto ad esaminare e a comprendere la Bibbia; perciocchè per capirne bene i vari punti conviene ora confrontare le cose che precedono con quelle che seguono; andare a {371 [371]} consultare i testi che hanno relazione tra loro; e non di rado è indispensabile ricorrere agli originali latini e greci ed anche ebraici. Tutte queste cose poi importano studio e fatica; e ben molti non hanno nè il tempo da spendervi attorno, nè i libri necessari per riuscire nello intento.

            Ora tornando alle parole di san Paolo sopra riferite, se noi confrontiamo ciò che precede con quel che segue al testo ci riescirà agevole il capirne il retto significato, notando anzi tutto che s. Paolo predicò il Vangelo ai fedeli di Tessalonica, e che per una persecuzione colà eccitata dovette fuggire. Mentre dimorava nella città di Corinto, seppe che i Tessalonicesi versavano in gran pericolo, pel furore della persecuzione e per le false dottrine che da taluno si andavano spacciando. Laonde loro scrisse: Ponderate bene le parole che vi dicono, ritenete soltanto quello che vi pare scevro di errore e interamente conforme all'insegnamento apostolico. Che se nelle predicazioni voi scorgete anche la sola apparenza di male, fuggite, astenetevi dal loro consorzio: ab omni specie mala abstinete vos. »

            Secondariamente poi dobbiamo in particolar maniera avvertire che in quei tempi Dio comunicava il dono e l'intelligenza delle Sacre Scritture ad alcune persone determinate; e quindi s. Paolo suggeriva loro che camminassero colla massima {372 [372]} cautela prima di approvare o disapprovare qualche verità, e voleva che gli interpreti delle Sacre Scritture meditassero eziandio bene le profezie: Non disprezzate le profezie; esaminate tutto, attenetevi al buono. Da questa letterale esposizione delle parole di s. Paolo voi potete facilmente comprendere che sotto nissun rapporto esse riguardano allo spirito privato dei Protestanti.

            F. Pare che la cosa debba essere intesa a questo modo; e che le parole di san Paolo siano più che altro un avviso rivolto tanto ai semplici cristiani perchè si guardino dall'errore, quanto ai pastori, perchè leggano attentamente le Sacre Scritture per conoscerne il vero senso. - Diteci ora del terzo testo addotto dai Protestanti.

            P. Il terzo testo, di cui servonsi i Protestanti a fine di sostenere lo spirito privato è tratto da una lettera di s. Paolo scritta ai fedeli che abitavano in Corinto, città della Grecia. Aveva s. Paolo predicata la Fede di Gesù Cristo per diciotto mesi in quella città; e di là partitosi portava in altri luoghi la luce del Vangelo, quando in Efeso fugli riferito che erano insorte dissensioni religiose tra i Corinti. Il santo Apostolo, ciò inteso, scrisse loro che nelle cose riguardanti all'eterna salute dovessero fuggire gli uomini animali, cioè carnali, che non capiscono le cose del Signore; e poi soggiunge: Spiritualis (homo) iudicat omnia, {373 [373]} et ipse a nemine iudicatur: l'uomo spirituale giudica di tutte le cose ed egli è giudicato da nissuno (Lettera 1a ad Corin. Cap. II, v. 15). Vi pare egli, miei cari figli, che queste ultime parole di s. Paolo si possano riferire allo spirito privato?

            F. Ci pare piuttosto che s. Paolo voglia dire, che per avere una giusta spiegazione della Bibbia non dobbiamo ricorrere ai balordi che vivono come animali, ma andare da uomini savi, religiosi, i quali senza dubbio devono in maniera particolare essere da Dio illuminati.

            P. Buonissima osservazione. Aggiugnete ancora che gli uomini animali sono quelli, secondo il medesimo s. Paolo, i quali parlano e spiegano le cose nel modo che meglio assecondino i loro appetiti: loquuntur placentia. Cotestoro non arrivano alla intelligenza delle cose del Signore, e perciò spesso bestemmiano e maledicono quelle cose che non intendono, o che non vogliono intendere, essendo contrarie ai loro disordinati affetti. All'opposto l'uomo giusto, l'uomo dato alle cose spirituali è appunto quegli che intende le cose di Dio e giudica secondo lo spirito di Dio. Egli poi non è giudicato da nessuno: da nessuno, cioè di quelli, cui accenna nelle parole che si trovano prima delle mentovate. E questo viene a dire che noi non dobbiamo tener conto alcuno di quanto asseriscono gli uomini mondani; conciossiachè {374 [374]} essi siano incapaci di conoscere le cose del Signore; e che al contrario noi dobbiamo stimare grandemente e venerare i consigli degli uomini dabbene, e ricorrere a loro, qualora ci occorra qualche dubbio.

            Avreste, o figli, qualche cosa da farvi dilucidare intorno a quanto vi dissi in risguardo dei citati testi della Bibbia?

            F. Pare che il vostro discorso sia chiaro e naturale tanto che non lasci luogo a veruna dichiarazione. Ben si capisce che, gli uomini carnali sono incapaci di assorgere al vero senso della Bibbia; e Lutero, Calvino, Enrico Ottavo ed altri tali riformatori furono uomini disordinati e rotti ai più brutti vizi; costoro e quanti li assomigliavano non si trovavano altrimenti in grado di poter intendere la Bibbia per sè e spiegarla agli altri. Ma poichè i protestanti l'hanno sempre con questa Bibbia, vi preghiamo di volerci dire se in essa contengasi qualche parola con cui sia comandato o lo spirito privato o almeno di leggere la Bibbia.

            P. No sicuramente; ed io vi entro mallevadore che non si è mai rinvenuto parola con che Dio comandi ai popoli di leggere la Bibbia. Nè mi ricorda di aver trovato scritto: Leggete la parola di Dio: seguite il vostro parere intorno a quanto leggete nella Bibbia: od altre somiglianti frasi. {375 [375]} Per lo contrariò Iddio colle più chiare espressioni ci aggiunge di ascoltare la sua santa parola e di custodirla nel nostro cuore per metterla in pratica a nostra salute.

            F. Di questi precetti di ascoltare la parola di Dio abbiamo piacere che ci parliate, e noi, come facciamo, vi staremo attenti ad ascoltare.

            P. Ed io vi appagherò di buon grado. Nel Vecchio Testamento tutti quelli, che volevano annunziare qualche cosa straordinaria, cominciavano sempre così: Ascoltate, o popoli, la voce del Signore: udite, attendete, o con altre equivalenti espressioni. Ma non mai fu detto ai popoli: Andate a leggere la Bibbia o la Sacra Scrittura. Inoltre sappiamo per rivelazione fatta dallo stesso Iddio, che gl'interpreti della divina legge sono i sacerdoti, ai quali devono fare ricorso i popoli ne' loro dubbi. Le labbra del sacerdote, dice Iddio, custodiscono la scienza, ed i popoli cercheranno da quelli la spiegazione della divina legge: Labia sacerdotis custodiunt scientiam, et populi legem requirunt ex ore eius.

            Mentre un ministro di Dio spiegava la divina parola al popolo avvenne un fatto che io non voglio omettere. Circa 600 anni prima della venuta del Salvatore, gli Ebrei eransi abbandonati ai più gravi disordini; ed il Signore mandò il profeta Geremia, non a portare la Bibbia, ma a rinfacciare {376 [376]} loro le molte iniquità e ad annunciar imminenti i divini castighi. Un uomo di nome Anania si presentò pure al popolo per dare ben altro senso alle parole del Signore. Allora Geremia infiammato di santo zelo si volse a quel falso profeta e dissegli a nome di Dio: Tu che fai confidare questa gente nelle tue menzogne morrai in quest'anno stesso, perchè hai male interpretato le parole del Signore. Minaccia terribile, ma che si è perfettamente avverata!

            Chi sa che questi od altri somiglianti castighi non sovrastino a quelli che interpretano la Bibbia, non secondo lo spirito del Signore, ma secondo ciò che è più favorevole alle loro passioni!

            F. Questo ci basta per quanto riguarda al Vecchio Testamento; ma nel Vangelo non si dice anche qualche cosa a tale riguardo?

            P. Nemmeno nel Nuovo Testamento trovo che sia stato ordinato ai popoli di ricorrere alla Bibbia a fine di conoscere le verità della fede. Per lo contrario il Salvatore inculcava sempre che si presentassero ai sacerdoti. E perchè la Sinagoga antica era in decadimento, ed i dottori ebrei tenevano una cattiva condotta, il Salvatore diceva alle turbe di non badare punto alle costoro azioni, ma di considerare essi come destinati a sedere sopra la cattedra di Mosè; e quindi di ascoltare i loro ammaestramenti e di non ricopiare i malvagi loro esempi. {377 [377]}

            V'ha di più. Forse che il divin Salvatore non comprendeva la Bibbia? Ebbene volle egli stesso recarsi al tempio per udirne la spiegazione, e fare ai dottori della legge quelle dimande che nella sua infinita sapienza stimava a proposito.

            È poi del tutto maraviglioso il fatto di una donna che era andata ad ascollare la predica del Salvatore. Costei tra la densa folla, certamente rapita alla chiarezza e sublimità delle divine parole, alzò la voce gridando: Beata quella madre che ti ha generato ed allattato! E Gesù tosto a lei: anzi, disse, beati coloro che ascoltano la parola di Dio e la custodiscono per cavarne frutto: Beati qui audiunt verbum Dei, et custodiunt illud.

            Voglio che notiate, o figli, come il Salvatore qui non dica: Beati quelli che leggono, o interpretano la parola di Dio, ma beati quelli che l'ascoltano: Beati qui audiunt.

            Impertanto se noi possiamo esser beati, cioè renderci santi col solo recarci ad ascoltare la parola di Dio, per noi è bastante, e, diciamo pure, migliore cosa lo assicurarci la vita eterna andando ad ascoltare la parola di Dio spiegata dai nostri sacri pastori, che non metterci a rischio di farne erronea spiegazione, e quindi perderci eternamente interpretandola secondo il proprio capriccio.

            Se non dovessi contenermi nella brevità, quante cose vorrei dirvi a questo riguardo. Vi basti il {378 [378]} riflettere che il divin Salvatore, quando parla ai popoli, loro inculca sempre di ascoltare la santa sua parola: Beati qui audiunt verbum Dei, et custodiunt illud. Quando poi parla agli Apostoli od a' suoi discepoli dice sempre: Andate, insegnate il Vangelo a tutte le creature, ammaestrate, battevate; chi ascolta voi, ascolta me, e chi disprezza voi, disprezza me, e chi disprezza me, disprezza Dio, che mi ha mandato.

            Per questa ragione s. Paolo, quell'Apostolo tante volte citato e tante volte male inteso dai Protestanti, s. Paolo insegna che le verità della fede non si acquistano colla lettura, ma coll'ascoltare la spiegazione della parola di Gesù Cristo: Fides ex auditu: auditus autem per verbum Christi.

            Lo stesso s. Paolo ne è una prova di fatto. Egli aveva molto letto, studiato, meditato la Sacra Scrittura, e non era giunto ad altro che a divenire un feroce persecutore dei cristiani. Ci volle proprio la viva voce di Gesù Cristo per convertire quel lupo rapace in mansueto agnello; per fare di un accanito persecutore un instancabile maestro del Vangelo.

            Il frutto di questo Trattenimento sia adunque una grande nostra sollecitudine di recarci ad ascoltare la parola di Dio spiegata nelle prediche e nelle altre sacre istruzioni. {379 [379]}

 

 

Trattenimento IX. Contraddizioni.

 

            F. Oggi caro padre, sonosi aggiunti come vedete, altri nostri compagni, tutti ansiosi di udirvi a ragionare intorno al modo con che i Protestanti interpretano la Bibbia.

            P. Avete fatto bene a condurre nuovi vostri compagni, perchè più numerosa è l'udienza e più riesce piacevole il trattenimento. Ma io vi leggo in volto un poco d'impaccio: che vuol dir questo?

            F. Ecco, padre; noi abbiamo raccontato quanto ci avete detto intorno alla Bibbia, ed un giovane, il quale.....

            P. Il quale.....; ditemi chi egli è!

            F. Il quale è un protestante.

            P. Oh sei tu?..... caro giovane, hai fetto bene di venire ancor tu fra noi; qui sei con amici. La nostra religione comanda di amare il nostro prossimo siano pure ebrei, eretici di qualunque nome. Perciò sta di buon animo. Quanti anni hai? {380 [380]}

            Valdese. Ho diciassette anni compiuti, e sono protestante Valdese.

            P. Hai fatto qualche corso di studio?

            V. Finora ho sempre frequentate le scuole e mi sono quasi sempre occupato dello studio della Bibbia, secondo il consiglio de' miei genitori e del mio pastore.

            P. La scelta della materia fu ottima, me ne rallegro. Ma di questo tuo studio sopra la Bibbia che ti pare di poter conchiudere?

            V. Conchiudo che la Bibbia è un libro tutto divino, un tesoro pieno d'immense e spirituali ricchezze, un giudice vivente, parlante ed eterno, il quale a nome di Dio dirige le azioni degli uomini, li illumina nelle loro dubbiezze e risolve in maniera inappellabile tutti i dubbi in fatto di religione.

            P. Buoni sentimenti tu manifesti davvero intorno alla Bibbia. Ma permettimi una interrogazione: Credi tu proprio che la Bibbia da sè sola sia un giudice sufficiente a risolvere i dubbi in fatto di religione?

            V. Chi potrebbe dubitare un momento di tale verità? Questo s'insegna continuamente dai nostri pastori.

            P. Avvi qualcuno tra i Protestanti e Valdesi che non sia capace, o non abbia tempo di leggere la Bibbia? {381 [381]}

            V. Ve ne sono moltissimi tra di noi, i quali non sanno nemmeno leggere, come ve ne ha tanti tra i Cattolici.

            P. Dunque la Bibbia, almeno per costoro, non può risolvere i dubbi che possono insorgere tra gli ignoranti. - Ma dimmi ancora: Ce ne son molti tra i Valdesi ed i Protestanti, i quali sappiano a fondo la lingua greca e la ebraica?

            V. Non ve ne ha grande numero. Da noi si studia volentieri il francese, l'italiano e qualcuno attende al latino; e di tutti quelli che io conosco, due soli sento dire che sanno bene la lingua greca e la ebraica.

            P. Dunque bada bene che quasi la intera Bibbia fu scritta in ebraico od in greco. Perciò la Bibbia da se sola potrebbe unicamente servire per due uomini soli tra tutti i tuoi congiunti, amici e conoscenti. Gli altri dovrebbero tutti rimanersene nei loro dubbi; e quando da questi dubbi dipendesse la eterna salvezza, se ne andrebbero quanti sono eternamente perduti. Dimmi ancora: le due persone, di cui mi parli, dove hanno presa questa Bibbia ebraica o greca?

            V. Oh! si sa: la ebbero da' nostri antenati!

            P. Chi sono questi vostri antenati?

            V. Questi nostri antenati sono tutti quelli che ci hanno preceduto, e che si occuparono dello studio della Bibbia. {382 [382]}

            P. Costoro erano Cattolici o Riformati?

            V. Senza dubbio erano Riformati.

            P. Da qual tempo i Riformati cominciarono ad esistere?

            V. Voi ben sapete che i Riformati cominciarono ad esistere ed unirsi in società nel secolo decimosesto.

            P. Prima di questo tempo la Bibbia vera nelle mani di chi si trovava?

            V. Si trovava... si trovava...; ma voi mi fate un subisso tale di dimande, che io non so più raccapezzarmi a rispondervi.

            P. Se non sai rispondere, sii contento che faccia io le tue veci. Prima del secolo decimosesto i vostri antenati erano Cattolici, uniti alla Chiesa Romana, sottomessi al Romano Pontefice; e la Bibbia fino allora si conservò (come ancora oggi si conserva) nella Chiesa Cattolica. Qui tu devi venire a questa conclusione: fra tutti quelli che io conosco, due soli sono capaci di servirsi della Bibbia; e questi due, per accertarsi d'avere una Bibbia non guasta, sono costretti di ricorrere alla Chiesa Romana. Avresti qualche cosa da osservare intorno a questa conclusione?

            V. No certamente, perchè questo è un fatto chiaro, il quale non si può negare. Ma tuttavia direi..., o almeno mi pare, che quando si potesse avere una Bibbia ben tradotta, volgarizzata secondo {383 [383]} il vero originale, questa Bibbia, dico, mi pare, dovrebbe essere un giudice competente per risolvere i dubbi che possono insorgere in fatto di religione.

            P. Mi fai una osservazione molto acconcia al nostro discorso. Ma, viva Dio! chi ti assicura che la traduzione di che ragioni sia buona e fedele? Noi Cattolici abbiamo i Paroci, i Vescovi, i Cardinali, il Papa, i Concilî, i quali tutti sorvegliano indefessamente affinchè la Bibbia non sia alterata minimamente.

            Ma i Protestanti non hanno alcuno, il quale si occupi di siffatte cose; e qualora un vostro ministro volesse ciò fare, niuno, secondo i vostri principii, sarebbe tenuto a dargli retta. Per questa ragione nella versione del Diodati, come ho già fatto notare a' miei figli, trovai non meno di 1927 aggiunte nei soli Salmi, senza contare le alterazioni del testo e gli sbagli della traduzione istessa. Inoltre questa Bibbia, che tu mi supponi ben tradotta, potrebbe al più servire per quei pochi che tu mi dici essere in grado di capirla, non già per tutti. Ma pognamo pure che vi abbia un originale vero, una traduzione fedele e chiara tanto che tutti (la qual cosa è assolutamente falsa) la possano comprendere, ti pare egli che questa Bibbia basti a risolvere ogni dubbio in cose di Religione?

            V. A me sembra che sì; perchè la Sacra Scrittura è tutta parola di Dio, e perciò solo {384 [384]} capace di condannare l'errore e far conoscere la verità.

            P. Ed a me sembra, lascia che io ti parli col cuore alla mano, a me sembra che no. La Sacra Scrittura serve di regola per conoscere gli errori; ma essa non li va a cercare per condannarli. È necessario che ci siano i sacri Pastori, posti dallo Spirito Santo a governare la santa sua Chiesa: quos Spiritus Sanctus posuit regere Ecclesiam Dei; come dice la Bibbia. Questi pastori si danno di proposito allo studio della Bibbia; sono in grado di spiegarla ai popoli, capaci di esaminare quanto va d'accordo colla Bibbia e di condannare quanto le è contrario.

            Ascolta un fatto, che penso non fuor di luogo raccontarti, e poi tu mi farai le tue osservazioni. Vi ebbe un re, il quale fece stampare un codice ben ordinato e chiaro dova notavasi la ricompensa pei sudditi fedeli, e la pena dei trasgressori della legge. Un giorno quel re ordinò si radunassero i suoi sudditi in una grande piazza; e quando li vide tutti raccolti, pose il codice sopra una tavola in mezzo a quella piazza; poi accennò ad un trombettiere che si desse fortemente a suonare. Fu fatto un profondo silenzio ed un delegato del re parlò in questa forma: Ascoltate, o popoli, la voce del vostro Sovrano; egli vi parla per mezzo mio, e vi dice che in questo codice stanno registrate {385 [385]} tutte le pene, che si meritano i colpevoli e tutte le ricompense con che saranno guiderdonati i buoni; voi potete venire a leggere questo codice quando vi piace; qui troverete tutto notato. Ma sappiate questo, che per l'avvenire non ci sarà più giudice alcuno, non più birri che ammanettino, non più custodie e prigioni. Ciascuno di voi è in piena libertà di leggerlo, interpretarlo come vi torna meglio a gusto; tutto si rimette alla vostra coscienza. Che te ne pare di cosiffatta determinazione?

            V. Bisognerebbe poter ritornare nel paradiso terrestre; perchè.....

            P. Perchè?

            V. Perchè ai nostri tempi in cui v'ha gendarmi, birri, prigioni, galere, ed anche il boia e la forca, tuttavolta si parla dovechessia di furti, assassinii, case spogliate, di borse tolte alle persone ed altre simili peggiori mariuolerie. Che avverrebbe mai se non ci fossero gli ufficiali di polizia, e l'esecuzione di pene che incutessero terrore e spavento?

            P. Caro giovane, hai detto bene; ma sappi che quanto ti ho sopra esposto è un apologo, o un fatto pigliato per similitudine acciocchè tu ed i miei figli poteste intendere che la Sacra Scrittura è un codice divino, affidato da Dio alla sua Chiesa. La quale Chiesa è quel gran tribunale cui promise Dio la sua assistenza sino alla consumazione {386 [386]} del mondo: Ecce ego vobiscum sum omnibus diebus usque ad consummationem saeculi. Giudice Supremo di questo gran tribunale è costituito il Sommo Pontefice, e con lui tutti quei sacri Pastori che a lui si uniscono col vincolo della fede. Egli è al corpo di questi sacri Pastori cui il Salvatore rivolse le parole: Andate, ammaestrate tutte le nazioni: Ite, docete omnes gentes.

            V. Per bacco, voi mi adducete di buone ragioni! Dai nostri ministri si grida fortemente che i Cattolici ragionano male; ma pare a me che voi ragioniate molto bene; e starei per dire che gli stessi nostri ministri se vi udissero avrebbero cagione di fare profonda riflessione sopra quanto mi venite esponendo. Ciò non pertanto gli argomenti che adducono i nostri ministri contro la vostra dottrina mi paiono da non dispregiare.

            Lo spirito di Dio, essi dicono, comunica le sue inspirazioni a chi vuole; ora se ciascuno fosse dallo Spirito Santo illuminato, non potrebbe col solo suo spirito privato intendere compiutamente la Bibbia e giudicare delle controversie religiose?

            P. Se fosse vero che lo Spirito Santo illuminasse egualmente tutti i Cristiani, tale asserzione avrebbe molto peso; ma chi ce ne entra mallevadore? Se ciò fosse proprio vero, niun Cristiano potrebbe più cadere in errore intorno al senso delle Divine Scritture; nè più nascerebbe controversia di {387 [387]} sorta in cose di religione. Ma i fatti ci fanno persuasi del contrario; e noi vediamo tutti i giorni pullulare nuove questioni intorno al vero senso della S. Scrittura. Gli stessi Protestanti sono discordantissimi intorno a più cose contenute nella Bibbia; cose che presso gli uni hanno un senso, presso gli altri ne hanno un altro opposto. Dovremmo noi dire che lo Spirito Santo abbia inspirato giudizi contradditorii sopra questo o quel punto della Bibbia; vale a dire, giudizi che siano veri e falsi ad un medesimo tempo?

            V. Oh! no certamente: questa sarebbe orribile bestemmia; niuno, nè cattolico, nè protestante, asserisce tanto.

            P. Dunque?

            V. Dunque io non so più che rispondere.

            P. Dunque, mio buon giovane, bisogna dire: lo Spirito Santo non ha inspirato, nè inspira a tutti indistintamente il vero senso della Scrittura. Ascolta un fatterello, il quale può servire anche di conclusione a questo Trattenimento e darci un saggio dei frutti della inspirazione dello Spirito Santo nel leggere la Bibbia. Una vecchierella erasi posta un giorno a disputare con un dottore protestante, asserendo che Gesù Cristo erasi fatto uomo prima della creazione del mondo: ed appoggiava il suo discorso su quelle parole del Vangelo: Prima di me niente fu fatto (Ioan. c. 1) {388 [388]} Il dottore le fece varie osservazioni; ma vedendo che tutto era indarno, le disse in fine di essere a così parlare inspirato dallo Spirito Santo. La buona vecchia a questo rispose di aver anch'essa l'anima in corpo al paro di lui, e di essere ella pure dallo Spirito Santo illuminata. Qui i sangui si riscaldarono; e dopo essersi scambiate parecchie ingiurie e imprecazioni, maledicendosi l'uno e l'altra si abbandonarono. Tali sono, caro giovanetto, le conseguenze della libera interpretazione della Sacra Scrittura.

 

 

Trattenimento X. Una conseguenza non voluta.

 

            P. I Protestanti, giovanetto mio, ammettono certi principii, da cui sono posti in manifeste contraddizioni; e quindi ne emergono certe conseguenze, di cui eglino stessi si vergognano. Gli scrittori di vostra setta ne sono una prova palmare. Io ti invito a considerare soltanto quello che dice un cotale Trivier.

            V. Trivier? oh! costui è uno dei più dotti Riformatori, ed un sant'uomo. Quanto mai è benemerito della Riforma! Egli continuamente lavora e suda pel bene della religione. {389 [389]}

            P. Lasciamo per ora in disparte i meriti che il Trivier possa avere, le fatiche, i sudori suoi: io noto però di lui cotali asserzioni, che senza dubbio debbono fare onta ed a Trivier ed a' suoi ammiratori. Parliamo soltanto de' suoi scritti e segnatamente del libro, in cui egli espone i motivi che lo hanno indotto a farsi protestante.

            V. Oh! questo è un libro d'oro; io l'ho sempre meco in tasca; e certo quivi c'è niente a ridire.

            P. Vuoi che io ti faccia osservare alcune delle innumerevoli contraddizioni di questo libro?

            V. Contraddizioni in questo libro? certamente non ne può avere; no, e mai no.

            P. Bene! aprilo a pag. 27, e leggerai: Ogni fedele può e deve giudicare, cioè discernere la parola di Dio da quella degli uomini.

            Ora se ogni fedele può, come Trivier, e deve discernere la parola di Dio da quella degli uomini, perchè dunque egli si travaglia tanto a spiegare la Bibbia, ed indurre altrui ad accettare le sue spiegazioni? Perchè fa ricorso ai ss. Padri e ai Dottori Cattolici per interpretare la Bibbia?

            A pagina quarta il Trivier si propone di citare sulle cose di maggior importanza alcuni squarci dei Padri e dei Dottori più celebri della Chiesa Romana. Ma tosto nella pagina quinta, burlando i suoi lettori, scrive: Non è mia intenzione di attribuire ai Padri autorità alcuna in materia di fede. {390 [390]}

            Che pensi tu di cosiffatto ragionare?

            V. Le cose stanno propriamente stampate così. A parlare schietto, se ciascuno deve leggersi la Bibbia, chi dà a lui il diritto di interpretarla agli altri? Che se esso non dà alcuna autorità ai Padri ed ai Dottori, perchè servesi di loro nello interpretare i punti della Bibbia di maggior momento? Queste mi paiono certo contraddizioni evidenti.

            P. Se tu, caro giovanetto, verrai altre volte co' miei figli ad ascoltarmi, ti farò vedere che questo libro è un impasto di errori e di contraddizioni da capo a fondo; e che l'autore abboracciò unicamente per iscusare la sua apostasia e vomitar calunnie contro alla Chiesa Romana.

            V. Ma voi, gentile signore, incominciate già a mettermi in dubbio sul valore di questi nostri scrittori. Ho già letto un fascicolo sopra un libro del nostro pastore Amedeo Bert, ed ho buttato via con disprezzo tal libro, perchè mi sono convinto che là non ci è che un impasto di falsità e di menzogne. Aspettava perciò che il Bert facesse qualche risposta per ribattere le calunnie e le menzogne che colà sonogli imputate; ma finora egli ebbe acqua in bocca: chiaro segno che non ha nulla a rispondere. Ora voi mi asserite che nel nostro Trivier, oltre le contraddizioni, si trovano eziandio di molte calunnie. Io non voglio tanta {391 [391]} roba: mettetemi sott'occhio una sola delle sue calunnie, e poi io mando di botto Trivier coi tuoi scritti ai campi Elisi.

            P. Aprì il libro a pagina 25, e quivi vedrai le molte cose che dice contro la Chiesa Romana, unicamente perchè proibisce la lettura della Bibbia in lingua volgare.

            V. Forse che ciò non è vero? Questo si ripete tra noi da mane a sera.

            P. Ma è una solenne calunnia. La Chiesa Romana non proibì mai la lettura della Bibbia in lingua volgare; solo vuole proibire ed impedire il guasto che gli eretici fanno di essa Bibbia. La Chiesa permette che la si stampi in lingua volgare; sì veramente che abbia il testo originale a fronte e contenga note dichiarative in fondo di pagina; o per lo meno dopo essersi bene accertata che l'originale non fu punto alterato.

            Ciò posto, noi sfidiamo i seguaci del Trivier a presentarci un solo decreto di qualche Concilio o di un Romano Pontefice, nel quale siasi proibita la lettura della Bibbia in volgare per altro motivo, se non per quello di impedire l'alterazione dell'originale.

            Che se poi il povero Trivier si fosse alquanto impratichito delle cose riguardanti la cristiana Religione, avrebbe letto nel decreto della Sacra Congregazione dell'Indice in data del 13 giugno {392 [392]} 1757 queste parole: « Se siffatte versioni della Bibbia in lingua volgare saranno approvate dalla Santa Sede Apostolica, ovvero stampate con annotazioni tratte dai santi Padri della Chiesa, o da dotti e cattolici uomini, si permettano. »

            Avrebbe letto altresì le tante versioni che in diversi tempi sonosi fatte in molte lingue; conoscerebbe la versione dell'intiera Bibbia in lingua italiana, pubblicata già in Torino nell'anno 1767 da Monsignor Antonio Martini, allora preside nella Real Basilica di Soperga, e poi Arcivescovo di Firenze; nè gli sarebbe ignota l'edizione ultimamente fattasene nel 1851, nella quale v'ha la traduzione letterale italiana del Nuovo Testamento dello stesso Monsig. Martini colle note. Questa edizione promossa da una società di zelanti Cattolici, riuscì accurata, bella e di poco costo, tanto che tutti ne poterono far acquisto.

            V. Voi mi venite aprendo gli occhi. Io tutti i giorni sento i nostri pastori dire e ripetere a piena bocca mille cose contro alla Chiesa Romana; ed ora mi avveggo che non è tutto secondo ragione quel loro schiamazzare. Povero Trivier, se tu cammini di questo passo, io ti do l'addio per sempre, e mi prendo altri libri più veraci che i tuoi non sono.

            P. Ottima disposizione! Se vuoi libri buoni, non guasti, non alterati e scevri da insulse calunnie, {393 [393]} vieni qua da me e te ne provvederò senz'altro. Intanto come per ricreamento voglio a voi tutti contare un fatto che vi farà ognor più vedere a quali conseguenze conduca lo spirito privato dei Protestanti.

            Un padre di famiglia, lusingato da certi suoi amici, andò a predica in un tempio dei Protestanti. Ai sarcasmi, alle imprecazioni che il ministro Protestante vomitava contro la Chiesa Cattolica, il cattivello tosto si decise di professare anch'esso la Riforma. Finita la predica, si presentò dal predicatore e dissegli: - Io voglio farmi Protestante. - Bene, soggiunse il ministro, avremo un fratello di più.

            - Ma io desidero innanzi di istruirmi nella vostra religione.

            - Prendete, risposegli, dandogli la Bibbia, questa è la nostra religione: leggete, istruitevi e conoscerete tutta la nostra religione.

            - Ma chi me la spiegherà?

            - La Bibbia è parola di Dio; Egli stesso l'ha spiegata, e non occorre che altri ve la dichiari da vantaggio.

            - Ma non ci sarà poi rischio che io mi sbagli?

            - Oibò! Non c'è rischio alcuno: leggete voi, leggano i vostri amici; ciò che a voi sembrerà bene, fatelo, e sarà verità, e non è più mestieri {394 [394]} che andiate nè dai preti, nè dai frati per ascoltar prediche.

            Quel buon uomo se ne andò portandosi la Bibbia protestante; e come se trovato avesse un tesoro, giunto a casa e avuto a sè la moglie ed i figli, in mostrando loro la Bibbia: Ecco, disse loro, qui dentro c'è tutta la nostra santa Religione. Non più frati, non più preti: non più prediche, non più catechismi: non più chiese; questa è la Bibbia e non bisogna altro; chi legge qui dentro, sa quanto deve fere per andarsene direttamente in Paradiso.

            Pel corso di un'intiera settimana tutti quei di casa andarono a gara nel trascorrere e adattare a se stessi le cose della Bibbia secondo che meglio loro sembrava. La moglie venne a leggere quelle parole di S. Paolo: Noi siamo tutti fratelli. Oh bene! ella conchiuse: se siamo tutti fratelli, sono già diciotto anni dacchè io ubbidisco; voglio ora comandare diciotto anni al mio marito, ed egli come fratello dovrà ubbidire. E i due figli maggiori, di cui l'uno toccava i 13, l'altro appena i 12 anni, si appropriarono le parole del Vangelo: Chi vuol essere mio discepolo, venda quanto ha, abbandoni padre e madre.

            La domenica seguente il marito secondo il consueto giunse a casa in sull'ora del mezzodì, disposto di mangiare; e intanto non vide nulla {395 [395]} che accennasse a pranzo. Il fuoco spento, niente sopra la tavola; e la moglie là fieramente seduta sopra un seggiolone che attendeva il marito. Olà, disse questi; che è ciò? è ora di pranzo!

            E la moglie a lui di rincontro: - che ora di pranzo? Non basta l'averti servito diciott'anni? Devi sapere che ho trovato nella Bibbia come noi siamo tutti fratelli; perciò da buon fratello tu devi farmi da servo per diciotto anni avvenire; d'allora in poi ripiglierò io i miei lavori.

            Non istarò qui a sciorinarvi la lunga disputa seguita tra quei due novelli protestanti. Vi basti questo che dopo essersi rimandate molte ingiurie ed imprecazioni ed avere il marito ben bene schiaffeggiata la moglie, ambidue in fine di comune accordo ammanirono il mangiare. La moglie finì poi col dire: Oh che religione sciocca avete mai portato in casa nostra! Vi assicuro che in vita mia non ho mai passato un giorno infernale simile a questo.

            V. Ma che cosa fecero quei loro due figli?

            P. Voleva passare sotto silenzio le mariuolerie di quei due giovinotti; ma poichè me ne chiedi ti voglio appagare. Essi aspettarono di essere soletti in casa; poscia diedero di piglio a quanto venne loro in mano: tolsero orologio, un mantello nuovo del padre; un ombrello cogli orecchini della madre, e parecchi altri oggetti; e quando ebbero quasi vuotata la casa, se la fuggirono. {396 [396]}

            Tornano a casa il marito e la moglie insieme; ed al vedersi la casa derubata si pensano che vi siano penetrati i ladri; per il che cominciano a gridare: Aiuto, aiuto. Se non che il marito veduto sopra un tavolino un biglietto scritto dal suo figlio maggiore, lo prende e vi legge queste parole: « Per fare quanto ci comanda la Bibbia, abbiamo portato via e venduto quel che ci è capitato sotto le unghie: e quindi lasciato padre e madre a fine di essere veri discepoli di Gesù Cristo. »

            Allora il padre comprese la sciocchezza che aveva fatto nel lasciare ai figli che si cercassero la religione nella Bibbia; e voltosi alla moglie le disse: Io ne ho abbastanza di cotesta religione protestante. Per l'avvenire voglio che ritorniamo alle prediche del nostro Curato; e spero che le cose andranno meglio.

            Intanto eglino si misero dattorno sollecitamente in cerca dei due figli; e li rinvennero che avevano ancora da vendere buona parte degli oggetti rubati in casa. - Presili alle buone li ricondussero seco; e siccome correva il Sabato Santo, il padre fece un sermoncino a tutti quei di casa; si mostrò pentito d'essere andato alle istruzioni dei Protestanti, gittò sul fuoco la Bibbia eretica; e il dì seguente, assai di buon mattino, marito, moglie e figli recaronsi a fare santamente la Pasqua.

            E questo è, miei cari, un saggio delle conseguenze {397 [397]} dello spirito privato. Il dire: fatevi una religione ad arbitrio, vale quanto dire: Fate quel che vi talenta; rubate, disobbedite, trucidate il vostro Re, i ministri suoi e chiunque vi sembri essere colpevole; voi farete sempre bene, purchè crediate di far bene. Questa è una Religione che mette orrore; ma che è senz'altro la base di tutta la nuova Riforma protestante[67]. {398 [398]}

 

 

Trattenimento XI. Un'impudente arroganza e la Papessa Evangelica.

 

            P. Innumerevoli sono gli errori, a cui i Protestanti vengono condotti, seguendo il loro spirito privato. Perciocchè non vi ha capriccio d'uomo, che non possa fondarsi sulla Bibbia; e qualora in essa non trovisi quello che si vuole, si aggiunge, si toglie, si cangia tutto quanto viene a talento.

            F. Si fa propriamente questo dai Protestanti?

            P. Lo si fa oggidì, come lo si fece per lo passato. Io potrei segnalarvi una lunga serie di errori contenuti nella Bibbia tradotta dal protestante Diodati: ma mi contento ora di solamente notarvi come lo stesso Lutero nel tradurre in tedesco il Nuovo Testamento commise ben più di mille errori, senza contare le capricciose aggiunte apposte al testo originale.

            F. Oh briccone di un Lutero! E il lodano tanto di siffatta versione? Se avesse sbagliato solo nel tradurre, potrebbe scusarsi la sua ignoranza; ma aggiungere cose al testo originale, ah questa è proprio malizia consumata! Datecene un qualche esempio. {399 [399]}

            P. Per non far lungo vi dirò soltanto di una fra le molte aggiunte introdotte da lui per sostenere i suoi errori, e dare ad intendere agli inoruditi che la sua dottrina era appoggiata sulla Bibbia. Esso colla Bibbia alla mano pretendeva di provare come non siano necessarie le opere buone per salvarsi, ed asseriva che la sola fede giustifica. Siffatta sua dottrina era in contraddizione con tutta la Bibbia che dice chiaramente che la fede senza le opere buone è cosa morta in se stessa; che perisce eternamente chi non fa opere di penitenza; e che al tribunale di Dio ci sarà domandato conto strettissimo di tutte le cattive opere fatte nel decorso della vita.

            F. Come potè Lutero sbrigarsi da queste verità così chiaramente esposte nel santo Vangelo?

            P. Lutero se la sbrigò col dire insegnarsi da S. Paolo che la sola fede giustifica. I Cattolici, i quali vegliano diligentissimamente per impedire che non si guasti il testo originale de' sacri libri, conobbero tosto che la parola sola era stata intrusa da Lutero. Laonde mandarono uno a rimproverarnelo. Volete sapere che cosa ebbe risposto?

            F. Abbiamo proprio gusto di udire la risposta di Lutero.

            P. Fu una risposta che fa ridere, e nello stesso tempo muove a sdegno. Fa ridere il mirar l'impiccio {400 [400]} grande in cui si trovò Lutero; ma certo muove a sdegno la impudente sua arroganza. Biasimato adunque in una solenne adunanza, e addimandato perchè avesse aggiunta la parola sola, rispose: Se il tuo papista vuole schiamazzare per questa voce sola, digli da parte mia che il dottore Martin Lutero vuole così. Così comando, così io voglio, e per qualsiasi ragione valga il mio volere: Doctor Lutherus sic vult habere: sic iubeo, sic volo, sit pro ratione voluntas (V. Gotti).

            F. È un rispondere da sciocco e da impudente. Non ci par vero che Lutero abbia tanto abusato della Bibbia; che se i fondatori della Riforma guastano la Bibbia siffattamente, chi potrà fidarsi dei loro discepoli?

            P. Non ci è lecito certamente fidarci dei Protestanti intorno alla spiegazione della Bibbia; perchè ciascuno di essi vantando il diritto di spiegarla come più e meglio gli va a sangue, può benissimo anche aggiugnervi quello che più gli talenta. E appunto questa libertà d'interpretare capricciosamente la Bibbia condusse il protestantesimo ai fatti più mostruosi. Io ve ne racconterò un solo, e tale che è non solo contrario alla Sacra Scrittura, ma non ha riscontro nella storia dei medesimi Gentili.

            F. Dunque raccontatecelo; noi siamo tutti in orecchi. {401 [401]}

            P. Sì che ve lo racconterò; e sono sicuro che vi apporterà non poco diletto. Richiamatevi per un momento alla memoria l'autore dello scisma anglicano; io dico quell'Enrico Ottavo, il quale a forza di mangiare e bere era divenuto sformatamente grasso e grosso tanto da muovere a schifo. Egli consumò lo scisma e fece se stesso capo della Religione.

            Ma la figlia di lui Maria, che gli successe al trono, conoscendo come sarebbe stata cosa ridicola ed empia che una donna stesse a capo di una religione, rinunziò al luteranesimo, si riconciliò col Papa e morì in seno della Santa Chiesa Cattolica.

            A Maria sottentrò Elisabetta, altra figliuola che Enrico ebbe dall'infame Anna Bolena. Quella donna essendo di grande superbia e ambizione, e data ad ogni sorta di vizi, non arrossì di romperla di nuovo col Papa e proclamarsi papessa dell'Inghilterra.

            Ed ecco una donna scaltra e viziosa senza paragone, che fece decapitare l'infelice regina Maria Stuarda ed emulò in crudeltà i più fieri tiranni; una donna carica di ogni sorta di delitti, e che nemmeno sarebbe stata capace d'insegnare il catechismo ai fanciulli; ecco questa donna porsi alla testa di sedici mila ecclesiastici (che tal numero se ne trovava allora in tutto il regno d'Inghilterra) {402 [402]} è farsi loro maestra in religione. Essa proibì ogni relazione col Papa; dichiarò a lei sola appartenere l'autorità di crear Vescovi, ordinar preti, convocar Concili, beatificare e canonizzare i Santi. Tolse via la festività di parecchi Santi ed in loro vece collocò Lutero, Enrico VIII ed altri eretici viziosi ed empi.

            Allora si vide il mostruoso fatto di una donna, rotta ad ogni turpezza, arrogarsi l'autorità di capo della Chiesa; avvegnachè San Paolo dica: Le femmine tacciano nella Chiesa; ivi non è loro permesso di parlare: Mulieres in Ecclesia taceant; non enim permittitur eis loqui ( I. Cor., capo 14, 34).

            Ora da questo solo fatto voi potete facilmente comprendere a quali brutte contraddizioni e assurdità conduca lo spirito privato nell'interpretare la Bibbia.

            F. Siffatte cose saranno avvenute in quei tempi; ma presentemente non sarà più così. Perchè noi vogliamo supporre che tanti barbuti milordi inglesi non si lascino menare pel naso da una donna in materia di sì grande importanza, cioè in quello che riguarda la Religione.

            P. Non solo allora, ma più volte appresso fu rinnovato il mostruoso avvenimento di una donna che dirige le cose del culto; ed ancora ai nostri giorni la Regina è Capo della Religione. Essa crea {403 [403]} i Vescovi, raduna e presiede ai Concili e definisce le quistioni religiose. Nulla si fa in cose di Religione se non col consenso della Regina. Nisi ad beneplacitum Reginae (Decreto di Elisabetta presso Natal. Aless. e Gotti).

            Così quella grande Inghilterra, quei fieri milordi inglesi, che rifiutarono di riconoscere il Papa stabilito da Dio a governare la Chiesa, devono sottostare alle decisioni di una donna, tuttochè talora ignorante e viziosa, ma che intanto leva la voce, e parla, e definisce le più difficili questioni, mentre s. Paolo comanda alle donne di non immischiarsi punto negli ammaestramenti religiosi.

 

 

Trattenimento XII. Variazioni protestanti.

 

            P. Dio è eterno, miei cari figli, ed immutabile; perciò eterna ed immutabile è la sua santa Religione, nè mai ella deve andar soggetta a variazioni di sorta nelle verità che propone. In ogni luogo, in ogni tempo, sempre ci fu una sola Fede, un solo Battesimo, una sola dottrina, come sempre si riconobbe un Dio solo in tre Persone realmente distinte. Non appena usciva alcuno ad insegnare novità nella Chiesa, tostamente, secondo {404 [404]} il comando di s. Paolo, ne era allontanato, affinchè il reo veleno dell'errore non si comunicasse agli altri fedeli.

            Ora questa invariabilità non trovasi certamente tra coloro che vivono nell'errore. Essi fanno a guisa del ladro, il quale se è aspettato di giorno viene di notte; se adocchiato e conosciuto dalla forma e dal colore di un abito, egli lo cangia con altro vestimento; ma è sempre il medesimo ladro. Non altrimenti l'errore cangia tutti i giorni. Ora si presenta in un aspetto, ora in un altro, oggi insegna in un modo, domani in un altro opposto; ma è sempre, e poi sempre l'errore, e non altro che l'errore.

            Tali cose toccano con mano i Protestanti. Nei tempi di Lutero la nuova Riforma era già divisa in trenta e più sétte con sistemi di Religione diversi e contrari. Non molto dopo Monsig. Bossuet ne contava già più di duecento. Ai nostri giorni poi, avendo ciascuno l'autorità di interpretare la Bibbia a modo suo, possiamo dire che ogni famiglia, anzi ogni individuo ha la sua propria religione. Si ha da ammettere che tante credenze, diverse ed opposte fra loro, contengano la verità?

            F. Queste variazioni, queste divisioni tra' Protestanti sono un segno manifesto che eglino non hanno per guida la verità. Siccome però ci sfidano sempre alle prove dei fatti, noi vorremmo {405 [405]} che voi ci accennaste alcuni punti di dottrina intorno a cui abbiano i Protestanti cangiato di opinione.

            P. Io non voleva discendere a fatti particolari, perchè il nostro Trattenimento riuscirebbe troppo lungo; tuttavia per appagarvi noterò alcuni punti di dottrina, intorno a cui hanno essenzialmente variato di opinione e di credenza i Protestanti ed i Valdesi che vivono tra di noi.

            F. Appunto di costoro abbiamo bisogno che ci parliate, perchè così saremo al fatto di dar loro conveniente risposta, quando ci accadesse di essere interrogati intorno alla nostra Religione.

            P. Cominciamo dalla loro origine. Uno storico valdese di nome Léger dice che i Valdesi risalgono fino ai Profeti dell'antica legge; di maniera che i Valdesi sarebbero stati, secondo lui, già Cristiani, prima che ci fossero Cristiani.

            Lo storico Bert, di cui abbiamo già più volte fatto parola, trova esagerata simile antichità, e nota che i Valdesi, essendo Cristiani, devono venire da Gesù Cristo. Laonde conchiude che la vera fede fu portata ai Valdesi da alcuno degli Apostoli, senza però dirci chi egli sia.

            Siffatta opinione non garba ad un altro ministro valdese di nome Peyran, il quale asserisce non dagli Apostoli, ma forse dai discepoli degli Apostoli essere stati spediti i primi predicatori dei Valdesi. {406 [406]}

            Lo credereste? Un quarto storico di nome Muston, rigettate tutte queste tre opinioni, sostiene che nel terzo secolo alcuni Cristiani, venuti dai mezzodì dell'Italia, portarono la luce del Vangelo ai Valdesi.

            F. Deh! che pasticcio! che intruglio è mai cotesto! i Valdesi secondo uno furono istruiti nel Vangelo prima del Vangelo; secondo un altro ebbero un Apostolo per predicatore. Viene un terzo e dice che ebbero a maestri alcuni discepoli degli Apostoli, o discepoli di questi discepoli; salta su poscia un quarto, e vuole che siano stati istruiti nel Vangelo nel terzo secolo. Che pasticcio, ripetiamo, che intruglio!

            P. Voi vedete senz'altro che tutte queste asserzioni cozzano le une le altre fra di loro; e perciò secondo i medesimi Protestanti, se non tutte, almeno tre devono essere false. Ma noi possiamo andare oltre senza esitanza, ed asserire che queste quattro opinioni tutte e quattro sono quattro errori madornali, perchè in discorrendo della vera origine dei Valdesi, abbiamo fino all'evidenza fatto vedere che i Valdesi discendono da Pietro Valdo, vero autore della loro setta.

            Le contraddizioni poi, che s'incontrano nella loro origine, occorrono parimente nella loro credenza.

            F. Appunto della loro credenza desideriamo di ascoltarvi a parlare. {407 [407]}

            P. Togliamo ad esempio le variazioni e le assurdità dei Valdesi circa il numero dei Sacramenti. Pietro Valdo ammetteva sei Sacramenti e rigettava solamente la sacra Ordinazione. I primi suoi discepoli cominciarono a negare in certi casi la virtù del Battesimo; poscia in una professione di fede fatta in Angrogna nel 1532 dissero non esservi tanto nel Battesimo quanto nell'Eucaristia alcuna efficacia sacramentale.

            Nell'anno 1655 in un'altra professione di fede riconobbero che il Battesimo e l'Eucaristia hanno una grande efficacia; che il primo ci lava dai nostri peccati, l'altro alimenta le anime nostre.

            Ma nella prima parte di questo secolo in un loro catechismo (stampato del 1832) negarono ambidue questi Sacramenti, asserendo che il Battesimo è una semplice cerimonia, e che nell'Eucaristia non v'è che vero pane.

            Inoltre quando i Valdesi si unirono ai Protestanti, essi dichiararono di ammettere tutte le credenze dei Riformatori. Quindi noi, seguendo la dottrina del ministro Bert, possiamo dire che i Valdesi credettero con Lutero che non esisteva altro sacramento fuori del Battesimo; che poscia si disdissero col medesimo Lutero ed ammisero tre sacramenti; che sono: battesimo, Eucaristia e Penitenza.

            In appresso tornarono di bel nuovo a pensare {408 [408]} con Lutero e ad ammettere soltanto due sacramenti, il Battesimo e l'Eucaristia. Se non che essendosi i Valdesi eziandio uniti con Calvino, furono obbligati a credere che anche l'Ordine era un sacramento. Finalmente, dopo aver ammesso prima un solo Sacramento, poi due, poi tre, poi quattro, vennero a riconoscerli anche tutti con Melantone, e con altri teologi Protestanti. - Ma ditemi: perchè ridete tanto?

            F. Noi ridiamo, perchè questi Valdesi ci paiono una vera gabbia di pazzi; dire e disdire; ora sì, ora no, poi no, poi sì: che credenza ridicola la è mai questa! E ridiamo ancora del loro ministro Amedeo Bert, perchè ci sovviene di aver visto che esso s'intitola Cappellano delle Legazioni Protestanti qui in Torino. Ora, noverando noi col calendario generale alla mano le diverse Legazioni di Stati esteri, che si trovano a Torino, diciamo fra noi: il Valdese signor Bert investito della Legazione Inglese si fa Episcopale, Presbiteriano o Quacchero, o Metodista; che appunto tali nomi sentiamo darsi alle più numerose sétte degli Inglesi. Colla Legazione Prussiana poi si fa Luterano, con quella di Svezia diventa Evangelico[68], {409 [409]} coll'altra di Danimarca si costituisce Zwingliano, colla Wurtembergese Moseimiano, colla Badese si crea Anabattista, colla Svizzera Calviniano o Sociniano, e colla Legazione degli Stati Uniti dovrà rendersi Mormone. Per nostra fè che imbottito della fede e adorno delle vesti di tante diverse sétte, il signor Bert deve proprio fare la più bella e magna figura di Gianduia o di Arlecchino che mai sia esistita al mondo!

            P. Dite giusto. Io potrei ancora esporvi una lunga filatessa di loro variazioni e contraddizioni intorno a tanti altri punti di dottrina; ma per amore di brevità ora me ne passo. Non voglio però tacere di un fatto, di cui noi tutti siamo testimoni.

            F. Di un fatto, di cui siamo noi testimoni! Non dite altro, e contate.

            P. Eccovelo. Voi sapete che in questa nostra città, la quale fu per tanto tempo culla illibata del Cattolicismo, si è costrutto, non sono molti anni passati, un tempio protestante. {410 [410]}

            F. Sì, lo sappiamo; e ne abbiamo già tante volte udito a parlare.

            P. Ora sappiate eziandio che la fabbrica di questo tempio è una vera variazione del culto Valdese, è pei Valdesi una palmare contraddizione. Perciocchè i loro storici raccontano concordemente[69] come fosse massima ed usanza dei Valdesi di beffarsi dei Cattolici, perchè fabbricavano chiese, dove celebrarvi i divini uffizi. Asserivano che la costruzione delle chiese era cosa inutile, anzi superstiziosa; e chiamavano i templi tettoie e granai; affermando essere miglior cosa che uno preghi in una stalla, dentro una camera, anche sdraiato in un letto, che non in una chiesa. Laonde deridevano e biasimavano vivamente quelli che fabbricavano cappelle e templi, o facevano legati per tale fine.

            F. Perchè dunque ora vogliono farsi delle chiese? Quante stravaganze! oggi non vogliono, domani cangiano proposito: oggi no, domani sì: come conciliare queste cose?

            P. Queste cose non si possono in alcun modo conciliare, perchè contradditorie; e da ciò vedesi chiaro che la dottrina dei Valdesi d'oggidì non è più quella de' loro fondatori.

            Ma per farvi toccar con mano l'assurdità della {411 [411]} credenza dei Protestanti, voglio divertirvi un poco con mettervi innanzi alcune dimande e risposte, tutte appoggiate alla loro dottrina come vi ho esposto negli antecedenti trattenimenti. Ascoltate questo dialogo.

            D. Da quanto tempo esistono i Valdesi secondo Léger?

            R. I Valdesi esistono dai tempi dei Profeti; essi cioè apparvero molti anni prima della venuta di Gesù Cristo: quindi molti anni innanzi che ci fossero dei Cristiani, i Valdesi erano già Cristiani.

            D. Da qual tempo esistono i Valdesi secondo Bert?

            R. I Valdesi cominciarono ad esistere ai tempi degli Apostoli.

            D. Da che tempo cominciarono ad esistere i Valdesi secondo Peyran?

            R. I Valdesi incominciarono ad esistere dal tempo dei primi discepoli degli Apostoli; o almeno dal tempo dei discepoli dei primi discepoli.

            D. Da che tempo cominciarono ad esistere i Valdesi secondo Muston?

            R. I Valdesi secondo Muston cominciarono ad esistere nel terzo secolo.

            Altri invece asseriscono che i Valdesi datano dal quinto secolo; altri dall'ottavo secolo, ed altri dal secolo nono. Da ultimo parecchi, e con verità, {412 [412]} fanno discendere i Valdesi da Pietro Valdo, il quale visse alla metà del secolo decimosecondo. Tutte queste opinioni sono varianti, anzi opposte l'una all'altra, e perciò è impossibile che siano tutte vere. Andiamo avanti.

            D. Quanti sono i Sacramenti presso i Protestanti?

            R. I Sacramenti presso i Protestanti sono sette.

            D. Quanti sono i Sacramenti secondo la dottrina di essi Protestanti?

            R. Secondo la dottrina dei medesimi Protestanti i Sacramenti sono sei, sono cinque, sono quattro; e se volete sono tre, sono due, ve ne ha uno solo. Non basta; secondo la loro dottrina si può anche rispondere che non ce n'è alcuno.

            D. Sono necessarie le chiese?

            R. Non punto necessarie: invece di chiese è meglio costruire stalle e far tettoie.

            D. È bene costruire delle chiese?

            R. È cosa ottima, perchè una chiesa è un luogo santo; e noi Protestanti abbiamo costrutto un tempio vistoso ad aguglie nella città di Torino.

            D. Fa bene chi prega in chiesa?

            R. No: invece di pregare in chiesa mette più conto pregare in una stalla o sotto una tettoia; ovvero in camera stando sdraiati in un letto.

            D. Opera dirittamente chi prega in chiesa?

            R. Per sicuro; e per questo noi Protestanti ci {413 [413]} siamo costrutto un tempio, perchè il tempio è casa di orazione.

            P. Tutte queste dimande e risposte, e molte altre di simil fatta, che potrei ancora aggiugnere l'una contraria all'altra, discendono tutte per via diritta dalla dottrina protestante.

            Dicano ora i Protestanti se in un insegnamento di tal natura, qual è il loro, vi possa essere ombra di verità. Noi intanto abbiamo il diritto di muovere questa grave dimanda ai ministri valdesi e protestanti: « O che i vostri fondatori errarono nel loro insegnamento, o no. Se voi dite che i fondatori della vostra setta errarono, dunque voi siete fondati sull'errore. Se poi ci dite che non errarono, la sbagliate voi, i quali non insegnate più la loro dottrina, ma una credenza affatto contraria. » In ambidue i casi voi siete nell'errore. Dateci una risposta.

            Prima però di por fine a questo importantissimo Trattenimento voglio farvi notare come un molto erudito protestante di nome Gibbon, in considerando le continue variazioni che i Protestanti facevano in fatto di religione, fu indotto ad abiurare il Protestantismo, e si fece cattolico. Fin da giovanetto egli aveva percorso la importante Storia delle Variazioni di Monsignor Bossuet; e fra le altre cose ci lasciò scritto: « Le variazioni nei Protestanti sono argomenti di falsità, mentre l'unità {414 [414]} della Chiesa Cattolica non mai interrotta è una prova ed un testimonio infallibile della sua verità.

 

 

Trattenimento XIII. Guazzabuglio protestante.

 

            P. Forse vi ricorderete ancora, o miei cari figli, della famosa torre fabbricata dai figli di Noè, la quale nella storia è nota col nome di torre di Babele. Cresciuti in grande numero, i Noemidi si dovevano separare e recarsi ad abitare altre parti del mondo. Prima però di dividersi convennero in una pianura della Mesopotamia, ora denominata Diarbek, e immaginarono di poterivi costruire una torre che giungesse fino al cielo. Ma questo facevano con superbia; laonde il Signore a confondere la folle impresa mandò tra loro la confusione delle lingue per modo, che l'uno più non comprendeva quanto l'altro diceva. Questi diceva: portatemi acqua, e gli erano recati mattoni. Quell'altro: Venite presto ad aggiustare quel ponte; egli vi adduceva bitume con altri materiali. Insomma tale si fece la confusione, che uno più non {415 [415]} riuscendo a farsi capire dall'altro, dovettero cessare tutti dal lavoro, e rivolgersi chi qua, chi colà ad abitare i varii paesi della terra. Il luogo dove essi cominciarono la erezione della torre fu appellato Babele; che vuol dire confusione.

            Or bene; quello istesso che la Bibbia ci conta della torre babelica, oggidì possiamo applicarlo del tutto ai Protestanti. Essi pretesero di costruirsi un'altra chiesa diversa da quella che esisteva da 1500 anni; e così per quella novella chiesa fecero pensiero di giugnere fino al cielo. Ma Iddio vide la loro superbia, e confuse il loro linguaggio per forma, che nemmeno tra di loro non giungono più a comprendersi.

            Dimandatene ai Protestanti e interrogateli quale sia la loro religione; ed eglino più non sanno omai che rispondere.

            F. Possibile che i Protestanti non sappiano neppure quale sia la loro religione? Fino gli Ebrei e Maomettani sanno darci qualche definizione della loro credenza.

            P. Io ho più volte mosso questa formale dimanda a parecchi protestanti: Qual è la vostra religione? Ed essi: La nostra religione, rispondevano, è la riformata. - Che cosa intendete per religione riformata? - Per religione riformata intendiamo quella che si contiene nella Bibbia. - Ma nella Bibbia c'è la religione degli Ebrei, quella {416 [416]} degli Egiziani, dei Cristiani, di Simon Mago e di altri eretici; dunque voi siete Ebrei, Gentili, eretici o qualche altra cosa contenuta nella Bibbia! - Lo credereste, miei figli? Dissero, disdissero, poi esitarono e ripeterono le medesime cose di prima; ma da tutte le loro parole non mi fu dato di poter comprendere punto ciò che essi vogliono significare per religione riformata.

            F. Almeno ne' loro libri si dirà quale sia la loro religione.

            P. Ne' loro libri lo si dice; ma in una maniera confusa e diversa, che io non esito paragonare le loro dichiarazioni ai parlari della confusione di Babele.

            F. Diteci per lo meno come definiscano la propria religione ne' loro libri.

            P. Se vi talenta che io vi esponga quanto dicono ne' loro libri per definire la loro credenza, il farò; non per istruirvi, ma per divertirvi. Ascoltate.

            L'anno 1824 il Senato di Ginevra si radunò; e, venuto al punto di definire che cosa sia il Protestantismo, si espresse così: Il Protestantismo è un atto d'indipendenza dell'umana ragione nel fatto della religione (Editto Sen. gen. feb. 1824). Con questa definizione, voi lo vedete, si toglie dalla religione tutto ciò che vi è di sacro e divino. La propria ragione è il fondamento della religione riformata. {417 [417]}

            Nell'Inghilterra poi il Protestantismo è un atto, con cui ciascuno professa quel che crede, e crede quel che vuole. E questo viene a dire che ogni protestante può credere quel che gli aggrada, e fare quel che gli arride (V. Vatson presso Milner. Cont. relig., part. 3). In questi ultimi tempi fu dato alle stampe un catechismo, che si usa generalmente tra i Protestanti in Inghilterra. Ivi il Protestantismo è definito a questo modo: Il Protestantismo è una detestazione del Papismo, del Cattolicismo, ed una esclusione dei papisti e dei cattolici da ogni impiego civile ed ecclesiastico. La medesima definizione danno sotto sopra del Protestantismo quelli d'America[70]. E questa è la definizione, ovvero la base, sopra cui i ministri riformatori appoggiano la dottrina protestante. Stabilito così il loro principio, ascoltate le spaventose conseguenze che ne derivano. Credo che voi comprenderete meglio quanto vi sono per dire se mi appiglierò alla forma di domanda e risposta.

            D. Chi sono i Protestanti?

            R. Tutti quelli che, ommettendo la divina rivelazione, seguono la loro ragione in ciò che riguarda la religione (secondo la definizione ginevrina).

            D. Se uno rifiutasse di credere alcuna cosa contenuta {418 [418]} nelle Sacre Scritture, sarebbe ancora per questo un buon protestante?

            R. Sarebbe ancora un buon protestante, perchè ciascuno crede quel che vuole e professa quel che crede (secondo la definizione degli Inglesi).

            D. Chi negasse tutta la Sacra Scrittura?

            R. Chi negasse tutta la Sacra Scrittura sarebbe ancora un buon protestante (definizione mentovata).

            D. E chi negasse anima, Dio, inferno e paradiso sarebbe ancora un buon protestante?

            R. Sarebbe un fiore di protestante, perchè ognuno crede quel che vuole e professa quel che crede (defin. mentov.).

            D. Un regno od un governo, per essere fedele protestante, che cosa deve fare?

            R. Deve escludere tutti i Cattolici dagli impieghi civili ed ecclesiastici. Protestantismus est exclusio Catholicorum ab omni officio ecclesiastico et civili (definizione anglicana).

            D. I Turchi, i Maomettani, gli Ebrei, i Russi possono appartenere ai Protestanti?

            R. Costoro possono essere tutti veri Protestanti sì veramente, che detestino di cuore i Cattolici ed il Papa; perchè il Protestantismo è una detestazione del papismo e del cattolicismo.

            D. Quelli che commettono frodi nei negozi e nei contratti sono ancora Protestanti? {419 [419]}

            R. Lo sono ancora, purchè detestino il papismo ed il cattolicismo.

            D. Gli ubbriachi, i giuocatori, i fannulloni che bazzicano alle bettole ed ai caffè giorno e notte possono anche essere buoni Protestanti?

            R. Certamente sì; anche cotestoro han da essere buoni Protestanti.

            D. I tagliaborse, i ciurmatori e gli schiamazzanti delle piazze possono appellarsi Protestanti?

            R. Costoro sarebbero ottimi Protestanti, perchè avrebbero maggior audacia per detestare il papismo e il cattolicismo.

            D. Uno che macchinasse di far una ribellione in uno stato cattolico, che cercasse di uccidere o uccidesse realmente il legittimo suo sovrano; queglino inoltre che assalgono i passeggeri per istrada e altre simili lordure di uomini, sarebbero ancora buoni Protestanti?

            R. Tutti costoro non che buoni sarebbero ottimi Protestanti, come queglino che hanno più coraggio e sfrontatezza per gridare contro il Papa e contro i Cattolici.

            P. Miei cari figli, immaginatevi pure un uomo senza pudore, rotto ad ogni disordine e capace di qualsiasi malfatto, purchè giudichi di credere così, purchè detesti il papismo ed il cattolicismo, egli per questo è un ottimo osservatore della religione protestante. Ma io vi veggo {420 [420]} quasi stupidi; ditemi, quale cosa vi cagiona tanta sorpresa?

            F. Noi siamo pieni di stupore e di sorpresa alla brutta pittura che ci fate; del protestantismo. In essa, come direbbe un nostro amico che frequenta la scuola di letteratura, vi traspare una dottrina che fa stomaco. Ma perdonateci questa osservazione: se i Protestanti scrivessero siffatte cose apertamente nei loro libri, oppure le venissero spiegando nelle loro prediche, pare a voi che vi sarebbero ancora dei Protestanti?

            P. I Protestanti non dicono mica queste cose sveltamente, ma ne pongono abbastanza chiari i principii. E siccome una pietra gittata in alto di sua natura deve ricadere, così i Protestanti, posta la definizione della loro religione, naturalmente ne devono derivare le conseguenze mentovate. Tali cose sono esposte da essi velate; e questo per imitare il nemico del Vangelo, che andò segretamente a spargere la zizzania in mezzo al buon frumento quando nissuno custodiva il campo. Ma la segretezza di quel nemico non impedì che la sua zizzania non si svolgesse e riuscisse quindi una peste terribile pel buon frumento.

            F. Ancora una cosa non ci entra in capo. Se la Religione dei Protestanti è tanto perversa, ed apre la via a tanti disordini, i Protestanti dovrebbero essere una mano di ladri, di assassini, di {421 [421]} quanto insomma v'ha di peggiore al mondo. Ora noi vediamo che fra i Protestanti ci sono molte persone di buon conto e onorate; come mai conciliare i cattivi principii che ci dite con queste buone conseguenze!

            P. Voi mi fate una osservazione che mi dà motivo di esporvi alcune giuste riflessioni.

            Il Protestantismo è tale veramente quale ve l'ho descritto; ed io sono di parere che parecchi si facciano Protestanti, o vivano in tale setta senza conoscerne la bruttezza, per questo che i predicatori dell'errore nel Vangelo sono appunto somiglianti ad un lupo vestito da pecora. A prima giunta costoro paiono altrettante miti pecorelle; e intanto chi loro s'avvicina da presso e giunge a conoscerli, scopre in essi le zanne dei lupi rapaci.

            Voi, o miei figli, mi dite che i Protestanti non sono tutti ladri e assassini, malfattori; ed è il vero. Io stesso ne ho conosciuti assai, buoni, onesti, caritatevoli e leali. Nè è maraviglia; perciocchè essendo il Protestantismo un corrompimento del Cattolicismo, molte buone massime del Vangelo trovansi ancora tra di loro praticate. La qual cosa impedisce a molti Protestanti di lasciarsi trascinare alle turpi conseguenze, cui la loro setta di sua natura li condurrebbe.

            Oltre a questo i Protestanti vivendo in paesi cattolici, trattando con Cattolici, leggendo o udendo {422 [422]} leggere libri cattolici, sono senza avvedersene costretti in certo qual modo a conservarne i precetti e seguirne gli esempi. Ma è sempre vero che la religione protestante conduce alle turpitudini che ho notato; e che, secondo i principii su cui si basa, sarebbe tuttora un buon protestante chi tali turpitudini commettesse. Così pensarono ed operarono i capi della Riforma, i quali tennero vita malvagia; e così operano coloro che ai nostri giorni passano al Protestantismo, i quali non hanno di mira altro che di condurre una vita più libera e più licenziosa.

            F. Oh padre! noi non avremmo mai creduto che la religione protestante contenesse tante nefandezze. Per l'avvenire noi avremo sempre in abborrimento le massime protestanti, e ci conserveremo fermi ed affezionati alla nostra Santa Cattolica Religione, praticando i precetti che a tutti i fedeli Cristiani impone. {423 [423]}

 

 

Trattenimento XIV. I Ministri protestanti in un labirinto.

 

            P. Dicevasi dagli antichi labirinto uno spazioso edifizio con giardini, di cui è una sola l'entrata ed una sola l'uscita. Molti corridoi, molti viáli tortuosi, l'un l'altro perfettamente simili, conducono il visitatore a luoghi distanti dall'uscita tanto che senza una guida gli riesce assai difficile di tornarne fuori. Anzi sappiamo dalla Storia di uomini coraggiosi, ma troppo arditi, i quali lasciarono miseramente la vita in quei molti, lunghi e somiglianti aggiramenti. Or bene i ministri protestanti si trovano per lo appunto in un labirinto. Nell impossibilità di poter dimostrare che sono mandati da Dio, ricorsero alla Bibbia, e la Bibbia li condusse ad un guazzabuglio di contraddizioni, cioè ad un vero labirinto, da cui non è più loro dato rinvenire alcuna strada onde uscire. Ciò tutto deriva dalla libera interpretazione della Bibbia.

            F. Fateci un po' vedere alcuni di questi guazzabugli, da cui non sappiano distrigarsi i ministri protestanti.

            P. Ve ne dirò alcuni. Noi per esempio domandiamo ai Protestanti: La Bibbia che voi avete da {424 [424]} chi l'avete ricevuta? Essi contorcono il naso, dimenano le spalle, considerano, riflettono e poi sono costretti a rispondere: L'abbiamo ricevuta dalla Chiesa Cattolica[71].

            Domandiamo nuovamente: Questa Bibbia, che voi avete ricevuto dai Cattolici, era giusta, intatta o falsata?

            Alcuni rispondono che era giusta; e noi loro tosto di rimando: se questa Bibbia era giusta e non alterata, dunque la Chiesa Romana, che allora la possedeva e continuò a possederla in appresso, continuò eziandio ad essere la Chiesa di Gesù Cristo. Perchè dunque voi avete abbandonata questa Chiesa?

            Altri più furbi rispondono: La Bibbia era stata alterata, e noi ci siamo occupati a correggerla. - Voi vi siete messi attorno per correggerla? ma chi vi insegnò il modo di correggerla? Quale originale avevate, od avete voi fra le mani fuori di quello che esiste nella Chiesa Cattolica?

            A questo punto i signori ministri si tacciono; e non sapendo più che cosa rispondere, saltano, come di palo in frasca, ad altra questione. - Ecco uno stradale del labirinto. Quando poi i Protestanti leggono la Bibbia, noi possiamo loro chiedere: Come ci spiegate voi l'uso dell'incenso, {425 [425]} che, come simbolo della preghiera si offre ai piedi dell'altare? Dove sono i vostri candelieri, dove il vostro altare, i vostri turiboli, e quei moltissimi altri arredi sacri che esistono nei templi nominati nella Bibbia? Essi non sanno mostrarcene traccia nei loro templi; e quindi più cose riescono loro malagevoli, anzi impossibili a comprendersi, se non si recano nelle chiese cattoliche.

            Ho un bel fatto da contarvi a questo riguardo, succeduto nelle missioni della China[72]. Un protestante, che si faceva istruire per abbracciare la Religione Cattolica, un giorno si abbattè in un suo parente protestante, il quale, dopo alcune parole prese a dirgli: Io non posso più volerti bene dacchè hai lasciato la nostra religione per farti papista. - « Ed io ti amo assai, gli rispose il catecumeno, ma ti compiango ancor più, perciocchè tu ti credi illuminato, quando stai tuttavia immerso in foltissime tenebre. » Ciò detto, tosto venne con esso lui a questo singolare ragionamento, che ebbe effetto compiuto: « Altra volta, ripigliò egli, noi leggevamo la Bibbia e non la intendevamo; ma nella Religione Cattolica troviamo il senso di molte cose, che prima ci erano inconcepibili. Si legge, a cagione di esempio, in s. Luca, come un angelo apparve a Zaccaria alla parte diritta dell'altare; {426 [426]} ed in ogni luogo della Bibbia è menzione dell'altare. Ove dunque sono i vostri altari? Sapete voi quello che essi siano? Ma andate dai Cattolici: presso di loro troverete un altare. Il protestante restò muto sulle prime; poi disse: È vero.

            F. Continuate in siffatti discorsi: ci piaciono soprammodo.

            P. Continuerò. Noi domandiamo ai Protestanti se la santità sia essenziale alla vera Chiesa di Gesù Cristo; e rispondono che sì. Dimandiamo se nella Chiesa Cattolica ci siano stati dei Santi; e ripetono che sì. Dimandiamo se tra tutte le Chiese riformate essi possano vantare un solo divenuto santo, un solo miracolo operato da qualcuno di loro setta; e sono costretti a crollare il capo e dire: No. Dunque, conchiudiamo, dunque voi convenite con noi che la santità esiste nella Chiesa Cattolica, senza che possiate dare la minima prova che esista nella Chiesa riformata.

            Noi dimandiamo inoltre, se fra tutti quelli che dal Cattolicismo passarono o passano al Protestantismo, ve ne sia un solo, il quale abbia fatto questo cangiamento a fine di vivere più virtuosamente; e la nostra dimanda è già da molto tempo che si va ripetendo; ma ci fu e ci è sempre risposto che pur troppo i Cattolici apostati sono dei più scostumati ed i più dissoluti.

            Dimandiamo in fine: Potete voi trovarci un solo {427 [427]} protestante, il quale non siasi fatto cattolico per vivere più virtuosamente? Ed essi debbono far questa risposta: Noi possiamo; anzi migliaia di fatti dimostrano che chi passa al Catolicismo è mosso dal desiderio di vivere più virtuoso e di santificarsi. Dunque, noi facciamo la conclusione, dunque il vizio trascina al Protestantismo; il buon costume, la morigeratezza conducono al Cattolicismo. Dateci una risposta in proposito.

            I Protestanti qui balbettano: la sola fede giustifica; perciò secondo essi non occorre fare opere di penitenza; chi crede si salva. Ma noi di rincontro: Che cosa vogliono significare quelle parole del Vangelo: « Se non farete penitenza, tutti similmente perirete? » e quelle altre di s. Paolo: « Dobbiamo tutti presentarci al tribunale di Gesù Cristo, e ciascuno dovrà render conto di quel tanto di bene e di male che operò in vita sua. » Che cosa vogliono dire? I Protestanti a questo mettono acqua in bocca, e col loro silenzio mostrano che sono in un labirinto.

            Volete ancora che io mi continui in questo argomento?

            F. Il desideriamo di tutta voglia: ma però lasciate che vi facciamo alcune inchieste.

            E primieramente che cosa dicono i Protestanti per dimostrarci dove fosse la loro Chiesa prima di Calvino e di Lutero? {428 [428]}

            P. Ah qui eglino incontrano grave difficoltà a risponderci; perchè noi dimandiamo loro che ci accennino un uomo solo, il quale prima dei loro eresiarchi abbia professato il Protestantismo da essi oggidì professato. Alcuni escono a dire che allora il Protestantismo era invisibile; e con ciò, come abbiamo trattato altrove, vengono ad asserire che la Chiesa Protestante fu per 1500 anni invisibile, e che in tutto quello spazio di tempo la vera Chiesa andò viaggiando dalle stelle al sole, dal sole alla luna, finchè giunse a trovarsi un nido, una tana, od una casa ove abitare.... Perchè ridete?

            F. Ridiamo, perchè la Chiesa non è mica una volpe, che vada a cercarsi una tana; od un uccello, che voli in cerca del suo nido; e neppure un uomo ramingo, il quale giri per trovarsi una stanza ove ricoverarsi.

            P. Che cosa volete adunque che sia questa Chiesa?

            F. Oh! questa Chiesa, la vera Chiesa di Gesù Cristo, deve essere una congregazione di fedeli cristiani, che professino la fede e la legge di Gesù Cristo, sotto la condotta dei legittimi Pastori, di cui il Capo Supremo è il Romano Pontefice, stabilito da Dio per suo Vicario in terra.

            P. Sì: questa sarebbe la vera Chiesa di Gesù Cristo, la quale doveva farsi visibile in ogni tempo {429 [429]} per ammaestrare ed accogliere i fedeli di tutti i luoghi.

            Ma noi chiediamo ai Protestanti: Dove è la successione legittima dei vostri Pastori? Qual è il Capo legittimo della vostra Chiesa, cui si possano applicare quelle parole del Vangelo: Ite, docete: andate, insegnate?

            A cosiffatte dimande i ministri protestanti tengono chiusa la bocca, e confessano tacendo di essere in un vero labirinto.

            F. Ma, diteci, i ministri protestanti non trattano mai di simili argomenti dai loro pulpiti?

            P. Questi argomenti per lo più da loro si passano sotto silenzio; e se talora li toccano, il fanno unicamente per avere cagione di calunniare la Chiesa Romana.

 

 

Trattenimento XV. Calunnie contro alla Chiesa Romana.

 

            I Protestanti non potendo sostenere la loro credenza colla lealtà e colle ragioni, si mettono a fabbricare calunnie contro alla Chiesa Romana; e di queste calunnie si valgono nelle prediche, negli scritti e nelle stesse loro conferenze. Il loro {430 [430]} scopo si è di ingannare i Cattolici e così colla frode renderseli seguaci.

            Che cosa è la calunnia? La calunnia è l'invenzione di un fatto, che si propaga per disonorare una persona. Questa adoperano i malevoli contro del prossimo: questa praticano i Protestanti contro la Chiesa Cattolica. Quante falsità, quante menzogne, quante calunnie da essi inventate contro alla Cattolica Religione a fine di trappolare gli incauti che li vanno ad ascoltare!

            F. Calunnie e menzogne contro alla Chiesa Romana! Noi pensavamo che fossero solamente i Valdesi, i quali si appigliassero a simili partiti. Anche i Protestanti usano calunnie? Accennatecene alcuna.

            P. Non mi farò ad esporvene molte perchè sopra tale cosa vi ho già ammaestrati di proposito con altri trattenimenti. Per ora voglio raccontarvi solamente un fatto, che fornisce materia abbondante per l'argomento che abbiamo tra mano. Eccovelo.

            Qualche tempo fa venne tra noi un famoso protestante, di cui giudico bene tacervi il nome; e dopo alcune parole, mi porse un libro, dicendo a più riprese: Eccovi un buon libro, il quale fa toccare con mano le infamità della Chiesa Romana. Era quel libro del mentovato Trivier; quel libro, le cui menzogne e calunnie superano di {431 [431]} gran lunga il numero delle parole. Richiesto di accennarmi alcuna di queste infamità, mi rispose: Non è un'infamità che il vostro Papa si feccia adorare qual Dio, e più che Dio? Non è un'infamità da pagano l'adorare i Santi e le immagini quali altrettanti Dei? Non è un'infamità quella di proibire la lettura del Vangelo?

            A tale quo usque tandem io lo pregai pacatamente di cercarmi nel libro, che aveva tra le mani, un solo decreto di Papi, di Vescovi o di Concilî, o di Santi Padri, in cui si rinvenisse una sola espressione che comandasse alcuna delle tre cose da lui accennate. L'altro volta e rivolta pagine e fogli, scorre paragrafi e capitoli, ma come non poteva abbattersi in quello che io richiedeva: « Ritornerò, mi disse, e sarò munito di testi e di ragioni da soddisfarvi. »

            Andate, io replicai, leggete a vostro agio tutti i libri del mondo, i manoscritti e gli stampati che volete; consultate tutti i vostri ministri; e se mi saprete provare quanto mi asserite, vi do tutta ragione; altrimenti..... - Che altrimenti?..... - Altrimenti avrò ragione io pienissima di affermare che i Protestanti sono calunniatori.

            F. Quel protestante non è più tornato?

            P. Sono molti anni da che lo attendo, e nol vidi più mai. Intanto voi ritenete:

            1° È una calunnia quando i Protestanti dicono {432 [432]} che la Chiesa Romana insegna delle infamità, senza provarle. Essi queste non potranno mai provare, a meno che si vogliano ammettere per prova le menzogne e le contraddizioni di cui abbondano i loro scritti.

            2° È una calunnia il sostenere che il Papa si faccia adorare quale Dio. Il Papa è il Vicario di Gesù Cristo, il Pastore Supremo della Chiesa universale, stabilito da Dio a Capo della medesima, è il Successore di san Pietro. A lui il Salvatore disse: « Tu sei Pietro, e sopra questa pietra fonderò la mia Chiesa: pascola le mie pecore, pascola i miei agnelli: ho pregato per te, affinchè la tua fede non venga meno; tu poi conferma nella fede i tuoi fratelli. Tutto ciò che scioglierai in terra sarà sciolto anche in cielo, tutto ciò che legherai in terra sarà legato anche in cielo. » Per queste due eccelse prerogative i Cristiani tutti devono al Papa obbedienza, onore e rispetto, a quel modo che i figli devono obbedienza, onore al padre ed alla madre; ma in nessun luogo dei Concilî, dei decreti dei Papi e dei Vescovi non fu mai ingiunto che il Papa sia adorato quale Dio. - È questa una calunnia del citato Trivier e ripetuta da altri Protestanti.

            3° È parimente una calunnia lo asserire che la Chiesa Romana comanda di adorare i Santi e le immagini come Dei. La Chiesa Cattolica {433 [433]} Romana ha sempre insegnato e insegna tuttora doversi un culto ai Santi come ad amici di Dio; venera le loro ossa quali oggetti di grata memoria, quali reliquie di corpi appartenenti agli stessi amici di Dio; venera le immagini loro benedette, ma solo in quanto rappresentano que' Santi che la Chiesa Cattolica riconosce beati in cielo. Per esempio noi adoriamo la croce; ma anche un ragazzo di sette anni sa dirci che la croce non è Dio; e che solamente ci ricorda quanto il Salvatore patì per noi sopra di essa. La Chiesa poi non ha mai insegnato, nè mai insegnerà che le statue, le immagini, le reliquie ed i Santi siano adorati come Dio.

            4° Da ultimo è una impudente calunnia quella di inculcare che la Chiesa Romana abbia proibita la lettura della Bibbia. Dai primi tempi della Chiesa fino a noi non si può trovare un Pontefice, un Concilio od un Santo Padre, il quale abbia proibito di leggere la Bibbia. All'opposto questa lettura profittevole e santa fu in ogni tempo raccomandata; e ne abbiamo una luminosa prova di fatto nelle tante versioni fattesi della Bibbia stessa. Nei primi tempi fu tradotta dall'Ebraico e dal Siriaco nella lingua greca, affinchè con maggior facilità la potessero intendere i popoli, che usavano tale linguaggio. Dall'Ebraico e dal Greco fu voltata in lingua latina in acconcio delle nazioni presso {434 [434]} cui era in uso questa lingua, che era la lingua parlata e scritta dai Romani. Se ne fecero poi versioni nelle lingue francese, tedesca, inglese, spagnuola, italiana e in altre a comodo delle diverse nazioni. Nel secolo scorso migliaia e migliaia di esemplari sonosi sparsi per tutto il Piemonte della già menzionata traduzione italiana fatta da Monsignor Martini, come eziandio di quella compiuta in francese dal Sacy.

            F. Che cosa adunque proibisce la Chiesa Romana intorno alla Bibbia?

            P. La Chiesa Romana proibisce ed ha costantemente proibito Bibbie guaste, vuoi per gli errori commessi nella traduzione, vuoi per le maliziose aggiunte fatte al testo originale. Per questo la Chiesa non vuole che si stampi la Bibbia in lingua volgare, senza che ci sia l'originale latino a fronte. Ed ogni qual volta la si stampa solo in lingua volgare, non è dalla Chiesa permessa, se non dopo che ebbe ella esaminato che la traduzione fu assai fedelmente eseguita, e che la parola di Dio non fu guastata, nè alterata da quella degli uomini minimamente.

            Proibisce poi la Chiesa Romana e proibisce rigorosissimamente certe Bibbie falsate. Per esempio dai Protestanti si va spacciando una Bibbia, cui dicono tradotta dal Martini; ma che non è la vera traduzione, mentre ne ommettono le note e {435 [435]} molte parti del testo originale. La qual cosa ci deve rendere avvertiti di guardarci bene da quelle Bibbie, le quali hanno talvolta in fronte il nome di accreditati autori, ma di questi autori ommettono maliziosamente le note e talvolta delle epistole e dei libri intieri.

            La stessa Chiesa Romana proibisce le Bibbie tradotte dagli eretici; perchè essi hanno tanta buona fede da ommettere, aggiugnere o cangiare quanto loro talenta. Per esempio nella Bibbia tradotta dal Diodati fu ommesso il libro della Sapienza; e non si trovano quelli de' Maccabei; e parecchi brani qua e là si scartarono fraudolentemente. L'autore è inesatto nella traduzione, e, quel che è più, fa continue giunte nel testo. Nel solo Vangelo di san Matteo io ci ho trovato non meno di duecento settanta espressioni coniate dal traduttore, le quali non hanno corrispondenza nel testo. Nel libro dei Salmi poi ci ho notato non meno di mille e novecentoventisette aggiunte inserte per far dire alla Bibbia quanto andava a genio del traduttore.

            In considerando il guasto terribile che gli eretici fanno della Bibbia, la Chiesa Cattolica veglia colla massima sollecitudine, affinchè si conservi la purezza del testo, e se ne impedisca ogni minima alterazione. E questa è una grande provvidenza. In fatto in ogni parte a profusione spargonsi esemplari {436 [436]} di Bibbie falsificate, mutilate e del tutto guaste: e pochi sono abbastanza istruiti da discernere e guardarsene. E qui avvertite, come per leggere con frutto la Bibbia, ancorchè genuina, egli conviene eccettuarne alcune parti, le quali sono inopportune alle persone di età non matura. Perciò coloro, i quali desiderano di usare la Bibbia profittevolmente faranno bene di chiederne consiglio al proprio paroco o confessore; i quali ove non iscorgano alcun pericolo, ben volentieri loro ne acconsentiranno la lettura.

            Miei cari figli, le cose che qui ho semplicemente enunciato, meritano di essere seriamente considerate.

            Se per avventura qualcheduno si presentasse a noi per darci Bibbie o libri di questa fatta, oppure giornali o qualsiasi altro scritto, ributtiamoli, imitando i cristiani delle Indie. I fedeli di quelle contrade, e specialmente gli abitatori del Ceylan, sebbene di recente convertiti al Cristianesimo, tuttavia, quando i ministri protestanti loro offrono Bibbie od altri libri di loro setta, quelle buone genti allontanano da sè con disprezzo il tossico all'anima loro preparato; indi, come colpiti nella parte più sensibile del cuore, assediano questi apostoli dell'errore con tanti quesiti, e loro muovono tanti rimproveri, che i meschinelli sono costretti per loro meglio di partirsene svergognati (Ann. della Prop. N° 148). {437 [437]}

            Intanto io godo dentro dell'animo di avervi parlato dello spirito privato dei Protestanti, perchè così avete potuto abbondantemente comprendere a quale abisso di errori e di vizi conduca la libera interpretazione della Bibbia.

 

 

Trattenimento XVI. Duo parole ai Ministri Protestanti.

 

            Se mai le mie parole potessero pervenire all'orecchio de' signori ministri protestanti, io vorrei fare loro questa dimanda: Credete voi, signori ministri, che ogni uomo il quale vive in questo mondo sia dallo Spirito Santo illuminato, e si trovi al fatto di leggere di per se stesso la Bibbia e comprendere quelle verità che sono necessarie per conseguire la salute eterna? Voi mi rispondete che sì, poichè così insegnate nelle vostre prediche e nei vostri libri.

            Ammesso questo principio da voi, e certo dalla maggior parte dei più dotti Protestanti, vorrei ancora mi faceste una risposta su quanto segue:

            Se ciascuno è dallo Spirito Santo illuminato e può da sè comprendere le verità contenute nella {438 [438]} Bibbia, a che dunque darvi tanta sollecitudine a fine di spiegarla? Forse che il vostro Spirito Santo è superiore e più sapiente di quello che illumina gli altri mortali? Forsechè l'anima vostra ed il vostro corpo hanno attitudine e fibra più acconcia, più forte e robusta per ricevere l'influenza di questo fortunato Spirito Santo?

            Se la Bibbia è chiara e perspicua tanto, che può da chicchessia essere intesa, spiegata ed interpretata, a che servono i vostri templi? Perchè tante prediche e conferenze e diffusione di scritti per insinuare negli altri il senso che voi pretendete dare alla Bibbia?

            Se voi volete agire almeno con un poco di buona fede, e non tradire quelli che si recano ad ascoltarvi, voi, signori ministri protestanti, dovete ancora fare una predica e non di più. Voi, adunati nel maggior numero possibile i seguaci della Riforma, dovete montare in sulla bigoncia e di là dire ai vostri uditori: Ascoltate, o fratelli Protestanti, ascoltate la nostra parola, che è voce di verità. La Bibbia è chiara, lo Spirito Santo illumina tutti, e tutti la possono comprendere: per il che in avvenire è affatto inutile che veniate qui a perdere il vostro tempo; statevene alle vostre case, leggete, intenderete, e vi salverete.

            Se voi predicate altramente, tradite senz'altro il ministero che vi siete assunto di predicatori. {439 [439]}

            Eccovi un'altra dimanda: Credete voi, signori ministri Protestanti, che un cattolico in leggendo o meditando la Bibbia, in praticando le virtù che la Chiesa Cattolica propone, e fuggendo i vizi che essa condanna, come fecero un s. Francesco d'Assisi, s. Francesco Zaverio, s. Bernardo, san Vincenzo de' Paoli ed altri Santi della Chiesa Cattolica Romana, credete voi, dico, che costui si possa salvare?

            La vostra risposta è per sicuro affermativa; giacchè così è comunemente insegnato tra di voi. Bert, Cobbet, Müller e molti altri interpellati su tale questione risposero affermativamente.

            Ciò posto ditemi in grazia: quando per andare in un paese vi ha due strade, una certa, l'altra dubbia, quale di queste due giudicherete voi si debba tenere?

            Chi non ha dato il cervello a pigione dice doversi tenere la strada certa, e cessare interamente la dubbia. Orbene: questo è il caso vostro. Voi asserite, o Protestanti, che i Cattolici in osservando la loro religione possono salvarsi; in questo andate d'accordo coi Cattolici. I Cattolici affermano poi assolutamente che niun protestante può salvarsi in perseverando nella propria setta. Dunque pei Cattolici, secondo voi e secondo noi, la strada è certa.

            Se poi parliamo della salute di quelli che muoiono {440 [440]} nella vostra setta, ascoltate come stanno le cose. Voi dite: un buon cattolico si può salvare; ma possiamo salvarci anche noi. I Cattolici invece dicono: Voi, o Protestanti, finchè perseverate ostinati nella vostra setta, siete separati dalla vera Chiesa di Gesù Cristo, e per questo solo, come insegna s. Agostino, morendo senza rinunciare ai vostri errori, voi andate eternamente perduti.

            E notate, che tale sentenza è pronunziata da duecentocinquanta milioni di Cattolici viventi, e che quelli, i quali asseriscono potervi salvare anche voi, si riducono poi ad uno stretto numero di eretici, i quali, per giunta, sono tra di loro talmente disaccordi, che pochissime sono le cose dette dagli uni, le quali non siano disdette dagli altri.

            E voi stimerete così poco l'anima vostra e dei vostri uditori da appoggiare l'importantissimo affare della eterna salvezza sopra un forse ed un anche? Quando un vostro intimo amico si trovasse al punto di morire, e vi parlasse in tal modo: Amico, se io muoio da buon cattolico è certo che mi salvo; e se io muoio protestante espongo a grave dubbio la mia eterna salvezza; dimmi a quale partito mi consigli d'appigliarmi? Voi che cosa gli rispondereste?

            Io non voglio supporre che voi siate tanto crudeli da mandare all'altro mondo un vostro amico {441 [441]} sul dubbio terribile che ei si possa perdere eternamente. Almeno parmi che ciò non dovreste fare. Prendete adunque il mio consiglio, date calma ad ogni spirito di prevenzione, radunate tutti i vostri seguaci e volgete loro francamente la parola così:

            « Popoli protestanti, ascoltate: Oggi noi vogliamo metterci in coscienza, e dobbiamo predicarvi una grande verità. È certo che un buon cattolico si può salvare; è dubbio che un protestante si possa salvare nella sua credenza. - Dunque voi, o Cattolici, vivetevi tranquilli nella vostra religione, e guardatevi bene dal rendervi protestanti. Voi poi, o Protestanti, se vi sta a cuore di accertare la vostra eterna salvezza convertitevi e fatevi Cattolici: per lo avvenire non occorre più che veniate ad ascoltare le nostre prediche, e poniate piede nei nostri templi. »

            Se voi, o ministri protestanti, favellerete in tale guisa, adempirete un grave dovere di coscienza, procaccierete un gran bene a voi stessi, e disingannerete molti. Altrimenti facendo, ingannerete tante anime le quali incautamente in voi si fidando vannovi ad ascoltare. E che cosa potrete voi rispondere al Giudice Supremo allora quando vi domanderà conto delle anime che induceste a camminare fuori delle vie certe insegnate dai Cattolici, per avviarle sopra un sentiero che secondo {442 [442]} voi è incerto, ma che secondo tutti noi Cattolici mette capo inevitabilmente alla eterna perdizione? Queste sono parole di un vostro fratello, che vi ama e vi ama più assai che forse voi non credete. Parole sono di un fratello che di buon cuore offre tutto se stesso, e quanto può avere sulla terra a bene delle anime vostre. Tutto compreso da spavento alla incertezza della eterna vostra salute, alzo gli occhi e le mani al Cielo, invitando voi e tutti i buoni a pregare il Dio delle misericordie, affinchè si degni illuminarvi colla sua celeste grazia, tantochè, facendo voi ritorno al paterno ovile di Gesù Cristo possiate procurarvi una grande allegrezza in cielo, pace alle anime vostre e fondata speranza di salvezza per noi tutti. {443 [443]}

 

 

 

Nota per la pagina 425

 

 

Errore di Calvino intorno allo spirito privato.

 

            Il desiderio di essere intesi dal popolo ci costringe di ommettere ragioni importantissime, per questo solo che riescono alquanto difficili a capirsi. Tuttavia non vogliamo qui tralasciare alcune parole, le quali dimostreranno sempre più la falsità del sistema a cui Calvino e i suoi seguaci ricorsero, a fine di provare che la certezza de' libri sacri è solidamente fondata sulla testimonianza interna dello Spirito Santo, senza che punto si abbia d'uopo di ricorrere all'autorità della Chiesa Cattolica.

            Ci fanno, dice Calvino, questa dimanda: se voi non vi appoggiate sui decreti della Chiesa, come potete voi essere persuaso e sapere con certezza, che la Scrittura è la voce di Dio? Al che risponde: Io do la medesima risposta come se alcuno ci dimandasse: Onde noi apprendiamo a discernere la luce dalle tenebre, il bianco dal nero, il dolce dall'amaro? Perciocchè la Scrittura si fa sentire in un modo non meno evidente nè meno infallibile che le cose bianche e nere mostrano il loro colore, e che le cose dolci ed amare fanno sentire il loro sapore. Ammettiamo dunque, come cosa certa e costante che i soli discepoli dello Spirito Santo, cioè a dire, quei che sono interiormente illuminati dalla sua divina luce, possano fondare sopra la Scrittura una confidenza ferma e solida. Questa {444 [444]} Scrittura è in se stasa credibile; non abbisogna, per essere creduta, nè di prove nè di argomenti; tuttavia essa non può ottenere presso di noi la certezza che merita, se non colla testimonianza dello Spirito Santo.

            Tale è la dottrina di Calvino seguita dal comune dei Protestanti e degli Evangelisti. Poche parole bastano per confutarla.

            Calvino asserisce non essere più difficile discernere la Scrittura Sacra dagli altri libri, di quello che sia il discernere la luce dalle tenebre, il bianco dal nero, l'amaro dal dolce. Il paragone non regge. Chi non vede che il bianco ed il nero, la luce e le tenebre, l'amaro ed il dolce cadono sotto i sensi, e che gli stessi animali possono distinguerli? Per lo contrario la Scrittura Sacra non è cosa sensibile, ma spirituale e divina; e per distinguerla a nulla valgono i sensi. Egli è quindi di tutta necessità non solo una ragione dotta ed illuminata, ma ancora un tribunale infallibile stabilito dal Divin Salvatore. I capi della pretesa riforma del secolo XVI sono, una prova convincente della necessità di questo infallibile tribunale. E per vero essi pretendono che si distinguano le Scritture sacre colla testimonianza interna dello Spirito Santo. Ora penso che i Protestanti vorranno concedere che Calvino e Lutero, capi della Riforma, avevano la testimonianza interna dello Spirito Santo. Eppure malgrado questa testimonianza sono in contraddizione sopra tanti articoli della Fede Cattolica!!! A mo' d'esempio: Lo Spirito Santo di Lutero interpreta le parole del Divin Salvatore: Hoc est corpus meum, in questo modo: Questo è il mio corpo; laddove lo Spirito Santo di Calvino crede che hoc corpus non si abbia ad intendere pel vero Corpo del Salvatore, ma bensì per una sembianza, una memoria o che so io del suo Corpo.

            Vedete come i patriarchi della Riforma sono in contraddizione tra di loro! O il Corpo di Gesù Cristo è nell'Eucaristia, o non c'è punto; se v'è è bugiardo lo Spirito {445 [445]} Santo di Calvino; se non v'è, mentisce lo Spirito Santo di Lutero. E non si può inferire altro; giacchè neppur Iddio, colla sua onnipotenza, può fare sì che una cosa sia e non sia nello stesso tempo, essendo Iddio la verità istessa e non la contraddizione.

            Facciamoci innanzi ancora, e troveremo quei padroni non solamente in diretta opposizione tra di loro, ma ancora col divin Salvatore. Gesù Cristo nel dare la missione agli Apostoli disse loro: Euntes docete omnes gentes, baptizantes eos in nomine Patris, etc.; qui crediderit salvus erit; qui non crediderit condemnabitur. « Andate, ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre ecc.; chi crederà sarà salvo; chi non crederà sarà dannato. » Calvino, illuminato dal suo preteso Spirito Santo, da queste parole: qui crediderit salvus erit; chi crederà, sarà salvo: viene a conchiudere: Crede tantum et salvus eris; credi solamente e sarai salvo. Per conseguenza secondo lui la sola fede salva l'uomo, e le buone opere sono inutili, anzi ingiuriose a Gesù Cristo, il quale patì abbastanza per tutti gli uomini. Da questo riesce quel suo principio fondamentale che lascia libero lo sfogo a tutte le passioni: Crede fortiter et pecca fortius, et nihil nocebunt tibi centum stupra et mille homicidia; che in volgare significa: quanto più avrai fede, tanto maggiori peccati puoi liberamente commettere; e (cosa orrenda a dirsi!) cento stupri e mille omicidi non recheranno alcun nocumento all'anima tua. Ora non vede Calvino che contraddice di fronte al Divin Salvatore, il quale incessantemente predica a tutti gli nomini: nisi poenitentiam egeritis omnes similiter peribitis? Se non fate penitenza andrete tutti eternamente perduti? Non si accorge che pure disdice a quanto l'Apostolo san Giacomo ripete nella sua epistola: fedes sine operibus mortua est? Senza opere la fede è morta?

            Che cosa si ha da conchiudere di queste contraddizioni {446 [446]} de' capi della Riforma protestante e di tante altre che si potrebbero addurre in mezzo? Che senza un tribunale infallibile, stabilito da Dio per assicurarci quale sia la vera Bibbia e quale il suo genuino senso, riesce impossibile all'umana ragione conoscere ed interpretare le Divine Scritture.

            Ma insistono i Protestanti: La ragione ci fu largita da Dio per conoscere la sua volontà scritta; sicchè sarebbe un dono inutile, ove non potesse attingere il suo scopo.

            Rispondo: La ragione ci fu data è vero da Dio per conoscere la sua volontà, ma coll'aiuto e per mezzo del tribunale da lui stabilito, non essendo da sè sola sufficiente. A quel modo che le gambe ci furono concesse dal Creatore per camminare, ma coll'aiuto degli occhi; somigliantemente Dio ci diede la ragione per conoscere le verità rivelate nella Bibbia, ma guardata e regolata dall'ammaestramento infallibile della Chiesa. Noi chiameremmo certamente pazzo chi ci dicesse: « Dio mi diede le gambe per camminare e non gli occhi; e quindi chiudendo gli occhi camminasse. Costui, di grazia, dove andrebbe egli a precipitare?

            D'altra parte perchè mai i Protestanti hanno stabilito tribunali per decidere le quistioni concernenti i loro codici, ed obbligano tutti i cittadini di sottomettersi alle loro decisioni? Perchè l'esperienza loro dimostra come senza un tribunale per decidere le vertenze, i loro codici andrebbero in fumo, esposti come sarebbero alle arbitrarie interpretazioni de' privati. Ma, padroni miei, la Scrittura Sacra non è forse ella un codice morale, la cui interpretazione torna assai più difficile che non quella dei codici civili? A che dunque voi rifiutate un tribunale per quanto a siffatto codice si attiene? {447 [447]}

 

 

Parole di S. Francesco di Sales sullo spirito privato.

 

            Questo ridicolo sistema dei Calvinisti era generalmente insegnato al tempo di s. Francesco di Sales; onde egli dovette accingersi a confutarlo. Ecco gli argomenti, di cui il santo Vescovo fece uso in uno scritto sopra la parola di Dio.

            « Si dimanda quale sia il mezzo infallibile per discernere i libri canonici. I Calvinisti rispondono: sono la testimonianza e la persuasione interiore dello Spirito Santo. Ci pare forse di non essere abbastanza illuminati intorno ad un punto di tanta importanza? I Calvinisti ci mandano a consultare il loro interno.

            Però, 1° non ignorate che Satana si trasforma in angelo di luce. Ipse enim Satanas transfigurat se in Angelum lucis (2 COR. II, v. 14). Indicatemi dunque chiaramente qual segno evidente abbia io per discernere se queste ispirazioni vengano dallo Spirito Santo, ovvero dallo Spirito di menzogna.

            2° Ognuno può asserire a torto, o con ragione che sente internamente tale e tale altra ispirazione. Eccoci un bel campo aperto ai mentitori ed ai seduttori. Io voglio giudicarvi tutta gente da bene; ma, quando trattasi dei fondamenti della mia fede, non trovo nè le vostre idee, nè le vostre parole abbastanza sode per servirmene di base.

            3° Chi sono quelli, cui lo Spirito Santo fa dono di questa testimonianza o di questa persuasione interna? Sono tutti i cristiani in generale, o soltanto alcuni in particolare? Se sono tutti quanti i cristiani, come accade che fra tante migliaia di Cattolici non ve ne abbia neppur uno che goda di questo beneficio? E neppur io credo che abbiate {448 [448]} la tracotanza di asserire che infra voi tutte le donne e tutti i contadini, ecc. ricevano questa luce interna. Se mi rispondete che non viene data che ad alcuni, vi dico di palesarmi il segno, col quale potrò conoscere questi felici privilegiati, e distinguerli dal rimanente degli uomini.

            Voi volete che io creda a chiunque si proclami tra questo numero?

            Se la cosa è così, una larga via è aperta a tutti i seduttori.

            4° Mettete la mano sopra la coscienza, e ditemi se veramente credete che questa persuasione interiore sia il mezzo stabilito da Dio per discernere le Sacre Scritture. Sapete che Lutero fa poco conto dell'Epistola di s. Giacomo, e che Calvino la riceve. Spiegatemi perchè la testimonianza dello Spirito Santo ha persuaso all'uno di rigettare quello che ha persuaso all'altro di ricevere? Ma direte forse che Lutero s'è ingannato; un seguace di Lutero mi dirà al contrario che Calvino venne illuso sopra questo oggetto. A quale dei due debbo io credere? Voi gli opporrete la vostra persuasione; egli vi opporrà la sua. Cosicchè sarete tenaci amendue della vostra opinione senza verun mezzo onde porre termine alla disputa. E vorrete voi farmi credere che tale è la via, per la quale Dio conduce gli uomini al discernimento dei libri sacri? No; Dio è la sapienza stessa, e non ha stabilito una regola, la quale lascierebbe un campo libero ad ognuno per ricevere o rigettare nella Scrittura quello che meglio gli tornerebbe a grado. Imperocchè se è permesso a Calvino allegando la sua persuasione interna, di rigettare i due libri de' Maccabei, perchè non sarà permesso a Lutero di rigettare l'Epistola di s. Giacomo, perchè non sarà permesso a Carlostadio di cancellare il Cantico de' cantici, agli Anabattisti di non riconoscere il Vangelo di s. Marco e ad alcuni altri di negare la Genesi e l'Esodo? Ed invero {449 [449]} se basta asserire che ciò si fa conoscere con una persuasione interna, tutti asseriranno così; perchè mai si crederà più all'uno che all'altro?

            Bisogna che vi faccia conoscere gli artifizi del nemico della salute. Esso vi ha tolto il rispetto per l'autorità della tradizione della Chiesa e de' Concilii. E che cosa rimane ancora? Quello della Scrittura Sacra. Se avesse tolto via anche questo simultaneamente, voi avreste aperto gli occhi, e vi sareste spaventati sopra questa distruzione del Cristianesimo.

            Lo ha dunque lasciato; però vi introdusse un mezzo che a poco a poco ne distruggerà l'effetto; ed è quella persuasione interna, coll'aiuto della quale ognuno può ricevere o rigettare ciò che più gli aggrada. » Fin qui s. Francesco di Sales.

 

 

 

Visto: nulla osta alla stampa.

 

            Torino, 13 Gennaio 1883.

 

C. CHIUSO TOMMASO Prov. Gen. {450 [450]}

 

 

Indice

 

 

OCCASIONE DI QUESTI TRATTENIMENTI .

 pag. 5

 

 

PARTE PRIMA.

 

Dei fondamenti della Religione Cattolica e della Chiesa di Gesù Cristo.

 

 

Trattenimento I. - Dio Creatore. - Argomento metafisico..

 13

Trattenimento II. - Argomento fisico .

 17

Trattenimento III. - Argomento morale. - Credenza generale dell'esistenza di Dio

 23

Trattenimento IV. - Necessità di una religione

 29

Trattenimento V. - Necessità della Rivelazione

 35

Trattenimento VI. - Veracità dei libri dell'Antico Testamento.

 40

Trattenimento VII. - Divinità dei libri dell'antico Testamento.

 43

Trattenimento VIII. - Storia della Religione e Profezie riguardanti al Messia da Adamo fino a Davidde .

 46

Trattenimento IX. - Profezie e Storia della Religione da Davidde fino al Messia

 53

Trattenimento X. - Profezie avverate in Gesù Cristo.

 59

Trattenimento XI. - Il Vangelo

 62

Trattenimento XII. - Gesù Cristo vero Dio e vero Uomo..

 66

Trattenimento XIII. - Risurrezione ed Ascensione di Gesù Cristo. - Argomento certo della sua divinità

 70{451 [451]}

Trattenimento XIV. - Cenni sopra gli Ebrei

 pag. 75

Trattenimento XV. - Gli Ebrei aspettano invano il Messia.

 80

Trattenimento XVI. - Propagazione del Cristianesimo.

 94

Trattenimento XVII. - Fondazione della Chiesa di Gesù Cristo.

 103

Trattenimento XVIII. Capo visib. della Chiesa di Gesù Cristo.

 113

Trattenimento XIX. - Visibilità della Chiesa di Gesù Cristo.

 122

Trattenimento XX. - Caratteri della Chiesa di Gesù Cristo.

 135

Trattenimento XXI. - La Chiesa Romana ha il carattere dell'unità.

 139

Trattenimento XXII. - La sola Chiesa Romana è Santa.

 146

Trattenimento XXIII. - La sola Chiesa Romana è Cattolica.

 150

Trattenimento XXIV. - La sola Chiesa Romana è Apostolica.

 157

Trattenimento XXV. - Gerarchia ecclesiastica

 163

Trattenimento XXVI. - Autorità dei Concilii

 167

 

 

PARTE SECONDA.

Credenze o sétte tuttora esistenti che in

varii tempi si separarono dalla Chiesa Cattolica.

 

 

Trattenimento I. - Il Maomettismo.

 178

Trattenimento II. - Scisma dei Greci.

 187

Trattenimento III. - Origine dei Valdesi.

 193

Trattenimento IV. - Continua lo stesso argomento

 199 {452 [452]}

Trattenimento V. - Mala fede dei ministri Valdesi

 pag. 205

Trattenimento VI. - Altre prove di mala fede dei ministri Valdesi.

 214

Trattenimento VII. - Separazione dei Valdesi dalla Chiesa Cattolica

 221

Trattenimento VIII. Lutero

 230

Trattenimento IX. - Incertezza di Lutero e suoi sentimenti intorno alla Chiesa Cattolica

 238

Trattenimento X. - La gerarchia di Martin Lutero

 246

Trattenimento XI. - Calvino

 251

Trattenimento XII. - Beza discepolo di Calvino

 260

Trattenimento XIII. - Dello Scisma Anglicano

 264

Trattenimento XIV. - Unione degli Anglicani coi Protestanti e coi Valdesi .

 273

Trattenimento XV. - I predicatori della Riforma non avevano missione divina .

 279

Trattenimento XVI. - Chiesa Ortodossa di Russia

 285

 

 

PARTE TERZA.

Invariabilità della Dottrina Cattolica.

Trattenimento I. - La Chiesa Cattolica non variò mai i dommi insegnati dagli Apostoli

 291

Trattenimento II. - I Protestanti non possono indicare verun domma degli Apostoli variato dalla Chiesa Romana. - Si convincono colle confessioni degli stessi loro autori

 305

Trattenimento III. - Le definizioni dommatiche, che in diversi tempi pronuncia la Chiesa Cattolica, sono semplici dichiarazioni, non già nuovi dommi della Fede

 322 {453 [453]}

Trattenimento IV. - La Chiesa Cattolica non accrebbe mai gli articoli di Fede

 pag. 331

Trattenimento V. - I Protestanti rinnovarono le eresie già condannate dalla Chiesa Primitiva

 336

Trattenimento VI. - Si continua il confronto dei Protestanti cogli antichi eretici

 350

Trattenimento VII. Errore fondamentale.

 362

Trattenimento VITI. - Vana difesa dello spirito privato.

 369

Trattenimento IX. - Contraddizioni.

 380

Trattenimento X. - Una conseguenza non voluta

 389

Trattenimento XI. - Un' impudente arroganza, e la Papessa Evangelica

 

Trattenimento XII. - Variazioni Protestanti.

 399

Trattenimento XIII. Guazzabuglio protest.

 415

Trattenimento XIV. - I ministri protestanti in un labirinto.

 424

Trattenimento XV.- Calunnie contro alla Chiesa Romana.

 430

Trattenimento XVI. - Due parole ai Ministri Protestanti.

 438

NOTA ALLA PAGINA 425

 444 {454 [454]}

 



[1] FLACON, Storia del Madagascar.

[2] L’anno 1879 nell'Assemblea francese quando si trattava di abolire i cappellani militari, il sig. Keziegn, deputato della Vandea, usciva in queste parole: « Allorchè si parla di sbandire Dio, allora il genio della Francia si spegne, e l’ora della barbarie si avvicina. Non basta aver giovani sani e robusti; il soffio divino infonde in essi valore. La fede di Dio, che ammaestra gli eroi della Vandea, inspira la fedeltà ed il sacrifizio.»

[3] Epist. agli Ebrei, c. I.

[4] Mosè nei cinque libri detti Pentateuco scrive cose avvenute a’ suoi tempi. Pei fatti anteriori a Mosè, vale a dire dall’origine del mondo fino a lui (circa 2500 anni) oltre ai documenti lapidari e scientifici, vi era la tradizione ossia il racconto delle cose storiche tramandate di padre in figlio, le quali potevano con facilità comunicarsi per la grande longevità dei primi uomini del mondo. Adamo visse 248 anni con Matusalem. Costui ne passò 100 con Sem che ne visse 49 con Isacco; Isacco visse 35 anni con Levi, e Levi visse lungo tempo con Amram padre di Mosè. Così la vita di sette uomini con Mosè forma la tradizione che da lui va al principio del mondo.

[5] Deut. XVIII, 15; Att. Ap. VII, 37.

[6] V. ANTIGONO, GIUS. FLAVIO, S. AGOST. ecc.

[7] MOSÈ, DANIELE.

[8] ISAIA.

[9] Ps. XV.

[10] In moltissimi Salmi.

[11] II Tim. I.

[12] II Eph. II.

[13] Sopra questa materia si possono leggere: Mons. Marchetti, Storia della Religione. - Paolo de’ Medici, Discussioni dirette agli Ebrei. - T. Vincenzo Rossi nell'opera Gli Ebrei -  Ferraris, Prompta Bibliotheca.

[14] Dopo la venuta del Salvatore quegli Ebrei che non vollero abbracciare il Vangelo stettero impazienti nella vana aspettazione di un Messia, ed ogni tempo in coi compariva tra essi qualche uomo straordinario di loro nazione era tosto reputato pel Messia.

Nell'anno 130 dell'Era volgare un Ebreo di nome Barcocheba turbò la sua nazione qualificandosi per Messia. Dall'imperatore Adriano fu preso ed ucciso.

Nel 434 gli Ebrei accolsero per Messia un Ebreo chiamato Bar-Coriba, dimorante nell'Isola di Candia; e nel 512 accettarono un Etiope di nome Dunaonu.

Nell 1137 fu avuto per Messia un uomo empio che fu ucciso dai Francesi; e nell'anno vegnente nella Persia un altro, che fu dal re fatto morire.

Nel 1157, dice il Rabbino Maimonide, nella città di Cordova in Ispagna un Ebreo si spacciò per Messia.

Nel 1167 altro Ebreo si proclamò il Messia.

Nel 1174 ne comparve un altro nella Persia.

Nel 1186 comparve un David Almusser, che vantandosi per Messia fu preso ed ucciso nella Moravia.

Nel 1497 al tempo di Ferdinando il Cattolico si parlò di un Falso Messia detto Ismael Sofr.

Nel 1500 Rabbi Lemolin predicava che era comparso il Messia.

Nel 1532 un Ebreo detto Salomone Mosè si finse Messia nella Spagna.

Nel 1625 altro Ebreo tentò farsi credere per Messia nelle Indie Orientali.

Nel 1666 l'Ebreo Dser Sabato fu tenuto dagli Ebrei pel Messia e poi si fece Turco.

Nel 1682 un Ebreo chiamato Mardocai si diede a credere per Messia nella Germania.

Dopo di essere stati tante volte corbellati gli Ebrei ora son ridotti a dire non potersi più stabilire nè tempo, nè luogo, nè i segni risguardanti la venuta del Messia. Tuttavolta in questa serie di falsi Messia noi vediamo avverata la parola del vangelo là dove si dice: sorgeranno dei falsi Cristi e dei falsi profeti, che sedurranno molti (S. Matteo al capo 20).

[15] La parola Talmud significa dottrina, perchè gli Ebrei credono che esso contenga tutta la scienza della Religione. Lo chiamano la seconda legge, che credono sia stata data oralmente da Dio a Mosè, e per tradizione comunicata ai Profeti ed ai Rabbini.

Sul timore che tali tradizioni fossero alterate l'anno 219, dell'Era volgare il Rabbino Giuda, detto il santo, le raccolse in un libro appellato Misnà. Nel 230 Rabbi Iochanàn, che fu ottant'anni capo della Sinagoga in Gerusalemme, commentò il Misnà, aggiungendovi altre tradizioni e sentenze. Quest'opera è detta Talmud Gerosolimitano, perchè composto nella città di Gerusalemme. Da ultimo due Rabbini di Babilonia, uno Rabbina, l'altro Rabasè, accintisi nuovamente a commentare il Misnà, raccolsero tutte le esposizioni, dispute, giunte fatte, e unitovi racconti, sentenze e detti, ne formarono il Ghemarà conosciuto comunemente col nome di Talmud Babilonico, perchè scritto nei paesi di Babilonia circa l'anno 500.

Siccome questi due Talmud contengono massime irreligiose ed immorali, così furono rigorosamente proibiti dalla Chiesa Cattolica.

Quanto ho detto qui, e mi occorrerà dire degli Ebrei è ricavato specialmente da Paolo Medici, celebre Rabbino, il quale, fattosi Cristiano, divenne gran dottore e scrittore insigne. V. l'opera: Riti e costumi degli Ebrei.

[16] Questo esempio è quasi simile a quello dell'Ebreo di nome Abes d'anni dodici. Perchè voleva abbracciar la santa fede egli fu dal padre suo imprigionato nella propria casa in Praga, più volte crudelmente battuto, macerato con prolungato digiuno, e in fine barbaramente fatto morire. V. Paolo Medici, lett. agli Ebrei d'Italia. Firenze pag. 1715.

[17] Il Concilio fiorentino cominciò in Firenze nel 1438 e terminò nel 1441.

[18] Potrebbesi confortare questa medesima verità colla testimonianza di molti altri Concilii dei primi secoli. A mo’ d’esempio, il Concilio di Sardica, tenutosi nel 347 e composto di 170 Padri, al terzo Canone dice: « Onoriamo la memoria di s. Pietro Apostolo affinchè coloro che esaminarono la causa scrivano a Giulio Vescovo di Roma, e se egli giudicherà necessario che il giudizio si rinnovi, egli medesimo pronunci sentenza. » Nel primo Concilio di Efeso, terzo generale, tenutosi nel 431, e a cui intervennero 200 Vescovi, il Pontefice Celestino è chiamato: « Guardiano della fede, successore ordinario e Vicario del Beato Pietro Principe degli Apostoli: » Nel Concilio di Calcedonia, quarto generale del 451, i Padri, letta la lettera del Pontefice s. Leone, alzatisi dai loro seggi esclamarono: « Si cessi ogni discussione; è il medesimo Pietro che ha parlato per bocca di Leone. »

[19] V. Scheffmacher, Catec. di contr.

[20] In un libro intitolato: Cenni sui Valdesi, stampato per A. B. C, in cui si spaccia per divina la Chiesa dei Valdesi, senza punto rispondere ove fosse anteriormente, è detto: Da quest’epoca (1049) vengono citati dagli storici i Montani, ed i Valdesi. Ma di questo se ne parlerà in appositi trattenimenti quando parleremo dei Valdesi e dei Protestanti.

[21] Ad Eph. c. v.

[22] Su questi sentimenti convengono Melantone, Baldeo, Achelvit, Tavernier e i più dotti tra i Protestanti.

[23] Credo opportuno sottoporre qui la spiegazione di parecchi vocaboli che spesso s’incontrano nella Storia Maomettana, che agevolano l’intelligenza della geografia, della storia e dei fatti che si riferiscono a quella nazione.

1° ALCORANO o CORANO vale: Lettura, o scrittura per eccellenza. E il Codice civile, militare, amministrativo; ma zeppo di favole, d i puerilità, di contraddizioni e di cose immorali, tanto che fu condannato dalla Chiesa Cattolica, siccome contrario alla fede ed a’ buoni costumi. Fu scritto in lingua araba.

2° BEDUINO - I veri Saraceni d’oggidì sono i Beduini, così detti da badawa o bedewi, che vuol dire abitatori del deserto. La loro credenza è la Musulmana; ma hanno per moschea il cielo, per sacerdote od imano il padre di famiglia.

3° CALIFFO ossia Vicario è colui che fa le veci del sovrano, e talvolta è lo stesso sovrano.

4° GRAN SULTANO - È il nome dell’erede del trono. Sultano, voce Araba, Selabat, che vuol dire conquistatore. Gran Sultano significa grande conquistatore. Osmano nel 1389 fu il primo che portò il nome di Sultano.

5° MUSULMANO - da Musul che vuol dire salvato.

6° MAOMETTANI - I seguaci di Maometto furono appellati Maomettani dal nome del loro capo; Islamiti, cioè seguaci di Islam o dell’Islamismo, che significa rassegnazione a Dio; e finalmente Turchi da Turch, figliuolo di Iafet, da cui pretesero aver avuta origine. I Maomettani costringono i prigionieri di guerra a professare il Corano o a morire: e quando alcuno per lo passato faceva tal professione di fede essi gridavano: Muselmon! (è salvo!)

7° OTTOMANI - così chiamaronsi anche i Turchi da Otman, che fu lo stipite degli Osmani, in cui si trasmette ereditariamente il potere. Quindi ne derivò il nome di Ottomano all’impero, e di Ottomani ai sudditi dell’impero Turco.

8° PASCIÀ - Denota capo; e sono così chiamati i capi della milizia ed i governatori delle provincie dell’Impero Ottomano.

9° SARACINI o SARACENI, è parola derivante dall’arabo Saraka, rubare, saccheggiare; che il depredare è appunto in costume presso quella nazione. I Saraceni sono antichi popoli dell’Arabia. Saraka significa anche cavaliere, da una delle più celebri tribù dell’Arabia, assai rinomata per la sua destrezza nel maneggiare cavalli. Più tardi si dissero Saraceni i Maomettani. I veri Saraceni dei nostri giorni sono i Beduini.

10° SUBLIME PORTA - La porta principale del palazzo del re (serraglio o seraj, dimora, palazzo per antonomasia) vien detta: Porta augusta, Porta sublime. Anticamente presso la porta della città sorgeva come il tribunale, dove si trattavano gli affari d’importanza; donde la parola porta venne a designare la potenza. In questo senso nel Vangelo dicesi della Chiesa: Portae inferi non praevalebunt adversus eam: Le porte dell’inferno non prevarranno contro di Essa.

11° VISIR, da Veser, nome che corrisponde a portatore o sostenitore. Si dà questo nome ai ministri dell’Impero Turco e a varii altri magistrati, civili e Militari, perchè sostengono il principe nell’amministrazione dell’Impero.

[24] Sui Valdesi merita di esser letta l’opera erudita e nel tempo stesso popolare del P. Giovanni Perrone, che ha per titolo: I Valdesi primitivi, mediani e contemporanei. Il P. Perrone è assai conosciuto pel vasto suo sapere in fatto di storia, di teologia e specialmente nella controversia dommatica. Il suo è un bel volume in 16°, di pagine 304 edito dalla tipografia Salesiana, Torino, 1871; prezzo lire 2.

[25] Lo scrittore di questi trattenimenti reputa suo dovere di osservare qui, che le espressioni, le quali potessero a taluno sembrare un po’ vibrate, riguardano unicamente agli scritti, ed escludono qualsiasi allusione alle persone Valdesi, verso cui intende usare il dovuto rispetto, assicurandoli che esso ed i buoni cristiani pregano loro dal Cielo vita felice, e la grazia di conoscere la verità e seguirla a loro salvamento.

[26] Claudio di Seyssel, di famiglia illustrissima, nacque in Savoia. Era molto dotto ed eloquente giureconsulto, siccome il dimostrano i molti libri di giurisprudenza e d'istoria antica da lui pubblicati. Sostenne la carica di Referendario e consigliere di Luigi XII re di Francia, e fu mandato, a nome del medesimo re, legato al concilio Lateranense. Nominato primieramente Vescovo di Marsiglia, fu poscia Arcivescovo di Torino, nella cui Università, prima della sua elezione a Preside, aveva con somma laude interpretato il diritto. Egli giace nella sacrestia della chiesa metropolitana, dov'è onorato di una statua; e vi si legge, sulla marmorea tomba, una latina iscrizione che in italiano viene a dire così:

A Claudio Seyssel referendario di Luigi XII re de’ Francesi, oratore eloquentissimo del medesimo, quasi presso a tutti i Principi cristiani ambasciatore, Vescovo di Marsiglia, Arcivescovo di Torino, giureconsulto consumatissimo, il Collegio dei canonici come a padre carissimo questo monumento posero. Morì alle calende di giugno del 1520.

[27] Le menzogne che abbiamo notato, e che andremo notando negli scritti di questo Ministro, furono pure ricopiate da Leger, Peyran, Muston, e in generale da tutti i Valdesi e Protestanti. Leger Giovanni è pure autore o meglio inventore delle lubriche calunnie in cui egli vorrebbe gettare sui Cattolici la causa delle persecuzioni contro ai Valdesi, mentre in realtà i Valdesi furono ribelli al loro Sovrano, contro di lui presero le armi e lo costrinsero a marciare colle sue truppe contro di loro. Combattendo molti rimasero morti o feriti da ambe le parti; ma non per motivo di religione ma di ribellione V. GIO. PERRONE opera citata: I Valdesi ecc.

[28] In fatto Amedeo Bert afferma che i Valdesi non ascendono che a ventidue mila anime

[29] Fu Peyran veramente un ingegno singolare. Erudito e buono scrittore, ma al tutto senza fede, difendeva il Protestantesimo, poi con egual franchezza pigliava la parte dell'oppositore contro il Protestantesimo, che seguitava perchè gli porgeva lucro, onori e libertà.

P. E. Barone.

Giuditta, ossia Scene Valdesi pag. 7.

[30] In questi trattenimenti noi abbiamo soltanto trattato le cose dei Valdesi in senso popolare e portate alla intelligenza de’ semplici fedeli. Chi poi desidera istruirsi più a lungo su questa importante materia, egli può leggere la più volte citata opera del P. Gio. Perrone nella terza parte: I Valdesi contemporanei.

[31] Erasmo contemporaneo di Lutero e di Calvino parlando dei miracoli de' novelli riformatori dice: « In essi non vi fa nè santità, nè miracoli, giacchè erano nemmeno capaci di far guarire la coda di un cavallo! » (Tratt. del libero arbitrio).

[32] MATTH. XVI, 18.

[33] MATTH. XXVIII, 20.

[34] A questo proposito Cobbet protestante inglese così parla dei dottori suoi correligionari: « Vi ha appena qualche paio fra di loro, che concordi sopra questo punto. Alcuni dicono che andarono 300, altri 400, questi 500, quelli 600 anni prima che la Cattolica Chiesa cessasse di essere la vera Chiesa di Cristo. » Storia della Riforma protestante ecc., lett. seconda.

[35] Controv., part. III, lez. II, disc. 59.

[36] Act. 2.

[37] V. Biografia Universa e di Feller, alla parola Melantone.

[38] V. Bellarmino, Controv. IV, lib. 4, cap. 9; Moses Antidoto ecc., Pred. 14; Viaggi di un gentiluomo irlandese in cerca di una religione di Tommaso Moore in vari luoghi.

[39] Epist. ad Argent.

[40] Libr. 4, c. 18, Inst.

[41] Luigi De-Sanctis era un prete, che si fece protestante a fine di seguire vita scandalosa. Dopo la sua apostasia scrisse alcuni libretti, tra cui uno contro la Confessione. Quest'opuscolo fu combattuto in una operetta intitolata: Conversazioni tra un Avvocato ed un Curato di campagna sul Sacramento della Confessione.

[42] Apol. discuss.

[43] Sopra il Primato.

[44] Vocazione dei Pastori.

[45] Centuria 3a, cap. 4.

[46] V. Centuria 2a, 3a, 4a, 5a della loro Storia Ecclesiastica.

[47] Marc, XVI, 16.

[48] Matth. XXVIII, 19.

[49] I, Tim. VI, 20.

[50] Ioan. X, 30.

[51] Hom. 4, in epist. ad Tessal.

[52] II. Cor. IV, 13.

[53] S. Thom. 2, 2, q. 1, art. 7. A questo proposito merita assai di essere letta l'opera dell'inglese dottore Card. Newman intitolata: Saggio sopra lo sviluppo della Dottrina Cristiana; scritta da lui prima della sua conversione al cattolicismo.

[54] V. l'opera di Monsig. A. Charvaz: La guida del Catecumeno Valdese, lib. 3. tratten. 3, dove sono citate due opere di fresco stampate da autori protestanti, cioè: La storia dei Valdesi del Piemonte, per A. Muston; ed il Manuale dei Protestante, ecc., in cui, dice Mons. Charvaz, « i rimproveri che si dirigono alla Chiesa Cattolica a cagione della sua costante invariabilità in materia di fede, son ripetuti sotto tutte le forme ed in tutti i toni. »

[55] V. Bellarmino, Controv. 4, cap. 9; ed i Viaggi di un gentiluomo irlandese in cerca di una religione, di Tommaso Moore; dove trovansi moltissimi riscontri dei Protestanti cogli antichi eretici.

[56] Lib. 1o, cap. 20.

[57] Lib. De Haeres., c. 54.

[58] Lib. De Fide et operibus, c. 14.

[59] Lib. 5, Hist., c. 20.

[60] Lib. 2, Inst.

[61] Lib. De Haeres., c. 27.

[62] Lib. De Haeres., c. 33.

[63] Haeres. 45.

[64] Nel lib. Animadversiones Irenicae.

[65] Questi eretici addimandavansi Gnostici, ossia Illuminati, come queglino che pretendevano di saperne più in là che tutti gli altri. A quella guisa che i moderni increduli dannosi il nome di filosofi, di begli spiriti, di progressisti e via.

[66] Vedi i citati Viaggi di un gentiluomo Irlandese ecc. cap. 20.

[67] Il giovane valdese, di cui qui si parla, frequentò ancora qualche tempo i trattenimenti del nostro buon padre di famiglia. Fattisi chiarire tutti i dubbi che gli avevano posto in campo, dopo aver superate molte difficoltà per parte dei parenti, abiurò infine i suoi errori e si rese cattolico. Quei della sua casa sdegnati lo cacciarono via dal seno della famiglia; ma egli rimase saldo nella fede. Trovò ospitalità in una casa di educazione: imparò un mestiere ed ora col suo lavoro si guadagna onestamente il pane della vita.

[68] I Protestanti sonosi imposto il nome generale di Evangelici, come per dire che essi non riconoscono per regola di loro fede altro che il Vangelo. Tale appellazione è stata specialmente adottata dai Riformatori, ossia Calvinisti, probabilmente per iscansare il titolo di Protestanti che non sonava bene ai loro orecchi. Questo titolo servi a denominare la fusione di Luterani e Calvinisti, cui Federico Guglielmo III re di Prussia nel 1817 tentò indarno nei suoi Stati. Esso, come se avesse sortito l'effetto il suo tentativo, nell'anno 1825 chiamò l'unione delle due sovrannominate sétte (Luterani e Calvinisti) Chiesa Evangelica.

[69] Polichdorfio, Reynero, Moneta.

[70] V. PERRONE, Praelectiones Theologicae, tom. I.

[71] Vedi nota in fine del libro a pag. 444.

[72] Fascicolo CXX, pag. 485. De la prop.




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